Il cielo era plumbeo. L’aria era gelida.
Un uomo barcollante e con l’impermeabile grigio e sgualcito camminava in mezzo alla folla predicando la fine del mondo. La gente lo guardava sospettosa mentre qualcuno sussurrava: “È solo un folle! Andiamo via”. Ma l’uomo continuava a farneticare: “Il nostro destino è segnato, moriremo tutti signori miei!”. Poi, si volto’, osservando il cielo e con la mano indico’ qualcosa oltre l’orizzonte: “Guardate lassù… il giorno del giudizio è arrivato!”. Un ghigno comparve sul suo volto prima di lanciarsi sotto un’auto in corsa morendo all’istante. Un gran botto. La gente per strada era basita.
Sopra l’orizzonte, alcuni puntini luminosi incominciarono a oscillare su se stessi. Poi, diventarono sempre più grandi e numerosi: come tanti piccoli soli si muovevano verso Sky City.
Il panico incomincio’ a insinuarsi tra la folla accorsa sul luogo dell’incidente. L’uomo era riverso sull’asfalto in una pozza di sangue con la testa fracassata. Brandelli di cervello erano sparsi ovunque.
In lontananza, il rumore delle sirene dell’ambulanza che arrivava era assordante.
“Cosa sono quei corpi luminosi?”. Qualcuno incominciò a temere il peggio e a fuggire.
Un bambino piangeva mentre guardava un vecchio dolorante che cercava di rialzarsi da terra. Il vecchio barcollo’, cadde, si rialzo’ a fatica ma cadde ancora una volta per terra spinto dalla gente in fuga. Estrasse qualcosa dalla tasca della giacca e la strinse con forza tra le sue mani grandi e rugose. Sospiro’, rassegnandosi all’inevitabile. Il suo sguardo si spense.
Dall’altro lato della strada, un uomo e una donna osservarono la scena e accorsero in suo aiuto. Lo strattonarono sperando che si riprendesse ma il vecchio non rispose ai loro stimoli. Nella mano stringeva la fotografia di una bambina che il vento spazzo’ via cancellando così il suo ultimo ricordo.
“Non respira più. Andiamo via prima che sia troppo tardi” sussurro’ la donna all’uomo afferrandolo per un braccio.
“E il bambino? ” domando’ l’uomo perplesso.
La donna corse verso il bambino e lo afferro’ per la mano: “Muoviti, piccolo!”.
I tre crucciati correvano verso un luogo dove nascondersi: a due isolati più avanti c’era un vecchio edificio abbandonato e decadente. Era l’unica via di salvezza.
Sull’insegna, malferma e impolverata, si leggeva ancora: STAZIONE FERROVIARIA DI SKY CITY.
Con una forte spinta, la porta arrugginita e cigolante si aprì.
La volta era semidistrutta e i muri mostravano delle crepe sparse ovunque. L’umidità si diffondeva lungo le pareti fino a giungere a terra come una macchia d’olio gigantesca. L’odore nauseabondo degli escrementi di ratto sparsi sul pavimento rendeva l’aria pungente e i tre malcapitati erano disgustati. La donna non riuscì a trattenersi e vomito’; il bambino guardandosi intorno, stranito, sembrava domandarsi: “Dove sono finito?”.
Al piano terra, al centro dell’enorme androne, c’erano un vecchio tabellone degli arrivi e delle partenze e un antico orologio non funzionante. Sulla sinistra, c’erano la biglietteria e l’ufficio informazioni mentre sulla destra l’ingresso di una galleria.
Una vecchia locomotiva era ferma sulle rotaie.
Non c’era corrente elettrica, poca luce filtrava attraverso ampie vetrate laterali, lasciando gran parte della stazione in penombra.
I tre salirono le scale, pericolanti, che conducevano al primo piano, con il cuore in gola.
Alla destra della tromba delle scale, c’era l’ufficio amministrativo e in fondo al corridoio, la contabilità. La porta dell’uffico amministrativo era chiusa a chiave, sigillata da un nastro adesivo, e su un cartello appeso al muro c’era scritto “VIETATO L’INGRESSO”, ma l’uomo con un calcio la butto’ giù.
La stanza era spaziosa, fredda e ancora piena di scartoffie. C’erano tre scrivanie e due computer dimenticati lì da qualcuno. Di fronte alla porta, c’era una finestra che comunicava con l’esterno e da cui filtrava un po’ di luce lasciando la stanza in penombra. L’uomo si avvicino’ alla finestra e si sporse per dare un’occhiata fuori. Sgrano’ gli occhi.
“È terribile, Julia!” esclamo’ terrorizzato, “Nel cielo, ci sono degli oggetti volanti che stanno distruggendo la nostra citta’”.
“Fammi dare un’occhiata, Thomas” gli disse sperando che si sbagliasse. Julia non aveva mai creduto all’esistenza degli extraterrestri.
Gli oggetti volanti, che oscillavano nel cielo, emettevano dei raggi luminosi che colpivano il suolo polverizzando qualsiasi cosa che incontrassero mentre le urla e i gemiti delle persone per la strada si diffondevano nell’aria come echi assordanti.
Un cane, colpito da un raggio luminoso, venne incenerito all’istante. Julia rabbrì e avrebbe voluto gridare la sua disperazione ma desistette per paura di essere scoperta, anche se dove si trovava, quelle cose non potevano vederla e sentirla.
“Ho paura!” bisbiglio’ il bambino sentendo i due borbottare.
Julia lo strinse tra le sue braccia per rincuorarlo ma era inutile. Il bambino, ancora scosso, strillava. “Voglio tornare a casa” gli suppliccava con il volto rigato di lacrime.
“Non è possibile, tesoro. Fuori è pericoloso” gli spiego’ accarezzandogli il volto per tranquillizzarlo.
“Quando sarà tutto finito, tornerai a casa. Te lo prometto, piccolo…” gli disse Thomas anche se in cuor suo sapeva che non era così. Il vecchio mondo non esisteva più.
Ripresasi dallo shock iniziale, Julia penso’ al da farsi: “Dove conduce la galleria?”.
“Non lo so. Ci sarà una mappa della stazione da qualche parte!”.
Thomas era furibondo. Incomincio’ a dare calci e pugni contro ogni oggetto che capitava a tiro per sbollire la rabbia. Poi, calmatosi, rovisto’ tra le cianfrusaglie e finalmente trovo’ la mappa: “Eccoti qui!” urlo’ euforico.
Ben presto, l’euforia contagio’ anche Julia. “Fammi vedere” gli disse quasi strappandogli il foglio dalle mani, “Noi ci troviamo qui, a Sky City Center, ci sono cinque fermate prima di raggiungere il quartiere di Annovera”.
“Annovera?”. Thomas era disorientato.
“Questa mattina mentre ascoltavo la radio, l’inviato di Canal 2 consigliava di andare lì, dove il Sindaco Morgan sta organizzando la Resistenza e dei centri di accoglienza. Poi, la trasmissione si è interrotta. Andiamo lì, non so cosa troveremo ad aspettarci ma non abbiamo scelta se vogliamo sopravvivere. Hai visto anche tu cosa sta succedendo la fuori…”.
“Che stiamo aspettando?” tuono’ Thomas rigenerato dalle parole di Julia.
Fuori, iniziava a piovere a dirotto. L’aria era appesantita da polveri e ceneri. C’era un frastuono incessante di passi e sirene spiegate. Un raggio luminoso scagliato da un oggetto volante cadde in prossimità dell’ingresso della stazione ferroviaria facendo un gran botto che si propago’ all’interno della galleria. I tre accorsero al piano terra tramortiti: un grosso squarcio si era aperto nell’asfaldo stradale, davanti alla stazione, bloccando l’ingresso.
I raggi luminosi lanciati dagli oggetti volanti continuavano a mietere vittime investendo e polverizzando i passanti sotto lo sguardo attonito dei tre malcapitati.
“Forza, non possiamo più tornare indietro. Dobbiamo proseguire!” tuono’ rabbioso Thomas guardando l’enorme squarcio davanti all’ingresso della stazione ferroviaria. Poi, cerco’ di scuotere Julia e il bambino dal loro torpore e con forza li trascino’ verso la galleria ma dei rumori di passi risuonarono nel silenzio dell’androne, attirando la loro attenzione.
“Ascoltate…” sussurro’ Julia.
Un bisbiglio di voci e rumori di fondo provenivano dall’interno dell’ufficio informazioni.
Thomas si diresse verso la porta di vetro e avvicino’ l’orecchio alla vetrata per ascoltare: “C’è qualcuno qui dentro”.
“Quando te lo dico, apro la porta” sospiro’ Julia mentre Thomas impugnava la sua mazza da baseball degli Yankee, un regalo di gioventù, “E tu, Victor stai indietro”.
Julia fece un cenno con la testa. Era il segnale…
La porta si aprì di scatto cogliendo di sorpresa chiunque fosse nascosto in quella stanza. Thomas entro’ e mentre stava per sferrare il suo attacco fermo’ la sua corsa al grido di Julia: “Thomas, no! Sono disarmati e terrorizzati”.
Thomas li guardo’ negli occhi: “Chi siete?”.
Dopo un breve silenzio, un uomo, calvo e tarchiato con la barba incolta e la pelle ricoperta di macchie rosse, si avvicino’ a Thomas e Julia, abbracciandoli: “Sono Padre Albert e loro sono Melissa, Carl, Kurt e Adam”.
“Mi chiamo Julia, e loro sono mio marito Thomas e Victor. Questa mattina, abbiamo visto quelle strane luci nel cielo e siamo fuggiti prima di essere trasformati in carne da macello. Eccoci qua. Per ora, siamo al sicuro”.
“Ero in chiesa mentre celebravo la messa del Signore quando ho sentito le urla delle gente per strada. Ho visto un uomo arso vivo da un raggio luminoso e non lo nego ho avuto paura. Poi, il soffitto della chiesa è crollato e molti fedeli sono stati travolti dalle macerie. Non ho potuto far nulla per loro” disse Padre Albert scuotendo la testa.
“Ho visto mia sorella che veniva inghiottita da un’enorme voragine apertasi dopo che uno di quei raggi luminosi ha colpito il viale di casa. Un attimo prima era lì sorridente che mi salutava poi, Nancy non c’era più” disse Melissa con il volto rigato di lacrime.
“Ero per strada quando ho visto un uomo lanciarsi sotto un’auto in corsa. Un folle! Poi, è scoppiato l’Inferno sulla Terra. La gente è corsa via impazzita” disse Adam rigido come un palo fissato nel terreno.
“E voi due?” chiese Thomas ai due ragazzi.
“Eravamo a scuola quando il pavimento dell’aula ha incominciato a tremare. La scuola è crollata e molti dei nostri amici sono morti. Noi due siamo riusciti a fuggire ma adesso vogliamo tornare a casa per riabbracciare i nostri genitori. Siamo preoccupati per loro”.
“Capisco il vostro dolore, ma prima dobbiamo raggiungere l’altro lato della galleria. Una grossa voragine si è aperta davanti all’ingresso della stazione intrappolandoci al suo interno. L’unica via di fuga è attraversare la galleria sperando che prima o poi ci conduca da qualche parte. Julia e io abbiamo trovato una vecchia mappa dell’intera area e abbiamo deciso di raggiungere il quartiere di Annovera a piedi, dove si trova il Sindaco Morgan, che sta organizzando la Resistenza e dei centri di accoglienza. Secondo la mappa, Annovera non è molto distante da dove ci troviamo adesso e se i miei calcoli sono esatti ci vogliono sei giorni di cammino. Carl… Kurt… sulla mappa sono evidenziate delle uscite di emergenza che conducono in superficie. Prendendo una di queste potrete raggiungere i vostri genitori oppure potete venire con noi e chiedere asilo ad Annovera. Spero che per i vostri cari non sia troppo tardi”. Thomas volle essere schietto per non alimentare troppo le loro speranze.
Carl e Kurt annuirono: “Hai ragione, è meglio che veniamo con voi. Da soli non ce la possiamo fare”.
Passo dopo passo, l’aria nella galleria diventava più calda e pungente rallentando la loro corsa.
Carcasse di ratti erano sparse ovunque ai lati e lungo le rotaie della stazione ferroviaria e le poche uscite di sicurezza erano bloccate da una sostanza opaca e inodore.
“Siamo topi in trappola!” constato’ Adam.
Thomas strinse con forza in una mano una torcia e nell’altra la mazza da baseball degli Yankee. Maledisse l’ignoto: “Figli di puttana!”.
Le crepe lungo i muri diventavano sempre più grandi e profonde. L’umidità era insopportabile e dal soffitto, al passaggio del gruppo, precipitavano delle goccioline appiccicose che provocavano dei pomfi sulla pelle del corpo.
Con il tempo, le goccioline avevano rivestito il pavimento di un sottile strato limaccioso e maleodorante.
Ai lati delle rotaie, vi erano molte schiere di scarafaggi.
Dei gas, ripugnanti e irritanti per gli occhi, fuoriuscivano da alcune fessure presenti lungo le pareti rendendo l’aria ancora più insostenibile.
Comparvero, lungo il cammino, dei bozzoli di seta. Alcuni grandi quanto una mano, altri più piccoli. Molti di quelli più grandi erano schiusi: degli insetti neri, muniti di aculei lungo il dorso e di robuste mascelle, fecero la loro comparsa. Emisero dei suoni gutturali incomprensibili e fastidiosi.
“Mio Dio! Che cosa sono?” sospiro’ Julia mentre inavvertitamente ne schiaccio’ uno che rilascio’ un liquido verdastro gelatinoso che le lacero’ la suola della scarpa. Rabbrividì.
“Non fermatevi!”, Thomas sprono’ il gruppo a non mollare, “Proseguiamo…”.
Raggiunta la prima fermata, gli otto erano esausti e affamati.
“Fermiamoci qui per la notte. Domani mattina riprenderemo il cammino”. Thomas sapeva che gli altri erano provati, avevano bisogno di recuperare le forze e dormire per qualche ora.
Fecero la conta dei viveri.
“Noi abbiamo alcune scatole di fagioli e del pane. Un paio di bottiglie d’acqua. Voi cosa avete?” domando’ Julia sperando che qualcuno avesse portato delle scorte di cibo.
“Noi due eravamo a scuola e non abbiamo avuto il tempo di rifornirci” risposero i due ragazzi sconsolati.
“Stavo celebrando la messa” disse Padre Albert scrollando le spalle.
“E voi?”
“Io ho della cioccolata” rispose Adam.
“Io sono corsa per strada da mia sorella, non ho nulla con me”.
“Dobbiamo razionare quel poco che abbiamo, il viaggio è lungo…” sospiro’ Thomas.
Dopo essersi rinfocillati, razionato il cibo e l’acqua, la stanchezza li assali’.
Mentre gli altri dormivano, Thomas era di guardia. Qualcosa lo privava del sonno: non si sentiva al sicuro.
Mentre Thomas si preparava a rimettersi in viaggio, una gocciolina appiccicosa sfioro’ il viso di Julia svegliandola di soprassalto. Un brivido caldo le accarezzo’ la pelle.
“Buongiorno, Julia!”.
“Buongiorno a te, Thomas…”.
I due si abbracciarono e si scambiarono effusioni prima di ripartire ma un rumore improvviso li scosse seguito da una successione di suoni gutturali assordanti. Il pavimento oscillo’ e le pareti della galleria tremarono. Alcuni pannelli cadddero dal soffitto.
Tutti si accasciarono al suolo tramortiti e si tapparono le orecchie con le mani per il rumore assordante!
“Mi scoppia la testa!” disse Melissa dolorante.
“Anche a noi” risposero in coro gli altri del gruppo.
Thomas perdeva sangue dal naso e tremava, le sue gambe vacillavano e cadde per terra. Julia lo soccorse aiutandolo a rialzarsi.
“Non mollare, amore mio!”. Julia aveva gli occhi umidi.
Dopo il trambusto, un silenzio inaspettato si diffuse nei tunnel della galleria mentre il gruppo proseguiva il cammino. L’angoscia ormai era l’unica compagna di viaggio e la speranza si affievoliva con il passare del tempo. La galleria sembrava non finire mai, sembrava non portare da nessuna parte. “Ho dolore alle gambe!”, si lamento’ Victor rimanendo sempre più indietro rispetto agli altri, “Sono stanco e affamato. Riposiamoci un po’” sospiro’ affranto.
“Non possiamo fermarci, Victor. Annovera non è lontana, ancora uno sforzo!” lo riprovero’ Thomas.
“Ne usciremo presto, te lo prometto” gli disse Julia abbracciandolo.
Victor non riuscì a trattenere le lacrime e piansee: “Voglio tornare a casa”.
Padre Albert stringeva una vecchia Bibbia tra le mani e invocava l’aiuto di Dio: “Padre Nostro…” ma Adam lo zittì e lo percosse spintonandolo per terra. Poi, calci e pugni: “Taci! Vecchio! Dopo tutto quello che ci è successo, credi ancora in Dio?”.
“Figliolo, non sai quello che dici” lo ammonì Padre Albert con il volto tumefatto.
Thomas afferro’ Adam da dietro e lo allontano’. “Vergognati! Dobbiamo essere untiti e non prenderci a calci e pugni in faccia. Ognuno crede in quello che vuole”.
Adam sputo’ a terra: “Una volta fuori, ognuno per la sua strada!”.
Melissa si avvicino’ al vecchio sacerdote e lo aiuto’ a rialzarsi: “Lo perdoni, Padre Albert”.
Carl e Kurt ancora provati accompagnavano il gruppo senza proferire parola.
Il silenzio fu interrotto ancora una volta. Adesso, il rumore era più forte, fragoroso, e andava amplificandosi. Un varco laterale si apri’ a un tiro di schioppo dal gruppo. Adam si avvicino’ per dargli un’occhiata, quando qualcosa lo afferro’ e lo trascino’ nell’oscurità.
“Che cosa è successo?” domando’ Melissa con il terrore negli occhi.
“Qualcosa ha afferrato Adam” sospiro’ Victor abbracciando con forza Julia.
“Andiamo via, adesso” irruppe Julia.
“E Adam? Non possiamo abbandonarlo”. Thomas scosse la testa angosciato.
“Per quanto mi riguarda, può anche morire quel bastardo” lo interruppe Melissa per nulla preoccupata della sorte del compagno.
“Mi dispiace per lui, anche se non era un santo. Melissa ha ragione dobbiamo proseguire prima che tocchi anche a noi la stessa sorte” disse Julia aggrottando la fronte. La dura realtà era venuta a galla: nessuno era al sicuro.
Il gruppo avanzava a passo svelto lasciandosi alle spalle il buco che ha inghiottito Adam e molti misteri.
Dopo due giorni di cammino, la visibilità nella galleria era ancora più ridotta. La fuliggine affaticava la vista del gruppo e la gola bruciava a causa delle polveri presenti nell’aria. L’olezzo nauseabondo di visceri sparse per terra e di sangue putrefatto evocava i pensieri più terribili tra i membri del gruppo.
“Thomas, se dovesse accadermi qualcosa, promettimi di non lasciarmi qui a marcire. Non voglio diventare cibo per i vermi”.
“Non temere, Julia. Non accadrà mai. Ti porterò fuori di qui e poi, ho dell’esplosivo nello zaino. Nell’eventualità, so cosa devo fare”. La cinse per i fianchi con tutta la forza che gli restava.
Padre Albert continuava a invocare Dio ma la fede nel gruppo iniziava a vacillare.
“Anche se non mi piaceva, Adam non si sbagliava affatto. Come può ancora credere in Dio dopo tutto quello che è successo? Può Dio volere questo?. È forse giunta la fine del mondo? Prima dell’attacco alla Terra, andavo in chiesa ogni domenica e pregavo Dio tutti i giorni. Certo, non sempre le cose andavano bene ma avevo una esistenza dignitosa. Ero felice. Il mondo è cambiato nel corso degli anni e c’è sempre meno solidarietà e benevolenza verso il prossimo. Mai e poi mai avrei immaginato una punizione così grande…”.
“No, Melissa. Dio non ti ha abbandonato… non ha voltato le spalle all’umanità anche perché Lui ci ha creato. Forse vuole metterci alla prova. Vuole che ognuno di noi si prenda le sue colpe e le espii. L’uomo ha bisogno di redimersi e forse l’unico modo per raggiungere la salvezza è quello di affrontare delle prove. A volte i sacrifici sono necessari. Se Dio riterrà opportuno anche il mio sacrificio, lo accetterò come ha fatto Nostro Signore morendo sulla croce. Non so se la fine del mondo è arrivata, so che devo continuare a pregare Dio se vogliamo salvare l’umanità. Non tutto è ancora perduto, devi avere fede…”
“Fede? Non credo di averne per molto ancora…”.
Mentre gli altri del gruppo discutevano, Victor camminava in silenzio rimanendo più defilato. Osservava la galleria e contava i passi. La sua mente era altrove, alla sua famiglia. Poi, si volto’ indietro e si accorse che Carl e Kurt non c’erano più. Si affretto’ per raggiungere Thomas e Julia: “Aspettate! Carl e Kurt sono scomparsi nel nulla”.
Thomas e Julia si guardarono intorno. Avrebbero voluto chiamarli a gran voce ma avevano timore che quella cosa che aveva preso Adam avrebbe potuto attaccarli di nuovo.
“Mentre torno indietro a dare un’occhiata, voi proseguite il cammino. Vi raggiungo al più presto”.
“No, Thomas! Non voglio che tu vada. Ormai per loro non c’è più niente da fare, saranno stati catturati da quella cosa. Ho paura. Affrettiamoci a raggiungere l’uscita della galleria”.
“Non preoccuparti, Julia. Farò molta attenzione… di me puoi fidarti…”, le disse guardandola dritta negli occhi, “Non piangere, amore mio. Non accadrà nulla e poi, ho la mia mazza da basaball”. Le sue labbra si curvaronono in un sorriso appena accennato.
“Pregherò per te, figliolo!”
“Non sarà necessario, Padre Albert, sarò da voi al più presto”.
Poi, si avvicino’ a Julia e le diede un bacio prima di scomparire nell’oscurità.
Julia guido’ ciò che restava del gruppo verso Annovera. La strada stava divenatndo viscida e in salita. L’umidità traboccava dalle pareti. Raggiunta la terza fermata, i membri del gruppo ebbero un sussulto: l’aria era diventata improvvisamente gelida. Faceva così freddo nella galleria che un sottile strato di ghiaccio rivestiva la superficie del pavimento rendendolo ancora più scivoloso.
Aveva i brividi per il freddo ma il suo pensiero era a Thomas: “Sono in pensiero per mio marito. Ormai dovrebbe averci raggiunto ma non è così”. I suoi occhi non mentivano. Temeva il peggio.
“Fermiamoci qui. Nel frattempo mangiamo qualcosa per recuperare le forze e riposarci. Vedrai che lo riabbraccerai di nuovo” le disse Melissa sorridente.
Si rinfocillarono con i pochi viveri rimasti ma un rumore assordante scosse nuovamente la galleria. Poi, la terra sotto i loro piedi si sollevo’ aprendosi in due metà. Un’enorme fauce afferro’ Melissa trascinandola all’interno della voragine davanti allo sguardo terrorizzato degli altri membri del gruppo.
Padre Albert fuggì via in preda al panico. Julia strinse tra le sue braccia Victor: “Andiamo via di qui”.
Mentre Julia e Victor tornavano indietro, qualcosa apparve dal buio: “Thomas!”.
I tre si abbracciarono.
“Credevo fossi morto…”
“Mantengo sempre le promesse…”
“Carl e Kurt?”
“Scomparsi nel nulla. E gli altri dove sono?”.
“Abbiamo deciso di fermarci e mangiare qualcosa nell’attesa di riabbracciarti ma poi quella cosa ci ha attaccati e ha preso Melissa. Padre Albert è fuggito…”
“Maledizione! Da questo momento non dobbiamo fare alcun rumore. Quella cosa percepisce la nostra presenza”.
I tre dopo essersi ritrovati ripresero il cammino.
Giunti in prossimità della quinta stazione, la galleria era interrotta da una frana e il panico li assalì. “Presto! Torniamo indietro e troviamo un’uscita di sicurezza. Ce ne sarà ancora qualcuna agibile…” disse Julia che non voleva rassegnarsi all’inevitabile.
Qualche passo indietro, tutto sembrava perduto.
“Niente da fare… la porta è bloccata ma non possiamo ritornare all’ingresso della galleria… è una follia e poi a cosa servirebbe… la strada è interrotta” ammise Thomas scuotendo la testa.
“Possiamo usare la dinamite per aprirci un varco” propose Julia.
Poi, Thomas illumino’ con la torcia le pareti della galleria in cerca di un posto dove ripararsi dall’esplosione. Una smorfia di disappunto. Non sarebbero sopravvissuti al crollo: “Non credo sia una buona idea…”. L’aria pungente e l’odore nauseabondo che aleggiava nel tunnel non aiutavano a pensare. L’ossigeno scarseggiava. La mente era intorpidita. “Maledizione! Che stupido che sono! Non c’è via di fuga e moriremo qui come topi in gabbia. Ho fallito, amore mio! “. Un senso di disperazione e impotenza lo assalì.
“Non è colpa tua! Se non fossimo qui, saremmo già morti” gli disse Julia accarezzandogli il viso sporco di fuliggine per confortarlo.
A un tratto, qualcosa attiro’ la loro attenzione, c’erano tracce di sangue sparso ovunque lungo le rotaie.
“Illumina da questa parte…”.
C’era qualcosa per terra. Thomas si avvicino’ lentamente mentre il suo cuore batteva all’impazzata.
“Che cosa c’è per terra?”.
“Sembrano resti umani…”.
Un corpo senza vita era lì: era sfigurato, mutilato con il cranio fracassato e gli occhi cavati. Brandelli di cervello erano sparsi vicino al cadavere riverso in una pozza si sangue. Il cuore gli era stato estirpato.
“È Melissa…” Thomas riconobbe il suo braccialetto, ancora intatto, e la sua borsa.
Julia sgrano’ gli occhi quando Thomas con la torcia illumino’ la parete di fronte: quattro bozzoli, più grandi di quelli visti in precedenza, erano appesi alla volta della galleria.
“Scopriamo cosa contengono”, Thomas con un coltellino a serramanico recise il bozzolo più piccolo, “Mio Dio… è Carl”. Aveva il volto tumefatto e gonfio.
Gli altri bozzoli contenevano i corpi di Kurt, Adam e Padre Albert. “Sono tutti morti…” sospiro’ Thomas.
Julia era scolvolta mentre Victor, a stento, tratteneva le lacrime.
“È la fine…” penso’ ormai Julia.
Un botto improvviso li scosse mentre la terra sotto i loro piedi tremo’ ancora una volta. Piccoli e grossi frammenti rocciosi continuavano a cadere dalla volta posandosi a terra e mettendo a rischio la loro incolumità fisica. L’eco di suoni incomprensibili si diffuse attraverso i tunnel della galleria. Qualcosa si mosse e venne verso di loro.
Il suolo si sollevo’ e si squarcio’: un grosso buco si aprì a pochi passi da loro mentre due grossi vermi fuoriuscirono da quel buco. Non avevano occhi, possedevano lunghe fauci taglienti e si avvicinavano ai tre superstiti che cercavano una via di fuga ma la resa era vicina.
Per un attimo, Thomas e Julia si guardarono negli occhi in cerca di un’intesa.
“Victor, al mio segnale scappa il più lontano possibile…” disse Julia con il volto rigato di lacrime.
L’uomo e la donna estrassero l’esplosivo dal loro zaino e con un cenno della mano invitarono il bambino ad allontanarsi. “Siamo qui brutti bastardi!” gridarono i due ormai sconfitti.
Victor corse il più lontano possibile scomparendo nell’oscurità mentre l’esplosione polverizzo’ ogni cosa nelle vicinanze, aprendo un varco nella galleria.
Le prime luci del mattino illuminarono il volto di Victor sporco di sangue e fuliggine. La strada era ancora lunga ma nulla era ancora perduto, adesso.
Continua-