Pensieri e racconti – Brandelli di vita dal pianeta morente

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      Aereoporto di Fiumicino. Ottobre 2006. Un uomo sta scegliendo delle riviste che gli consentiranno di passare un'oretta prima di partire per Catania. Al momento di prendere il solito settimanale, decide di comprare un block-note ed una penna. Si siede, mette i Subsonica in cuffia e inizia a scrivere. Riempie il blocco in poco più di mezz'ora. Da allora, non ha mai smesso di scrivere. Neanche in questo momento. Un abbraccio a Paolo, che era con me in quel viaggio e che ora è in viaggio, per non so dove. Per sempre.

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L’amico di Marco

Pubblicato da kiwi65 il 15 dicembre 2007

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Pino fece un tiro profondo di sigaretta e smise di parlare. Trattenne il fiato, come a voler assorbire tutto il potere calmante della nicotina.


Come cazzo te lo devo dire che io non ne sapevo niente. Io ho fatto le cose per bene, come non le ho mai fatte nella vita. Ho aperto un bell’ufficio, assunto una segretaria, messo sotto contratto un broker…


Prese Marco per la gola, con una mano, schiacciandolo verso il finestrino della Mercedes, fino quasi a strozzarlo. La sua voce era calma, risoluta.


Trentamila euro. Hai capito? TRE-NTA-MI-LA! Quei soldi mi servono. Subito. Mi hai messo con il culo per terra. Se sei abbastanza vivo per ascoltarmi in questo momento è solo perchè se muori nessuno potrà darmi quei soldi. Hai capito, faccia di merda?


Il suo viso, segnato da una cicatrice sotto l’occhio destro, non lasciava trasparire alcuna emozione. Con l’età aveva imparato a controllare i propri istinti violenti.


Ci vediamo domani sera qui. Con i soldi“. La Mercedes di Pino ripartì sgommando. Marco si avviò di corsa verso la sua utilitaria, prendendo il cellulare e componendo nervosamente un numero.


Si diresse velocemente fuori città, nel quartiere dormitorio verso la collina.


“Il numero da lei chiamato…”


Marco chiuse nervosamente il cellulare e lo tirò contro il cruscotto.


Arrivò di corsa al citofono. Ansimando, iniziò a leggere in sequenza i nomi. “Farelli, Farelli, Farelli… dove cazzo sei? Eccolo!”. Iniziò a suonare ripetutamente. “Rispondi… rispondi, bastardo! RISPONDI!!!”


Scaricò la sua rabbia contro il portone, prendendolo a calci. Poi si sedette per terra, appoggiando la schiena al muro.


Mentre Marco chiudeva gli occhi, cercando di capire quale sarebbe potuta essere la sua prossima mossa, in un paese vicino due donne, sedute al tavolino di un bar chiaccheravano sottovoce.


Allora, è una settimana che ti rincorro. Non te ne vai se non mi racconti tutto!


Carla rise di gusto, a quelle parole. Giulia le aveva già detto che era come se avesse conosciuto un’altra persona, completamente diversa. Allegra, ironica, sempre ottimista e di buon umore.


Non che Carla non fosse già una persona allegra ed ottimista di suo, intendiamoci. Ma tra la Carla delle vacanze in Sicilia e la Carla che sedeva davanti a Giulia, in quel bar del centro, in quel freddo sabato pomeriggio di Novembre c’era una differenza. Sostanziale.


Era felice. Era felice, e anche i muri del bar se ne erano accorti.


Allora? Sto aspettando!!” fece Giulia, fingendo un rimprovero e sgranando gli occhi.


Prima prendiamoci un tè. Sto morendo di freddo!”. Carla si fregò le mani. Poi le mise davanti alla bocca e le riscaldò con il suo respiro.


Dopo qualche minuto, mentre Giulia era presa a spiegare il motivo per il quale preferiva il tè alle erbe aromatiche invece di quello al mirtillo, Carla, con il viso assorto, appoggiato tra le mani e i gomiti sul tavolino, piazzò il colpo.


E’ uno di Roma”.


Di Roma?


Giulia sgranò gli occhi e cominciò ad inzuppare ritmicamente la bustina di tè alle erbe aromatiche nella tazza fumante, non perdendo neanche per un secondo di vista le espressioni della sua interlocutrice.


E come l’hai conosciuto?


E’ una cosa un po’ complicata. Ti ricordi di Antonella, quella ragazza che canta nel coro?


Quella biondina, con i capelli cortissimi?


Si, lei. Insomma. Senti la scena. Era sabato mattina. Esco di corsa da casa per andare da mia madre. Mentre mi avvio alla macchina, mi sento chiamare a gran voce. Ma chi è questa cafona che urla, penso. Dall’altra parte della strada, davanti alla pasticceria, c’era lei. Mi giro e la vedo che mi saluta con tutte e due le mani e poi mi fa segno di andare da lei.


Non faccio in tempo ad arrivare che mi fa -Carla, ti voglio presentare il mio ragazzo.-”


Mentre sto stringendo la mano a questo tipo, che non ricordo neanche come si chiama, pensa un po’ quanto l’ho trovato interessante, l’occhio mi va su un altro ragazzo, un paio di metri più indietro, che parla al telefono. Appena lo vedo penso: questo invece è interessante!


Allora, la pianti? Mi dici chi è e soprattutto come è??


No no, devi aspettare che finisca di raccontarti tutto. Mentre sto li’, imbambolata a guardare questo ragazzo, Antonella capisce la situazione e mi anticipa.


-Ah, Carla, dimenticavo! Questo è Lucio-


Mi avvicino e gli tendo la mano. Lui si gira verso di me e mi guarda negli occhi, continuando a raccontare al telefono di un gruppo heavy-metal che aveva visto la sera prima al pub vicino al porto. Mi guarda e mi riguarda. Trenta, quaranta secondi, e non mi stacca gli occhi di dosso.


E poi?


E poi mi sorride e chiude la telefonata.


  Carla – gli faccio io, guardandolo fisso negli occhi.


- Ciao Carla. E’ veramente una giornata splendida, non trovi? – mi fa, stringendomi la mano con tutte e due le sue.


Con tutte e due le mani?


Guarda, io non credo a queste cose. In quel momento ho sentito che qualche cosa stava per succedere. Il cuore voleva uscire dalla camicetta a farsi un giretto!


Carla si ferma per sorseggiare un po’ di tè.


Che fai? Racconta, dai! Com’è? E’ biondo, è moro, è giovane, è zoppo… me lo dici?”, incalzò Giulia.


Senti, che ti devo dire. E’ moro, corporatura normale, non è muscoloso. Ha un pizzetto ben curato e porta un minuscolo orecchino con un teschio all’orecchio destro. E poi…


Carla fece un sospiro, chiudendo gli occhi.


Poi?


Poi ha una voce così sexy… è profonda, impostata, sembra quella di un attore. E’ il cantante di un gruppo heavy-metal, questo l’ho saputo dopo…


Dopo quando?


Quella domenica stessa. Abbiamo parlato un po’, poi sono andata da mia madre. Al pomeriggio, Antonella mi ha chiamato, chiedendomi se avessi dei programmi o ci saremmo potuti vedere tutti e quattro al porto.


E tu? Già ti ci vedo! – Mi dispiace, la sua richiesta non è accettabile. Ho degli impegni improrogabili-”, disse Giulia, imitando ironicamente una segreteria telefonica.


Si. Come no. Neanche ha finito di parlare, che gli ho detto –Ci dovrei pensare un attimo… a che ora ci vediamo?-“


“Ma proprio un attimo!”


Giulia e Carla risero di cuore, fino alle lacrime.


E’ incredibile come una persona possa riempirti la vita. Come possa farti vedere la vita da un altro punto di vista, facendo sembrare i tuoi problemi piccoli piccoli.


A proposito di problemi”, cambiò discorso Giulia “come avete fatto con quella finanziaria?


Lasciamo perdere, guarda. Che ti devo dire? Mio padre ha detto che quei soldi li avrebbe riavuti. Con ogni mezzo. Ma fino ad ora…”


“Certo, a pensare che con Marco siamo cresciuti assieme… non ci si può fidare proprio di nessuno.”


Tre giorni dopo. Domenica mattina.


Una Mercedes gira incessantemente per la città. Il guidatore sta parlando al cellulare.


“Lo devi trovare, quello stronzo. Lo devi ammazzare come un cane. Non può essere lontano. Abbiamo tenuto sotto controllo la sua casa e non è mai uscito. La macchina è ancora li’, ma lui a casa non c’è. Abbiamo guardato… che ne so dove lo devi cercare? Cercalo. …pensa… dove andresti se vuoi sparire e non ti vuoi far beccare? Utilizza quel milligrammo di cervello che hai! E non mi rompere le palle!”


Pino chiude la telefonata. Al semaforo gira a destra, per andare verso la collina. Ancora una volta.


Come mi sta?


Carla si gira, aggiustandosi il foulard davanti a Lucio.


Meravigliosamente, direi


Ma tu non ti compri niente?


Non ho ancora deciso, poi faccio un giro nel reparto uomo


Al di fuori dello stesso negozio arriva Marco, trafelato. Si guarda in giro, cercando di capire se c’è qualcuno che lo segue.


Sembra di no. Cerca di riprendere fiato. Si aggiusta i capelli ed entra anche lui nel negozio.


Nel bar di fronte, un uomo sta seduto ad un tavolino e osserva la scena. Poi prende il cellulare.


Ciao. E’ nel negozio di abbigliamento di fronte al bar degli artisti. Fate presto”.


Marco si dirige verso il bancone all’ingresso. L’uomo dietro al bancone lo accoglie con un sorriso.


Marco! Chi non muore si rivede!


Ciao Franco. Ho bisogno di te”, fa Marco, visibilmente agitato.


Che succede?


Succede che mi devi nascondere. Mi stanno cercando.


Chi?


Non è il momento. Trovami un posto in cui stare.


Ci penso io. La vedi quella porta? Dietro c’è una scala che porta giù al magazzino. E’ un posto abbastanza grande e dispersivo, pieno di posti in cui nasconderti. Vai. Ti vengo a cercare io, al momento giusto.


Marco sparisce dietro la porta. Nel frattempo Lucio e Carla arrivano al bancone e posano i loro acquisti vicino alla cassa.


Bello quel giubbotto. Ti sta proprio bene!


Sono proprio contento, erano mesi che lo cercavo. Proprio questo, fatto proprio cosi’.


Questi giubbotti vanno tantissimo, quest’anno” commenta Franco, mentre fa il conto. “Blu marine, con il pellicciotto. Ecco qua. Sono quattrocentoventi euro”.


Carta”, fa Lucio, dando la Visa a Franco.


Poi si gira e dà una carezza sul viso di Carla.


Me lo metto subito. Non resisto!


Ma dai!!” fa Carla, ridendo.


Non ci credi?


Lucio estrae dalla busta il giubbotto con il pellicciotto e se lo infila.


Ecco qua. Pronto!


Arrivederci!


Arrivederci!


Lucio e Carla escono sorridenti dal negozio. Dal fondo della strada, una moto, con due persone a bordo, si avvicina lentamente all’ingresso del negozio.


Lucio si ferma a frugarsi le tasche, cercando le chiavi della macchina.


La moto si avvicina ai due. Il passeggero allunga la mano verso la faccia di Lucio. Due esplosioni. La moto schizza via veloce.


Lucio cade in una pozza di sangue sull’asfalto. Carla comincia ad urlare disperata, mentre la gente accorre.


Nel bar di fronte, l’uomo seduto al tavolino osserva la scena. Poi prende il cellulare.


“Ok, Pino, tutto a posto. Ciao”. L’uomo del bar di fronte chiude la comunicazione. Si alza e si allontana.


Approfittando della confusione, Franco scende a chiamare Marco.


“Qui fuori è successo un casino. Hanno ammazzato uno. C’è la polizia. Esci da quella porta laggiù. C’è un furgone che sta portando della roba ad un magazzino fuori città. Nasconditi li’.”


Marco obbedisce. Si abbottona per bene il suo giubbotto blu con il pellicciotto e si infila nel furgone.


Nel frattempo, in strada, la polizia sta facendo i rilievi. Arriva il questore.


“Chi è il morto?”


“Lucio Farelli”


“Ma chi? Farelli… quello della finanziaria?”


“Si è proprio lui.”

Un commento a “L’amico di Marco”

  1. emmaus 2007 dice:

    E la chiami prima stesura? Non c’è un errore! Bella la trama, con un intreccio che si dipana alla fine. Ciao, alla prossima!

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