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maternità

Pubblicato da martuz il 12 giugno 2009

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Non sono passati molti anni da quel pomeriggio di metà giugno. Era stato uno di quei pomeriggi impertinentemente caldi, ma visto che la nostra storia inizia alle sei e trentadue di quel pomeriggio, quando ormai il disco d’oro ruzzolava verso l’orizzonte,poco importa.

Un po’ tardi lo era, ma in una città a me cara, in uno dei suoi tanti parchetti che si intrufolano tra gli appartamenti residenziali,i bambini che giocavano, non erano ancora abbastanza stanchi. Pertanto tutte le panchine erano piene zeppe di mamme e nonni e nonne e babysitter in attesa che la prole scaricasse un livello d’energia tale da inlenzuolarli con minore difficoltà possibile. Tutte le panchine pullulavano d’umanità, eccetto una. Vi sedeva una sola persona, benché ne venissero occupati circa i due terzi. Se fosse dipeso dalla sua mole, molto probabilmente si sarebbe potuto formare un po’ più di spazio. Ma il fatto era che quella persona non se ne stava mai ferma. Chi era seduto sulla panca opposta poteva ben percepire come fosse presa da un grand’affanno. Poteva farlo, ma non lo faceva. Vedete, la persona suddetta, da che s’era seduta su quella panca era stata accuratamente evitata. Con così tanto impegno che le menti di tutte quelle mamme e nonne e nonni e babysitter, s’erano perfino scordate di averlo fatto. Fino ad arrivare al punto che per loro non esisteva una panca occupata per due terzi da un’irrequietissima ragazza incinta. Eppure esisteva.

Questa poveretta, benché pareva palese che avesse superato almeno il settimo mese di gravidanza, ancora non si era abituata alle gioie della maternità. Non trovava, infatti, una posizione che non fosse scomoda a lei o alla sua pancia, nonché quella cosa che vi era contenuta.

Tanto era presa , che manco si accorse che quello che non era avvenuto per tutto il pomeriggio,avvenne in quel momento,alle sei e trentadue. Le si sedette accanto un uomo.

Intese la sua presenza quando questi prese a parlare al telefono. Vuoi per il modo rude adoperato,vuoi per l’imprevedibilità di una compagnia, la ragazza fece un balzo spaventata. Si voltò a vedere chi fosse.

Vide una giacca beige con sotto una felpa bianca, vide dei calzini blu che rientravano dentro a delle scarpe nere e vide un paio di jeans che collegavano il tutto. L’uomo rude dal pessimo gusto in quanto abbigliamento, aveva un viso rettangolare dai lineamenti decisi, sottolineati da profonde rughe. Egli accompagnava le parole gesticolando e con forti espressioni del volto. Era irritato. Chiuse il telefono in malo modo e frugò nelle tasche dei jeans. Estrasse un pacchetto di sigarette, un fazzoletto, un accendino. Rimise il fazzoletto in tasca, prese dal pacchetto una sigaretta che abbracciò delicatamente con le labbra.

Aveva appena fatto il primo tiro per accenderla, che la ragazza s’accorse di quello che faceva. Non che prima non lo stesse osservando attentamente, ma lo aveva fatto come spettatore esterno, come potremmo averlo fatto noi. Capì bene, invece, che era il caso di interromperlo immediatamente.

Ciononostante fu bloccata da un pensiero: e se non volesse?e se rispondesse sgarbatamente? Ora avrebbe dovuto fargli gettare una sigaretta appena iniziata … fortunatamente furono pensieri di brevi istanti, surclassati dal forte senso del dovere che, forse per la prima volta, nasceva in lei.

“ehm, scusi … non è che potrebbe… la sigaretta… potrebbe

spegnerla ? ”

“eh?- l’uomo voltò il volto leggermente, tanto da avere la possibilità di trovarsi un’inaspettata pancia enorme imparte a sé- ah, sìsì, certo, mi perdoni, non l’avevo vista”.

“oh, non mi dia del lei..!”

Ed era la seconda volta che non l’aveva vista davvero. Quindi si voltò e vide che, un po’ più in alto della pancia, troneggiava, umile, un viso fresco e giovane: la ragazza non poteva avere più di diciassette anni.

Porco di un cane, come si fa?, pensò, non avrà nemmeno diciott’ anni.

“scusa, ti sei offesa?”, forse lo disse con tono ironico, forse sincero, in ogni caso la ragazza non stette a pensarci.

Per la prima volta aveva potuto vedergli gli occhi. Belli, ma belli come in seguito avrebbe faticato a raccontare. Tanto ne era presa che a stento balbettò un nono si figuri, solo che … senza concludere niente.

Continuava a guardarla, benché in un qualche modo, magari non proprio accettabile, avesse già risposto.

Lei levò lo sguardo. Oddio , ecco che ritornava. Tentava di impedirselo, ma spesso, ultimamente sempre più spesso, non poteva fermarlo. Più si sforzava di reprimerlo, più il pianto ribatteva che aveva anche lui diritto d’essere. Non ora, non ora, pensava,o più che altro intimava a se stessa. Ma si sa, come il riso, anche il pianto più si tenta di evitarlo più egli si erge trionfante schiacciando ragione e quant’altro ci sia nella mente. Pianse,apparentemente senza motivo.

In realtà ne aveva troppi. Era incinta, e già questo la dice lunga. Era giovane,ma sola. Si sentiva un’idiota, anche per il fatto stesso di non riuscire a smettere di piangere.

“Dai da brava, non piangere!”, somigliava più al modo con cui si rimprovera piuttosto che a quello con cui si consola.

Lei che non si ricordava già più di lui tentò di asciugarsi un paio di lacrime con il dorso della mano.

Lui rintrufolò la mano in tasca, tirò fuori pacchetto di sigarette, accendino, fazzoletto. Rimise in tasca il pacchetto di sigarette con l’accendino. Porse il fazzoletto alla ragazza incinta.

“dai tieni e non piangere-

“grazie”

- che hai un così bel visino, sorridi un po’ no? Non sei mica contenta?”

“eh di cosa?Va tutto storto, non ne faccio una giusta”.

“suvvia, per quanto possa andare male, non dimenticarti che un bambino è la cosa più bella che si possa avere”

“infatti, ma io avrò una bambina! Non basta il fatto che sono troppo giovane, che i miei volevano farmi abortire, che sono senza un diploma, senza lavoro, senza un futuro: doveva anche essere femmina!”

“eh perdinci, che c’è di male se è una femmina?”

“non capisce? Io non voglio che sia come me. Certo lei è un uomo, non sa quanto sia peggio essere una donna. Si soffre di più, si fatica, non ti degna nessuno, non vali niente. Come farò a giustificarmi quando… quando mia figlia mi domanderà perché l’ho fatta nascere così? “

“no, non è così. Non te l’hanno mica raccontata giusta a te, sai?”

“ah no, perché?”, non sapeva nemmeno se valesse la pena di domandarlo.

“prima di tutto perché anche con le più buone intenzioni non avresti potuto scegliere tu il sesso. Secondo la donna soffre di più, ma è anche molto più forte dell’ uomo. Terz…”

“questo non è vero!”

“ah si? Mai visto una donna con il raffreddore? E un uomo?”

… Silenzio … . spalancò la bocca, ma le parole le rimasero lì dentro.

“ecco, appunto! Terzo, la donna è molto importante. È questa la cosa che la gente non riesce a capire. Che se anche si cerca di negare questo fatto, rimane un pensiero fisso dell’uomo. – si diede dei colpetti sulla fronte, per sottolineare che era lì che il pensiero rimaneva fisso- Guarda ora, o guarda la storia!”

“nella storia la donna è sempre stata messa in secondo piano, quando non era dimenticata del tutto!”

“sempre … cosa vuol dire? Certo se guardi gli ultimi anni magari ti potrà sembrare che la società abbia solo evidenziato l’importanza dell’uomo, ma a ben vedere la donna ha goduto di venerazione molto più a lungo.”

“dice?”

“come dico? ragazza mia , mi sa che a te la storia mica l’hanno spiegata come si deve! Almeno per quarantamila anni gli uomini hanno continuato a venerare le donne. Ora paragonando questo periodo con quello in cui la società è stata di tipo patriarcale vedi come sia molto più importante”.

Lui continuava a gesticolare, come prima al telefono, però meno duro. Gli occhi che mischiavano un po’ di allegria infantile con un po’ di saggezza senile, rimanevano sempre affascinanti, quel tanto da non guastare. Lo guardava, ascoltava, e non sapeva se doveva annuire.

“hai capito?”

Fece segno di sì.

“oh bene! Ora resta da spiegarne il perché, cosa resa semplice dalle statuette chiamate le veneri, hai presente?”

“quelle grassocce?”

“proprio! Ecco, gli uomini preistorici capivano che la donna era importante, perché da lei vedevano nascere la vita, ma però quando intuirono che in quella cosa c’entravano anche loro in qualche modo, ecco smisero di ammetterne l’importanza. Ma non voler vedere una cosa non significa che essa sparisca per forza. Le donne rimangono importanti, e gli uomini, pirla, credono il contrario.”

“ma al giorno d’oggi …”

“giusto, al giorno d’oggi le cose cambiano, come del resto in ogni periodo. E la donna ha ritrovato il mezzo per far valere questo suo potere. Una cosa terribile se usata nella maniera sbagliata, eppure molto importante.”

“non ho capito cosa.”

“la pillola!”

“la pillola?”

“si la pillola!ragazza mia, io non so se tu hai ben capito cosa essa rappresenti e determini oggi, la pillola.”

“beh… un modo per prevenire.. certi errori”, e dicendo questo non poté impedirsi di guardare il suo enorme pancione che tracotante pareva beffarsi di lei, che certi errori non aveva saputo evitarli.

“si va beh , ma quello che importa è che fa scegliere, scegliere, scegliere è questo il punto! Dai da brava, non è così chiaro? Se non scegli sei un nulla. Scegliere è pensare!”,stava riprendendo un tono più brusco.

Lei si sentì come una studentessa che non aveva ripetuto la lezione.

“E ciò che rende la cosa più importante è che la scelta è la vita o la non vita. L’umanità, oggi, lascia nelle mani delle donne il suo destino! Ti pare poco? Se oggi tutte le donne si svegliassero di cattivo umore e si coalizzassero avrebbero la possibilità di far cessare la nostra specie. Cosa ovviamente assurda dal punto di vista pratico, però.. non si può mica scherzare con il fuoco… comunque quello che volevo farti capire all’inizio, che per quanto ho capito io, è che tu hai scelto. Non pentirti di averlo fatto, anche se qualcuno ti dice il contrario. In quel caso è uno stupido, non devi ascoltarlo.”

“ Ma non è sempre così facile ci sono volte che vorrei morire, momenti in cui detesto la vita. Come si fa a donarla a qualcun altro quando tu stesso pensi che non sia una cosa buona?”

“Sono sicuro che non è la vita a non piacerti. Sono i momenti difficili. Ma quelli passano, non credere che uno debba soffrire tutta la vita! Ovvio che devi essere tu a fare in modo che essi passino e che tu non li abbia vissuti per niente. Non aver paura d’essere madre. Temo che voi donne l’abbiate congenita questa capacità, quella stessa cosa per cui le api organizzano perfettamente il loro alveare.”

“spero proprio, anche se la paura rimane..”, un’altra crisi di pianto. Come la lince osserva la sua preda, anch’esso aveva aspettato quieto il momento per sferrare il suo attacco.

“eh dai piangi, che ti diventano gli occhi più belli!”, un po’ commosso lo era anche se ogni tanto aveva desiderato sorridere all’ingenuità di quella ragazza. Le diede una pacchetta su una spalla. Si chinò in avanti, poggiò i gomiti sulle ginocchia. Frugò in tasca, estrasse sigarette, accendino. Ah già è vero, pensò e rimise pacchetto e accendino al loro posto. Si riappoggiò allo schienale della panchina.

E così sarebbe diventata madre? Tante volte aveva sentito quelle cinque lettere così accostate, senza mai intenderne davvero il significato. Mamma , lei! Eppure se quello che egli diceva era vero,avrebbe potuto esserlo, avrebbe potuto esserne anche orgogliosa! Cos’era il mondo, cos’erano i giudizi della gente, lei era madre. La vita era in lei. Forse qualcosa che non aveva ancora capito. Forse qualcosa che sarebbe stata più difficile di quanto l’euforia di quel momento le facesse credere, eppure.. eppure lei era madre, non una ragazza incinta. Non un errore. Era la vita.

Si voltò verso l’uomo per condividere questo pensiero, quasi fosse frutto di una scoperta tutta sua. Ma non c’era più.

Erano le sei e cinquantatre, quando una panchina risultò improvvisamente libera. Chissà perché nessuno l’avesse notata prima. Ma poco importava, ormai nel parchetto non rimaneva che un uomo, poggiato ad un pioppo, che fumava una sigaretta con una specie di sorriso.

3 Commenti a “maternità”

  1. bernardodaleppo dice:

    In questo caso ci sono dei particolari dei dialoghi che mi sembrano poco “freschi” come se il sistema di “racconto a tesi” in cui il brano è iscritto lo avesse un po’ ingessato.

  2. andrea dice:

    Sono d’accordo con Bernardo che alcune abttute sembrano piegarsi troppo all’intento didascalico-moraleggiante, pero’ ho trovato molto ben riuscito lo scambio iniziale di battute tra i due, e squisitamente realistico lui che, verso la fine, riprende in mano le sigarette poi si ricorda che non puo’ e le rimette a posto.

  3. martuz dice:

    ehm temo abbiate ragione…
    più che altro perchè il personaggio è ispirato ad un professoreXD
    ciauz

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