Ho visto qualche tempo fa un funerale di tre persone morte in un incidente d’auto.
Applausi,
mentre sento un improvviso tepore,
deve esserci il sole,
mi sbattono scendendo le scale,
poi chiudono le porte del furgone.
Ho udito un vescovo parlare accorato
d’inutili morti, che siano di monito,
di giovani vite spezzate,
di unirci al dolore dei parenti,
ma io non voglio starci,
io ero solo nella mia utilitaria,
io non correvo,
tornavo a casa dopo il lavoro,
nessuno mi aspettava,
io non correvo,
e al mio fianco avevo i miei assassini,
già era successo nel frigo,
io non volevo essere lì,
così ho sentito le omelie per loro,
come fossero mie,
così ci hanno portato fuori insieme,
uniti da questo applauso,
che ha ribattuto i chiodi
con cui mi hanno chiuso in questa cassa,
la cremazione
mi libererà dei miei assassini.
Milano 28 febbraio 2007
dobbiamo formare le unità di liberazione dagli imbecilli patentati!!
Mi piace quell’(.io.) spezzato che sottintende come le parole alle volte diventano uno sterile esercizio retorico, una poesia molto bella che fà pensare.
Ciao !
Bruno 62
molto suggestiva. amara. grazie per avercela fatta leggere.
Bravo! Anche io ho pensato cose così, ma è facile dirlo quando qualcun’altro le ha scritte.
Mi hai dato purtroppo l’ispirazione per una delle mie ciniche strofette bislacche…
Mi piace, anche se non condivido gli a capo, comunque complimenti hai scritto una poesia senza riferimenti all’eros…