Pensieri e racconti – Brandelli di vita dal pianeta morente

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      Aereoporto di Fiumicino. Ottobre 2006. Un uomo sta scegliendo delle riviste che gli consentiranno di passare un'oretta prima di partire per Catania. Al momento di prendere il solito settimanale, decide di comprare un block-note ed una penna. Si siede, mette i Subsonica in cuffia e inizia a scrivere. Riempie il blocco in poco più di mezz'ora. Da allora, non ha mai smesso di scrivere. Neanche in questo momento. Un abbraccio a Paolo, che era con me in quel viaggio e che ora è in viaggio, per non so dove. Per sempre.

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Racconto – Jaws – versione rivista

Pubblicato da kiwi65 il 1 ottobre 2007

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Ecco Mark, seduto sulla scogliera. Luke l’ho visto prima, con la sua tavola bianca e verde. Arriveranno tutti, tra oggi e domani. Non saremo in tanti. In fondo, a pensarci bene, è cosi’ che deve essere.

Jaws d’altronde non è un posto per signorine. Ogni tanto qualche ragazzino viene qui in questo periodo a fare lo sbruffone. Poi, una volta visto Jaws, abbassa la cresta e si siede buono buono a guardare.

“Jason!”.

Il sorriso di Brian. Mi porge una birra. Ci sediamo anche noi.

“Ci sono tutti?” chiede Brian.

“Ancora no.”

“Sai niente di Robin?”

“No.”

Dopo un pò, arriva anche Luke. Eccoci qui. Tutti e quattro a guardare il mare. A fiutare il vento e la salsedine. Ad ascoltare quelle terrificanti creature che si fracassano sulla scogliera, tentando di farla saltare in aria.

“Sarà proprio nel momento in cui non avrai più paura del mare che lui ti annienterà”. Le parole di Robin mi rimbalzano in testa ad ogni onda.

Ne abbiamo girati di posti. Anche più lugubri di questo. Ma qui, il tempo non conta. Non so da quanti minuti, ore, siamo seduti, senza parlare. Aspettiamo semplicemente che il tempo passi e se ne vada. Che venga domani. Come i soldati, in guerra, il giorno prima di un assalto. Nessuno ne ha mai parlato, ma ognuno di noi è consapevole che potresti non andartene più vivo da qui.

Decidiamo di passare la notte a poca distanza dalla scogliera, in un capanno abbandonato.

C’è anche chi riesce a dormire. Io, qui, non ne sono mai stato capace.

Venti dicembre. La tempesta tropicale si è fatta sentire come ci aspettavamo. Usciamo e ci incamminiamo verso la scogliera. Il sole va e viene.

Jaws va alla grande, stamattina. Per tutta la notte non ha mai smesso di urlare.

Mai.

Mentre ci prepariamo, ogni onda che si infrange sulla scogliera ci schiaffeggia, con una raffica di vento e schiuma. Come a sfidarci.

Mi sembra di sentirlo, Jaws.

“Andiamo cazzoni, venite. Avete le palle per questo?”

Per salire su Jaws non serve saper nuotare. Impensabile, su onde che vanno cinquanta all’ora. Quindi, a turno, uno di noi prende il jet-ski e traina un rider al largo, lasciandolo comodamente sul dorso di Jaws.

La tensione mi sta divorando. Tiriamo a sorte l’ordine dei riders e il primo sono io.

Meno male.

Mi sdraio sulla tavola e partiamo. Facciamo il giro lungo e ci appostiamo, in attesa che Jaws apra la sua bocca.

Ci siamo. Brian piega il polso quattro o cinque volte ed il jet-ski mi inonda, con la sua puzza di benzina.

Via. Cento metri di acqua che mi schizza sulla faccia. Poi Brian molla la cima.

Eccomi Jaws, sono qui. Ora vieni a prendermi, se ne sei capace.

Mi tiro su in piedi e mi volto indietro. Entrata perfetta. Grande Brian.

L’onda mi insegue e sarà almeno tre metri sopra di me. L’adrenalina sale. Il cuore si sta sbattendo per farmi scoppiare le vene del collo.

Giro a destra, e vado dritto lungo l’onda. Sento che dietro il tunnel si sta chiudendo e Jaws che mi sta risucchiando, con gusto.

E allora prendimi, se ce la fai.

Via. Via. FUORI DA QUI!

Mi piego sui ginocchi per restare nel tunnel e provo ad andare giù. Giù in picchiata, fino alla fine dell’onda.

Il bastardo si sta richiudendo, per stritolarmi. Merda! Ancora qualche metro e sono fuori. FUORI!

Non ce la faccio. Non ce la faccio.

Va bene Jaws. Eccomi. Sono pronto.

Non annientarmi, amico mio.

Jaws mi scarica addosso tutta la sua rabbia. Mi sento per qualche secondo come preso nella morsa di uno squalo, che mi sbatte per sminuzzarmi. Alla fine, mi lascia.

Esco dall’acqua e alzo le braccia al cielo. Vedo i ragazzi, e un urlo liberatorio mi squarcia la gola. Una selva di mani mi porge il cinque.

Con calma, Jaws. Tra un po’ c’è il secondo round.

“Grande Jason!” la voce di Robin mi scuote. Ci abbracciamo.

Mentre Brian parte per un altro giro, mi siedo per riprendere fiato e per far calmare la tempesta di adrenalina che mi sta facendo sanguinare il cuore.

Jaws, ora dimmelo. Se hai coraggio. Avanti.

Chi è il cazzone tra noi due?

5 Commenti a “Racconto – Jaws – versione rivista”

  1. olaf dice:

    Quello che hai descritto è la reale sensazione di stare in acque con onde “serie” … chi lo ha provato lo capisce a fondo. Bella descrizione. Potevi approfondirla pero’! la scena meritava

  2. kiwi65 dice:

    sicuramente si poteva fare meglio. Mi sono dato un limite di due cartelle per questo tipo di racconti. Se mi viene, proverò a fare qualcosa di più strutturato!
    Ciao

  3. Andrea dice:

    Ciao Piero. Bella la descrizione della tensione. La prosa ha un ritmo serrato che non consente di staccare gli occhi dallo schermo. Grazie per avercelo fatto leggere.

  4. fabio dice:

    Non capisco il perchè ti sei voluto dare un limite nella lunghezza del racconto, che tra l’altro è molto carino. Tutto poteva essere raccontato con più calma. :)

  5. piero dice:

    Il fatto di limitarlo a due cartelle deriva dal fatto che è stato scritto con questo preciso requisito, per altri motivi.
    Detto ciò, ovviamente si può allungare. Ci sto pensando!
    Ciao

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