Racconto – Nonno Maurizio ed il juke-box
Pubblicato da kiwi65 il 16 ottobre 2007
Quella scintillante estate del millenovecentoottanta. Un’estate dalle giornate infinite, iniziate tardi, con un ciao mamma vado al mare. La bicicletta da donna e l’asciugamano sulla sella.
Al chioschetto del campeggio, c’era un juke-box. Appena arrivati, prima di scendere in spiaggia, Maurizio ed i suoi amici compivano il rito propiziatorio del primo disco della giornata. Quando la scelta toccava a Maurizio, la giornata iniziava sempre con la maestosa voce di Sting, che raccontava di un messaggio in bottiglia. Ci sarebbe potuta essere una scelta migliore?
La spiaggia di Sabaudia. Diciotto chilometri di sabbia, a destra il mare e a sinistra il lago. In fondo un enorme promontorio color smeraldo che piomba su mare, spiaggia e lago. Il Circeo. Una cosa sconvolgente. E’ come se qualcuno avesse deciso di piazzare un enorme masso, qualcosa di completamente estraneo al paesaggio, per farlo contemplare dalla battigia.
Gli asciugamani a disegnare due porte: a quanto arriviamo? a dieci? Va bene. Poi, a dieci, qualcuno immancabilmente urlava “Recupero! Recupero!”. Poi Tommaso prendeva un secchio e cominciava a fare gavettoni.
Un gelato all’ombra per finire la giornata. E il martellante attacco di batteria di “My sharona” cominciava a far dondolare le teste.
“Qualche volta andiamo a Punta Rossa in bici?”, chiedeva sempre Maurizio, guardando il Circeo. “Ma sei matto? E chi ce la fa?” era il coro di risposta.
Prima che tutti inforcassero le bici per tornare a casa, l’ultimo disco della giornata spesso era la canzone logica dei Supertramp, cantata in quel modo inarrivabile. “Oh ragazzi, ci facciamo una doccia e ci vediamo alla base dopo cena”.
Che serate. Senza una lira.
“Forza, svuotate le tasche, che servono le sigarette!”
“No, passa dritto qua, non ho niente.”
“Ma dai, sei sempre il solito pidocchio.”
Alla fine, non si sa come, Gianni riusciva a comprare le sigarette. “Queste sono per dopo!”. Peccato che venti sigarette, erano due giri. Ma c’erano le bici, e il dopo era il campeggio.
Ma quanto erano belle, le ragazze di Roma? Simpatiche e spontanee. E poi parlavano, parlavano, ridevano. Non ti saresti mai stancato di stare con loro. E ce ne era una che solo il nome già ti stendeva. Il giorno che l’ha conosciuta Maurizio l’ha guardata e ha sentito quegli occhi verdi penetrarlo da parte a parte.
“Ciao, io sono Elena”.
Ha fatto un passo indietro, Maurizio, per non essere sopraffatto da tanta bellezza. Non aveva mai conosciuto una ragazza con un nome così bello e austero. Elena.
Gli altri dicevano che quella Elena era un po’ svitata, che parlava sempre di libri, che raccontava di strane storie sul mare e sull’amore. “Mamma mia, che palle” sentenziava Gianni.
Solo Maurizio aveva capito che quegli occhi verdi aspettavano solo qualcuno da guardare e quelle storie cercavano solo qualcuno che le ascoltasse.
Passava delle ore a parlare con lei e non importava cosa dicesse, l’importante era che lo guardasse negli occhi. Lui era uno studentello di un istituto tecnico, mentre lei studiava lettere antiche all’università. Tommaso si divertiva a chiamarlo continuamente, cercando di allontanarlo da lei: “Maurizio, facciamoci una partita a biliardino!” “Dai Maurizio, che c’è una che ti vuole conoscere!”
Ma lui niente. Non avrebbe mollato Elena neanche se lo avessero portato via di forza.
“Si chiude!!! Fuori gli estranei!!”
“Le undici e mezza! Già?” Maurizio ogni sera, sgranava gli occhi e faceva sempre la stessa domanda ad Elena, che si faceva una risata di cuore, come solo lei sapeva fare.
Poi, con la sua mano piccola e affusolata, lei gli dava una carezza sui capelli ricci.
Peppino, il custode del campeggio era inflessibile. Tutti fuori. “Ciao Elena a domani.” E lei gli dava la buonanotte con un bacio sulla guancia. Dopo quello sarebbe potuto arrivare a Rimini, con la sua bici da donna.
Ma bastava arrivare alla base. E’ presto, che si fa? “Facciamo una partitella!” E si facevano le due, le tre. Un profumo di pane e di pizza cominciava ad uscire dal forno di Cesare. “Dai Cesare, facci un testo di pizza, dai, Cesare, dai…”. Cesare li adorava, era come se fossero figli suoi, lui non ne aveva. E che cosa era quella pizza alle tre e mezza del mattino, con quella fame.
Maurizio aveva quindici anni. Ogni sera alle dieci precise andava al chioschetto del campeggio assieme ad Elena ed infilava cinquanta lire nel juke-box. Come il comandante di una flotta immaginaria impegnata in una battaglia navale, Maurizio guardava la sua bella negli occhi e dettava le coordinate per colpire.
K…6!
“E guardo il mondo da un oblo’…”.
A Maurizio piaceva Gianni Togni. Anche ad Elena, colpita al cuore e affondata ogni sera da quei versi. Nella ruota del juke-box c’erano tanti dischi, ma quella canzone sarebbe rimasta nella sua memoria a ricordare quei mesi bellissimi e spensierati.
flotta immaginaria.
Per colpire ancora.
17 ottobre 2007 alle 6:03 am
Racconto malinconico, del tempo che fu e ormai non ritorna più… Niente affatto male… bello pure il riferimento a Gianni Togni, un cantante che i più non sanno nemmeno chi sia, invece ha nel suo repertorio canzoni che hanno fatto epoca, come “Luna” d’altronde. Al prossimo. Grazie della bella lettura!
17 ottobre 2007 alle 8:25 am
Ciao Piero. Bellissimo. Mi aspettavo un altro tuo racconto brevissimo e intensissimo, e invece ho trovato questo piccolo gioiello, lento, rilassato, dolce, tenue. Toccante la figura del nonno, coi suoi ricordi. Forse un po’ superficiale quella del piccolo, ma essendo un personaggio secondario potrebbe anche andar bene.
Grazie per avercelo fatto leggere
19 ottobre 2007 alle 11:00 am
Grazie. Questo racconto è risultato dall’assemblaggio di due mini-racconti (un genere che frequento, come avrete visto). Un prima ed un dopo.
Secondo me la tecnica del flashback è un po’ complessa, ma se ci sei perde un po’ di tempo, il risultato c’è.
Grazie, come sempre
Ciao
Piero
19 ottobre 2007 alle 11:09 am
Ciao Piero,
mi è piaciuta molto la descrizione del Circeo, “come un enorme masso…” in effetti a colpo d’occhio sembra essere proprio vero!
Credo che tutti noi,come il protagonista del tuo racconto, abbiamo il nostro juke-box personale dal quale scegliere non solo canzoni, ma anche ricordi legati a certe melodie.