Erminia… Capitolo IV – L’illuminazione

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Capitolo IV
L’illuminazione

Qualche giorno dopo, Wadi tornò da una “convention” a Sondrio con un “violino” di capra, era tutto contento e senza aspettare neppure di cambiarsi cominciò ad affettarlo.
Fu l’inizio della fine, forse la somiglianza del violino di capra, ispido di pelo scuro, con il prosciutto di cinghiale, le fece scattare qualcosa, qualcosa di ancestrale, forse aveva ragione quel poeta del Dio Maiale, i sogni di quella notte furono tutte le portate di un cenone di Capodanno, completamente a base di maiale!
Il mattino si alzò prima di Wadi e corse a farsi una doccia, aveva l’impressione che lui potesse sentire l’odore di carne impura di cui per buona parte della notte si era nutrita, ma questa fu una riflessione che ebbe dopo, mentre l’acqua le scorreva addosso, sul momento, appena alzata, aveva solo avuto una sensazione di sporcizia sulla pelle.
Si strofinò a lungo tutto il corpo con la spugna vegetale, la schiena con la striscia di canapa a due mani e, sbattendo i gomiti contro le pareti della doccia, rimpianse la spazzola di setola che usava prima di conoscere Wadi e, di nuovo, si sentì in colpa, le sembrava di tradirlo.
Quando a tavola per la colazione, però, vide il caffelatte e le fette biscottate con burro e marmellata, ebbe un moto di stizza, le tornò in mente il “brunch” e quelle uova fritte, bianche, ma appena rapprese, nel cui tuorlo gli altri immergevano i crostini e la pancetta croccante che piegavano con cura, con forchetta e coltello, prima di portarla alla bocca con gusto evidente. Anche lei aveva partecipato a quel piacere anche solo guardando.
La colazione fu pesante, lei rispondeva a monosillabi e Wadi, stupito, chiedeva cosa non andasse, se aveva dormito, se aveva mal di testa…
Finalmente lui uscì e lei telefonò in ufficio che avrebbe tardato, perché la lavatrice le aveva allagato la casa.
Per distendere un poco la tensione fece un giro di ripasso alla casa, sprimacciò il divano e disfò il letto, cercando in quei gesti di ritrovare il senso della quotidianità, dell’appartenenza alla sua realtà.
Aveva sempre pensato di essere una persona razionale, passionale, ma razionale. Eppure questa storia del Maiale le stava sfuggendo di mano, possibile che al solo nominarlo avesse l’acquolina in bocca?
Insomma bisognava esorcizzarlo si disse, si sarebbe comperata un cacciatore di cavallo e se lo sarebbe mangiato interamente da sola, adesso.
Si vestì in fretta come non mai, il trucco non fu che un’ombra sugli occhi, sfumata con le dita in ascensore.
Alle otto e trenta era davanti alla saracinesca che saliva, alle otto e quarantacinque era a casa ad affettare il salame, con il francesino spalancato, pronto ad accogliere le piccole fette, si accorse che le tremavano le mani e si sedette. Un bicchiere d’acqua? No meglio un chinotto. Ne bevve un intero bicchiere a piccoli sorsi, ma lo sguardo continuava a fuggire al salame sul tagliere, finalmente riuscì a calmare la sua ansia e lo tagliò a fette spesse, aveva piccoli lardelli bianchi sparsi che facevano un forte contrasto con la carne scura.
Aveva scelto il cacciatore di cavallo perché così le sembrava di tradire meno Wadi, cercò di dimenticare che sapeva benissimo che i lardelli bianchi erano di maiale, e invece erano proprio loro, sciogliendosi sulla lingua a darle più piacere. Sì, era un buon salame, ma si sentiva che era di cavallo, la carne un poco dolce, era più secca intorno alla fetta e quasi fresca nel mezzo, era una cosa diversa da quello che aveva sognato. Aveva sbagliato! Per esorcizzare il Dio Maiale avrebbe dovuto prendere un salame di Puro Suino o coppa o prosciutto o culatello.
In pochi minuti era di nuovo in strada, entrò nel supermercato e al bancone della salumeria prese un etto di tutti i salumi di maiale su cui le caddero gli occhi.
Tornò a casa, però, in preda a una agitazione confusa, pensava a Wadi, pensava ai loro progetti di avere in figlio, pensava alle sue sensazioni di quei giorni, pensava ad Allah, per lo meno a come glielo aveva rappresentato Wadi, che, pur non essendo praticante, obbediva ai precetti di astensione dall’alcool e dal maiale, pensava al Dio dei suoi genitori, quello cristiano, cattolico, apostolico, romano e al digiuno quaresimale, ah ecco perché non c’era coda in salumeria, erano tutti alla pescheria, era venerdì di Pasqua!
La cosa la rasserenò, il suo non era uno sgarbo ad Allah, ma, democraticamente, anche al Dio cristiano, Wadi non aveva da prendersela, da quel momento il suo Dio sarebbe stato il Maiale, la prendessero un po’ in saccoccia tutti gli altri. La pervase una sensazione di pace che la accompagnò fino in casa, aprì con calma ogni involto e da ciascuno prese una fettina, ogni fettina con un pezzetto di pane mangiò con gusto, percepì il sacrificio del Maiale e quello del Grano, quello del Lievito e quello del Sale, sentì che tutti loro vivevano in lei.
Andò in ufficio con una serenità, nello sguardo e nel cuore, che le sembrava di non avere mai avuto, aveva riposto con cura i salumi nel frigo e si era fermata al bar a farsi un calice di rosso, alle dieci del mattino il barista l’aveva guardata stupito e aveva aperto una bottiglia di Raboso, lei ne aveva apprezzato il carattere robusto e sanguigno, aspro e dolce e si era avviata al metrò sorridente e leggera.

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Un commento a Erminia… Capitolo IV – L’illuminazione

  1. jerry dice:

    Ma hai seccato l’aria!
    Si trascura il maiale e ecco che si vendica con l’influenza!
    :)

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