La carovana procedeva lentamente nel torrido pomeriggio estivo. Il
ritmato incedere dei cavalli sembrava quasi intessersi col frinire
delle cicale a comporre una melodia sempre nuova, sempre sorprendente.
Seduto nel carro al centro del convoglio, Tahir l’Incantatore se ne
stava silenzioso, quasi enigmatico nella sua immobilità, guardato a
vista dagli altri quattro Incantatori incaricati della sua custodia.
In realtà non c’era nessun enigma dietro il suo comportamento, né
alcunché di eroico nel suo rifiuto di parlare. Semplicemente, era
terrorizzato. Conviveva ormai da giorni con quella forma di paura
totale, che ti permea la coscienza al punto tale che sai che se le
lasci anche solo un piccolo spiraglio, non hai più alcuna possibilità
di controllarti. L’unica speranza che gli restava di non mettersi a
piangere ed urlare in preda alla disperazione era di starsene zitto. E
lui stava zitto.
I suoi quattro Custodi comunque non sentivano certo la necessità di
intavolare una conversazione. Tahir non era più uno di loro. Non lo era
più da quando aveva consapevolmente violato la più inviolabile delle
regole dell’Ordine, mettendoli tutti in pericolo.
Scortare un Incantatore incriminato era un compito gravoso. Anche il
meno potente tra gli Incantatori infatti poteva facilmente mettere
fuori combattimento un intero esercito in un batter d’occhio.
Letteralmente. C’erano solo due modi di tenere prigioniero un
Incantatore: ottenere la sua collaborazione oppure impedirgli di
accedere ai suoi poteri. Va da sé che la prima soluzione era molto poco
praticata, ma per fortuna già nei primi anni di vita dell’Ordine si era
escogitata una maniera efficace di impedire ai prigionieri di usare le
proprie facoltà per sfuggire alla giustizia.
Ogni Incantatore poteva percepire in qualche misura la presenza di
altri Incantatori nelle vicinanze, in particolare quando questi
facevano uso dei loro poteri. Era una sensazione che ognuno descriveva
in modo diverso: un prurito, un formicolio, uno strano odore, un
tremolio nella luce, un ronzio, un fischio… Ben presto dunque ci si
rese conto che questa capacità poteva essere utilizzata a scopi
coercitivi. Il meccanismo base era molto semplice: un Incantatore con
controllo sull’Acqua non perdeva mai di vista il prigioniero,
focalizzando la sua attenzione sul volume all’interno della sua scatola
cranica. Al minimo segno di attività da parte del prigioniero, il
Custode gli riduceva il cervello a una melma amorfa. Col passare degli
anni la procedura si andò man mano raffinando: gli Incantatori più
portati per questo tipo di lavoro vennero selezionati ed organizzati in
un corpo a sé stante, e ben presto si introdusse una certa ridondanza
nel numero dei Custodi assegnati ad ogni prigioniero, che venne fissato
a quattro, salvo casi eccezionali. Tahir non era un caso eccezionale.
Il resto del racconto per il momneto lo rimuovo: vorrei provare a pubblicarlo :)
luglio 20, 2007 a 10:59 am
Veramente bello! ^_^ Mi raccomando veloce a scrivere la seconda parte. Mi è piaciuta tantissimo l’idea della città protetta dalla bolla d’aria! Secondo me, per come è scritto, è uno dei tuoi migliori. Bravo Andrea.
settembre 12, 2007 a 6:14 am
Bello, ben scritto e ben ideato. Mi piace. Oggi pomeriggio, nell’intervallo, leggerò la seconda parte. Che razza di pasticcio ha mai combinato Tahir per essere messo sotto custodia?