Incipit (Fortemente “non” autobiografico)
Pubblicato da alfonso il 16 maggio 2008
Ebbi un’ossessione, una sola, ciò che mi perseguitò per tutta la vita. M’inseguì come un cane fedele, un docile cucciolo, un’amante assidua che mai mi perse di vista.
Mi inchinai all’idea che fosse parte di me, il fondo del mio esistere, una presenza continua e devastante. Cos’era? L’assillo, il tormento, ciò che leggete.
La chiamai ossessione, e tale era. Scrivere è per me quanto di più bello si possa fare nella vita. Scrivo sempre, in ogni ora del giorno e della notte, su tutto ciò che mi capita a tiro, anche sulla carta igienica. Ho nelle tasche della giacca, centina di foglietti con appunti, scarabocchi, parole che scopro essere senza senso, ma che certamente ne avevano uno quando le ho riportate.
Ricordo di aver scritto il primo racconto quando ancora frequentavo le elementari. Quella storia adesso mi sfugge, ma ricordo perfettamente il quaderno su cui stendevo le parole, spillato, con una copertina colorata di rosso e nero. No, non sono i colori della squadra per cui tifo, quello della mia è l’azzurro, il colore del cielo, quello senza nuvole, quello che ti da la voglia di gioire anche quando non potresti farlo.
Dimenticai per un tempo questa mia passione, preso da altro. L’adolescenza pretendeva svaghi, gli ormoni si ribellavano alla staticità dello scrittore, la bicicletta e le ragazze presero il posto della penna, però la conservai gelosamente in un angolo dell’anima, dove potesse rifocillarsi, continuamente, con il cibo dell’esperienza e della sofferenza, perché, vi assicuro, che dove non c’è sofferenza, non si può creare.
Questo tavolo, la luce soffusa, la libreria alle mie spalle, le pile di fogli di fianco alla tastiera, tutto concorre a darmi l’immagine di ciò che sono… o di quello che vorrei essere.
Mi immaginate proprio così, vero? Invece devo deludervi. Mi piace scrivere alla luce del sole, le pile di fogli sparsi mi danno noia, non sopporto l’odore dei libri vecchi, non sono un topo di biblioteca. Le mie mani corrono veloci sulla tastiera, solo quando la mente comincia a creare, che ci sia la luce o il buio, non importa. Ciò che è veramente importante, è che ci sia qualcuno disposto a leggere ciò che scrivo. Dimenticare qualche virgola, non è un dilemma, il click che odo è dolce anche quando serve per correggere. Non sono perfetto, anzi, se lo fossi, fingerei il contrario. Adesso, scusate, accendo la luce. Non fate caso alla mia aria stanca, è finta anche quella, serve per darmi l’aria dello scrittore maledetto, va di moda. La luce mi serve per dar vita al prossimo racconto, quello che sto per scrivere, quello che, ci crediate oppure no, ha il sapore dell’inimmaginabile ed il gusto del mistero. L’appetito vien mangiando. Seguitemi, non ve ne pentirete, potrebbe essere l’ultima volta che mi leggete.
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17 maggio 2008 alle 11:26 am
Beh, speriamo proprio non sia l’ultima volta che ti leggiamo… Comunque, l’importante è scrivere, non lasciare che le idee fuggano appena partorite, qualunque cosa va bene. Aspetto quindi il tuo racconto del mistero! Ciao!
17 maggio 2008 alle 4:45 pm
Infatti questo è un incipit…
19 maggio 2008 alle 3:49 pm
Ciao Alfonso.
Bello come al solito il tuo stile, originale la forma di sfogo, di confidenza. Un po’ poco per un commento piu’ articolato, ma comunque un gran bella lettura
25 maggio 2008 alle 4:19 pm
Ciao Alfonso! Ma come è gradevole questa tua pagina! Racconti e ti racconti in maniera davvero accattivante.
Scusa una cosa… una precisazione: quando concludi che potrebbe essere l’ultima volta che ti leggiamo, intendi che potresti morire tu o che potremmo morire tutti noi? Scrivi presto e ritroviamoci TUTTI qui. Ciao!!!
24 giugno 2008 alle 9:56 am
Concordo con Andrea, hai davvero un bello stile. Ti leggerò ancora!
28 aprile 2012 alle 4:44 pm
Bravo.. mi piace.. sei originale.. continua.Ciao e alla prossima