Negli anni novanta del secolo passato ebbi la mia stagione da pendolare ferroviario,
165 km al giorno che segnarono la mia poetica.
Dal cielo zincato una luce diffusa
che presto si spegne.
Nel vagone rovente si spengono, piano,
gli sguardi già opachi dei pendolari.
Le teste scendono lente, poi crollano
e danzano al ritmo del treno.
Sobbalzi di coscienza drizzano colli
e schiudono occhi sopiti che cercano
parole interrotte su fogli pesanti.
Nelle bocche le lingue ricontano i denti
e mancando sapore al presente
si volgono a pasti lontani .
Immagino quanto fosse difficile rimanere svegli!
Carina anche questa!
I miei trascorsi di pendolare si rinverdiscono al ricordo dei sobbalzi di coscienza!
Ma dove pendolavi Stefania?