Luisa, la Baby-Killer-Sitter.
di Luca Zammataro.
Il giorno in cui si presentò alla mia porta disse che era una baby-killer, poi si corresse e disse di essere una baby-sitter, poi si corresse ancora, e pronunciò un unico nome, il suo, tutto d’un fiato, come una cornamusa bagnata stonata durante una novena natalizia.
Io non ricordo il suo nome, lo disse velocemente, ma non lo fece per confondermi. Era così, bella e raccapricciante.
Poi si ricordò di un vecchio dialogo pubblicitario, che doveva aver registrato malamente da un satellite, e cominciò quasi istericamente: “Luisa, comincia presto finisce presto e di solito non pulisce il water..”, e andava dimenando il suo strano culo gelatinoso, ma proprio strano da sembrar colla di pesce… A dire il vero era tutta un pesce. Indi si ficcò nel cesso e cominciò a scrostarlo aiutandosi con una delle tante squame che il buon Dio le aveva dato in dotazione.
Io tenevo ancora una di quelle pipette Gilson nelle mani, avevo da poco ultimato il mio esperimento sugli embrioni esacanti, e mi aggiravo per il mio appartamento suidicio, con ancora gli scolici penzolanti fra le mie dita…e mi balenò l’idea di prelevare con un puntale da gel-shift, qualche microlitro gocciolante di materia dal suo olivastro fondoschiena.
Andai subito alla consolle, per analizzare il mio campione, mentre Luisa, la baby-killer-sitter, viscidamente strisciava per la casa, come in cerca di qualcosa.. Il sequenziatore mi rivelava, frattanto, la sua identità molecolare.. Luisa babykillersitter aveva 5 basi nucleotidiche nel suo DNA: oltre alle classiche quattro, Adenina, Timina, Citosina e Guanina, nel suo genoma c’era spazio anche per l’Orotato, un acido che di solito non si “incula” più nessuno da diversi milioni di anni, ma che può far parte della sintesi delle pirimidine nei mitocondri, retaggio di un mondo batterico…
Mentre Luisa puliva il cesso, le domandai perché fosse entrata a casa mia. Mi guardò olivastramente, un po’ di sbieco. Mi disse, “sei stato scelto, mi hanno programmata per venire qua. Sono solo una gelatina intelligente, mi hanno ficcata in testa due o tre mottate all’italiana, per riuscire ad entrare a casa tua”.
Mi sfuggiva il suo scopo. Perché mai gli alieni avrebbero dovuto interessarsi a me, che non pubblicavo da anni, che quando pubblicavo al massimo gli editor mi concedevano l’inserto tuttoscienze di Topolino. Poi si accorse della mia confusione mentale, e questo doveva averle dato l’abbrivio per un nuovo dialogo.
“Senti”, mi disse, “ti posso garantire che anche se sono solo una gelatina tridimensionale, posso assumere da tre a cinquantaquattro dimensioni. Io capisco i tuoi dubbi, ma non ho risposte alle tue domande tridimensionali”. Continuavo a guardarla perplesso. Lei uscì dal bagno e si distese sul mio tappeto di pelle di mucca, quello con tutte le cicche spente sopra. “Non facciamoci domande alle quali non sappiamo rispondere..”, continuava con un fare suadente nella voce, e nel frattempo assumeva le sembianze di Laura, la mia compagna di classe alle ginnasiali.
Io avevo dimenticato il senso dell’appetito. LauraLuisa mi si pose davanti, trasparente come il mare all’inizio, poi però i suoi due volti emergevano come un carnume di spuma e ad un certo punto quei tessuti traslucidi agganciarono in me un ricordo floreale, e proustianamente mi proiettai lungo una memoria stirata, che via via andava allungandosi sempre di più, fino ad assumere le fattezze del viale di glicini, che ero solito attraversare in bici da bambino, nei pomeriggi d’estate.
E mi ritrovai fra i tentacoli della KillerSitter, ma non poteva definirsi una morte, la mia. Era quasi un travaglio all’incontrario, un attraversamento pedonale verso estinte carezze, e divenne l’ingresso umido e letale, fra glicini e ricordi di ragazzo, fra l’odore di Laura e quello dei libri di scuola, fra il desiderio riposto e mai più rivelato, di quella ragazza che avevo amato più di me stesso, più dei glicini, più della bicicletta.
E compresi, fra gli anfratti clitoridei di quell’essere inconsistente e beffardo come l’Universo, cosa il destino mi avesse regalato, quali ricongiungimenti mi avevano colto di sorpresa, quel giorno in cui scoprii la quinta base nucleotidica della vita…
“Sì, LauraLuisa, Baby-Sitter e Killer dei miei baby-ricordi, Si! Tienimi con te, su questo tappeto di mucca. Qui spegnerò la mia ultima cicca. Che muoiano gli embrioni esacanti! Imballate le Gilson, spegnete i sequenziatori! Per nessuno al mondo ero stato il Nord e il Sud. Chi se ne fotte di cosa sia la vita qui sulla terra! Lascia che la mia materia si fonda per sempre nel ricordo di Lei.”
Il giorno dopo trovarono qualche squama secca su una pelle di mucca. La radio e i telegiornali dissero che i RIS non ci capivano nulla ed archiviarono il caso. Pure quel finto-rosso-ossigenato, Osvaldo…o Orlando…non ricordo mai il nome, del CSI-MIAMI, quello che somiglia ad un arancino gusto-merda, anche lui riaprì il caso ma poi, religiosamente, lo richiuse..
Mille anni dopo, una neonata di nome Laura andava emergendo dai resti fossili di una pelle di mucca. Il mondo non era più come me lo ricordavo. La mia città era divenuta una Pantalica post-atomica. La mia casa non c’era più, e sotto una coltre di detriti giaceva il mio sequenziatore, ed i resti di quello che un tempo era stato il mio laboratorio..
La neo-Laura, emergendo, sarebbe nata di lì a poco da tutta quella archeologia, avrebbe avuto il disegno della mia bocca e gli occhi di sua madre Laura, eternificata nel mio ricordo, sorridente fra i glicini.
Allora compresi il perché di quella visita mille anni prima, e mi fu chiaro il progetto dell’alieno Luisa, ed il perché aveva scelto la mia casa. Tutto era finalizzato a quel concepimento. Il mio laboratorio doveva garantire il processamento degli acidi nucleici, e l’alieno sarebbe servito da catalizzatore spazio-temporale, permettendomi di concepire una vita con il ricordo di Laura. Mia figlia stava nascendo nel 3008. Lì non avrebbe trovato niente che potesse somigliarle, nuovi medioevi l’avrebbero attesa. Sarebbe sorta come una gemma dall’unico residuo di tessuto organico: un tappeto di pelle di mucca.
Ma io avevo progettato per la mia famiglia una casa in un viale di glicini, e l’alieno Luisa avrebbe mantenuto, ad onta di tutto, la sua promessa. Avrebbe proiettato, sulle pietre stroncate dal nucleare, le immagini di me sulla bicicletta e di Laura, e dei libri e di tutti, dico tutti, i glicini…
Come Tarzan nostra figlia avrebbe imparato a camminare vedendo noi, proiettati sulle pietre, e non avrebbe avuto bisogno di cibo, perché l’alieno avrebbe pensato a lei, trasformandosi di tanto in tanto in un enorme corpo mammillare gelatinoso, pronto a nutrirla. Non ero stato un gran scienziato, ma avevo amato e questo valeva più di qualsiasi scoperta. Io avevo amato.
E come una cornamusa bagnata, mille anni dopo emettevo messaggi sonori attraverso le pieghe tissutali di Luisa l’alieno: “Tienimi con te, su questo tappeto di mucca. Qui spegnerò la mia ultima cicca. Che muoiano gli embrioni esacanti! Imballate le Gilson, spegnete i sequenziatori! Per nessuno al mondo ero stato il Nord e il Sud. Chi se ne fotte di cosa sia la vita qui sulla terra! Lasciate che ogni ricordo umano generi materia.
E così sia.”
Copyright ©2008 Luca Zammataro
Bello …molto bello… ma i nomi hanno un significato recondito – ;-)
Reconditi significati? Chi ha piu’ o meno la mia eta’ (37), si ricordera’ di “Luisa comincia presto, finisce presto e di solito non pulisce il water”, uno spot anni ’80, in cui una terribile colf, direi a meta’ strada fra “Mrs. Doubtfire” e la protagonista infermiera di “Misery non deve morire”, si presentava psicopaticamente alla porta del suo presunto datore di lavoro, con la faccia da coglione, brandendo a mo’ di spada un certo prodotto contro lo sporco del WC, e consentendole di strillare la famosa frase: “e di solito non pulisce il water!!”, segno tangibile del fatto che non sara’ lei a pulire il water ma il prodotto.. Il tizio alla porta, con la faccia da coglione, a quel punto esclamava: “come non pulisce il water?!”. Il mio personaggio, Luisa, e’ un alieno che si presenta in casa dello scienziato fallito, sotto le spoglie di una colf-baby-sitter anche un po’ killer.. e dato che i suoi riferimenti in fatto di stupidita’ umana sono molto pochi, decide di utilizzare qualche “mottata firggibuco” per far colpo su di lui..
Reconditi significati? Chi ha piu’ o meno la mia eta’ (37), si ricordera’ di “Luisa comincia presto, finisce presto e di solito non pulisce il water”, uno spot anni ‘80, in cui una terribile colf, direi a meta’ strada fra “Mrs. Doubtfire” e la protagonista infermiera di “Misery non deve morire”, si presentava psicopaticamente alla porta del suo presunto datore di lavoro, con la faccia da coglione, brandendo a mo’ di spada un certo prodotto contro lo sporco del WC, e consentendole di strillare la famosa frase: “e di solito non pulisce il water!!”, segno tangibile del fatto che non sara’ lei a pulire il water ma il prodotto.. Il tizio alla porta, con la faccia da coglione, a quel punto esclamava: “come non pulisce il water?!”. Il mio personaggio, Luisa, e’ un alieno che si presenta in casa dello scienziato fallito, sotto le mentite spoglie di una colf-baby-sitter anche un po’ killer.. e dato che i suoi riferimenti in fatto di stupidita’ umana sono molto pochi, decide di utilizzare qualche “mottata firggibuco” per far colpo su di lui..
Il protagonista vive una nuova e diversa esistenza all’interno delle pieghe tissutali gelatinose di Luisa… così io tra i pixel dello schermo da cui leggo il racconto… nuovi ed ampi orizzoni mi si sono aperti oltre i tubi Falcon fino alle pipette Gilson, oltre le basi nucleotidiche protagoniste di GATTACA fino all’Orotato e oltre le 3 dimensioni fino alle 54 che la pelle di mucca apparentemente piatta ed inanimata racchiude dentro di sè… ricordi desideri amore…
Comunque le conclusioni che traggo sono le seguenti:
-il tipo di CSI si chiama Orazio il che potrebbe significare che sono teledipendente
-ormai sarò segnato per sempre e non potrò mai più guardare un tappeto di mucca come lo guardavo prima