Le Storie del Cinghiale

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Micomachia

Pubblicato da diego il 14 novembre 2007

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Gerardo Pintu aveva quasi
ottant’anni e di mestiere faceva il pensionato, ma la sua vera passione era
andare per funghi. Sapeva di essere il miglior cercatore di funghi della
regione, e sebbene quel titolo fosse rivendicato da una moltitudine di altri (presuntuosissimi!)
cercatori, lui era sicuro di aver ragione, e di certo nessuno gli avrebbe fatto
cambiare idea.

Quella mattina aveva scovato di
buon’ora una famigliola di porcini, ma appena prima di balzargli addosso aveva
schiantato un rametto sotto lo scarpone, e i porcini se l’erano data a gambe. Avesse
avuto vent’anni di meno, il Pintu non gli avrebbe lasciato scampo, ma non aveva
più le giunture di un tempo, e l’agguato si tramutò un faticoso inseguimento.

I porcini erano grassottelli e
sudavano e sbuffavano, ma conoscevano un sacco di scorciatoie nel bosco;
passavano sotto gli alberi caduti, giravano in tondo per fargli perdere
l’orientamento e correvano sulle foglie secche per non lasciare impronte. Il
Pintu fino a quel momento aveva tenuto duro, ma lo stavano fiaccando. Era già
la seconda volta che si fermava per bere qualche sorso d’acqua, levarsi il
cappello e asciugare il sudore dalla fronte.

I porcini ben presto ripresero la
corsa. Il Pintu agitò per aria il bastone, gli intimò di fermarsi e poi via, si
rimise a correre anche lui. Discesero il fianco della montagna, traversarono un
rigagnolo e risalirono dall’altra parte, in un gran fracasso di foglie
calpestate.

I porcini passarono in mezzo ad
una colonia di gallinacci, e il Pintu vi piombò subito dopo, seminando il
terrore. I porcini sapevano che il Pintu non avrebbe resistito a quel ben di
Dio: infatti quando vide i gallinacci scappar via in tutte le direzioni si
attardò per acchiappare i più lenti e buttarli nel cesto. Poi vide la famiglia
di porcini che arrancava in cima al crinale e riprese l‘inseguimento.

Scesero sul lato opposto, verso
una valletta in cui il Pintu non era mai stato, e gli andò dietro prima che
sparissero. La valletta era stretta e s’incuneava tra due pareti di roccia
umida. I raggi del sole vi arrivavano fiacchi, faceva fresco e lunghe ombre si
agitavano tra rami e foglie, ma il Pintu era tutto preso dall’inseguimento e
non ci fece caso.

Arrivò così dove il terreno era
una coltre di muschio scuro, l’aria immobile e densa, e crescevano castagni
centenari dai tronchi nodosi. Il Pintu si guardò intorno, un poco intimidito. Sembrava
un angolo di bosco in cui l’essere umano non aveva mai messo piede, immutato
dal giorno della creazione.

Eccoli là!

Vide i porcini scavalcare una
gobba del terreno. Superò un tronco abbattuto e finì dentro una pozza melmosa,
con l‘acqua fino alle ginocchia. Mentre girava intorno per tirarsi fuori, si
avvide di un’altra cosa che lo fece infuriare: dal cesto di vimini penzolava
una corda sottile, e dei gallinacci non c’era più neanche l‘ombra. I gallinacci
si comportavano sempre così, stolidi come bovini fino alla cattura, ma avevano
le loro risorse per levarsi dai guai.

Come se non bastasse, una grossa
vescia che stava nei pressi della pozza fece un verso di pernacchia e gli
spruzzò addosso una maleodorante nuvola di spore. Il Pintu tossì e sputacchiò,
e quando tornò a vedere la vescia era già scappata. Si issò fuori dalla pozza
aiutandosi col bastone, giurando su tutti i santi che quel giorno avrebbe fatto
una strage.

Si aggirò cautamente fra quei
tronchi enormi, attento che i nemici non gli giocassero altri scherzi, ma in
verità di funghi non vi era più traccia. Anche i porcini erano svaniti. Sempre
all’erta e col bastone pronto a colpire, il Pintu scivolò tra gli ombrosi
castagni, silenzioso come una biscia. Superò un gruppo di radici, e infine
raggiunse una radura dove tutto era immoto, e poca luce filtrava attraverso il
tetto verde delle foglie.

-Oibò- disse, abbassando il
bastone. -Che posto è mai questo?

Entrò nella radura. Sembrava un
piccolo chiostro delimitato da una corona di alberi scuri.

Fu lì che ritrovò la famigliola di
porcini. Si erano arrampicati su un ramo e lo guardavano, padre, madre e il
figlioletto di pochi giorni in mezzo.

-A-ah!- disse il Pintu,
deciso a pareggiare i conti per quella sfacchinata.

Sollevò il bastone ma, prima di
poter colpire, una moltitudine di altri funghi spuntò fuori da tutte le parti. Lingue,
tignose, ovoli buoni e velenosi, amanite. C’erano i gallinacci che aveva
catturato poc’anzi, e anche quelli che gli erano sfuggiti. Spuntarono fuori
occupando tutti i rami come fossero panche di un teatro. I più piccoli stavano
sul cappello dei più grandi, di modo che tutti potessero vedere. C’erano mazze
di tamburo e porcini di ogni qualità, c’erano chiodini e pinaioli dal gambo
giallo e un intero esercito di russule. Non mancavano le vesce grigie, e i
prataioli bianchi che spiccavano sul muschio come molliche di pane.

Lo stavano guardando tutti, e il
Pintu provò una grande soggezione.

-Che volete?- gridò. -Che volete
da me? Tutti nel cesto, tutti in padella! Ecco dove finirete!

Avanzò nella radura brandendo il
bastone, ma nessuno dei funghi scappò. Stavano tutti lì fermi a guardare, in
religioso silenzio. Poi il terreno cominciò a tremare e il Pintu perse l’equilibrio.
Il muschio si spaccò e ne emerse una forma tondeggiante, proprio davanti ai
suoi piedi.

Nacque un fungo gigantesco, il
sovrano di tutti i porcini, che era largo, tondo e perfetto, con il gambo
chiaro e il cappellone scuro. Era alto quasi come un uomo.

Il Pintu lo osservò, senza più
fiato, baldanza o coraggio. Tremava spaventato.

Il fungo scrollò la terra
dimenando tutto il colossale deretano, poi fece due saltelli verso di lui.

-Pigliame! Pigliame!

Il porcino cercò di balzargli nel
cesto, ma era troppo grosso e lo sfondò. Il Pintu strillò, mollò il cesto e
anche il bastone di rovere, e corse via a gambe levate.

Il fungo lo inseguì.

-Pigliame! Pigliame!

Uscirono dalla valletta e
rientrarono nel bosco, il Pintu terrorizzato e il fungo che tentava di
saltargli in braccio e continuava a chiamarlo.

Nessuno seppe mai che fine fecero.

Molte persone sono state in quel
bosco dopo di allora, per le grosse castagne e per i funghi che crescono
numerosi. E qualcuno, ancor oggi, sostiene fermamente di aver teso l’orecchio e
sentito un curioso richiamo.

-Pigliame!
Pigliame!

9 Commenti a “Micomachia”

  1. Emanuele dice:

    Bravo Diego! Simpatica ed originale la tua storia d’esordio! Complimenti!!

  2. Andrea dice:

    Ciao Diego, che piacere leggerti :)
    Questa storia a me e’ piaciuta molto. La cosa piu’ interessante e’ il tuo stile, quasi giornalistico, che mantiene un tono serissimo anche quando racconta questa bizzarra caccia al fungo, e fa risaltare ancora di piu’ l’aspetto surreale della storia.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  3. fabio dice:

    Ciao Diego, grazie per averci fatto leggere questo tuo racconto. E’ molto divertente…il fungo gigante nella parte finale è stata proprio una bella sorpresta!!! Pigliame! Pigliame! ahahahahaha … a presto Fabio

  4. Diego dice:

    Grazie. Scusate, forse non dovrei scrivere in questo spazio riservato ai commenti. Volevo solo ringraziare le persone che si sono prese il disturbo di leggere la mia storia, e quelle che lo faranno in futuro. Grazie a tutti.

  5. Andrea dice:

    Ciao Diego, fai bene a rispondere ai commenti, non preoccuparti.
    E’ stato per me un piacere leggere la tua storia, non certo un disturbo. Se ne hai altre sentiti liberissimo di mandarcele :))

  6. Ilaria dice:

    Troppo divertente come racconto!!! Complimenti!

  7. Chris84 dice:

    Divertente, questa storia! LA vendetta dei funghi…non ti dico le risate: anche mio padre ha la passione di andare per funghi!!

  8. wildant. dice:

    ahaha !!! divertentissimo !!!! e io che oggi volevo fare gli champignon ” al funghetto “!!!!… ora ho un pò di timore ad aprire il frigo !! bello davvero

  9. Gael dice:

    Davvero eccellente come lavoro, meraviglioso questo rovesciamento! Poter ai Funghi! Eh Eh Eh

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