Racconti fantastici

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Anaëlle

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Parigi.

Come una pazza, corro avanti e indietro per la stanza.
Dove mi trovo?
Urlo a squarciagola per farmi sentire ma la mia voce si perde nel vuoto.
La stanza è spoglia. Ci sono solo degli scatoloni impolverati e impilati uno sull’altro. Altri, sono ammassati su di una parete. Sono imprigionata: non ci sono porte e finestre, solo una piccola presa d’aria mi collega con il mondo esterno.
Qualcuno mi ha narcotizzata e imprigionata. Morirò qui!
Furiosa, prendo a calci e pugni le pareti ma a parte del calcinaccio che cade, non ottengo nulla. Riprendo a battere contro le pareti, a urlare, a correre per la stanza: percepisco solo un senso di disagio e solitudine.
La stanza è sporca e fredda.
Lo stomaco brontola. Ho le labbra secche.
Mi siedo sul pavimento, incrocio le gambe. Aspetto con ansia che qualcuno mi liberi.
Si saranno accorti della mia scomparsa? Scrollo le spalle.
Nel frattempo, guardo la parete di fronte, qualcosa brilla tra gli scatoloni: forse è la luce di un neon che tarda a spegnersi.
Mi alzo senza pensarci, corro verso la luce ma… vacillo. Cado per terra sfinita. Ho il fiato corto, il cuore pulsa a mille. Distesa sul pavimento, nel pieno caos ormonale, ripenso alla mia vita.

Fa così freddo adesso, ho i brividi.

È mattina? È sera?
Mi sembra di essere qui da un’eternità. Fisso il soffitto. L’ansia mi toglie il respiro: dov’è il mio inalatore? Lo cerco nella borsa, ma dove l’ho messa? Maledizione! Sono prigioniera del tempo: è volato via come una rondine portandosi con sé anche i miei sogni. Stupido inalatore! Ahimè! Presto mi mancherà il respiro e morirò qui… sola… affamata… assetata… come un cane randagio che brancola nel buio in cerca di cibo e acqua.
Ancora, grido a squarciagola finché non ne ho più, ma le mie urla si infrangono contro le pareti. Non c’è nessuno che possa ascoltarmi. Scrollo le spalle.
Accarezzo il bracciale che mi ha regalato mio padre per trovare conforto.
Chino il capo… un nodo in gola… vomito mentre le lacrime mi rigano il volto.

Il tempo è fermo. Dentro e fuori la stanza.
Stringo le spalle per farmi coraggio e accovacciata sul pavimento il mio pensiero ritorna a quella maledetta luce nascosta tra gli scatoloni. Quasi me ne dimenticavo.
Se fosse la mia unica via di fuga?
Cammino a fatica, claudicante, ma dopo pochi passi perdo l’equilibrio: cerco di sorreggermi agli scatoloni ma cadendo li trascino via con me. Da brava scout, resisto al dolore e mi rialzo. Coraggio Anaëlle! Il mio unico pensiero è raggiugere la luce.

Sposto gli scatoloni ammassati sulla parete con il cuore in gola… mi fermo. Curiosa, decido di guardare cosa c’è dentro e li apro. Alcuni sono vuoti, altri contengono cartelle degli studenti immatricolati all’Università a partire dal 1985. Rimango in silenzio per pochi istanti, poi mi sembra di impazzire. I ricordi emergono in superficie e come schegge di vetro mi feriscono: fanno a brandelli la mia anima. Il passato non dimentica, vuole quello che gli spetta. Forse è colpa delle pillole che assumo per combattere la depressione se ho le allucinazioni. Maledizione! E adesso? Eccomi, intrappolata in una stanza mentre il bastardo se la ride. Sepolto… dimenticato… ma no! Quel sogno è rimasto chiuso nel cassetto per troppi anni… avverto una fitta al cuore… sprofondo nell’abisso.
Le lacrime cadono, si posano per terra come pioggia. Mentre mi asciugo gli occhi sento qualcosa sulla mia pelle, le rughe mi solcano il volto come cicatrici indelebili.
Sposto gli ultimi scatoloni che mi separano dalla realtà: la luce mi acceca. Chiudo gli occhi, trattengo il respiro, salto.

Quando li riapro, capisco che sono alla fine di un viaggio.
Mi trovo in una landa desolata mentre cammino a piedi nudi.
Mi volto verso la strada, l’auto è sul lato della carreggiata, distrutta. Il sangue sgorga a fiotti dal mio ventre: non ci sarà mai una seconda possibilità. Guardo l’orizzonte.

Il cielo è cinereo: incomincia a piovere a dirotto.

Autore: jolly76

Sono nato a Bari. Amo leggere libri di ogni genere. Amo scrivere... Accetto le critiche...

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