serotont

Una raccolta www.storydrawer.org

Tuono nel non luogo

Pubblicato da Sergio Denza il 29 gennaio 2007

Scarica come ePub

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (No Ratings Yet)
Loading ... Loading …


 


      Ora come allora il tempo passa con il suo fluire autonomo senza curarsi di ciò che rappresenta per ognuno di noi, non misurarlo porta sempre con se il fascino dell’imprevisto e l’improvvisa necessità dello spavento nello scoprire d’un tratto che è trascorso, comporta un allarme, in un momento casualmente irrompe nelle nostre vite e pretende una ricostruzione delle nostre sensazioni, colorare i nuovi sentimenti, segreti non comunicabili con il linguaggio delle parole. Allarme che apre nuovi scenari di senso, all’accettazione di un cambiamento che è oramai o per fortuna è già avvenuto.




La mattina irrompe nel silenzio delle stagioni perse ad aspettare che passi… un treno che ci porti via o ci travolga. Qualcosa o qualcuno che ci costringa a modificare la nostra vita-senza. Il risveglio impone il ritmo del tempo che ritorna uguale, la classe non consente più che l’audace tentativo di rigirarsi nel letto, nell’attesa interminabile di decidere con quale piede toccare il pavimento e cominciare a camminare, percorrendo questa giornata lunga o corta, intensa o inutile, giusto appunto come quella di ieri…




Qualcosa comunque costringe a cominciare l’interminabile gioco, riprendere da dove si è interrotto ieri, ma ieri era niente, ed anche oggi sarà lo stesso. Pippo scende per strada, la mattina di un giorno qualunque, quando ha gli occhi per guardare. Il caffè non si può prendere perché l’unico bar che si trova nel raggio di un chilometro, è stato chiuso per il troppo uso di cucchiaini, comodi per sciogliere l’eroina, che scomparivano con un ritmo incalzante. Non vale ancora la pena di allontanarsi, meglio aspettare Tony… se verrà… e se avrà qualche spicciolo per vivere questa attesa senza troppi pensieri.




Il caffè no, non si può avere, ma la pasticceria, tranne il lunedì è sempre aperta, in fondo oggi è mercoledì, giusto come la settimana scorsa, la mattina alle dieci c’è poco da incontrare gente per strada, in un quartiere dormitorio sono tutti pendolari con la città operosa che consente tempi di percorrenza surreali, per raggiungere il centro storico una interminabile giostra permette di percorrere quattro chilometri in un’ora in condizioni bestiali, ci sono solo le madri indaffarate e di corsa nel fare spesa alimentare, l’unica possibile, per l’assenza di altri negozi e di risorse economiche. Non ci sono adulti in giro, sono tutti a lavoro o in casa per la vergogna di non trovare come sostenersi, si incontra solo qualche cadavere o appartenente al genere umano a cui è stato sottratto il diritto all’autosostentamento, giudicato inabile al lavoro, del resto anche Pippo conserva la stessa realtà, ma lui l’ha deciso, più o meno, di sua iniziativa. Non ha da lavorare in attesa che lo scritturino per una parte più adatta, non un ruolo da protagonista, ma neanche da comparsa. Pippo è fortunato… almeno stamattina è convinto di questo, in fondo ha i soldi per fare colazione e un pasto si scrocca sempre. Le persone che osserva sono le stesse di ieri, tossici in cerca di uno stereo, o di un cliente per rivendere la stessa cosa già venduta ieri cinque volte per far viaggiare anche il compagno, oppure al semaforo a fare concorrenza ai rom, disperati in cerca di qualcosa che c’è come l’acqua in un un grande fiume come la Garonne, a Toulouse, sui Pirenei francesi, una immensa distesa d’acqua, da una sponda all’altra… che si possa attraversare camminando?




Pippo farebbe anche la rivoluzione se si capisse contro cosa combattere. Ma la colazione è stata già di per se un evento carico di contenuti e di cambiamenti. Una passeggiata nel parco di Palais Royal fra un campo di calcetto e una pista di pattinaggio, con quelle comode panchine su cui sdraiarsi quando c’è bel tempo o per riposarsi dopo il non far niente caratterizzante, quattro passi per aspettare di aspettare aspettando.




Tony ignorante e sempre presente a se stesso cerca dalla vita qualcosa di significativo da fare, pochi soldi in tasca non si sa dove presi, anche lui nel parco, da lontano osserva Pippo. Non c’è un preciso appuntamento fra i due, ma il caso vuole che non possono fare a meno di incontrarsi, si sono simpatici, fra i due c’è una certa affinità, anche se sono molto diversi, Pippo è una persona problematica, ha un aspetto strano, malaticcio, sembra depresso, Tony appare brillante e pieno di vita, imbrigliato nei jeans tenuti con un cinturone chiuso con una grossa fibbia che richiama alla mente i mandriani del West, Pippo anarcoide e contestatore, quando ne ha voglia.




I due si incontrano come sempre, e la prima cosa che si chiedono dopo essersi salutati come se si fossero incontrati per caso, è la quantità di denaro disposti a spendere per far passare la mattinata, in effetti la somma è già considerata in partenza, un po’ di hashish e qualche superalcolico al bar, quello che sta a tre chilometri (non si fanno neanche!) Fatta l’analisi delle possibilità di sopravvivere a questo spazio-tempo che deve trascorrere comincia qualcosa.




I disperati che circondano Pippo e Tony sono spariti dalla loro percezione, sono in due, chi li guarda può pensare che avranno qualche cosa da fare di dignitoso, almeno hanno un motivo per continuare a vivere questa giornata: dare l’impressione di star facendo qualcosa, fingere di avere un appuntamento destinato alla rappresentazione di dover fare qualcosa di impegnativo.




Trovano il commerciante disperato di turno, povero cristo uscito di galera ieri per rientrarci appena la signora del primo piano comincia a strillare dal balcone, disposto a cedergli un po’ di fumo per qualche spicciolo, così, tra un non senso e l’altro si scioglie il contenuto della sostanza al calore dell’accendino che non scotta più il palmo della mano, in compenso produce un odore caratteristico, lo stesso odore acre e pungente la prima volta fastidioso, ora profumo inebriante e indicativo, l’accettazione di questa fragranza corrisponde alla sensazione di appartenenza al “non so”, ma la percezione è nel complesso gradevole… meglio non pensarci ora, oggi come ieri la maestria nell’uso delle mani allenate consente di rullare una sigaretta senza pieghe particolari, un tronco di cono perfetto, caratteristica anch’essa insostituibile, una serie di atti compulsivi e irrilevanti di per se, la sostituzione di un rito religioso che comporta una cerimonia con un cero, anzi: un cerino!




D’altra parte cosa c’è di più ovvio in un enorme quartiere popolare di una grande città, costruito da poco, al posto di un immenso campo di canapa con più abitanti di una media città del sud Italia, dove nei giardini incolti e mai sistemati, fino a poco tempo fa, si potevano ancora trovare i resti dell’antica coltivazione che sorge ormai spontanea, terreno destinato alla produzione di corda per secoli, ora dormitorio. Piante lasciate lì come a suggerire l’unica possibile occupazione per i nuovi abitanti, senza indigeni ne altre risorse, le cui radici erano solo quelle della deportazione da un altro quartiere, da un altro paese o da un’altra città.




Il gioco scivola fra le mani ed ora resta da decidere chi l’accende. “Chi la fa l’accende” dice uno, e l’altro replica: “Chi la fa decide chi l’accende e dato che l’ha fatta la passa all’altro”. Oltre il primo e il secondo tiro la palla passa velocemente per qualche minuto, da una parte all’altra senza cattiveria, un sistema che permette di risolvere una esigenza vitale fra due persone senza litigare, in armonia con quello che c’è, quel poco che la Natura mette a disposizione in quel dato momento viene divisa in due parti senza conflitti, in fraterna alleanza.




Pippo si lancia in discorsi molto corposi accompagnati dalla sensazione di star dicendo qualcosa di sensato, impressione condivisa anche da Tony, e questo è il miracolo del giorno. Molte pratiche hanno lo stesso contenuto percettivo… ore e ore di partite a mosca cieca, dove un osservatore esterno non può fare a meno di notare la banalità degli elementi in discussione. Tutto quello che si fa con entusiasmo e dovizia comporta una serie di particolari che all’osservatore esterno sembrano banalità. Elementi irrilevanti rispetto alla complessità composta di parti sempre più piccole e cruciali per il buon funzionamento del tutto.




Ora è la volta del bar: Tony propone :”Un coca buton?”. Liquore che la leggenda metropolitana vuole prodotto distillando foglie di coca peruviana, dal sapore dolce e gradevole, di un colore accecante, ma fondamentalmente “solo” alcolico, e poi: “le foglie di coca sono masticate da secoli e non hanno un effetto stupefacente, è la sintesi chimica che produce il principio attivo della cocaina…”. Pippo accetta dopo averci pensato un po’, ma era successo lo stesso ieri e succederà anche domani. Parte la ennesima spedizione verso il bar.




Una passeggiata fra i grattaceli di Manhattan, qualcuno suona una batteria in uno scantinato, è Giorgio, prima di partire per un altro viaggio clandestino, improvviso e senza meta, prendendo il primo treno che parte dalla stazione chiuso nella toilette quando arriva il controllore, se arriva, o saltando nel primo camion che passa senza farsi scorgere dal conducente, oppure chiedendo un passaggio in auto… e poi viaggiare chilometri e chilometri, girando le grandi città di tutto il mondo, scroccando pasti e dormendo per strada o a casa di persone conosciute lì, fin quando non incappa in una qualunque autorità del luogo che lo manda all’ambasciata, rimpatriato e affidato al servizio di salute mentale ritorna a suonare nel box-deposito due metri per tre, 15 metri sotto terra di quell’enorme alveare.




Uno chalet, quello dove sono diretti i nostri amici, simile a quello che c’è sul lungomare di Barcola a Trieste, dove anche in inverno, seduto ad un tavolino si può sorseggiare una birra fredda osservando il mare con le onde alte, in una giornata piena di nuvole, avvolti nelle giacche calde, ad un chilometro dal castello di Miramare ora diventato un albergo. Questo bar non ha nulla di particolare, a parte il nome “Baku” ripreso dalla strada in cui è situato, gemellata con la capitale dell’Azerbaijan, è qualche decina di metri dalla rotonda omonima che incrocia due stradoni enormi e molto poco trafficati, e che, specie la notte, è meta di pellegrinaggio da tutto l’enorme quartiere e dall’interland della città. Un prefabbricato ubicato a buona distanza dagli enormi palazzi adiacenti, in modo tale che si possa bene osservare cosa succede da un qualunque altro punto.




Tony e Pippo entrano nello chalet Baku ed uno dei due, con l’accento caratteristico del luogo chiede, con voce impastata e un po’ persa: “Un coca buton in un bicchiere di plastica”. La richiesta del bicchiere di plastica toglie dal finto imbarazzo il barista che è contento di non mettere le mani in un altro bicchiere di vetro, e caratterizza il richiedente come non appartenente alla categoria degli usuali frequentatori. Prendono questo asettico contenitore conquistato con gran fatica, uguale a quello che danno al sert con il metadone e se ne vanno. Sorseggiano il liquore con un rituale molto simile a quello descritto precedentemente, diverso nella sostanza e identico nel senso. Questa volta con meno enfasi si incamminano verso casa, è quasi l’ora del pranzo.




Il cielo che nella mattina era assolato, ad un tratto si annuvola, il sole si copre e una strana luce polarizzata filtra attraverso l’umidità dell’aria densa e polverosa. La scura nebbia avvolge le anime dei nostri amici come un Dio rifiutato avrebbe bene a fare con i corpi dei senza-senso. Un lampo squarcia l’orizzonte e illumina tetramente la nuova struttura penitenziaria che somiglia ad uno stabilimento industriale… Ma non lo è! Dopo qualche secondo un grosso fragore irrompe. I nuovi palazzi in costruzione per i nuovi sfollati, questa volta dal bradisismo di Pozzuoli, con la loro strana architettura, prefabbricati costruiti attorno ad un corpo in cemento armato, un parallelepipedo a base quadrata di un paio di metri e alto trentacinque, sui quali sono impiantate enormi strutture in ferro: “Sembrano rampe di lancio di una base missilistica pronta a fare fuoco”. “O ciminiere di un enorme distilleria sotterranea che dai cavedi degli ascensori proiettano queste enormi nubi opache e scure nell’atmosfera”… “E se questa oscurità fosse prodotta da enormi forni crematori interrati e nascosti, perfettamente camuffati dai palazzi in perenne costruzione? Non ci sarebbe neanche bisogno di deportazione, quanta gente gira in questo quartiere che sparendo non darebbe più fastidio a nessuno! E poi… nessuno se ne accorgerebbe mai…”. “La gente che abitava quella casa si è trasferita improvvisamente e nessuno li ha più visti.”…




Bisogna far presto altrimenti la pioggia acida che caratterizza le nostre città infradicerà i loro abiti, e poi… nel pomeriggio succederà certamente qualcosa… Anche se è già successa ieri e succederà anche domani.




 

4 Commenti a “Tuono nel non luogo”

  1. Andrea dice:

    Ciao serotont, e grazie per il racconto. Era un bel po’ che non vedevamo un bel racconto “impegnato”. Non so bene da dove cominciare il commento, quindi ti dovrai accontentare di qualche impressione sparsa:
    1) molto bella l’immagine della canapa che continua a crescere, ignara, nei campi abbandonati
    2) il tuono che illumina alla fine i palazzi in costruzione e’ molto evocativo, e anche solo quel penultimo paragrafo vale tutto il racconto
    3) il tuo stile e’ certamente difficile, fumoso, direi quasi fuori fuoco, ma mi sembra piu’ che appropriato alla tematica che affronti e ai protagonisti del racconto
    4) mi sa che me lo dovro’ rileggere almeno un’altra volta per capire meglio alcuni passi ^_^

    Nel complesso, per quello che puo’ valere, a me e’ piaciuto molto.

  2. fabio dice:

    Hai ben affrontato uno dei problemi più seri della nostra società attraverso gli occhi dei due protagonisti.
    Non è esatatamente il mio genere, ma leggerlo non mi è dispiaciuto affatto.

  3. marcol dice:

    Serotont.
    Ci risiamo.
    Bella la location, belli e maledetti i protagonisti, parlassero meno di questo, richiamerebbero personaggi di un Kaurismaki mediterraneo.
    E il mondo intorno si copre gli occhi.
    Smascheriamoli !
    Comunque, bello e piacevole. Come al solito. E come al solito, te lo ritroverai ricopiato da qualche parte, con un altro nome.
    Continua cosi’, e’ un piacere leggerti.

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>