Pezzi di vita

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Tre caffè al giorno

Pubblicato da mimmi71 il 19 ottobre 2007

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Tre caffè al giorno


 


Piero esce da casa tutti i giorni alle sette, assieme al suo cane.


Camminano uno di fianco all’altro fino alla grande piazza lastricata.


Piero si siede ogni giorno allo stesso caffè, tra i numerosi che si affacciano da sotto i portici di quel quadrato quasi perfetto. Caffè dai tavolini microscopici, dalle seggioline di ferro, fragili e dall’equilibrio precario. Ogni bar ha i suoi ombrelloni, i suoi cuscini imbottiti di un colore particolare; il bar di Piero ha scelto il giallo.


A Piero piace osservare i camerieri indaffarati, alle prese con strofinacci, scope, palette. Gli piace il rumore delle macchine del caffè che vengono accese, il suono provocato dallo sbattere dei filtri, delle tazzine che picchiano le une contro le altre mentre vengono disposte in ordine.Gli piace l’idea di una città appena svegliata, ancora sonnecchiante, che fatica a prendere il ritmo, che sbadiglia e si stropiccia gli occhi ancora appannati dal sonno. Qualche volta il suo sguardo si posa su i rari passanti di quell’ora così mattutina, ma solo di sfuggita; non lo interessano granché. Soprattutto parla al suo cane, gli racconta, gli spiega; perché quel cane è il suo amico, il suo vero amico.


“Che gli altri ridano: noi due ci capiamo benissimo!”


Effettivamente è un po’ ridicolo a vedersi; un vecchietto tutto bianco, capelli, barba, vestiti, chiacchierare con un cane tutto nero, vecchio anche lui. E poi hanno la stessa andatura, gli stessi problemi d’artrosi che li obbligano a muoversi un po’ rigidi. Più che ridicoli sono interessanti, la gente non può fare a meno di guardarli quando passano, quando stanno seduti assieme al tavolo. Il cane si mette di fianco ai piedi di Piero, all’ombra del tavolino. E Piero, appunto, gli parla:


“Fa un gran caldo oggi, vecchio mio! Caldo, caldo: la gente va al mare quando fa caldo! Ma noi no, noi si sta a bersi il caffè, un ottimo caffè, nel nostro bar.. aspetta che Cesare non ci ha visti, ora ordiniamo.”


Infatti, poco dopo ecco comparire Cesare con una tazzina d’espresso liscio:


“Eh, grazie.. no, non aprirmi l’ombrellone, il sole non picchia ancora, si sta così bene, c’è anche un po’ di brezza..”


Piero ama il caffè, ne beve solo tre al giorno, ma fatti come si deve, come piacciono a lui, come solo Cesare li sa fare. E lui ci viene tutti i giorni da Cesare: al mattino presto, verso la una e dopo cena. Non si ferma mai più di mezz’ora, non legge il giornale, non chiacchiera con nessuno, nemmeno con Cesare. Osserva quel che gli piace osservare, ascolta quel che gli va di ascoltare, e parla con il suo cane.


“Sai cosa mi piacerebbe fare, vecchio mio? Andare a fare una passeggiata sul lungo lago, guardare i paperotti, i cigni.. Quando arriva l’inverno potremmo portargli del pane secco.”


Ma il suo cane lo sa che non è possibile, il suo cane sa che Piero deve rincasare alle otto precise, sa che non può ritardare..


“E una volta o l’altra potremmo anche andare al mare.. ti piacerebbe il mare!”


Il mare, il mare..


“Fa così caldo, vecchio mio, la gente va al mare! Dovremmo andarci anche noi, una volta.. Perché tu non lo hai mai visto il mare. Hai visto solo questo lago, queste montagne che gli fanno da contorno.. ma il mare..è così grande!


Con lo sguardo non riesci a vedere quello che c’è dall’altra parte sai? Non ci riesci! E quando il sole tramonta non va dietro a niente, a nessuna montagna: si tuffa! Si tuffa nel mare! Eh, vecchio mio, ti piacerebbe il mare!”


Il cane gli appoggia la testa su una scarpa, una scarpa di tela, una scarpa che andrebbe benissimo per camminare su una spiaggia, quasi a rispondergli: “E allora andiamoci!”


Ma non è possibile, e il suo cane lo sa.


Perché quel cane sa tutto del suo amico Piero.


Sa che Piero si accontenta di poco.


Sa che Piero ha passato la vita ad accontentarsi.


Sa che Piero ha saputo essere felice accontentandosi.


Tra poco Piero guarderà l’orologio, dalla tasca dei pantaloni tirerà fuori due monetine e le appoggerà sul tavolino:


“Ecco, vecchio mio, è ora di tornare. Su, su, piano, piano che le zampe ti fanno male. Anche le mie gambe mi fanno male: siamo proprio vecchi!”


Lentamente s’incammineranno verso casa, verso quell’appartamento pieno di bei mobili antichi, il legno lucido, profumato di cera. Verso quei bei tappeti soffici, antichi anche l’oro, pregiati. Quei tappeti dove non bisogna camminare con le scarpe, dove il cane non può entrare. In quell’appartamento dove anche i quadri appesi alle pareti sono preziosi, ogni oggetto, ogni lampadario è prezioso. Ma dove la vita va lasciata di fuori, all’ingresso, appesa come i mantelli e le giacche, come le scarpe.


Perché nella casa di Piero le cose funzionano così, e il suo cane lo sa.


Funzionano da sempre in questo modo, da sempre. Da quando quarant’anni prima Piero si è sposato, da allora. Si è sposato convinto, si è sposato per amore. Un grande amore.


Poi è andata come è andata: il desiderio di avere dei figli, un desiderio troppo grande di avere dei figli, un desiderio purtroppo che non ha potuto trasformarsi in realtà, un desiderio che è diventato un’ossessione, una tortura. Per sua moglie.


E la vita è stato necessario chiuderla fuori dalla porta.


Necessario.


E chissà perché lui non è mai più riuscito a farla rientrare.


Non gli è mai pesato rinunciare a tanto, mai, in tanti anni; perché ha sempre amato molto sua moglie. Amore che col tempo diventa un’abitudine, una consuetudine, un sistema per vivere. Forse di vivere a metà, ma senza provarne fastidio. Per sua moglie lui è sempre stato indispensabile, il suo punto fermo, la sua certezza; come avrebbe potuto fare diversamente? Non si è mai detto: “Tornassi indietro non..”.


Solo ora che gli anni sono passati, che la vita è quasi finita, ogni tanto gli prende questa frenesia di andare via, di andarsene al mare, assieme al suo cane, assieme al suo vecchio amico.


E allora, il suo cane che lo sa, sembra lo faccia di proposito: nonostante l’età si mette col sedere per aria scodinzolando e gli abbaia addosso, gli prende il fondo dei pantaloni coi denti e tira.


E Piero allora gli dice:


“Ma ti sei ammattito?! Ma stai calmo.. Ma lo sai che sei proprio un matto?! Un vecchio cane matto, matto!.. Matto come me sei, sei matto proprio come me!”


 


 


 

3 Commenti a “Tre caffè al giorno”

  1. emmaus 2007 dice:

    L’unica cosa che non mi è piaciuta è che il cane non può salire sul tappeto morbido, già ha i reumatismi! (scherzo!). Ben scritto, malinconico. Complimenti!

  2. Andrea dice:

    Ciao Miriam, mi hai fatto venire le lacrime agli occhi, complimenti :)
    L’amicizia tra il vecchio e il cane è molto ben resa. Forse hai liquidato un po’ sbrigativamente il rapporto tra lui e la moglie, ma non mi pare che questo tolga molto al racconto, che mi pare nel complesso bellissimo.

  3. Stef C. dice:

    Bello! Mi è piaciuto! I miei complimenti!

    Stefano
    http://www.lulu.com/content/1746111

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