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Ladro di anime

Pubblicato da poetto il 28 marzo 2011

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Ho fatto un patto, uno di quelli a cui è difficile credere, uno col diavolo, si, proprio con lui.

Tutto è successo qualche tempo fa, ero nella mia postazione di lavoro, vendo auto, quando lui si è presentato.

Inizialmente non ho creduto che lui fosse proprio “lui”, invece…

Cosa ho chiesto? Di poter entrare nelle anime delle persone.

Lui mi ha detto: va bene, per un anno potrai entrare nell’anima e nel corpo di chi vuoi tu.

E poi? Ho domandato ingenuamente io, lui ha sorriso dopodiché è sparito.

Mi pareva assolutamente impossibile “entrare” in qualcuno, solo dopo che ho sperimentato lo “scambio”, così l’ho definito, ho capito che questo era invece possibile.

La mia prima “vittima” è stata un collega, volevo solamente provare se funzionava per davvero, era solo una prova.

È stato semplicissimo, ho pensato che volevo “entrare” in lui e in un attimo mi sono trovato in lui.

Era un lunedì mattina, vedo Mario, si siede nella sua postazione, mi guarda, ecco la mia prima “vittima”, ho pensato.

È tutto un attimo, dopo qualche secondo di smarrimento, come apro gli occhi, non so poi il perché ho tenuto per qualche secondo gli occhi chiusi, come apro gli occhi, dicevo, vedo la scrivania di Mario, sono nel suo corpo, posso conoscere i suoi pensieri, la sua memoria è a mia disposizione, posso sapere cosa pensa veramente di me.

È una emozione fortissima, che non riesco, al momento, a sopportare per molto, infatti, dopo qualche minuto ritorno nel mio corpo.

Qualche giorno dopo Mario mi confessò che quel lunedì lui era stato male, uno strano malessere, non sapeva come spiegarlo, era come se qualcosa gli impedisse di muoversi, di pensare, di… una sensazione mai provata, era preoccupato, mi raccontò che suo zio era stato ricoverato per schizofrenia, insomma non voleva finire come il suo parente.

La cosa funziona, funziona per davvero.

Penso subito alla mia prossima vittima, a come utilizzare la cosa.

È un mercoledì di maggio, una splendida giornata di sole si affaccia, sono le nove del mattino, ecco il direttore che attraversa la grande stanza dove sono disposte le postazioni dei venditori, lui ha un ufficio a parte.

Lo vedo, attraverso il vetro del suo ufficio, che si accomoda.

Sono pronto. Mi ritrovo, dopo pochi attimi, nel suo corpo, come apro gli occhi vedo la sua scrivania, scopro che il direttore mi ritiene un rompiballe e solo il fatto che sia un bravo venditore lo trattiene dal farmi mandare via, scopro anche un’altra cosa: la casa madre ha intenzione di riorganizzare i punti vendita, tradotto significa che alcuni di noi verrano mandati a casa. Il direttore ha già in mente chi mandare via, e ora lo so anche io.

Come rientro in me, resto sconvolto.

Senza che nessuno lo sappia, si sta preparando un uragano che porterà scompiglio nella vita di questo posto di lavoro.

Mario è uno di quelli che verrano mandati via, lui ha poco meno di cinquant’anni, due figli, un mutuo da pagare, una vita da mandare avanti.

Per giorni resto indeciso sul da farsi.

Passa una settimana, della riorganizzazione ancora nessuna parola ufficiale.

Mario si avvicina alla mia postazione, mi fa vedere una foto, è una casa.

. Guarda! – mi dice con un sorriso.

. Bella! Hai intenzione di cambiare casa?

. Già! E sai perché? Aspettiamo un bambino…ti rendi conto? La mia casa è troppo piccola per la famiglia del futuro.

. Caspita! auguri!

Guardo Mario, come faccio a dirgli che lui perderà il posto?

Poi mi decido, gli dico una piccola bugia, la verità sarebbe troppo complicata da spiegare.

. Voglio dirti una cosa che ho sentito… pare che vogliano fare una ristrutturazione.

. Vogliono mandare un po’ di gente a spasso…o cavoli! Chi te l’ha detto.

. Lascia perdere chi me l’ha detto…se la notizia fosse vera… bhé!

Passano altri giorni ed ecco la notizia bomba.

Il direttore ci informa di una riunione per il venerdì successivo, è molto vago sul cosa significhi realmente riorganizzazione aziendale.

Il giorno prima della riunione provo a “entrare” nuovamente nel direttore.

Scopro che qualcuno ha inviato una lettera anonima dove vengo pesantemente denigrato.

Il direttore vuole sapere se le accuse siano fondate o meno.

Prendo la lettera, dentro il cassetto “segreto”, la leggo, non riesco a capire chi sia l’anonimo, le accuse sono pesanti e alcune, ahimé, vere, e si non sono proprio un santo.

Se le accuse venissero provate la mia carriera… prendo la lettera, abbasso le tapparelle che ci sono nella porta a vetri, la strappo, l’appallottolo e la butto dalla finestra.

Provo a far dimenticare al direttore questa storia della lettera.

La riunione si tiene in un clima molto teso, il direttore annuncia che la casa madre ha intenzione di ridurre i punti vendita, la crisi, dice lui, ha imposto delle scelte radicali.

Il lunedì successivo il clima, a lavoro, non è dei migliori, ancora nessuno, tranne me, sa cosa gli riserva il futuro, le ipotesi si sprecano.

A metà mattina di quel lunedì mi viene un dubbio, l’unico a cui, anche se in maniera “velata”, ho detto qualcosa è stato Mario.

Lo vedo davanti alla macchinetta del caffè, voglio sapere se il mio dubbio sia o meno fondato, “entro” in Mario.

È stato lui, è lui che ha scritto quella lettera, voleva farmi fuori, sapeva che la casa madre avrebbe tenuto i venditori più virtuosi e mandato a spasso gli altri, che carognata!

Come rientro in me, sono furioso.

Il giorno dopo il direttore è atteso per la riunione aziendale a Roma.

Mi domando se sia possibile “entrare” in lui anche senza vederlo.

Provo per un po’, sto per arrendermi quando mi ritrovo davanti a una camera d’albergo, ci sono riuscito!

La mia anima prende il posto di quella del direttore.

Esco dall’albergo e mi dirigo in taxi verso la sede generale, mi ritrovo con una valigetta dove dentro ci sono una serie di fogli con dei dati, non ho bisogno di guardarli, so già cosa c’è scritto.

Per un attimo mi domando che fine faccia l’anima del direttore nel mentre che io sono qui, ma, sinceramente, la cosa non mi importa più di tanto.

Il direttore ha intenzione di battersi per lasciare aperta la sede e ridurre di alcune unità.

Io sono di parere diverso, per me andare a Firenze sarebbe la soluzione ideale.

Tutti gli alti papaveri aziendali sono già arrivati, la riunione è indirizzata ai direttori dei punti di vendita del centro.

Al momento cruciale, quando il direttore generale chiede: Lei cosa ne pensa?

Rispondo: Dottor Lanzi, mi trovo d’accordo con lei nel ritenere indispensabile, visto le cose che abbiamo detto prima, la chiusura del punto vendita. Mi permetta, però, di far presente che alcune unità lavorative non debbano essere perse.

. Sono d’accordo con lei, Grossi. Pensavo che lei volesse salvare il punto vendita… mi fa piacere che abbia capito il problema… senta, mi faccia i nomi delle persone che lei ritiene… ah! Come le avevo detto l’altro giorno, per lei c’è un posto nella nostra sede qui, a Roma. Dal suo viso vedo che ha già in mente i nomi… ora ci mettiamo d’accordo, col direttore del personale, su come sistemare queste persone.

Passano i giorni, ancora i colleghi non sanno nulla, mentre il direttore sembra, negli ultimi tempi, assente.

Provo a parlarci.

. Tutto bene direttore? – gli domando davanti alla macchinetta del caffè, durante la pausa.

. Si! Tutto bene, grazie. – il direttore taglia corto, neanche mi guarda in faccia.

Penso che quello che è successo ultimamente lo abbia sconvolto, forse si sta chiedendo cosa gli sia capitato realmente.

Dopo quindici giorni mi ritrovo a Firenze, sono contento, anche i miei anziani genitori lo sono.

Per il momento torno a vivere dai miei, in Via Datini, ritrovo la mia camera così com’era quando ero ragazzino.

Mario è stato licenziato, dopo la carognata che mi ha fatto non provo nessun rimorso.

Penso e ripenso a cosa mi succederà passato l’anno, si, passato l’anno dallo “scambio”.

La cosa mi preoccupa parecchio, ho un brutto presentimento…

Un commento a “Ladro di anime”

  1. andrea dice:

    Ciao Poetto,

    beh, mica ci lascerai così col fiato sospeso…
    Dai dicci come va a finire.
    Questo tuo suona un po’ diverso dagli altri. Mi sembra quasi che tu vada meno di fretta e che ti prenda un po’ di tempo per raccontare le cose con calma. Secondo me la leggibilità è molto migliore in questo modo.
    Grazie per avercelo fatto leggere!

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