Il Principe Jorbin passeggiava nei giardini del suo palazzo. Una
piccola fontana animava col suo canto sommesso e argentino l’aiuola
circondata da un pergolato di viti arkeniane. Le piante non sembravano
passarsela troppo bene. Il sistema idraulico che di solito le
innaffiava d’ammoniaca era probabilmente guasto da qualche giorno.
Senza pensarci troppo, prese nota mentalmente di avvertire il capo
giardiniere del problema; poi si ricordo’ che non c’era piu’ nessun
capo giardiniere…
Sospiro’,
rassegnato all’idea che le foglie purpuree delle sue piante preferite
sarebbero avvizzite. Poi si ricordo’ che molto probabilmente invece non
sarebbero avvizzite. Non ne avrebbero avuto il tempo. Non sapeva se
rallegrarsene oppure no.
Lentamente continuo’ la passeggiata,
lasciando vagare il suo sguardo sui ruscelli, i canali, i vasi, le
aiuole, le fontane, i pergolati, i viali alberati. In alto, al di la’
dello scudo che manteneva l’atmosfera del giardino al suo posto,
immersi in un cielo nero some la pece due soli inondavano le piante
assetate coi loro raggi rossastri. In basso, il pianeta, il suo pianeta, continuava ignaro a marciare lungo la sua complicata orbita.
Giunse
ad uno dei pozzi d’accesso al palazzo e si lascio’ cadere. La lenta
discesa si interruppe dopo qualche decina di metri, ad un cenno della
sua mano sapientemente captato dal sistema di controllo della gravita’
artificiale. Sotto di lui il pozzo continuava a scendere per migliaia
di metri, attraversando tutta l’enorme struttura che ospitava
l’amministrazione centrale del pianeta, ma lui era arrivato: nella zona
piu’ vicina alla superficie c’erano gli appartamenti privati della
famiglia regnante.
Lentamente, il suo corpo fu spinto, come se fosse
in discesa, verso una grande porta che si apriva sulla parete del
pozzo, e finalmente poso’ di nuovo i piedi per terra. Non era mai
riuscito ad apprezzare del tutto la levitazione, sebbene fosse
cresciuto in una cultura che nella tecnologia a gravita’ artificiale
aveva uno dei suoi vanti maggiori. L’enorme sala era stata pensata
secoli prima per impressionare i regnanti in visita, e il passare degli
anni non ne aveva minimamente scalfito l’imponenza e la magnificenza,
le lucidissime pareti scavate nella roccia, il pavimento intarsiato di
marmi pregiati, la lunga fuga di colonne rivestite d’oro. Lungo le
pareti, un olofregio illustrava al visitatore le glorie del regno, le
sue imprese militari, le sue ricchezze. L’illuminazione era stata
studiata per far sembrare tutto ancora piu’ grande, ed aumentava
d’intensita’ mano a mano che ci si avvicinava all’estremita’ della sala
opposta al pozzo, dove secondo i progetti originali avrebbe dovuto
trovarsi il trono del Principe in carica, splendente fino ad essere
quasi abbagliante.
I tempi erano cambiati, e il trono era stato messo via molto tempo prima, ma per il resto la sala era rimasta quasi intatta.
Dopo
i primi passi nella tecnologia GA e la conseguente fase
espansionistica, lunghi secoli di stasi si erano susseguiti, durante i
quali l’amministrazione del regno era ridotta ad un compito di routine,
spezzato ogni tanto dall’occasionale ambasceria di uno dei pianeti del
regno. A differenza degli stati (o, come pomposamente alcuni di essi
amavano essere chiamati, imperi) confinanti, il Principato Libero di
Ol’rad aveva mantenuto la sua forma di governo originale, conservando
quindi una famiglia reale, un palazzo reale, e tutta quella serie di
tradizioni che nell’immaginario collettivo si associano ad una forma di
governo cosi’ arcaica.
Non che fossero mancate nella storia del
Principato le spinte modernizzatrici. Semplicemente, i regnanti di
Ol’rad erano sempre stati dei principi illuminati (e non avrebbero
certo potuto fare altrimenti…), e non avevano mai dato alla
popolazione motivo di lamentarsi della loro gestione del potere.
Cosi’
l’occasionale proposta di passare ad una gestione democratica dello
stato veniva sempre accantonata, essendo la monarchia oggettivamente
piu’ semplice e piu’ affidabile, in particolare con una famiglia
regnante come quella di Jorbin.
Il Principato Libero di Ol’rad
comprendeva ormai tutti i pianeti, le lune, e gli asteroidi del sistema
binario, e la famiglia reale era giunta secoli prima alla conclusione
che ogni ulteriore espansione sarebbe stata antieconomica. Il sistema
di Rad infatti era isolato, tanto da mettere in serio imbarazzo gli
astronomi che avevano cercato di decidere a quale galassia
appartenesse. Nessuno sapeva se questa collocazione fosse frutto del
caso o dell’arbitrio. Quello che era certo e’ che da quando su Rad
esisteva la storia, il sistema era sempre stato li’. Non si erano mai
trovate tracce di una civilizzazione precedente, neppure quando, in
seguito alla scomparsa dell’atmosfera, si scavo’ in profondita’ per
costruire le nuove citta’. D’altronde, non si riusciva proprio ad
immaginare il motivo per cui un’ipotetica civilta’ ancestrale avrebbe
dovuto prendersi la briga di spostare un intero sistema solare
(binario, per di piu’) cosi’ lontano dalla galassia dove
presumibilmente si era formato.
Cosi’ la gente di Ol’rad aveva
iniziato ad abituarsi alla propria singolare collocazione nello spazio,
ed aveva man mano sviluppato quella che in alcuni pianeti coperti da
grandi quantita’ d’acqua si chiamava un tempo una mentalita’ da isola.
Si
guardava ai grandi avvenimenti nelle galassie circostanti spesso con
curiosita’, a volte con interesse, ma sempre col distacco di chi sa
che, tutto sommato, sono problemi di qualcun altro. Il sistema era
autosufficiente per tutto, e la sapiente gestione della famiglia
regnante aveva creato un mercato vivace ma equilibrato, con un
benessere diffuso e relativamente omogeneo. Insomma gli isolani non
sentivano il bisogno della terraferma, e la terraferma stava benissimo
senza l’isola, soprattutto perche’, vista l’enorme distanza che
separava Ol’rad dalle galassie vicine, ogni possibilita’ di commercio
era preclusa (o almeno antieconomica). L’unico contatto con l’esterno
era dovuto ai turisti: a quelli che affrontavano il lungo viaggio
infatti, il meraviglioso cielo notturno del Principato, nel quale si
potevano vedere contemporaneamente fino a tre galassie diverse,
regalava uno spettacolo ineguagliabile.
In fondo alla sala,
dove un tempo splendeva il trono, c’era una grande apertura chiusa da
una lastra di pietra nera. La soglia era stata messa a qualche metro
dal pavimento della sala, in modo che per arrivarci si dovesse fare uso
di un altro flusso di levitazione. Jorbin non aveva mai avuto occasione
di ordinare la costruzione di scale normali. Oltretutto, la cosa
sarebbe stata vista come un’inutile eccentricità, uno spreco di
ricchezze, nonché un terribile affronto alla gloriosa tecnologia GA che
aveva fatto grande il regno. Fu così che, arrivato a qualche decina di
metri dalla porta, il Principe azionò con un cenno impercettibile della
mano il campo GA che iniziò a sollevarlo lentamente, mentre ancora
procedeva, di modo che un osservatore ignaro avrebbe potuto pensare che
Jorbin stesse camminando su una rampa inclinata trasparente. Il campo
in sé non faceva ovviamente alcun rumore. Anzi, nel momento il cui entrò in funzione, scomparve anche l’unico
rumore che si era sentito nella sala: l’echeggiare dei passi, e lo
strisciare del mantello sul pavimento.
Jorbin, facendo suo malgrado
sfoggio della potenza passata della sua gloriosa casata, si librava nella
sua sala delle udienze, in un silenzio assoluto. Il silenzio
riecheggiò per la sala, il palazzo, la città il pianeta, il sistema, il
regno
che assistevano, ormai deserti, alle gesta dell’ultimo Principe di
Ol’rad.
settembre 30, 2007 a 12:42 pm
E così torni al tuo genere preferito :). Non riesci proprio a starne lontano dalla Fantascienza! hihihh. Vedo che hai fatto molta attenzione nel descrivere la situazione politica, questo mi fa pensare a intrighi e a lotte ti potere, ma magari mi sbaglio. Vedremo… speriamo presto!
ottobre 1, 2007 a 10:10 pm
Ho letto sempre quasi di tutto..quasi..la fantascienza, me ne accorgo ora, mi manca: mai letto nulla. Però, da profana del genere, direi che non è per nulla male!! Anzi!!
ottobre 3, 2007 a 5:48 pm
ciao Andrea, sei molto gentile a leggere le mie cose ealtrettanto a lasciare sempre un commento. Facci volare con la fantasia e continua il tuo principe! Voglio prendermi un po’ di tempo e leggere molti dei tuoi racconti visto che ho un po’ di arretrati!! molto originali. ciao a presto.
ottobre 15, 2007 a 6:33 pm
ciao Andrea, ti ringrazio del commento al mio racconto d’esordio in questo sito, quindi non posso che ricambiare: bello il tuo “Principe”, sembra l’inizio di un romanzo, tra poco passerò a leggere la seconda parte. Anch’io mi permetto un piccolo appunto: forse dovresti non eccedere troppo in descrizioni, va bè che io sono un patito dei dialoghi, quindi non mi tenere troppo in considerazione… Comunque, vai avanti così! Facci sognare!
novembre 10, 2007 a 7:14 pm
Sarà per l’età ma mi è difficile addentrarmi in racconti così ricchi di particolari in ambienti a me sconosciuti, soprattutto per carenze mnemoniche! Ai miei tempi esistevano solo i flipper ed al max si poteva costruire storie su biglie e cose varie:)).. Il fatto però che tu descriva così minuziosamente i tuoi racconti, trovo sia molto positivo, risucchia il lettore. Non posso far altro che complimentarmi con te e ringraziarti dei tuoi commenti ai miei scritti.Ciao ed a presto!
dicembre 9, 2007 a 5:49 pm
Innanzitutto ti ringrazio per la tua gentilezza nel leggere i miei racconti, poi i per quel che riguarda la prima parte del “Principe”, ti comunico, che nonostante io non sia un appassionato di fantascienza, trovo l’ inizio del racconto interessante e ricco di descrizioni.
novembre 6, 2008 a 11:19 am
Adoro la fantascienza e la tua, almeno sino a qui, fortunatamente è priva di forzate stravaganze ad effetto. Geniale il sistema GA, così non c’è rischio di cadere dalle scale. Il tutto mi sembra soffuso da una melanconia propria degli animi a termine. Maliziosamente mi viene in mente il Principato inglese, dove gli isolani quando c’è nebbia dicono che il continente è isolato, non loro! :))
Continuo la lettura. N.