Poco prima dell’alba si scosse
e poi rabbrividì, il cielo;
si fece l’aria più fresca,
ma nella mezza mattina,
non ne rimane traccia.
Leggera memoria del vento
poche foglie di platano,
gialle,
rincorrono le auto
sfuggendo gli affamati tombini,
o stanno acquattate
tra le auto in sosta,
come cartacce, le foglie.
Io con loro mi apparto,
nella città deserta,
ai margini del mondo che produce,
tra i morenti e i mai vivi
che, senza forze,
sfuggono l’oblio della periferia
rotolando,
sotto le magre ombre dei balconi,
lungo le larghe strade,
le foglie cadono d’agosto.
Mi permetto di suggerirti una virgola al 4° verso:
“ma, nella mezza mattina,”
mi sembra indispensabile, ma, forse, sono io che esagero con la punteggiatura.
Nel complesso mi pare che questa tua descriva molto bene l’atmosfera di abbandono della città in agosto, un abbandono che è anche abbandono dei più deboli e degli anziani, e quelle tracce che indicano già la fine dell’estate e l’arrivo dell’autunno.
Hai ragione Crunch, scusa se rispondo solo ora ma non mi ero accorto del tuo commento, la virgola lì sta proprio bene, ma se modifico il testo poi vado in cima alle novità credo quindi la modifica la farò solo sul testo sul mio pc.
Grazie ancora è raro essere letti con tanta attenzione.
Sembra quasi che tu abbia vissuto l’emarginazione dei senza casa, degli ultimi, dei barboni, in un’altra poesia scrivi di disagio mentale come una donna, poi scrivi filastrocche quasi senza senso, sembra quasi che tu non sia 1 ma molti, sbaglio?
Comunque mi piace molto questa.
Sento, leggero, nella poesia
il gusto della schizofrenia,
trattiene il Litio nelle mie vene,
le molte genti che non conviene
giù nelle strade far circolare,
così le getto nella tastiera,
girano il mondo, senza sostare,
senza, soverchio, sentir dolore.