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L’isola di Mascalzon

Pubblicato da poetto il 13 marzo 2009

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3 Marzo 1914.
Ho raggiunto l’isola di Mascalzon, nell’arcipelago degli approfittatori.
Scopo del mio viaggio è quello di scoprire quali sono gli usi ed i costumi di questa popolazione primitiva.
Finora sono il primo europeo che studia questa popolazione.
Le notizie su questa gente ci sono arrivate da viaggiatori, spesso inattendibili, che hanno descritto quest’isola come un paradiso in terra o, viceversa, come un posto sgradevole.
Dalla nave scendo in una scialuppa per approdare davanti al villaggio.
La nave resta all’ancora dietro un piccola insenatura, il villaggio da lì si vede appena, coperto dalla vegetazione e da una collina.
Come sbarco, nessuno si avvicina a me, una cosa decisamente insolita!
Porto giù tutta la mia roba, la lascio ammucchiata in un posto sotto un albero.
Mi avvicino ad un abitante del posto, questi mi guarda e con un gesto mi fa chiaramente comprendere che non vuole essere disturbato, non è per nulla incuriosito dalla mia presenza, anzi, trova che, questa, sia di disturbo per le sue attività.
Mi ritrovo in una situazione insolita, non riesco a comunicare, la gente del posto non è per nulla socievole.
Continuo a camminare, sperando di trovare qualcuno più ben disposto, nulla!!
Vedo una capanna più grande di altre, probabilmente quella è del capo tribù, mi avvicino, voglio solo comunicargli che la mia intenzione è quella di studiare la gente del posto, non voglio creare problemi ma solo capire come vive questa gente.
Dalla capanna esce un uomo, questi mi guarda, gli sorrido, lui continua a camminare ignorandomi.
Accidenti, dico io, è possibile che non abbiamo un minimo di curiosità?!
Cerco di sfoderare la lingua Profittator che ho imparato da un marinaio, il tipo continua camminare.
. Aspetti signore, la prego!! – dico in lingua Profittator, che dovrebbe essere parlata anche in queste isole.
. Dice a me?! – risponde il tipo, finalmente qualcuno si degna di prestarmi attenzione.
. Si! Vorrei parlare con il capo.
. Perché? Ha un appuntamento?
. Come perché?! Non lo vede che sono appena arrivato?
. Allora?! Gli pare un buon motivo per essere ricevuto subito?
. Avrei una certa urgenza!
. Davvero?! Quale sarebbe questa urgenza?
. Ho bisogno di una capanna base per studiare la vita di questa comunità.
. Vuole scherzare, spero!
. Scherzare? Sono un antropologo, il mio lavoro è quello di studiare le popolazioni…
. Si!!…si!! senta per la capanna deve pagare. Non penserà di arrivare qui e di avere a disposizione tutto quello che vuole?
. Ecco!!…non avevo previsto che…
. Cosa vuole studiare?
. Gli usi, la vita, le…
. Non siamo mica animali. È questo che pensa lei?
. Certo che no!!
. Una capanna costa 60 conchiglie grandi, per venti notti.
. 60 conchiglie?!
. Certo! Cosa crede che sia gratis?!
Resto stupito da questa accoglienza.
La nave che mi ha portato qui, ripasserà tra venti giorni per portarmi altro materiale.
Questa storia mi spiazza, non avevo previsto una cosa del genere, fin ora le popolazioni primitive che avevamo incontrato erano molto collaboranti ed amichevoli.
Dovrò cercare qualcosa che posso barattare per avere in cambio una capanna.
. Non mi sono presentato, mi scusi…mi chiamo Peter Holland.
. Allora la capanna?! Gli serve si o no?!
Il tipo non si presenta, sembra più interessato a rifilarmi una capanna che conoscere il mio nome.
. Non ho conchiglie con me…forse possiamo metterci d’accordo in altri modi?!
. Cosa mi può offrire?
. Ho un orologio. Vale molto!
. Un cosa?! Oro che?!
. Orologio, serve a sapere l’ora.
. Che me ne faccio?! Le pare che mi serva una cosa che mi dica che ore sono?!
. Senta, se vuole, ci avviciniamo alla mia roba…magari troviamo qualcosa che gli interessa.
Insieme allo sconosciuto mi avvicino alla mia roba, nessun curioso, nessun bambino si avvicina a me.
. Non so cosa gli possa interessare! Ho uno specchio – mostro un piccolo specchio, che dovrebbe servirmi per aiutarmi a radermi.
. Vediamo – dice il tipo, prendendo in mano l’oggetto – ecco! Ora si inizia a ragionare. Questo può valere…- gira lo specchio, lo guarda, si guarda più volte – direi 10 conchiglie grandi. Mancano ancora 40 conchiglie.
Il tipo resta affascinato dalla macchina fotografica, gli spiego che con me non ho nessun materiale per sviluppare le foto, faccio però vedere come sono queste foto, ne mostro una scattata in un altro arcipelago.
Il tipo resta impressionato, crede che quella sia l’anima delle persone, fatico non poco a convincerlo che non è così, alla fine sembra convinto della mia tesi.
Do vari oggetti personali per raggiungere la cifra stabilita.
Il tipo dice di chiamarsi Taipà.
Mi porta alla fine del villaggio, mi mostra la capanna.
Chiedo a Taipà se si può parlare con il capo tribù, lui mi dice che va presentata una regolare domanda di ricevimento, questa costa due conchiglie piccole.
Comunque, continua Taipà, visto che abbiamo concluso questo affare, si interesserà lui a presentare la domanda ed a pagare le due conchiglie.

4 Marzo 1914.
Mi sono alzato tardi, non saprei dire a che ora, visto che l’orologio non l’ho più, Taipà l’ha voluto ugualmente, l’ha messo al polso ed ora gira per il villaggio con il mio prezioso orologio.
Mi avvicino alla spiaggia per lavarmi il viso.
Non ho più neanche il necessario per la toilette, l’ho dovuto dare per la capanna.
Mi sistemo alla bene meglio.
Ecco ora sono pronto per un giro nel villaggio.
La maggior parte degli uomini sono a pesca, le donne sono in casa a guardare i bambini ed attendere la casa.
Osservo queste persone indaffarate nelle loro cose.
Una donna mi guarda, poi, dopo aver sbuffato, mi fa:
. Insomma, che vuole da me?!
. Nulla! Sono un antropologo e…
. E deve rompere le scatole a me?!
. No! Il mio compito è quello di studiare le culture.
. Le sembro una cultura?!
. Lasci che le spieghi…
. Senta, tra un po’ arrivano gli uomini, se ha qualcosa da chiedere, chieda a loro.
. Vorrei studiare tutta la popolazione di quest’isola.
. Questa è bella! Ha chiesto il permesso al consiglio degli anziani per una cosa del genere?
. Al consiglio?!
. Certo! Non pretenderà di arrivare qui e disturbare le nostre attività senza un permesso.
. Ecco!! …non sapevo che…in altre isole questo …
. In altre isole… in questa occorre il permesso del consiglio. È la prima volta che succede una cosa del genere, non so quanto gli faranno pagare.
. Come pagare?!
. Certo! Lei non può intralciare le nostre attività economiche.
. Avevo avvertito del mio arrivo, mi avevano detto di parlare con il capo tribù. Vedrai che lui ti metterà a disposizione una capanna, mi avevano detto.
. Gli hanno riferito male, molto male. Ora, se vuole scusarmi, ho del lavoro da finire, non posso passare la giornata a chiacchierare con lei.
. Come posso trovare da mangiare?
. C’è Moin, chieda a lei se le vende qualcosa.
. Andiamo bene!
Mi allontano.
I resoconti fatti su quest’isola erano assolutamente falsi, parlavano di abitanti socievoli ed inclini all’ospitalità, invece non è così.
Avevo fatto annunciare il mio viaggio ad un marinaio portoghese, pratico, almeno credevo, di queste rotte.
Santos, così si chiamava quel marinaio, mi aveva preso una barca di soldi e dato un sacco di informazioni false.
Prima del viaggio, mi aveva assicurato che tutto era apposto, che bastava parlare con il capo tribù per ottenere la capanna ed il permesso a vivere nella comunità dell’isola.
Mi aveva consigliato di non portare subito doni, non era educato, ma di farli arrivare in seguito, facendoli figurare come compenso per il cibo ricevuto, così avevo fatto.
La signora Moin mi chiede tre conchiglie piccole per un pasto, le spiego che non ho con me queste cose, lei mi dice che il cibo non piove dal cielo, se lo voglio devo pagare.
Ci mettiamo d’accordo con alcuni oggetti personali.
Non so cosa ho mangiato, avevo fame.
Pomeriggio, il sole inizia a scendere, non riesco a parlare con nessuno.

8 Marzo 1914.
Finalmente oggi vengo ricevuto dal capo tribù.
Entro nella capanna grande.
Il capo tribù è in piedi con un mio oggetto in mano.
. Vieni pure qui! – esclama, facendomi il gesto di avvicinarmi.
. Signor capo! – abbasso la testa in segno di rispetto.
. Allora, forse non ti hanno ancora avvertito, quello che si trova nella nostra isola, appartiene agli abitanti dell’isola.
. Non seguo! Cosa significa?
. Abbiamo preso la roba della capanna. La stiamo valutando.
. Quella è roba mia…non potete farlo!
. Perché no?! Tutto ciò che è nell’isola appartiene ai suoi abitanti. C’è nella nostra legge!
. Nella legge?! Non sapevo che…
. Non so cosa dirti ma la legge è legge. Un’altra cosa, a chi hai chiesto il permesso di venire qui?
. Ho parlato con un marinaio portoghese, Santos si chiama, lui mi ha detto che aveva sistemato tutto e non c’erano problemi per venire qui. Basta parlare con il capo tribù, mi ha detto.
. Santos?! Non conosco nessuna persona che si chiami così. Sei qui senza permesso. Non era mai successo che una persona si fermasse tanto tempo senza permesso qui da noi.
. Non sapevo che…
. Senti, abbiamo la pietra della legge, vicino al monte sacro, scolpite ci sono tutte le leggi della nostra comunità. Quando si arriva all’isola non si può non vederle. Dovrò trovare una pena adeguata al tuo caso.
. Sono uno studioso, il mio unico interesse è quello di studiare le civiltà diverse dalla nostra. Non avevo nessuna intenzione di infrangere le regole, signor capo, la prego sia clemente, capisca la situazione. Ho fatto un viaggio di molti mesi per arrivare fin qui, ho sofferto le pene dell’inferno per attraversare l’oceano pacifico, abbia un po’ di comprensione.
. Non so cosa dirti! Le regole vanno rispettate, non si può far finta di nulla altrimenti sarebbe il caos. Pensa se nessuno rispettasse le regole. Una volta, Toigò, non pagò le 6 conchiglie per la pesca, era stato male e non aveva pescato molto quel periodo, ebbene, l’ho dovuto richiamare all’ordine perché anche altri non volevano pagare dicendo che avevano avuto delle difficoltà, si è privato di alcune cose, però, ha pagato. È difficile fare il capo.
. Sono vittima di un raggiro, nessuno mi ha avvertito di queste regole altrimenti le avrei rispettate.
. Fatto sta che sei qui da quanti giorni?
. Cinque!
. Cinque! E non ti sei premurato di chiedere quali fossero le regole. Hai dato tutto per scontato. Le regole vanno rispettate. Ora devo incontrarmi con il consiglio degli anziani, vediamo cosa mi propongono loro. Ora vai il tuo tempo è scaduto. Domani mattina vieni qui per conoscere le decisioni prese.
Resto sbalordito dal comportamento del capo, pensavo fosse un uomo saggio, invece è un imbecille.
La mia roba, hanno preso tutta la mia roba!
La capanna è vuota, si sono portati via tutto, anche la macchina fotografica, spero non me la rompano.
Non ho neanche vestiti di ricambio, tutta la scorta d’acqua da bere non c’è più.
Il problema è che non ho modo di contattare nessuno per accelerare la mia partenza.
Ormai è evidente che non posso svolgere il mio lavoro.
Sono stato fregato due volte, la prima dal marinaio imbroglione; la seconda da questa popolazione indisponente.
Mi chiedo cosa intendono fare adesso?
Cosa farò nei prossimi giorni?
Mi hanno preso per clandestino, roba da matti! Io un professore di una delle più importanti università trattato alla stregua di un comune delinquente, privato di tutte le sue cose ed impossibilitato a svolgere la sua attività.

9 Marzo 1914.
Mi reco di buon ora nella capanna del capo.
Ad attendermi c’è il tipo che ho trovato il primo giorno, Taipà.
. Buongiorno! Hai creato un po’ di caos, erano indecisi se metterti in prigione o esiliarti nell’isola di fuoco.
. In prigione?! Per quale motivo?
. Come perché?! Sei entrato senza permesso nel nostro villaggio, ci sei rimasto per cinque giorni. La pietra delle leggi parla chiaro, lo straniero che resta per più di quattro notti nel villaggio, senza aver chiesto ed ottenuto il permesso, deve essere punito.
. Nessuno mi ha detto nulla. Non è giusto dovevate avvertirmi.
. La legge è legge!
. Questa l’ho già sentita! Allora cosa avete deciso?! Ah! Il fatto di avermi portato via tutte le mie cose…quello non conta?!
. È stato fatto tutto secondo legge! Ah! Dimenticavo devo farti causa perché, per colpa tua, la mia capanna verrà incendiata. Ho diritto, una volta che farai le venti notti nell’isola del fuoco, di venderti nell’isola di Delinquen, il ricavato servirà per risarcirmi del danno subito.
. È uno scherzo vero?! Non potete fare questo!
. Perché no? Stiamo solo applicando la legge. Voi non applicate la legge quando qualcuno commette degli errori?!
. Certo che applichiamo la legge! Ma qui …è assurdo!!
. Non ci trovo nulla di assurdo. Non hai rispettato la legge e devi pagarne le conseguenze. Mi pare abbastanza chiaro…non trovi?!
. Mi rifiuto di accettare questa assurda punizione….mi rifiuto! Mi avete portato via tutto senza permesso ed ora volete addirittura vendermi…vendermi!! E tu poi sei un lurido delinquente…hai approfittato di me per i tuoi interessi – sono furioso, non riesco a dominare le parole, parlo a raffica senza riflettere che questi farabutti me la faranno pagare. Continuo ad urlare attirando una piccola folla di curiosi, soprattutto donne, che mi guardano indignate per il mio comportamento.
. Bene il tempo è scaduto, quello che dovevo dirti l’ho detto. Ah! Giusto…come tramonta il sole devi farti trovare davanti alla capanna grande. Ci sarà la cerimonia dell’arresto e tutto il villaggio sarà presente. Poi verrai trasportato nell’isola del fuoco e lasciato lì per venti giorni.

Un commento a “L’isola di Mascalzon”

  1. fabio dice:

    Ciao Poetto,
    che isoletta accogliente si è trovato il nostro ricercatore! :)
    Alla fine però manca qualcosa… ma prevedi una seconda parte?
    Ciao
    Fabio

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