non c’e’ altro modo. e non c’e’ mai stato.

Una raccolta www.storydrawer.org

42.000 passi di vita…aspettando la NY Marathon

Pubblicato da caterina il 28 ottobre 2007

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (4 votes, average: 5,00 out of 5)
Loading ... Loading ...

Scarica come ePub

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (4 votes, average: 5,00 out of 5)
Loading ... Loading …


Ed eccomi qui, sotto il casco , dal parrucchiere. Mentre una foresta di bigodini avvolge la mia testa che vorrebbe essere domata almeno per questo Natale…mi guardo i piedi, che e’ un gesto tipico di chi sta seduto nei saloni di bellezza e penso a quanta strada li ho costretti a fare negli ultimi tempi grazie ad una mia nuova passione, eppure loro sono ancora li’, belli piccolini, due macchinette perfette che giorno dopo giorno mi aiutano a percorrere le vie dei miei tanti viaggi.
Intendiamoci, mica tutti in luoghi lontani.
E’ viaggiare anche andare in un paese o in una citta’ vicina dove per un motivo o l’altro magari non sono mai stata. Trovo che ogni strada, importante viale alberato o vicoletto di villaggio che sia, abbia il suo fascino, con le case ai lati, le luci che alla sera si accendono e ti permettono di dare una sbirciatina , non certo per curiosare; solo quel tanto per rubacchiare scampoli di intimita’ serale, quando il frastuono del mondo viene come chiuso in un barattolo sottovuoto fino all’indomani.
Ero rimasta ai miei piedi e la strada.
Quanti passi quella volta, i passi di 42 kilometri e 195 metri, il percorso regolamentare della maratona, la mia prima maratona a New York.
Mia e di mio papa’, con il quale ho finora vissuto le esperienze , diciamo cosi’, piu’ estreme.
Alla fine la mamma e il papa’ sono diventati i miei migliori compagni di avventura ma del resto sono anche i miei migliori amici e con i migliori amici si va in giro e si provano cose mai fatte prima, si assaggiano le specialita’ del luogo buttandosi alla cieca, si tentano bed and breakfast improbabili, ci si lascia trascinare un po’ dalla corrente, insomma, tanto si sa che comunque vada…eccetera, eccetera.
Quella di New York e’ stata per me una fatica fisica e mentale cosi’ intensa che quando ripenso alla mia settimana newyorkese, tutti i ricordi delle cose fatte prima e dopo la GRANDE CORSA, non ci sono piu’ o forse sono solo offuscati dalle emozioni ancora cosi’ vivide di quella domenica, freddissima , dai colori azzurro-vento.
E sara’ banale, me ne rendo conto, ma la metafora con la vita reale e’ cosi’ calzante che il confronto mi ha accompagnato per tutto il tremendo ed incredibile percorso.
Si parte alla mattina, molto presto; ci si alza alle cinque, quando New York si e’ praticamente appena coricata sotto una coltre di locali jazz e long drinks.
Ed e’ un po’ come nascere, si fatica gia’ da subito, anzi, ancora prima di farsi trovare al via. Al nastro di partenza della vita. Oserei dire che io ci sono arrivata gia’ stanca ed incredibilmente affamata.
Siamo in tanti, una moltitudine variopinta e cianciante, sorrisi ovunque e nessuna preoccupazione, uno stato mentale e fisico perfetti, energia da vendere, tanti progetti, la sensazione che tutto si puo’ fare, che mille volti si possono incontrare, che la vita , come la strada, sia davvero tutta da percorrere.
Le prime tre miglia servono appena per attraversare il superbo ponte di Da Verazzano, la gente ai lati delle transenne che incita, ti riempie di complimenti, sei il loro eroe, sei il loro bambino venuto a New York e alla vita per vedere cosa c’e’ di nuovo e continui a camminare, a stringere mani, ad attingere a cio’ che uomini e donne di molte razze ti offrono.
C’e’ la musica per strada, esce perfino il sole. Tutto perfetto.
La vita e’ perfetta. La verita’ e’ che ci si dovrebbe fermare qui. Quasi all’inizio, quando i pochi problemi che hai, sono legati alle tue scarpe da ginnastica e se mi giro solo per un attimo, vedo mio papa’ a portata di mano, pronto a spingermi se mi fermo un po’ .Le ferite non sono ancora tante. Sei appena partito…
Dieci miglia, dodici e qualche dubbio sulla mia potenza ha cominciato a sorgermi ma il tempo scorreva e se volevo arrivare al traguardo entro le otto ore previste dal regolamento, non avevo minuti da sperperare. Giu’ a testa bassa a macinare chilometri, passo dopo passo, con tutta una serie di doloretti che mi invadevano il corpo: mi passava la fitta alla caviglia e mi spuntava un doloraccio all’anca in un andirivieni senza sosta.
E il mio compagno di maratona sempre al mio fianco a chiaccherare per tenere occupata la mente e non pensare a quanto stavamo compiendo, altrimenti giuro che me ne sarei tornata indietro o sarei salita su quel pulman dai vetri “fume’”, che ci costeggiava silenzioso e ci tentava, anche.
Ma se sali sul pullman, ti levano il pettorale e la storia e’ finita. Se ti fai accalappiare dalle spire invoglianti di una bella cioccolata calda e un massaggio e infine il meritato riposo, scendi dalla giostra e non puoi piu’ rientrare in gioco.
EH, EH…come nella vita. Uguale.
Quell’autobus aveva anche colori quasi funerei . Per fortuna che quando vivi, all’autobus non ci pensi quasi mai. O meglio, sai che c’e’ e che capitera’ anche a te prima o dopo di doverci salire ma proprio questa convinzione ti da’ una spintina e ti fa allungare il passo mentre scacci cattivi pensieri.
Diciotto miglia: il gioco si da duro, durissimo ma il proverbio sui duri che allora giocano non mi e’ mai sembrato piu’ odioso di quel momento.
Usciamo stremati dal temibile Queensborough Bridge, lo spauracchio dei maratoneti della grande mela; davanti a noi, tanto per gradire, la sterminata Prima Avenue, che , da sola, e’ lunga quasi dieci kilometri e li’ la grande decisione. Tagliamo giu’ per una via laterale e ci fiondiamo in un taxi o tentiamo la grande impresa?
Mio papa’ mi ha sempre spronato a lottare per gli obiettivi da raggiungere e questo e’ stato uno di quei frangenti in cui , se non metti in pratica l’insegnamento, significa che non hai proprio imparato niente e allora via, giu’ per quella stradona dove ci assottigliavamo sempre piu’, come nella solita esistenza alla quale indegnamente mi permetto di continuare a fare riferimento, quando ognuno sceglie infine il suo percorso e comincia ad essere ogni giorno sempre un po’ piu’ solo.
Scende la sera e mi prende uno scoramento che ancora adesso riesco a ricreare, miglio dopo miglio arriviamo giusto in bocca a Central Park che, per quanto io sia una innamorata pazza di NY, non mi e’ mai sembrato cosi’ umido desolato e pauroso come in quella sera memorabile
che se fosse paragonata al nocciolo della vita, ne avrebbe tutte le caratteristiche: tratto sempre piu’ difficile ,costellato di scogli. Gambe doloranti, stanche, ormai anestetizzate e una gran voglia di mollare, proprio qualche manciata di metri al traguardo.
Non ce la faccio davvero, mi guardo intorno e ad arrancare e trascinarci su e giu’ per i viottoli del parco siamo rimasti in tre, io, mio papa’ ed un poliziotto di Central Park che aveva accompagnato la suocera in quella folle avventura…ce ne sono di strani in giro…
Dopo aver superato il Gugghenaim che in altre circostanze mi avrebbe stappato gridolini di gioia, decido di lasciar perdere ma mio papa’ allunga una mano e mi sorregge per un tratto e gia’ mi basta.
Ora e’ fondamentale sapere di non essere sola in quel luogo buio e freddo e un passo alla volta, mi impongo oltre ogni mia volonta’, di proseguire.
Ripasso tutte le frasi, i propositi, i desideri, i progetti che al mattino costituivano parte integrante della mia filosofia di vita ma non c’e’ piu’ nulla che mi consoli .
Non so piu’ trovare le energie, sono spenta.
Ma d’un tratto cosa intravvedo dietro ad una nuova, ennesima curva incorniciata da alberi secolari?
Una striscia rossa per terra, bandiere, persone…L’ARRIVO.
Mai ” beep” mi e’ sembrato piu’ gradito, mai mela piu’ saporita, mai caffe’ piu’ caldo.
Giunta alla fine dei miei 42.000 passi e rotti, mi guardo indietro e ripenso alla strada, al mattino, ai quartieri attraversati uno dopo l’altro ma non ricordo piu’ niente, ho solo la grande soddisfazione del presente e la sensazione di aver vinto una piccola sfida.

…Mi hanno messo al collo la medaglia.
Dunque, se contiamo il nastrino bianco rosso blu e il metallo di nessun pregio con il quale e’ stata coniata , il valore commerciale e’ pressoche’ nullo. Saranno in tutto 50 centesimi ad andar bene, considerato che tra l’altro ne stampano circa quarantamila…
Ma sapete?
Questa medaglia occupa il posto d’onore di una parete di casa mia e quando la guardo, ci vedo sopra ancora le gocce di sudore e le lacrime che mi e’ costata e penso che non c’e’ niente di piu’ interessante da tenere appeso ad un muro, cosi’, per i prossimi giorni brutti ed anche per quelli belli che verranno , per me e per coloro, la maggior parte sono amici, che hanno avuto la pazienza di leggere fin qui.

8 Commenti a “42.000 passi di vita…aspettando la NY Marathon”

  1. emmaus 2007 dice:

    Come sempre, ci trascini nelle tue avventure cariche d’emozione (quasi mi hai fatto sentire le gambe doloranti verso la fine!), splendida metafora sulle difficoltà che si possono incontrare nella vita, e che si possono superare grazie alle persone care. Scrivi proprio bene! Brava!

  2. caterina dice:

    io sono molto in imbarazzo erche’ tu, da ottimo Cavalieri quale sei, leggi, commenti e mi spron.
    io invece vado sempre d fretta e nn leggo niente. ma mi riservo di fare una scorpacciata dei tuoi racconti perche’ TU scrivi bene e sei dotato di una tonnellata di fantasia, se mai qualcuno l’ha pesata…
    tanti baci, Emmaus e Buona Domenica
    Titta

  3. emmaus 2007 dice:

    grazie mille di tutti i complimenti!!! C’è un commento per te nel mio racconto in rima “Il pesce fantasia” Buona domenica!!!

  4. fabio dice:

    Ciao Caterina, mi è piaciuto tantissimo questo tuo racconto. Sino allo scorso anno correvo per hobby, ma non sono mai arrivato a queste distanze. Dal racconto si percepisce tutta la fatica di quell’impresa ma anche la gioia che hai provato nel portarla a termine. Sei stata grandiosa. ^_^

  5. Ilaria dice:

    Wow, che dire?? Complimenti sia per il racconto (straordinario!) sia per l’impresa, secondo me eroica, vista la mia avversione per le maratone!!!Ancora complimenti!

  6. Andrea dice:

    Wow che fatica Caterina! Adesso mi merito proprio una bella tazza di cioccolata calda :)
    Bellissimo. Rispetto ai tuoi precedenti, il riferimento ai genitori aggiunge un tono personale, quasi di confidenza, che arricchisce la narrazione, di per sé già molto carica di emozioni.
    Grazie per avercelo fatto leggere :)

  7. wildant. dice:

    Racconto piacevole… le metafore appropriate e la descrizione di ciò che si vede nel percorso alleggeriscono , secondo me, dalla fatica dell’averlo percorso. Se non è fantasia e hai fatto davvero la maratona, dal basso della mia pigrizia mi complimento con te.

  8. poetto dice:

    Veramente un bel racconto.
    Io sono talmente poco propenso al camminare molto che la sola parola maratona mi stanca, figuriamoci fare 42 chilometri.

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>