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Peter Holland – Seconda divisione Europea

Pubblicato da poetto il 16 aprile 2009

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Se cinque anni fa me lo avessero detto non ci avrei creduto, figuriamoci …non riesco a crederci neanche adesso!! invece è tutto vero!
Sono a New York come membro di un esercito d’occupazione.
Tutto è cominciato circa sei anni fa, all’improvviso…per lo meno improvvisamente per chi non era dentro certe questioni, pian piano ci siamo ritrovati in guerra con gli Stati Uniti.
Ero terrorizzato! Vedevo già la distruzione della mia città…mi vedevo già cotto dalle radiazioni…invece non successe nulla di tutto questo.
Il nostro presidente, Albert Devonshire, aveva detto che la nostra nazione, l’Europa, non si sarebbe fatta trovare impreparata…così fu!
Potenti bombe elettromagnetiche, nuove generazioni di cannoni laser, armi sconosciute, a me per lo meno, che facevano scoppiare le bombe nei loro silos… tutti i sottomarini saltarono in aria grazie a questa micidiale arma…e non solo i sottomarini.
Quando si arresero la nostra divisione fu trasferita a New York.
Mi aspettavo disordini, caos…invece ci accolse una calma allarmante.
La città sembrava vuota, poca gente in giro e quella poca ci guardava in silenzio, increduli nel vederci sfilare nella loro città, nella loro nazione.
Ritenevano il loro esercito invincibile, o per lo meno in grado di fronteggiare il nostro.
Mai e poi mai sospettavano la potenza delle nostre armi.
I loro capi avevano martellato l’opinione pubblica con dichiarazioni rassicuranti.
I loro media fecero sembrare lo scontro tra noi e loro un evento che si sarebbe risolto nell’arco di qualche mese al massimo, con , “naturalmente”, la loro vittoria.
La loro economia aveva bloccato la ricerca in campo militare…la gente non era al corrente di questo, anzi, si continuava a far credere che l’esercito era in grado di fronteggiare qualunque minaccia…purtroppo per loro non era così!

Lunedì mattina.
Il nostro colonnello, durante la riunione, ci dice che delle persone, forse membri di una banda, ad ovest della nostra zona di azione, stanno creando problemi.
Le nostre informazioni sono scarse, si sa che due nostri uomini sono stati uccisi e altri sette feriti durante uno scontro con questi sconosciuti.
Il colonnello mi dice di prendere due plotoni e dirigermi nella zona, li devo prendere contatto con il maggiore Dazi che dirige le operazioni.

Ore 11, arrivo assieme ai miei uomini.
Sul luogo sono presenti altri uomini della nostra divisione.
Chiedo notizie al maggiore Dazi, un tipo alto, robusto, questi butta a terra la sigaretta, mi guarda fisso negli occhi.
. Abbiamo avuto l’ordine di reprimere qualunque disordine…scusi il gioco di parole.
. Quanti sono signore? – chiedo al mio superiore, in attesa di ordini precisi.
. Quanti?! Non lo sapiamo…comunque non meno trenta. Si sono asserragliati in quel palazzo – mi dice indicandomi un grigio palazzo sforacchiato dai proiettili – I nostri capi non voglio avere rogne…abbiamo avuto l’ordine di usare qualunque mezzo per neutralizzare questi …non so neanche come definirli…fatto sta che il generale Ross mi ha ordinato di intimare prima la resa…se questi non si dovessero arrendere dobbiamo buttare giù il palazzo con loro dentro. Tra un po’ arrivano sei carri…voi dovette stare qui…se qualcuno di loro dovesse scappare e passare per qua …insomma vivo o morto lo dovette fermare. Allora tenente, sistemate i vostri uomini…ripeto nessuno deve scapparvi…vivo o morto lo dovete bloccare…ci siamo capiti?!
. Si signore!

Passano i minuti.
I tipi dentro l’edificio non sembrano volersi arrendere, anzi! ogni tanto si sentono dei colpi di arma da fuoco, forse di qualche pistola.
Il Maggiore da ordine di lanciare dei lacrimogeni all’interno dell’edificio, vuole dare un’ultima possibilità a quelle persone.
Intanto un piccolo capannello di curiosi si è formato davanti alla nostra postazione, dico agli uomini di mandarli via.
I lacrimogeni non sembrano sortire l’effetto sperato.
Il maggiore si avvicina.
. Questa cosa si sta prolungando un po’ troppo…non vorrei che la gente di questa zona scendesse in strada per dargli manforte. Ho cercato di farli ragionare…vogliono fare i martiri! Capisce?! I martiri!…Dio mio! …Bene tenente, tenetevi pronti. Alle 12 e 12 l’edificio salterà per aria…nessuno di quel palazzo deve lasciare la zona.
Da bambino non mi perdevo un film di guerra, i buoni erano sempre loro: gli americani.
La gente che faceva capannello si è allontanata di poco, vedo alcune facce dietro le finestre dei palazzi, seguono tutto.
Un soldato mi fa notare che da una finestra spunta un lembo di una bandiera americana, inoltre le persone che si sono avvicinate erano, per la maggior parte, degli uomini sulla trentina.
Faccio presente questa osservazione al maggiore, non vorrei che si stesse preparando qualcosa di grosso ai nostri danni.
Il maggiore si allontana, è indaffaratissimo al telefono, grida ordini a destra e a manca.
Mancano due minuti alle 12 e 12.
Tutti gli uomini sono pronti.

I miei genitori sono inglesi, si sono trasferiti in Italia a causa del lavoro di mio padre.
Lui, prima di andare in pensione, faceva il pilota nella base di Decimo.
Un giorno ebbe un brutto incidente, si ruppe una gamba, questo cambiò letteralmente la vita di tutta la famiglia, lasciò l’areonautica, lasciò l’Inghilterra e restò in Italia.

Ore 12 e 12, i carri iniziano a sparare, c’è una gran confusione.
Alcune persone escono da un edificio alle mie spalle, ordino a questi di rientrare dentro, questi, invece, si fanno avanti, grido con tutto il fiato che ho in corpo di allontanarsi, nulla!
Con il mitra faccio fuoco davanti ai loro piedi, si allontanano.
Dalla nuvola di fumo si vedono sbucare delle figure, queste corrono, le intimazioni a fermarsi non vengono accolte…forse non vengono sentite nel frastuono di grida.
Un ragazzo con un braccio sanguinante si avvina a me, ha in mano un arma…farfuglia qualcosa di incomprensibile, uno dei miei uomini da un blindato lo ferma per sempre.
Da una finestra sento uno sparo, mi giro…uno dei nostri è stato ferito ad un braccio.
Grido di indirizzare il fuoco delle mitragliatrici verso quel punto.
Il maggiore si avvicina.
. Che succede tenente?
. Un uomo è stato ferito al braccio da un colpo sparato da quelle finestre, signore.
. Accidenti! Ci devono essere altri…ribelli. Faccio venire due carri. Buttiamo giù anche questo edificio.
Stranamente non ho visto bambini ne persone anziane.
Temo che il sospetto del maggiore possa non essere infondato, forse siamo caduti in una imboscata…forse la cosa è più seria di quanto inizialmente pensato e, sempre forse, quelli non erano i membri di una banda di strada.

…………CONTINUA………..

4 Commenti a “Peter Holland – Seconda divisione Europea”

  1. fabio dice:

    Ciao Poetto,

    credo che si basi su una buona idea questo tuo racconto, aspetto il seguito per dare un giudizio più completo.

    Ciao
    Fabio

  2. bernardodaleppo dice:

    Scusami, potresti dichiarare in apertura se si tratta di una cosa a puntate?
    Visto che alcuni hanno fatto passare mesi e mesi tra una puntata e l’altra…

  3. andrea dice:

    Ciao Poetto,
    godibilissimo questo testo. Il tuo stile scarno ed essenziale sia ddice molto bene a descrivere la frenesia di un’azione di guerra come hai fatto ora. Resto in attesa del seguito :)
    Grazie per avercelo fatto leggere!

  4. bruno62 dice:

    Un idea originale , non me la immagino proprio una New York sotto occupazione, si ho visto l’episodio Ora Zero della saga TV Enterprise ma quella era ambientata negli anni 40, la tua è un idea veramente originale.
    Molto ben scritto.
    Ciao!

    Bruno 62

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