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Corpi – Capitolo 1 di 3

Pubblicato da mikelee il 28 settembre 2010

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La luce fioca del camino illuminava a malapena la stanza. Un tappeto era posto al centro, seminascosto da cuscini orientaleggianti di vari colori.
Si intravedeva ben poco di ciò che stava accadendo. Si udiva solo della musica in sottofondo, che copriva i suoni, accompagnava i movimenti, sottolineava i gesti.
La neve, con democratica sentenza, rendeva tutto di egual colore, nonostante fosse aprile inoltrato. La bugia delle stagioni rendeva le strade impercorribili da giorni, circondando le ville di periferia di un irreale silenzio.
Il freddo e il gelo non risparmiavano nessuno, tanto meno gli ospiti inattesi della villetta di campagna, colpevoli, forse, di gradire quella sosta forzata.
Volevano trasformare quella notte in poesia, quell’incontro casuale in ore senza tempo. Nessuno aveva preventivato niente…era accaduto.
Era accaduto di incontrarsi, era accaduto di parlare, era accaduto di piacersi, era accaduto di voler condividere un momento che non sarebbe mai più ritornato, o comunque, mai più nella stessa maniera. E perchè non viverselo?. Perchè lasciare che il tempo si porti via un pezzo di vita che potrebbe essere ricordato? Perchè non dare un senso a quelle emozioni, senza permettere ai condizionamenti di seppellirle?.
L’energia, d’altronde, non è ragione, non è una forma, non è uno schema, non è una recita sociale.
Avevano iniziato a parlare in quel bar, come catturati da forze più grandi di loro, senza farsi troppe domande sul perchè due perfetti sconosciuti, senza chiedersi cosa era realmente successo, senza interrogarsi sull’incertezza delle forze in campo.
Per riuscire a comprendere avrebbero piacevolmente ridimensionato ciò che stavano vivendo, ma bisognava solo prenderne atto, senza inciampare nell’ipocrisia delle convenzioni.
In quella villa stava accadendo un miracolo. Il miracolo dell’uomo e della donna. Quell’energia di attrazione universale, inspiegabile alla mente umana per l’umile stato in cui versa l’uomo.
Nulla sembrava presagire alcun che, se non fosse per due corpi nudi distesi uno vicino all’altro.
Lui la fissava senza dire niente. Immobile, quasi meravigliato della sua presenza. Si chiedeva soltanto se fosse veramente degno da essere il depositario di quella bellezza.
La guardava con occhi che scivolavano su nuovi limiti, come uno scultore che si incanta dinanzi alla sua opera più preziosa, più bella, senza essere davvero consapevole di ciò che crea.
Era perfetta! Le sue curve, i lineamenti, le sinuosità, gli incavi, le convessità. Un’autostrada della bellezza!.
Non era una modella, intendiamoci, ma i suoi occhi la vedevano come tale, poichè il valore attribuito alla bellezza è sempre proporzionale non tanto a chi la indossa, quanto, a chi la osserva.
Aveva paura di toccarla, quasi timoroso di rovinare un’opera d’arte. Non voleva intervenire, non voleva permettere che il peso del suo corpo modificasse quelle splendide rotondità.
Erano nudi, ma l’incoscienza dei loro corpi non bandiva l’avidità dei loro sguardi. Nessuno aveva il coraggio di dire qualcosa. La parola avrebbe solo violato la tangibile sacralità di certi silenzi. Avrebbe reso tutto più conforme, più banale, più canonico.
Volevano trasformare la poesia in materia, il fare l’amore in una sorta di meditazione attiva, a metà strada tra il mistico e il profano.
Il silenzio riempie tutto, gli spazi tra due volti, le pause tra due respiri, riesce a dare colore ed ad amplificare le emozioni. Non parlo di silenzio in quanto assenza dei suoni, parlo del silenzio in quanto assenza di parole, in quanto assenza di una “mente pensante”.
Le parole soffocano le emozioni. Cercano, in qualche maniera, di definire l’indefinibile, racchiudendolo in dialettici confini arbitrari, cadendo nell’errore di tentare di dar forma a delle sensazioni.
Il rumore della legna nel camino, i cristalli di neve che picchettavano sui vetri, l’ovattato sibilo del vento, Nora Jones in sottofondo: bastava quel silenzio per dirsi tutto. Non serviva, né era necessario, inquinare quegli sguardi con frasi di circostanza.
Nessuno ci stava capendo niente sino a quel momento. Non c’era imbarazzo o pudore, no, si potrebbe dire,…attesa. Un’attesa rea di nascondere una qualche pretesa. Un reciproco ed esplicito desiderio di conoscenza, di condivisione, di dar sfogo a una creatività sessuale troppo spesso repressa, mai libera dall’ego.
Deve pur esserci un modo per permettere alla vita di non essere percepita solo come ore che scivolano, ma piuttosto come se il tempo fosse nostro complice, e tutto, quella sera, parlava di loro e con loro…to be continued..

4 Commenti a “Corpi – Capitolo 1 di 3”

  1. andrea dice:

    Ciao Mikele,

    intanto benvenuto sul sito :)

    Purtroppo io non sono un grande amante di questo tipo di testo (“racconto senza trama”, si potrebbe dire), quindi non posso ricoprirti di complimenti…

    Comunque qualche parola posso dirtela, magari per elogiare il tuo mode di descrivere gli ambienti: poche pennellate che catturano e rendono la complessità di una situazione emozionale prima ancora che fisica. Un bell’esempio secondo me è “Il rumore della legna nel camino, i cristalli di neve che picchettavano sui vetri, l’ovattato sibilo del vento, Nora Jones in sottofondo”.

    Grazie per avercelo fatto leggere!

    Andrea.

  2. andrea dice:

    Ah ma non vale!
    Quando l’ho letto io non c’era scritto che sarebbe continuato!!
    Vabbé allora ignora il commento precedente, aspetto il seguito :)

  3. mikelee dice:

    eheh,..e che pensavi fosse finito così?? Grazie per i tuoi suggerimenti…oggi pomeriggio pubblico il secondo capitolo..

  4. andrea dice:

    Eh guarda che qui di cose particolari ne leggiamo in continuazione, ormai non mi stupisco più di nulla :)

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