Racconto – Ma… ma… ma…
Pubblicato da kiwi65 il 1 ottobre 2007
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
“Vengo, vengo!”
Luisa infila il gomitolo rosa sui ferri da calza e si mette dritta sulla sedia. Chiude gli occhi e si preme le due mani sui reni, con una smorfia di dolore. Guarda la vecchia pendola. Le cinque. E’ ora. Appoggia le mani sul tavolo e si tira su lentamente, fino a restare in piedi. Poi comincia a camminare, a piccoli passi, verso la cucina. Dopo tre giorni di pioggia, l’ultimo pallido sole del pomeriggio si fa largo tra le nuvole minacciose ed entra dalle tende ingiallite, illuminando il pentolino annerito sopra la cucina. Prende un bicchiere dal lavandino e toglie il coperchio. Un profumo di limone si spande per la cucina.
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
Ha quasi ottant’anni Luisa. Le gambe non la sorreggono più, gonfie di dolore e di fatiche domestiche. Il rumore di un motore si avvicina. Luisa scosta la tenda. Tonio passa col trattore sullo stradone sotto casa, schizzando via l’acqua dalle pozzanghere con le ruote. Fa un gesto di saluto a Luisa. Il viso fiero e strafottente, l’immancabile nazionale esportazione al lato destro della bocca. Il rumore si allontana. L’acqua delle pozzanghere si calma.
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
“Vengo, vengo!”
Un altro sorso di tè. Luisa ricopre il pentolino e svuota quello che rimane nel bicchiere nel lavandino. Poi si incammina verso la scala che porta al piano superiore. Il pavimento di legno scricchiola ad ogni passo. Davanti al primo scalino si ferma, alzando la testa verso la cima della scala. Un sospiro.
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
Uno scalino. Prima il piede sinistro. Il braccio destro sul corrimano. Stringere forte con la mano. Tirarsi su. Mettere il piede destro accanto al sinistro. Poi daccapo. Luisa ripete meccanicamente i gesti che la porteranno sul gradino successivo. Ogni due o tre scalini, il dolore alle gambe la costringe a fermarsi e a tirare il fiato.
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
Il corridoio è in penombra. Le porte delle camere sono tutte color legno, tranne la prima, che è di un bel colore rosa confetto, con al centro il disegno di Titti inseguita da Gatto Silvestro. Due passi e Luisa apre la porta.
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
“Amore mio, eccomi qua! Ecco la mamma!” L’espressione sofferente di Luisa si scioglie in un sorriso. Poi allunga le mani verso il letto. I suoi occhi azzurri si posano sugli occhi azzurri di quella donna sorridente, con l’espressione da bambina. I capelli corti e gli occhi sgranati di felicità. Luisa stringe quelle mani piccole, aiutando a sedere sul letto quella piccola donna con il viso da bambina. E nessun dolore. E nessun acciacco. Improvvisamente Luisa ha trent’anni e Marta ha tre mesi. I gesti immutabili preparano Marta per la sera. La poggiano sulla carrozzina. Marta ride contenta.
“Ma… ma… ma…”
“Ma… ma… ma…”
Questo testo è stato pubblicato il 1 ottobre 2007 alle 12:00 am ed è classificato nella categoria Uncategorized. Puoi seguire la discussione riguardo quest'opera utilizzando il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare trackback dal tuo sito.
3 ottobre 2007 alle 10:16 am
Piero, e’ splendido. La figura della mamma e della donna/bambina sono delineate meravigliosamente, nonostante il poco spazio a disposizione.
Anzi, il fatto che il racconto sia corto secondo me lo rende ancora piu’ bello. Vorrei saper scrivere anch’io racconti cosi’ brevi ma *pieni*. invece ogni volta che inizio mi vengono fuori pagine e pagine….
3 ottobre 2007 alle 11:06 am
Andrea, grazie per i complimenti. Perchè non provi a cimentarti anche tu nella sfida delle due cartelle? E’ molto stimolante, ti costringe ad essere essenziale e diretto.
PS nel frattempo, appena avrò un po’ di tempo leggerò qualcosa di tuo. Indubbiamente c’è molto di più da leggere!!
Ciao
Piero
4 ottobre 2007 alle 7:50 am
Ciao Piero, soltanto dopo aver letto il tuo secondo racconto ho capito il giusto spirito con il quale scrivi, imponendoti una lunghezza massima. Molto bello anche questo, ti faccio i miei complimenti. ^_^