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IL MATRIMONIO

Pubblicato da rossanocrotti il 20 aprile 2008

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IL    MATRIMONIO Io e Valeriana cominciammo a pensare il modo in cui dirlo ai rispettivi genitori  Optammo per un ritrovo collettivo in un ristorante. Ovviamente ogni famiglia era all’ insaputa del reale motivo del pranzo. Questo per noi due era motivo di forte ansia. O la va o la spacca.  E speriamo bene. Io arrivai da solo con la Uno color oliva sbiadito. I miei, in tenuta ufficiale pochi minuti dopo. Mio padre aveva le scarpe lucide e la giacca buona, mia madre aveva passato il giorno precedente dalla parrucchiera ed era impacchettata in un serissimo tailleur. Parcheggio del ristorante  “Tirreno”  ore mezzogiorno e ventidue .“In questo ristorante ci sono già stata”, disse la madre di lei  appena arrivata  col marito e Valeriana perfettamente puntuali. Ci sedemmo ed iniziammo a mangiare, le chiacchiere iniziarono a prendere piede e io aspettavo la fine del pranzo per il grande annuncio.E godevo. Mi immaginavo le facce attonite che si sentivano arrivare un tale colpo. Eravamo tutti e due figli unici  e comunque maggiorenni. Problemi non ce n’ erano. Se non di immagine. “Fra un mese ci sposiamo e fra otto diventate nonni”……….(calma, aspettiamo dopo il caffé, pensai ). Valeriana era rossa e pregava in silenzio. Io avevo un sorriso satanico e godevo nell’ attesa. Era più forte di me. Per la prima volta in vita mia avrei detto una cosa che avrebbe sconvolto i presenti  (e la mia vita). Non avrei subito dagli altri, io essere inutile e scontato, come sempre parcheggiato in un angolo zitto ed eterno ragazzino dei pranzi luculliani con tutti i parenti. La storia cambia. Stavolta l’avrei cambiata io, anzi noi (lei aveva due occhi dolcissimi).  Mi alzai in piedi , guardai in faccia mio padre, sorrisi ……….con lo stesso sorriso guardai tutti, la signora, il padre …… Valeriana si alzò, si mise al mio fianco e mi abbracciò alla vita appoggiando la testa sulla mia spalla.   Bum…..e sparai la notizia.Non ci fu bisogno di spendere tante parole, tutti i problemi sarebbero venuti dopo. Ci fu un pianto generale, la commozione era toccante . Mio padre con gli occhi lucidi  mi abbracciò, poi mi diede una sberla che mi ribaltò la testa. (Era fiero di me).Il cameriere pulì il tavolo visibilmente imbarazzato. Ventinove agosto ….ore sedici e quarantasei.I giorni che seguirono furono interamente dedicati ai preparativi del grande giorno. Io lavoravo gli ultimi quindici giorni nella ditta del Tozzi, otto lunghe ore al giorno col titolare in questione che mi sbuffava sul collo di ripensarci, di non licenziarmi. Ma per me era veramente un bisogno fisiologico, un radicale cambiamento di vita e licenziarmi  era come mollare l’ultima zavorra della mia post-adolescenza. I miei ricordi in quella ditta risalivano a cinque anni prima, quando il cretino diciottenne mollò gli studi per lavorare. Ed in merito alla snaturata decisione di lasciare gli studi un anno prima della maturità, potrei ribattere sul fatto che se non avessi lavorato da Tozzi, non avrei conosciuto Valeriana, ma qui inizierebbero discorsi sul destino, la vita, la fortuna, essere nel posto giusto al momento giusto e altri tipi di teoremi che è meglio non toccare per non cadere nel retorico. In quei giorni si respirava un’aria strana, mio padre e mia madre mi ruotavano attorno e li sentivo più vicini, meno assenti. Alcune sere persino il televisore rimaneva spento  e orfani di Pippo Franco e della Carrà,  si parlava fino a tardi. Di lì a due settimane il loro figliolo si sarebbe sposato. Furono giorni liberatori, da disoccupato, giorni d’ amore con Valeriana. Io e lei  eravamo sempre insieme. Facevamo lunghe passeggiate in centro, andavo a casa sua a giocare a carte con suo padre, facevo la spesa con la madre …. e non si vedeva l’ora venisse il grande giorno . Furono giorni veloci  e velocemente arrivò la vigilia.La sera prima della cerimonia il Giò, Marino e gli altri organizzarono una serata goliardica in un locale. Alcune facce erano vecchie conoscenze che ignoravo da anni, presenti quella serata solo per vedere il puttanone che usciva dalla torta gigante. Invece uscì dalla cucina una bomba di centotrenta chili per quaranta di età, in minigonna e tacchi a spillo. Idea del Giovanni.  (Idiota).  Il mattino dopo mi sarei sposato. Le stelle in cielo erano più vicine. Le notti di fine estate iniziavano ad essere fresche  e quella notte non avrei chiuso occhio. Il tunnel della vita matrimoniale era ormai davanti a me ed io mi ci sarei avventurato fra poche ore. Io, ragazzino di ventitrè anni convinto di aver trovato l’amore.La chiesa era una vecchia abbazia nell’ Appennino bolognese. Posto suggestivo. Il prete era vecchissimo, aveva la faccia nascosta dalle rughe e parlava con un filo di voce, (andava bene perchè aveva sposato i genitori di Valeriana). Io stavo sotto un pino blindato in uno smoking a noleggio, coi capelli incollati in testa, sudato come una spugna a fumare una sigaretta al minuto. Le due parentele, pian piano facevano comunella nel grande prato che stava davanti la sontuosa costruzione. Ed io aspettavo la mia futura sposa, accompagnata dai genitori. Arrivò il Giò, abito grigio e camicia bianca. Gli feci un cenno. Andava a parcheggiare la macchina. Fui contento di vedere anche il Ruggero .Era vestito con un abito grigio e una camicia bianca. Aveva sottobraccio Cristina avvolta in un vestito giallo e con un’ombrellone in testa . Alla vista di Cristina, Ennio, che stava venendo verso di me, cambiò direzione e si mise a parlare con Giovanni. Aveva il suo solito abito grigio su una camicia bianca sudata. Fra il parentado di Valeriana scorsi anche Carlo e Carmela, che avevo conosciuto all’ospedale poco tempo prima. Lui era elegantemente vestito in abito grigio. Aveva una camicia bianca e una cravatta nera. Come Ennio. Come Ruggero. Come Giovanni. Fu quella la prima volta che vidi queste persone tutte insieme. Ed erano vestiti tutti uguali. In abito grigio. La macchina arrivò, Valeriana in abito bianco scese ed i parenti applaudirono, mentre il fotografo scattava. Il sole timido di quella giornata di settembre coi suoi raggi iniziava a scaldare l’aria. Il profumo dell’estate era ancora intenso. Quando l’estate era iniziata quell’anno, io non conoscevo ancora Valeriana. I parenti chiacchieravano. Guardavo la bambina di Carlo e Carmela. Guardavo Giovanni che si stava avvicinando con Ennio, guardavo Ruggero che nascosto baciava Cristina. Il vecchio prete uscì dalla chiesa e si mise a scampanellare ……..din …don…..din……don…………e la sveglia suonò. Ore sette del mattino.

2 Commenti a “IL MATRIMONIO”

  1. emmaus2007 dice:

    Ma allora era tutto un sogno! Bello! Ho notato che il tuo scritto è in caratteri minuscoli e senza gli a capo. Succedeva anche a me. Forse devi inserire i racconti con Firefox o Mozilla, e non più con Internet Explorer (a me sucedeva per quello). Ciao! Al prossimo!

  2. mattiekian dice:

    carino davvero carino.
    Non mi aspettavo di ritrovarmi in un sogno
    A rileggerti

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