Anna R. De Santis: racconti, mini-racconti.

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Esercitazioni – dedicato alle vittime della propria legittima difesa

Pubblicato da annaerredesantis il 10 marzo 2008

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     Seduto sul letto, in pigiama, Peppino scarica la pistola.
     Mariuccia sposta il cavalletto carico del mucchio dei panni da stirare:
     – Meglio che lo scanso. Se poi non mi ricordo che sta qua… ci urto. Vado a prepararmi.
     Ciabattando esce dalla camera.
     Peppino, con movimenti cauti per via della sciatica, si cava i pedalini e si sistema sotto le coltri:
     “Speriamo che stavolta si conci meglio… La riconosco sempre subito…!”
     Dal salotto si spandono in tutto l’appartamento, uno dopo l’altro, i dodici rintocchi della pendola e la notte lentamente si avvia a farsi più fonda.
     E poi c’è il solitario rintocco dell’una. Sotto il neon in cucina, Mariuccia drizza di scatto il capo andato giù nel sonno.
     Sbadiglia. Si alza. Esce nel corridoio e vi accende la luce.
     Si ferma davanti allo specchio a figura intera: pagnottelle sui fianchi e pancia… tali e quali, pur sotto l’ampio maglione nero e i calzoni neri. Sospira. Si toglie di tasca il collant e ne calza una gamba sulla testa. Vi infila una mano a scansare i capelli dalla faccia. Aggiusta per bene sulla spalla la gamba del collant vuota.
     Rientra in cucina. Prende la spadina di Zorro di suo nipote e il tegamino, preparati sul tavolo. Di nuovo sulla soglia, vi lascia le ciabatte, spegne la luce del corridoio e a piedi nudi lo percorre sileziosa, fino alla camera da letto.
     Peppino sta russando. Si accosta al letto, al suo fianco. Alza le braccia: in una mano il tegamino e nell’altra la spadina. Lascia cadere il tegamino. Sul pavimento.
     Peppino spalanca gli occhi e, nello scarso chiarore che arriva dalla cucina, distingue la nera figura brandente la lama. Estrae dalle coltri il braccio destro e le punta la pistola contro:
     – Ti avviso che sono armato.
     – Dove sono i soldi? -  domanda Mariuccia facendo la voce grossa.
     – Ti avviso per la seconda volta che sono armato.
     – I soldi o ti ammazzo -  insiste la moglie agitando la spadina di Zorro.
     – Ci sono centosettanta euro nel… Basta -  tira fuori le gambe, infila le pantofole posando la pistola sul comodino, si alza ed esce dalla camera.
     Mariuccia sfila il collant, si china a raccogliere il tegamino e lo segue in cucina.
     Seduto al tavolo, Peppino allunga la mano a prendere il bricco e vi guarda dentro: un avanzo di caffè… c’è. Lo beve e accende una sigaretta.
     Mariuccia poggia la spadina di Zorro e il tegamino sul tavolo; siede a sua volta:
     – Be’, però… ti sei controllato bene. Non hai sparato!
     – Non ho sparato perché ti ho riconosciuta subito anche stavolta.
     – Mi riconosci perché già lo sai e non ti spaventi. Devo farti paura quando non te l’aspetti.
     – Dovrei allora tenere sempre la pistola scarica… E se intanto vengono i ladri?
     – E… allora?
     – E allora non lo so… -  sospira Peppino  – Se non sono armato e arrivano i ladri… ci possono ammazzare. E se sparo al momento sbagliato… Vedi quanti anni di galera si deve fare quello dell’ultimo piano…!
     – I suoi ladri però… veramente bravi… -  considera Mariuccia annuendo con la bocca in giù  – Lo hanno voluto mettere nella paura e nella paura l’hanno messo.
     – Mica son ladri da niente…! Sanno come fare per spaventarti a morte.
     – Lui ha avuto paura che lo torturassero come quelli del quarto piano.
     – No, Mariù… Ha avuto paura che lo ammazzassero come quelli del secondo piano. E non ha capito più niente. Tanto era spaventato che non ha riflettuto che ormai stavano andando via. Ha preso la pistola e ha sparato. Ma non si deve far così. Tu sei la vittima… Tu puoi sparare solo dopo esserti accertato che stai proprio per essere ammazzato e solo nel momento quando stai proprio per essere ammazzato. Se no non vale. Che ci sei stato messo di proposito, in condizione di non poter ragionare, non conta. Lui ha fatto la brutta figura di avere sparato per le cose che gli stavano portando via.
     – Eh…! -  sospira Mariuccia  – Un conto è uccidere per prendersi le cose di un altro, e un conto è uccidere per non far prendere le proprie cose. E’ diverso.
     Peppino lentamente scuote la testa:
     – Mica sei un delinquente che se uccide si capisce che non è colpa sua ma… del coso… come si chiama? Ah! Il sistema.
     – A proposito… Dopodomani è un anno che hanno ammazzato quelli del primo piano. C’è la Messa. Non ricordo… Quanto si fecero i loro ladri?
     Peppino con le dita pulisce il tavolo di un po’ di cenere caduta dalla sigaretta, mandandola a cadere sul pavimento:
     – Rischiavano di farsi cinque mesi in carcere e un anno a casa… Ma spiegarono di avere ammazzato solo perché spaventati dalla signora che svegliandosi aveva urlato, e così si son fatti un mese e mezzo. A casa. Ne hanno profittato per dare un’imbiancata.
     – Un mese e mezzo… Mmh… mezzo mese a morto.
     – No. Un mese per il marito e mezzo per la moglie.
     – E per il papà di lui niente? -  stupisce Mariuccia.
     – Aveva un tumore… ricordi? Sarebbe morto comunque.
     – Ah… ecco.
     Peppino spegne il mozzicone nel posacenere e si alza:
     - Eppure devo farcela a mettermi paura! Devo imparare a riuscire a ragionare anche mentre sono spaventato a morte. Se no… che gli dico al giudice? Che non ero capace di intendere e di volere in quel momento? Io sono la vittima… per me non vale questo.
     – Le ho provate tutte. Non so come fare per spaventarti. Tu mi riconosci sempre.
     – Ma che ci posso fare…! -  allarga le braccia Peppino  – Forse non va bene il tegamino.
     Tornati in camera, Mariuccia si toglie i panni di scena mentre l’uomo rimette i colpi nella pistola.
     Si coricano. Gli occhi aperti nel buio. Il silenzio è interrotto da un tonfo.
     – Cos’è stato? -  si risolleva Peppino.
     – E’ sopra. Hanno cominciato a fare esercitazione pure loro.
     – Cosa usano?
     – Il vocabolario. Tanto il figlio è morto e non gli serve più -  alza le spalle la donna.
     – Non sono stati dei ladri però… Mi pare fu messo sotto da un poveraccio ubriaco… o drogato… eh?
     – Macché! Lo ammazzarono i compagni, a scuola. Ragazzate.
          
                                                                       FINE
                                                                Anna R. De Santis   (dep. 23/01/08)

10 Commenti a “Esercitazioni – dedicato alle vittime della propria legittima difesa”

  1. andrea dice:

    Ciao Anna!
    Per prima cosa benvenuta sul sito. Ora passiamo i complimenti :)
    Il tuo racconto e’ splendido. L’ho letto a bocca aperta. Ogni frase del dialogo tra i due mi dicevo: “Non e’ possibile”, “Non puo’ averlo scritto sul serio!”.
    E invece tu l’hai scritto sul serio.
    La tua ironia e’ graffiante al punto da non sapere esattamente se sia il caso di ridere o di piangere alle tue battute.
    Il dialogo, benche’ surreale, non sembra fittizio, anzi, e’ perfettamente convincente.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  2. fabio dice:

    Benvenuta Anna,

    Grazie per aver pubblicato questo racconto. Mi ha colpito il dialogo tra i due protagonisti, reale e surreale allo stesso tempo… bello! :)
    Aspetto il prossimo.

  3. annaerredesantis dice:

    Gentilissimi Andrea e Fabio, vi ringrazio moltissimo: per l’affettuosa accoglienza e per l’apprezzamento davvero lusinghiero. Non ho ancora preso dimestichezza con questo sito e non vi conosco nessuno, per così dire. Man mano leggerò le varie opere così da entrare in rapporto con questa piccola “comunità”.
    Ancora grazie e a presto, Anna R. De Santis

  4. emmaus2007 dice:

    Niente affatto male, Anna! Pure io ti do il benvenuto, sperando di leggerti presto! Hai un bel modo di scrivere, ricco di humor e senza errori. Complimenti! Ciao!

  5. Sabrina dice:

    Oddio… un po’ sfortunato come condominio….
    Molto triste come storia, ma credo che la sensazione che volevi trasmettere fosse proprio questa.
    La paura ci rende persone peggiori, purtroppo. E dover lottare contro di lei è la cosa più difficile per essere ancora paragonabili ad esseri umani.
    Grazie per avercelo fatto legger.
    Ben venuta

  6. Pages tagged "cafe dodici" dice:

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  7. annaerredesantis dice:

    Grazie, Emmaus2007. Ho letto alcuni tuoi scritti e mi pare di poter dire altrettanto di te: appena finito qui, ti scriverò a riguardo in coda ad essi. Ciao!

  8. annaerredesantis dice:

    Per Sabrina. Grazie anche a te. Mi pare però che tu non abbia colto il senso: non sto parlando affatto dell’esser resi peggiori dalla paura. E il condominio va inteso simbolicamente. Comunque grazie. Verrò a trovarti nel tuo sito. Ciao Sabrina!

  9. annaerredesantis dice:

    S.O.S.
    Per favore, qualcuno può aiutarmi a capire che significa il contenuto del commento n.6 (Pages Tagged “Cafe Dodici”)?
    Sono andata a vedere in quel sito, ma non ci ho capito granché.
    Grazie.

  10. bernardodaleppo dice:

    Anna ti faccio i miei tardivi complimenti, hai colto la paura di cui poi hanno fatto un gran parlare a elezioni avvenute e l’hai mostrata con l’ironia del paradosso, con un ritmo e un’eleganza riguardevoli.
    Complimenti.

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