nel collo del vaso viola a forma d’iperbole

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      ...aspetto il mio attimo randomico,seduta sulla poltrona rossa dai bracci paffuti,con la coperta a righe intorno alle caviglie,l'odore del caffé sulla pelle,la moleskine fra le dita..la lampada sabbia a forma di spirale illumina la camera,ed io nell'attesa,faccio rotolare via qualche parola... [nottambula, insonne, pseudoscrittrice, polemica, complicata, diffidente, folle, ironica, musicomane, caffédipendente, caos and photoshop addicted..]

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lettera di un finto musicista sordo ad una bimba scura che fugge

Pubblicato da caosaddicted il 22 ottobre 2007

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“the dreams in which I’m dying are the best I ever had..”
                                                                      mad world_gary jules




dove vai,piccola
bambina triste…raccogli un paio di attimi sotto le labbra e resta un po’ ferma
qui,almeno per oggi,almeno per ora.
tieniti
stretta a te e vedi di non dimenticarti / hai gli occhi troppo neri..e persi. e
dovresti saperlo
[si,tu dovresti saperlo]
che,degli
occhi simili,il mondo non li rispetta.
li invidia,ma non li rispetta.
e prima di
cominciare a parlarti,vorrei che ciò che dico fosse musica,tutta la musica che
non potrai mai avere e che non potrò mai darti.
prima di
cominciare a parlare vorrei spiegarti che,se infili il naso nel cielo,riesci a
sentirla la musica / la
mia
musica. e non serve che
scappi,l’ho infilata nelle trame dell’aria, dove non c’è bisogno di sentire /
dove se ti taglia la pelle non fa male.
ti ho visto
le labbra ieri e c’era il buio dentro…il buio di tutte le notti che bruci.
e lo so che
sei sempre stata brava a fuggire,ma per stanotte trova un posto caldo lontano
da lì e resta.
mi piace
immaginare l’aria che,per una volta,non ti attraversa mentre corri.
volevo
dirti…volevo ricordarti la notte in cui ho deciso di morire / perché la mia
musica infondo è muta,perché tu qui non esisti e non sei mai esistita alla
fine.
io avevo
perso la testa per te,avevo perso la testa per il mondo…ma qualcuno dice che ci
sia una possibilità su cento di amare riamati,ed al mondo non sono mai andato
troppo a genio.
e tu…tu
ormai non sai neanche che esisto,perché il mio silenzio ti ha resa abile a
dimenticare / e neanche lo sapevi,forse,mentre mi davi musica che non potevo
sentire /
mentre mi
attraversavi la notte /
proprio
quella notte lì.
quella.
in cui.
avevo
deciso.
di morire.
parlavi
piano,ed eri incuriosita dal fatto che avessi in mano quel pianoforte
tascabile…uno di quelli che quando premi un tasto non esce alcun suono.
- suonami
qualcosa -
- che preferisci?

- …una
musica che racconti di come qualcuno può essere lontano –

- ma non si
sente niente! -
- è perché
tu stai ascoltando con le orecchie –
- ah,e
perché…come dovrei fare,scusa? –
- la mia
musica si sente col naso…con la punta delle dita. e se proprio non ce la fai
puoi usare anche le labbra e la punta dei capelli.
la cosa
importante è che,in realtà,la mia musica non è musica,ma odore.

e mi
ricordo,di come piangesti in un angolo del viso…perché non volevi farti
vedere,ma neanche potevi scappare.
per una
volta,nella tua vita,non sapevi scappare.
ti ho visto
poi,molte notti dopo,mentre camminavi ossessiva per le strade.
cercavi di
andare via,hai sempre cercato di andare via / e tutta la vita l’avevi passata a
provarci / a correre fino a perdere le suole delle scarpe,girando in tondo con
l’illusione di percorrere un rettilineo che ad un certo punto,finalmente,ci
porta lontano.
ed io
invece,ho passato le mie ore migliori qui,a sussurrare respiri per non
svegliare chi di notte ancora dorme / e di giorno non si nasconde / e non vive
di musica muta che s’infila nei muri prima ancora che io la senta.
tu per
strada,ed io col naso infilato tra la parete ed il letto,a cercare quel caldo
che non c’è stato mai /
tu per
strada a bucare il freddo con gli occhi,a lavare via tutta la lontananza che ti
porti addosso,ed io a letto con le dita che premono sulla pelle,insensibili
ormai,insensibili e gelide e perse….nel buio.
tu per
strada,correndo,che ti strusci scappando contro le spalle della notte /
ed io in un
angolo,nel letto,a cercare un abbraccio che non avrò e che poi alla fine
immagino nel buio,nelle mie dita,nelle ciglia,nelle lenzuola.
avevamo
lacrime,nascoste nel palmo delle mani…
io non so
come,alla fine,è capitato che io incrociassi la tua notte.
però avevamo
lacrime e forse,a pensarci bene,è stato quello.

e sembravi
sempre sul punto di dirlo.
lo sentivo
quasi colare dalle tue labbra,quel sussurro.
ti
prego,portami in un luogo dove non c’è più sole…ed il mondo
piove,piove,piove,fino a farsi scoppiare il cielo tra le dita..
”.
ma non
parlavi ed io invece vorrei che tu mi gettassi addosso il tuo nero,e che mi
abbracciassi,e che ti lasciassi abbracciare / e che per un attimo vi fosse
protezione,finalmente,e cura,e musica muta nell’aria,voglia di essere lì,proprio
lì ed in nessun altro posto,voglia di non morire più,non ancora,non adesso.
avrei
voluto che fossimo
“al mondo
solo io e te,ragazza triste..”
avrebbe
potuto essere così.
avrebbe
potuto.
avrebbe.
appunto.

ma noi la
conosciamo troppo bene la notte.
perché ci
abbiamo provato ad uscirne,ma non ce la sentivamo proprio di restarecene lì
fuori,con tutti quegli occhi puntati addosso e il sole sulla fronte come un
ago.
noi la
conosciamo bene la notte,lo sappiamo che è un po’ come la vita.
…pensi che
dentro ci puoi trovare di tutto,poi arriva qualcosa alle cinque di mattina,che
la vita te la porta via.
e tu…infondo
lo sapevo chi eri.
lo sapevo
che laggiù,buia e fragile,un po’ eri la vita,e che per questo,prima o poi,ti
avrebbero portato via.

alle cinque
di mattina non è ancora l’alba.
forse è per
quello che successe allora.
la notte si
accorse di avermi / si rese conto di avere ancora tempo.
e di quel
momento,la prima cosa che mi ricordo è la stanchezza /
di quelle
che ti afferrano i respiri,s’infilano nelle dita,ti riportano in bocca tutto il
freddo che hai addosso,e tutta la vita che cerchi,tutto il vuoto che mangi.
ed aspetti
un qualcosa per poterlo raccontare,lì,sull’orlo dell’alba..
perché non
è sonno,ma”stanchezza”,capisci?
è come non
avere forze nell’anima.
e allora
devi raccontarlo,ricordarlo dentro un po’ d’inchiostro perché solo così si può
dimenticare.
la
stanchezza infinita di vederti scappare.
è la prima
cosa che ricordo,la prima.
poi ci sei
tu che entri fragile nella mia notte e senza saperlo al distruggi /la fai
vivere / la fai nascere.
ed io,che
finalmente avevo deciso di morire,ora non so più che fare.
e mentre tu
sei lì che parli,vorrei baciarti le ciglia con le dita…così,perché voglio che
quello che senti di me sia come un respiro.
voglio che
senti un po’ del mio odore mentre mi dimentichi.
io sono
quello che finge di vendere musica muta…e tu non lo sai,ma quella te la porti
dentro per sempre.
io sono
quello che finge di vendere musica muta…e l’altra cosa che ricordo è il
silenzio /
un silenzio
così forte,che mi voltai per cercarlo e tu non c’eri più.
io non ti
guardavo mai molto negli occhi…ed il motivo è che ne avevo una paura fottuta.
di te. di
tutto quello che eri.
non ti
guardavo mai troppo negli occhi,e per questo non ti ho visto quando sei andata
via.
per
questo,forse,anche tu non mi hai visto mai.

[ e vorrei
le tue dita,piccola bambina triste / le vorrei di notte mentre annuso le
vibrazioni della musica,e distillo i miei passi tra iperboli e curve..perchè
angoli e rettilinei non hanno mai fatto per me,lo sai.
vorrei le
tue dita alle sei di mattina,le tue dita nelle mie lacrime / le tue dita quando
devo nascondermi…
vorrei che
tu ti dimenticassi di me ma non del mio odore…quello no,sarebbe giusto che
rimanesse lì,in sincronia col tuo.
sarebbe
esatto

esatto
,capisci?? ]

forse hai
corso andando via,non lo so. e la verità è che me lo sono sempre chiesto in che
modo ti entravo in testa / in che modo mi avevi dentro mentre decidevi di non
esserci.
e volevo
dirti che alla fine l’ho capito che ero io,a voler andare via…e tu non cercavi
altro che un modo abbastanza inquieto e vivo per restare.
volevi
vedere cosa c’era sotto il cemento e dentro gli angoli delle case / volevi
saperlo e cercavi,perche pensavi che ad un certo punto,non avresti avuto più
tempo.
io non
l’avevo immaginato che scappavi per averne / che scappavi per restare.

[ io sono
fatto per andare,ed un giorno misi in borsa il mio pianoforte e andai a
cercarti.
non fu un
viaggio lungo,ma io lo resi tale,perché viaggiare è come suonare musica che
puoi vedere / comporre note tattili e disegnarne la grafica mettendo insieme i
passi.
mi ha
sempre liberato,viaggiare. avrei potuto farlo per sempre e sarebbe stato
vivere.
quando
arrivai ti vidi da lontano.
e con tante
frasi che avevo nella testa,ti diedi quella che vedevo proprio al centro.
- sei
riuscita a restare?
- non lo
so.
- però ci
stai provando..
- sono
andata via,per provarci.
- io non
sono qui per impedirtelo..
- anche se
volessi,non potresti.
- si,ma non
è questo che voglio…io voglio vedere per quale vita sei scappata,e come mi
dimenticherai.
- è stato
il tempo,sai..
- …
- e forse
il tuo modo di non guardarmi,quel tuo stare lì ad aspettare distratto.
ma
principalmente è stato il tempo,tutto questo nel tempo. e poi la vita che ad un
certo punto è venuta,ed ha fatto quello che tu non hai osato mai:mi ha guardata
negli occhi.
- …
- e mi
dispiace per la musica..
- …
- mi
dispiace per il silenzio. e se potessi tornare indietro,almeno quello sarebbe
diverso,sai…del tutto diverso.. ]


ma tutto
questo,cara bambina triste,ancora non è nulla.
io cammino
per la strada,adesso,ed in realtà è questo ciò che volevo dirti:
che cammino
per la strada,ed il nero delle mie pupille esce fuori dalle ciglia e mi finisce
in gola.
cammino,
e la suola
delle scarpe diventa ruvida come la strada e sgretolata come il cemento.
e lo so che
sei là,con quelle labbra abbandonate tra gli zigomi ed il mento,quasi avessero
vita propria…quasi avessero un cuore a parte mentre sono lì,ed esistono
piegandosi.
ti immagino
con le dita che cercano la musica e le labbra a leccare odori.
e l’unica
cosa che ancora dovrei dirti è che sto lasciando la mia musica nelle trame
dell’aria.
l’unica
cosa che davvero conta è sapere che,prima o poi,la troverai.
non saprai
che è mia,non capirai perché,ma la sentirai sottopelle e,scappando,sarà l’unico
posto in cui vorrai rimanere.

che poi
spesso arriva qualcuno e mi dice che,quando scrivo,quando compongo,io in realtà
non dico niente.
tu forse
sapresti spiegargli:
sapresti
dirgli che io racconto del nero /di te /della notte / di te nella notte
/dell’inchiostro / delle mancanze / della fame / del bruciore / della
leggerezza / dell’odore.
se quel
tizio passasse,tu sapresti spiegarglielo questo…
sapresti
dirglielo,
che alla
fine sembra niente,ma invece è tutto.
è il mio
tentativo /
disperato /
di
raccontare /
l’odore.

 

Un commento a “lettera di un finto musicista sordo ad una bimba scura che fugge”

  1. Andrea dice:

    Ciao Chiara! Leggerti è sempre una sopresa continua. Il tuo stile è affascinante ed avvolgente nella sua non linearità. Suggestiva l’idea della musica che si ascolta col naso, e commovente il suo lasciarla “incisa” nell’aria per lei…

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