La mezzanotte è scoccanta da qualche minuto mentre fuori continua a nevicare. Erano anni che non accadeva. Un gatto nero scavalca il muraglione che circonda la città vecchia e scompare nell’oscurità della notte. È il 25 dicembre del 1976.
Un buffo Babbo Natale di cartapesta è aggrappato alla ringhiera arruginita e traballante della palazzina di fronte, lo fisso. L’ansia mi logora lo stomaco.
Mio nonno Alberto si avvicina claudicante. Mi abbraccia sorridente e mi dà una pacca sulle spalle: “Fede, non temere!” mi dice fiducioso.
“Nonno… se Babbo Natale non viene?” rispondo rammaricato.
“Verrà, Fede!” mi dice con la sua voce arrochita. Mi strizza l’occhio e mi invita a controllare la sala da pranzo. Poi si accomoda sulla sua sedia a sdraio e inizia a canticchiare.
Afferro il mio orsetto di peluche e percorro il corridoio, da solo al buio, con il cuore in gola. Forse è la prima volta che il buio non mi spaventa.
Fremo dall’ansia di raggiungere la porta d’ingresso che si trova in fondo al corridoio, sulla destra. La apro, cigola. Mi affaccio e guardo dentro con gli occhi lucidi: quasi scoppio a piangere. Non riesco a descrivere quello che provo: sono emozionato ma allo stesso tempo ho paura di non ricevere alcun regalo da Babbo Natale. Forse la mia lettera non è mai arrivata! Scrollo le spalle e sbuffo.
Il camino è acceso. Il fuoco brucia mentre il mio cuore arde dentro di me di ogni emozione. La fiamma illumina la stanza buia mentre un immenso albero di Natale decorato a festa la sovrasta. Le ombre del fuoco e dell’albero disegnano sulla parete un antico affresco. Un guerriero danzante tesse le lodi al suo Dio: “Prostastevi, infedeli! Kabah è il nostro unico Dio…” sembra volerci dire con fare minaccioso. Ma è solo suggestione!
Vicino al camino, un grosso dono colorato sovrasta gli altri, più piccoli e meno vistosi. Entro… mi avvicino ai pacchi e all’improvviso la finestra si apre sbattendo le ante contro il muro e facendo un gran fracasso. Mia madre urla per lo spavento ma è solo un attimo. L’aria gelida pervade la stanza: rabbrividisco. Le mie gambe assomigliano a due pali conficcati nel terreno: non riesco a muovermi. Il fuoco divampa da dentro il camino mentre una nuvola di fumo si diffonde via via per tutta la casa. Il guerriero danzante si materializza davanti ai mie occhi: mi afferra per il braccio con forza e mi offre in sacrificio al suo Dio, Kabah, Signore dell’oscurità.
Silenzio. Poi…
Qualcuno urla. Qualcuno piange. Altri cercano una via di fuga.
Mio nonno crolla a terra esamine. La mia immagine è l’ultimo ricordo che ha di questo mondo che non mi appartiene più.
Brucia la mia anima tra le fiamme dell’Inferno mentre il fuoco continua a mietere vittime innocenti e saziare la sete di sangue di Kabah.
22 giugno 2020 a 15:46
Davvero suggestivo. Mi fa ricordare di quando anche io attendevo con ansia l’arrivo di Babbo Natale e la pura mista a eccitazione nel percorrere i corridoi bui di casa per vedere se era arrivato
23 giugno 2020 a 18:11
Grazie per il commento.