Ho amato il mio cavallo,
con lui ho diviso l’acqua,
con lui il pane e le rape,
abbiamo diviso la coperta
e poi la poca paglia,
gorgogliavano i nostri stomaci,
vuoti, troppo a lungo vuoti,
poi venne la neve,
poi venne il vento,
raschiavo la corteccia dei gelsi,
per succhiarne le fibre, entrambi,
acquose, dolciastre per un poco,
poi si fece l’inverno vero,
ci dividemmo un ratto,
abbrustolito un poco
ad un fuoco di canne.
Avrei voluto liberarlo,
ma lui testardo mi veniva dietro,
mi sostenne a volte,
con la sua grande testa pesante,
io avrei voluto dimenticare,
il paese, la moglie, il padre,
dimenticare le dita gelate,
lasciarmi andare, seduto,
sarei stato in poco un covone,
dimenticato, coperto di neve,
sarei tornato alla terra,
mangiato dalle formiche
in essa mi sarei sperso…
Ma dovevo dargli la strada.
Ora il treno mi aspetta,
ma lui non potrà salire,
il treno mi porterà a Odessa
e poi da lì il vapore…
Intanto lo hanno impastoiato,
mentre io salgo la scaletta,
lo vedo camminare incerto,
si volta un momento,
non alza la testa,
mi sento morire,
si volge lento, lo vedo,
confuso, muovere mezzi passi,
in tondo, io salgo,
senza più sentire niente,
mi chiedono qualcosa,
ma non sento,
sono sprofondato,
sprofondato dentro.
Milano 6 Marzo 2009
Bello! Hai evocato benissimo quei momenti tragici.
Ciao!
Anche a me è piaciuto molto.
Siamo responsabili degli animali e loro contraccambiano regalandoci fiducia e stimolando la nostra voglia di vivere…capito mi hai, Bernardo?
Buon fine settimana!
Grazie, purtroppo non ho nessuna dimestichezza con i cavalli, se vi ho emozionato ne sono lieto.
Buona “penna” a tutti!
Forse la tua descrizione della ritirata del corpo di spedizione italiano in Russia ne sottovaluta la drammaticità, non credi Bernardo?
Può darsi Jerry, ma a me è sembrato bello che in situazioni così difficili una persona possa avere provato empatia per un cavallo, ma forse non c’è niente di straordinario, in fin dei conti dopo un po’ sembra che si provi affetto anche per i propri sequestratori e/o aguzzini