Vedo l’afgano, incedere svelto
E sogno di competere con esso
È come un ghepardo, agile, il veltro
Non è un cane, è un sogno senza sesso
Guardo il mastino sonnacchioso e lento
Il manto suo di ghisa e seta pare
Il suo russar dev’essere un portento
E dal Vesuvio giunge fino al mare
Ascolto del basenji la risata
Risuona come d’iena e di sciacallo
E penso: a Lucy nostra antenata
Che ancora pare avesse tutto il vello
Oh! Quanto poteva esser spaventata
Per quanto il panorama fosse bello
Milano 13 Aprile 2009
Che tu sia un cinofilo mi sa che non ci piova, no?
La poesia però mi sembra un po’ forzata, cioè non di getto.
Scusami, ma quando cerchi di chiuderti in forme codificate (sonetto in questo caso, anche senza spaziatura l’ho riconosciuto) perdi di emozionalità.
Invece io sento come un’intesa delicata con la piccola Lucy, spaventata dalle fiere che popolavano il suo mondo.