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Ricordi Complessi – 3 – Paolo: La vera storia di Andrea ed Elide

Pubblicato da piehasen il 25 settembre 2010

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*** “Ricordi Complessi” è una raccolta di racconti che un piccolo editore fa scrivere a quattro vecchi amici rintracciati dopo molti anni (siamo nel 1989 – 1990) per comporre un’opera sugli “anni folli” del Sessantotto. Inframmezzati tra i racconti sono riportati anche i verbali delle riunioni di redazione. ***

LA VERA STORIA DI ANDREA ED ELIDE

Io non lo volevo fare di impegnarmi in questa storia, accidenti a quel bel tomo che mi ha convinto e mi ha fatto pure firmare. Come se non avessi abbastanza da fare. E con l’aria di farmi un gran favore ha deciso di “rompere le regole” e di farmi vedere quello che hanno scritto gli altri. Bel favore, caro editore dei miei corbelli! Io non so scrivere, anche al liceo facevo dei temi stitici e insulsi, non é che uno perché ha fatto il classico debba poi essere Manzoni o Moravia. Quei due, grazie tante, uno fa il giornalista a tempo perso, quando non smanazza sui computer, l’altro é un avvocato, capirai, raccontar cazzate é il suo mestiere, bella forza. Ma un funzionario di banca e commercialista che modo ha di esercitarsi alla macchina da scrivere? 

Non importa, mi fa quello con la sua voce da prete, prendi questo e parlaci dentro: la segretaria lo batte a macchina e poi ti facciamo vedere le bozze. No grazie, le bozze correggetevele da voi, io onoro il contratto così, verbalmente, e festa finita.

Ma in fondo non é con quel povero Cristo che sono incavolato, lui fa il suo mestiere di editore, e Dio sa se non ha ragione. Ce l’ho su con quei due maledetti e con le storie che hanno raccontato. Hai voglia a cambiare i nomi, si vede benissimo che ce l’hanno ancora con me dopo tutti questi anni. Uno mi fa passare per un pazzo, l’altro per un mezzo finocchio, il tutto invaselinato con apprezzamenti e lisciature, ma il sugo é quello. E poi accidenti, le storie non sono vere, per metà se le sono inventate, perché devono fare così per trovare qualcosa a mio carico, Vostro Onore.

Ma io adesso li frego uno per volta. Devo raccontare qualche episodio di gioventù? E io racconto un paio di storielle assolutamente vere su quei bei tomi. E inizio dal peggiore.

A proposito, non ho poi capito perché quello ce l’ha tanto su con il Sessantotto. Ha ragione a dire che ci siamo passati in mezzo senza nemmeno accorgercene, ma poi ci siamo tutti resi conto di aver trascorso l’adolescenza con le fette di salame sugli occhi. E anche se la rivoluzione é andata a puttane, é rimasto molto di buono nel costume e nella società. É come la storia medievale: periodo buio, ma per chi? Per i Romani lo è stato, ma i Tedeschi proprio in quegli anni sono passati dalle capanne all’impero europeo. E allora anche il Sessantotto può essere stato una menata per i figli di papà come noi, ma per un sacco di altra gente ha voluto dire una crescita sociale, intellettuale e morale che manco se la sognavano.

Sto divagando? No, non sto divagando. Perché la storia che voglio raccontare ha per protagonista quel fariseo di Andrea, che, con tutto il suo anticomunismo viscerale (me lo ricordo quando veniva a trovarci in Statale col Giornale in saccoccia insieme a quell’altro stronzo del suo amico il Duca, a sfidare la sorte come i nobili russi o James Dean in Gioventù Bruciata) una volta si é impelagato in una love story con una compagna, ma di quelle coi fiocchi, e c’é mancato un pelo che non diventasse un compagno anche lui. Omnia vincit sex.

Era il settantacinque o giù di lì, anzi era proprio il millenovecentosettantacinque, perché Andrea si é laureato insieme ad Alessio nel settantasei e allora era ancora studente, va bé, era la fine dell’estate, quando a Milano ci sono i primi avvenimenti culturali dopo il letargo d’agosto. In margine al festival dell’Unità c’era uno spettacolo al Castello, una roba di Ronconi credo, insomma una cosa abbastanza di richiamo. Andrea le andava a vedere queste cose, nonostante l’anticomunismo viscerale, perché facevano cultura, e lui voleva a tutti costi passare per un intellettuale: di destra, sì, ma intellettuale; il che, allora come adesso, era una bella quadratura del cerchio. E allora lo si vedeva alla Scala insieme a Francesco a sentire Stockhausen senza capirci un cazzo, o ai raduni rock tipo Parco Lambro, o alle conferenze letterarie di Paolo Volponi, o agli spettacoli teatrali di Bene e Perlini, tutte quelle menate lì insomma. E si imbrancava con disinvoltura in mezzo ai compagni, salvo discutere di politica se glie ne capitava il destro: mi stupisce anzi come non lo abbiano mai menato.

Allora immaginatevi la scena: un sacco di gente senza biglietto che cerca di entrare e si pigia contro le transenne come ad un concerto rock, in mezzo i VIP che passano sdegnosi con atteggiamento da odi profanum vulgus et arceo, e Andrea sballottato tra la folla che cerca di convincere in tono scherzoso una maschera a lasciarlo passare. Si finge anche straniero: io compagno portoghese, tu fai me passare? Biglietto? No no, io niente lira, io compagno portoghese, consolato chiuso, fai me passare. La gente intorno ride di gusto (si noti la finezza del portoghese, devo ammettere che non era male!), la maschera é comprensiva ma irremovibile. Fallo passare, é un compagno, é straniero, esorta un ragazzo smilzo insieme a due traccagnotte, e intanto lui e Andrea si strizzano l’occhio. 

Alla fine la maschera capitola: d’accordo, il portoghese può passare. Ma Andrea adesso insiste: scusa, tu molto buono uomo, tu vero compagno, tu fai passare anche compagni miei questi tre. Neanche per sogno? Scusa, buono compagno, io compagno portoghese, se io perdo compagni no dormire, consolato chiuso, niente lira, io dormo dove, casa tua? Basta, non voglio saperne più niente, passate tutti e quattro e amen.

Entrano per il corridoio dei VIP ridendo come matti, tra le urla inferocite della folla che non ha avuto la faccia tosta di Andrea. E lui ancora si volta: che volete voi, compagni di cazzo! Io compagno portoghese, non perdo miei compagni questi tre, niente lira, tu vuoi passare, vai da buono uomo… e lo smilzo lo tira via prima che qualcuno lo prenda a cartate sul grugno.

Una volta entrati con tanta fatica, naturalmente si accorgono che il lavoro, come la maggior parte delle cose di Ronconi, é una palla indescrivibile, e allora alle dieci sono già di nuovo fuori a ciondolare tra il Castello e l’Arena. Intanto si fanno le presentazioni: lo smilzo é milanese, a scanso di equivoci precisa di essere iscritto al FUORI[1], e delle due traccagnotte quella più scialba con gli occhiali spessi si chiama Bruna ed é di origine romagnola, mentre quella più bassotta e vivace é romana e si chiama Elide. Le ragazze dividono un appartamentino in periferia con un gatto persiano, e lo smilzo é un collega di lavoro di Bruna. Elide invece studia lettere moderne e si mantiene lavorando in un ufficio comunale, orario fino alle due. Per inciso, tutti e tre votano PCI, pur ponendosi diversamente all’interno del partito. 

Andrea dice di sè stesso il meno possibile con l’aria di raccontare la storia della sua vita: é un’arte che lui ha e che mi ha sempre mandato in bestia, parla per ore di fila, racconta un milione di particolari insignificanti e non dice nulla di veramente importante. Riescono a capire che questo sconosciuto é un borghese che vive in città, studia al Politecnico e s’interessa di tutto e di niente. Idee politiche? Nebbia in Val Padana: da come parla può essere da radicale a democristiano.

Su proposta di Andrea la piccola compagnia si imbarca sulla centoventisette del medesimo e approda al Capolinea a mangiare e sentire un po’ di jazz. Grazie a Francesco, o al Duca, o a chi so io, Andrea conosce di vista la figlia del proprietario, che gli riserva i posti migliori e gli fa pure lo sconto. Sarà questo a far colpo sulle ragazze, che sono sempre ragazze prima ancora di esser compagne, sarà che non é del FUORI, sarà che é in forma nel contar cazzate, fatto sta che alla fin della serata questo sconosciuto é diventato una specie di eroe nazionale. Specie Elide lo guarda in un certo modo…

Si riaccompagnano tutti, é già l’una, prima lo smilzo a Porta Ticinese, poi le ragazze a Taliedo. Non vale neanche la pena di scendere dalla macchina, pensa Andrea: ciao ciao e me ne vado. Invece succede una cosa strana: Bruna sale subito in casa, dice che ha sonno, mentre Elide resta in macchina a chiacchierare.

Non lo so cosa mi ha preso, mi disse Andrea quando mi raccontò questa storia, non lo avevo mai fatto in vita mia. Dopo due battute l’ho baciata, così, senza preavviso, senza silenzi imbarazzati, senza sguardi languidi o accesi. Un momento due estranei che parlano del più e del meno, il momento dopo una coppietta abbarbicata. E mi disse anche un’altra cosa sorprendente, per cui vale la pena di aprire una parentesi.

Non so se é capitato anche a voi, a me e ad Andrea di sicuro, ma quando una coppia si mette insieme il lato “tecnico” delle effusioni – di qualunque tipo – all’inizio lascia sempre abbastanza a desiderare. Ci vuole un po’, in certi casi anche qualche giorno, prima che ad una coppia nuova venga bene – veramente bene – anche un semplice bacio. Non parlo dell’aspetto psicologico, che in certi casi può provocare le scintille ancor prima di toccarsi, ma di un semplice intreccio di lingue, labbra, mani, curve, eccetera. Credo dipenda dal fatto che la coppia non si conosce ancora da quel punto di vista, e non ha ancora elaborato una tecnica “di coppia”: ciascuno dei due fa e si aspetta ciò a cui é abituato, e per un  po’ resta in un certo qual senso deluso.

Andrea mi fece questa premessa – che condivisi in pieno – per  confidarmi come, per la prima ed unica volta in vita sua, con Elide le cose funzionarono a meraviglia sin da quel primo bacio. Le bocche sembravano fatte l’una per l’altra, idem i corpi, come se fossero già insieme da mesi, con in più l’emozione della prima volta. E per lei fu lo stesso, da come rispose all’abbraccio e al bacio. Gli venne naturale toccarle il seno sopra la maglietta, e con altrettanta naturalezza lei si spostò per offrirglielo meglio, con un brivido ed un sospiro eccitato, il capezzolo eretto che chiedeva solo di essere tormentato, e allora una furtiva occhiata alla strada, nessuno in vista alle due di notte, dunque via libera  alla mano sotto la T-shirt e il reggiseno, e intanto lei gli carezzava il pene sopra i jeans con sorprendente perizia, il tutto senza smettere di  baciarsi.

Si staccarono ansimanti, si ricomposero sui sedili. Senza una parola Andrea avviò il motore e si diresse verso l’aperta campagna. Un viottolo fuori mano, motore spento, fari idem. Silenzio. Elide lo guardava sempre in quel modo e iniziò a spogliarsi. Sai, prendo la pillola. Furono le sue uniche parole. 

Sorridendo, gli porse la maglietta, e Andrea la ripiegò ordinatamente sul volante. Poi il reggiseno, e Andrea lo appese allo specchietto. Poi le scarpe, che finirono appaiate sul cruscotto. Poi – con qualche fatica – i jeans, che vennero adagiati sopra la maglietta, perfettamente in piega. Infine le mutandine, che andarono a tener compagnia al reggiseno. 

Andrea sorrise a sua volta, e con un gesto semplicissimo le abbassò di colpo il sedile. 

Fecero l’amore con dolcezza e libertà, come ad Andrea non era mai successo  in vita sua, ridendo come matti senza dirsi una parola. Non fu un grosso orgasmo per nessuno dei due – ben altro avrebbero provato in seguito – ma fu dolce. Entrambi si sarebbero poi – non dico abituati, che sottintende appagamento di routine, quando invece non smisero mai di gioirne – diciamo che avrebbero smesso di sorprendersi della grande tenerezza nei loro rapporti intimi; ma quella volta, proprio perché era la prima volta, ci fu  una dolcezza speciale.

Quando tutto fu finito, ed i momenti di tenerezza ebbero chiuso il ciclo del rapporto, Andrea si rimise seduto, si riallacciò i jeans (era rimasto vestito, lui!) e ripassò uno per volta gli indumenti ad Elide, che si rivestì non meccanicamente, ma con una certa civetteria, come se si stesse spogliando in un film proiettato al contrario. Si lasciò andare sul sedile, sembrava rilassata; lui invece si sentiva svuotato, aveva paura che se ne uscisse con qualche commento brutale sulla sua inesperienza o scarsa tenuta, quante volte gli era già successo! Riaccese il motore e si fece cupo e taciturno sino a casa di lei, che invece aveva ripreso a cicalare giuliva per tutto il tragitto. E questa volta fu davvero ciao ciao, un bacetto e via, lei non volle insistere perché lo vedeva di cattivo umore.

Era successo tutto così in fretta, continuò Andrea, che il tempo di  arrivare a casa e neanche ci credevo che fosse accaduto per davvero. La  faccenda aveva tutte le caratteristiche della fantasia masturbatoria,  sarebbe stato fin troppo facile, in futuro, prenderla per tale. Tanto più che ora si sarebbero ripersi nella grande Milano, era stato attento Andrea a non dare indirizzo e numero di telefono ai primi incontrati. Poi va bé, la storia si era evoluta, ma in modo così improvviso che non ci aveva più pensato. Se solo ci avesse tenuto, lui aveva tutti i dati: aveva visto il palazzo dove abitava, sapeva l’ufficio dove lavorava, etc.; ma non contava di averci più nulla a che fare. Troppo diversi per idee, abitudini, etc. per impiantare una relazione. E poi, a parte quell’incredibile, sorprendente affinità di pelle, non gli piaceva neanche: piccola di statura, grassottella, un po’ greve. E compagna fino al midollo. 

Ma non é facile mandare al diavolo una che, due giorni dopo essertisi data in quel modo, ti rintraccia telefonando a tutti quelli col tuo cognome sull’elenco di Milano. Tutta allegra a metà mattinata, finalmente ti ho trovato, sono due giorni che mi dicono che non c’é nessun Andrea! E che le dici: scusa ma hai capito male, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, lasciami in pace? No, dici che ti fa piacere sentirla, la buona educazione innanzitutto. E lei parte in quarta: senti, io esco all’una, se mi vieni a prendere al Palazzo di Giustizia ti invito a pranzo a casa, cucino bene sai? Allora d’accordo, ci vediamo. 

A onor d’Andrea devo dire che ci pensò su tutto il resto della  mattinata. Era stato colto alla sprovvista, altrimenti poteva inventarsi un impegno; eppure non voleva inventarsi nessun impegno. Gli erano tornati alla mente vivissimi i momenti di quella notte, ed aveva una gran voglia di  vedere se era stata soltanto una sua impressione. D’altronde qualcosa gli diceva che un rapporto con Elide nasceva già zoppo, la ragazza sembrava  parecchio cotta, mentre a lui non glie ne fregava niente…

Oh insomma, concluse, é compagna o no? É femminista o no? E allora  basta parlar chiaro: guarda che io non sono innamorato di te, se vogliamo avere una relazione così, for sex only, per me sta bene, ma non aspettarti di più. 

Facile prendere decisioni così drastiche nel chiuso della tua cameretta da francescano; un po’ meno metterle in pratica tra le sue braccia in un letto morbido e profumato durante un lungo pomeriggio d’amore. Eppure il momento per mettere le cose in chiaro c’era stato, e lui ci aveva anche provato. Seduti in cucina davanti ai piatti sporchi, rilassati dopo un ottimo pranzetto (é vero che cucina bene, dannazione!), lei con la sigaretta, lui con l’amaro, questa volta i silenzi e gli sguardi non erano mancati. Senti, aveva detto lui, avrei una cosa da chiarire. Non c’é nulla da chiarire, aveva detto lei, tu mi piaci, io ti piaccio? Senza neanche aspettare la risposta aveva proseguito, ecco, non c’é nient’altro che abbia importanza. Basta dirsi chiaro e tondo quando sarà finita.

Credo che con tutta la buona volontà nemmeno Savonarola avrebbe resistito. Si erano baciati a lungo, poi spogliati a vicenda, lui seduto sul letto, lei in piedi davanti a lui, e poi avevano iniziato a conoscersi,  esplorandosi le zone erogene e anche le altre, eccitandosi e rilassandosi innumerevoli volte prima di affrontare il rapporto completo, e poi facendo il bis e il ter e il quater sempre con la stessa calma e concentrazione. Negli intervalli parlavano di tutto, di letteratura, di musica, di politica, si scambiavano esperienze ed opinioni senza discutere, accettando ciascuno il punto di vista dell’altro e incamerandolo nel bagaglio di  conoscenza del partner. 

Il fatto era che Elide sapeva saziare al nostro eroe non solo lo stomaco ed il pene, ma anche il cervello. Impegnata in politica e negli studi, come lui si occupava un po’ di tutto ed era aperta a nuove esperienze in ogni campo. Se posso azzardare un’analisi, la sintonia epidermica e sessuale tra i due derivava proprio da questa nascosta sintonia intellettuale, senza di cui un’attrazione puramente fisica non  poteva reggere più di una botta e via.

D’altronde, parliamoci chiaro, la stessa attrazione fisica non aveva molto su cui agganciarsi in due soggetti come quelli. Ho già detto che lei non era una bellezza, e Andrea mi perdonerà se non lo paragono ad Alain Delon; e nessuno dei due poteva dirsi particolarmente esperto in quei giochetti esotici che mandano in visibilio gli Americani (forse perché tra di loro non li fanno). Oddio, di numeri ne fecero, e Andrea, a storia finita, mi buttò là qualche resoconto che riuscì a farmi fremere d’invidia; ma senza malizia, senza preordinazione, quasi senza farlo apposta. 

Questo quadretto idilliaco iniziò a mostrare le prime crepe quando dai comportamenti si dovette passare ai sentimenti. Andrea era stato chiaro e mantenne la parola: non era innamorato e non si innamorò mai di Elide. Per lei invece fu una sbandata in piena regola, e siccome la militanza femmicomunista non è un vaccino contro l’amore, non tardò a fare in cuor suo qualche progettino per il futuro. Se per Andrea Elide era uno spinello che lo faceva star bene ma a cui poteva rinunciare in qualsiasi momento, per lei lui fu il buco di eroina che l’agganciò e di cui aveva sempre più  bisogno.

Le prime avvisaglie si videro (anzi, si sentirono: era buio pesto) dopo un paio di settimane in cui si erano visti in media un giorno sì e uno no, andando al cinema, a teatro, ai concerti, a cena, al Capolinea, e concludendo, e spesso anche iniziando, ogni incontro nel gran letto a casa di lei. C’era il problema di dribblare Bruna, ma l’amica era discreta e non entrava mai in camera se trovava la porta chiusa, certe volte si accampava persino sul divano del salotto. A buon rendere quando anche lei si fosse fatta un maschio. 

Insomma, i pasticci iniziarono quando Elide comunicò ad Andrea di aver definitivamente piantato quel tale Claudio con cui aveva in piedi una mezza relazione a Roma. 

Andrea si irrigidì: cos’era questa storia? Non voleva alcuna responsabilità, nemmeno quella che lei rischiasse di ritrovarsi come l’Aretino Pietro il giorno in cui a lui fosse girato di mollarla da un momento all’altro. Chiese il perché di siffatta decisione, e si sentì rispondere che lui era ormai molto più importante di quell’altro. Ma io non voglio essere più importante per te di uno con cui stai da due anni, obiettò; queste valutazioni lasciale a me e non ti preoccupare di nulla, rispose lei, e sigillò con un bacio la conversazione. Quant’era rassicurante una donna così: in fondo la militanza di sinistra e il femminismo avevano i loro lati positivi, si potevano sempre risolvere le cose da cristiani senza ricatti e scene isteriche. 

Il guaio é che non c’é peggior cieco di chi non vuol vedere. Alla  povera ragazza la reazione di Andrea era parsa un affronto, uno schiaffo, io ti do tutta me stessa e tu dici grazie no, preferisco condividerti con qualcun altro! Ma si era resa anche conto che era stata lei a cacciarsi in questa trappola mascherandosi da dura, quando la sola idea di contrariarlo o litigarci le faceva venire le extrasistole. E adesso non poteva scoprire il gioco, se lo avesse fatto lui sarebbe scappato a gambe levate. Per ora. Sperava che le cose si aggiustassero da sé, di avere amore per tutti e due, il solito repertorio dell’innamorato non  ricambiato.

Non ti rendi conto del rischio che hai corso, gli dissi quando seppi la storia, le bastava smettere di prendere la pillola e ti saresti ritrovato incastrato e legato a doppio filo. Triplo errore, rispose lui con aria da consumato dongiovanni. In primo luogo un simile inganno era fuori da ogni presupposto della loro relazione: insomma, lei non era il tipo da fare una cosa del genere. Argomento deboluccio, obiettai, le cose possono cambiare e non si sa mai fin dove si può spingere una donna innamorata. Non sai di che stai parlando, mi disse. Transeat, sentiamo gli altri due argomenti. 

Il secondo argomento era che lei sapeva benissimo che in un simile caso da Andrea avrebbe avuto solo i soldi per abortire e nient’altro. Davvero avresti fatto così? Mi venga un accidente se lo so, sospirò, ma é quello che lei credeva, e io glie l’ho lasciato credere. 

E infine, last not least, disse, credevo davvero che non ci avesse pensato? Prima di avventurarsi in un simile terreno minato aveva preso le sue belle precauzioni. Vasectomia? Coitus interruptus? volevo sapere. Molto più semplice: aveva fatto il finto tonto, anzi il tonto vero, riguardo alla storia della pillola. Con la scusa di voler imparare qualcosa di nuovo, é la prima volta che vado con una che la prende, davvero mi  interessa, dimmi come funziona, si era fatto raccontare per filo e per segno tutti gli effetti di quel metodo anticoncezionale: cosa succedeva se si interrompeva, quando e quanto bisognava prenderla, eccetera; sino a diventare un esperto in materia, o almeno a saperne quanto lei. A quel punto sarebbe stato in grado di accorgersi se qualcosa non andava per il verso giusto. Un incidente – concluse moraleggiando – lo potevo tollerare, ci avremmo pensato insieme, ma di essere fatto fesso proprio non mi andava.

Tipico della mentalità del mio amico: senza darne l’impressione, ma sempre con la guardia alzata. E aveva appena detto che non la credeva capace di giocargli un brutto tiro! Ma lui ragionava come per la superstizione: non é vero, ma ci credo, non si sa mai. 

La relazione tra Andrea ed Elide durò con una certa costanza da settembre a febbraio, non fu dunque un affare da poco: ebbene, in tutto questo tempo né io né alcun altro del vecchio giro, né i compagni d’università, e nemmeno il Duca, allora il suo amico più intimo, venimmo mai a conoscenza della faccenda. Andrea semplicemente spariva, non lo si  trovava, a casa sua dicevano evasivamente che era uscito, e poi ricompariva dal nulla un paio di giorni dopo per una delle solite serate. Dov’eri altro ieri sera che ti ho cercato e non stavi in casa? era una domanda che nessuno di noi si sognava di fare, roba da fidanzata gelosa più che da compagni di bisboccia: per quello che ce ne importava poteva aver  accompagnato una zia a teatro. Voglio dire che gli bastò non dirci nulla e nessuno ne venne a sapere nulla, senza farlo apposta e senza raccontar  balle.

Elide questo non era disposta ad accettarlo. Gli aveva presentato tutti i suoi amici, aveva organizzato cene, appuntamenti, festicciole, per farlo vedere in giro, e non sopportava che lui fosse invece così evasivo riguardo alle proprie conoscenze. Ogni tanto tornava alla carica: perché stasera non usciamo con un po’ di gente tua? Mah, avrebbe visto, avrebbe cercato di combinare, in fondo lei si sarebbe annoiata, non ne valeva la pena, a furia di tergiversare riusciva a tenerla buona; ma fu forse il solo  motivo di attrito tra loro, o almeno la divergenza più seria nel loro  rapporto.

Non saprei dare torto ad Elide, che più volte mise Andrea di fronte al dilemma: o mi presenti o mi pianti. Ma si vede subito la debolezza di questa forbice: a lui bastava non far nessuna delle due cose e la situazione continuava come prima. Sarebbe stato più efficace dire: o mi presenti o io ti pianto, ma questo rischio lei non voleva correrlo.

In gennaio Andrea ricontattò una sua ex, e poiché la fortuna aiuta i sicuri di sé, non tardò a reimbastire una storia con lei. Siccome ci sono dei limiti umani, gli incontri con Elide iniziarono a diradarsi, e lei se  ne accorse e soffrì moltissimo a sentirsi trascurata. Hai voglia il femminismo e tutto il resto: alla fine Andrea si trovò di fronte ad una vera e propria crisi di pianto, tipo fontana che non riusciva a fermare in  nessun modo, e forse per la prima volta si sentì un verme per come l’aveva  trattata in tutto quel tempo.

Dobbiamo lasciarci, disse. Erano nel solito letto, nudi, abbracciati, dopo aver fatto più volte l’amore; poi lei aveva fatto un commento tipo non ti vedo più, che ti succede? e lui niente, che vuoi che mi succeda, ho da fare, e lei giù a piangere, non é vero, sei cambiato, etc. Dobbiamo lasciarci, disse Andrea. 

Per un lunghissimo istante Elide non riuscì nemmeno a respirare. Poi buttò fuori un tremebondo perché? Perché é ora, disse lui, calmo, per nulla infastidito, rassegnato e consapevole di doverle almeno una spiegazione. Ma come, piagnucolò lei, proprio ora che stavo cominciando a pensare di storicizzare il nostro rapporto…

Lo vedi, rispose lui, neanche in un momento del genere riesci ad evitare il sinistrese. Perché non parli come mangi: pensavo che saremmo andati a vivere insieme, é così difficile? 

Ma che c’entrano adesso questi particolari semantici? disse con voce rotta. Si stava incazzando: possibile che non si riuscisse a fare un  discorso serio senza essere menate in giro?

Sono il sugo della faccenda, mia cara. La voce di Andrea in quell’oscurità sembrava venire dall’oltretomba, se non fosse che continuava a carezzarle i capelli con dolcezza. Tu ed io siamo diversi,  l’abbiamo sempre saputo, ed eravamo partiti ben consapevoli di questo  presupposto.

Che é, la favola di Cenerentola? Non son degna di te, non ti merito  più?

A parte che al mondo non esiste nessuno che non ha sbagliato una volta, sorrise Andrea, denti e occhi bianchi nel buio, volevo dire che la nostra visione della vita, le nostre ambizioni sono troppo diverse per poter costruire una vita insieme. Tu credi nella lotta di classe, credi che il mondo sarà tanto migliore quanto più massificato; io credo esattamente il contrario: credo nella disuguaglianza come motore della società. Lo sai, é da quando ci conosciamo che se ne discute; e adesso i nodi vengono al  pettine.

Ma bastano le divergenze in politica per rovinare un amore?

Scusa, non ho capito bene.

Hai capito benissimo, non mi sfottere, rispondimi!

Ma cara la mia ragazza, siete voi compagni che dite che tutto é politica, e sei stata tu ad insegnarmelo. Pensa un po’ se dovessimo andare insieme al mare: tu vorresti andare a Ostia, io a Capri. O a fare shopping: tu qui sotto casa, io a Montenapo. Faccio degli esempi al limite per farti capire il discorso. 

Ma non potremmo fare metà a Ostia e metà a Capri?

Vedi, siamo entrambi troppo convinti delle nostre idee per non trovarci male ciascuno nell’ambiente dell’altro. Per che cosa credi che non ti abbia mai fatto partecipare alla mia vita? Hai sempre pensato che mi vergognassi di te, invece ti rispettavo troppo per importi un ambiente che non ti  sarebbe andato.

Ma perché non l’hai lasciato decidere a me? Io ti ho fatto conoscere tutti i miei amici, e tu ti ci sei trovato bene. 

Sono un buon attore, vero? sorrise di nuovo Andrea.

Che gran fijo de ‘na…

L’ho fatto perché a te faceva piacere; ma non so se avrei potuto continuare la recita per molto tempo. Intendiamoci, non é che i tuoi amici mi stiano sul cazzo, é che proprio non mi ci ritrovo. E pur con tutte le migliori intenzioni, prima o poi te ne saresti accorta. 

Ma che hanno i miei amici che non va? Perché sono proletari, perché non sanno parlar bene? Ti sapevo borghese, ma ti credevo più intelligente! 

E tu cos’hai che non va? Nulla: solo siamo diversi come possono esserlo una gallina e una mucca: entrambi stanno nella fattoria, ma non vivono allo stesso modo. Tu vorresti mungere la gallina e raccogliere le uova della  mucca, non so se mi spiego.

Ti spieghi benissimo, ma non posso accettarlo: é contro tutte le mie  convinzioni.

Lo vedi che non può durare tra noi due?

D’altronde non posso ammettere che la politica rovini tutto ciò che c’é di bello tra noi. O era una recita anche quella?

Altro sorriso: beh, questo dovresti saperlo tu meglio di chiunque altro. Sai bene che in certe cose la donna può fingere ma l’uomo no…

E allora perché la politica deve…

Vedi, tu parli della Politica con la pi maiuscola, come della Società, della Borghesia, del Proletariato, del Padronato, dello Stato. É tipicamente di sinistra personalizzare i concetti come se fossero giganti che ci incombono addosso e contro cui dobbiamo lottare o che dobbiamo favorire. Sembra l’Iliade, con uomini e déi da entrambe le parti; e invece ti ho già detto che tutte queste cose in realtà siamo noi che le facciamo e le formiamo. No, adesso basta, non voglio impelagarmi in un’ennesima discussione sui massimi sistemi. Ho cercato di spiegarti perché – nonostante con te mi sia trovato sempre benissimo – le cose che ci dividono siano più importanti di quelle che ci uniscono. 

Certo – fu lei ora a sorridere – sei la prima persona che incontro che mi giustifica su basi ideologiche, e ritorcendo i principali dogmi del marxismo contro loro stessi, i concetti più retrivi e reazionari:  ricchezza, classismo, sfruttamento, sperequazioni sociali…

Prima ti accorgerai che il marxismo é un circolo vizioso, prima uscirai dalle tue contraddizioni esistenziali. Basta: non é il momento di  discutere di queste cose.

E allora facciamo l’amore.

Ma ti ho appena piantata!!!

Per l’ultima volta. E mettiamocela tutta – le si incrinò la voce -  perché me la voglio ricordare.

Non so se Elide se la ricordò, né Andrea si volle sbottonare su questo punto. La ragazza era abbastanza confusa da bersi quel brodino ideologico che mascherava un semplicissimo mi sono stufato di stare con  te, e non smise di sperare anche dopo la separazione ufficiale. Già, perché di “ultime volte” ce ne furono delle altre in seguito, sempre su  iniziativa di lei. Telefonava con un pretesto, dai vediamoci da amici, e  regolarmente finivano a letto. E qui Andrea toccava il massimo dell’abbiezione, mostrandosi sinceramente pentito e chiedendole anche scusa per essersi lasciato trascinare!

Ad un certo punto Elide si ritrasferì a Roma, e non si fece più viva. Andrea aveva la sua vita, e, fatte salve le appendici di cui sopra, aveva sempre ritenuto la storia conclusa con la conversazione che ho riportato.

La morale della favola me la disse lui stesso: peccato che fosse così  compagna, altrimenti chissà…

 

 




[1] Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani

2 Commenti a “Ricordi Complessi – 3 – Paolo: La vera storia di Andrea ed Elide”

  1. andrea dice:

    Molto bello anche questo. E perché non sarebbe dovuto piacermi il tono di Paolo?
    Piuttosto è quell’infame di Andrea che non mi piace per niente ora :)
    Scherzi a parte, questi tuoi racconti li trovo veramente validi. Fossi in te li manderei in giro a qualche editore…
    Di questo in particolare ho trovato molto azzeccata l’immagine dello spinello e dell’eroina.
    Al prossimo!

    Andrea.

  2. piehasen dice:

    Grazie, sono contento che anche il tono “arrabbiato” di Paolo ti sia piaciuto. Devo dire che questo racconto è MOLTO autobiografico… diciamo che è vero al 95%! Mi sono divertito a farmi vedere in cattiva luce da un’altra persona…

    il prossimo è il verbale dalla prima riunione editoriale, ed ha quindi un taglio teatrale (scusa le rime non volute). Buona lettura…

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