sulla via delle pietre 5
Pubblicato da caterina il 23 ottobre 2008
Sms del 27 Agosto ore 7.46
“Nazareth è bellissima e ciò che mi fa impazzire è la convivenza tra Ebrei, Arabi e Cristiani.C’è una moschea in ogni villaggio.Tutto si mescola e la vita è bella e io ti adoro”
Ah, che bella dormita. Mi ci voleva.
Ieri sera, dopo una intensa giornata su e giù per le colline della Galilea ( ne parlo come fossimo sui colli bolognesi) e dopo una cena interessante alla scoperta della cucina israeliana con gustosissime declinazioni arabe, siamo saliti sul terrazzo del convento.
Che senso di pace!
Nazareth tutta illuminata, le case e i palazzi con finestre e balconi accesi.
Tutto continua a somigliare ad un immenso presepio.
E poi il venticello! Una brezza dolcissima ha sottolineato il mio piacere di stare li’, nella penombra, ad ascoltare e a pensare.
Il silenzio la fa da padrone e mi innervosisco nel confronto di ciò che troverò non appena farò rientro a casa.
C’è sempre questo brusio di sottofondo, senza soluzione di continuità che, sono sicura, prima o poi mi danneggerà udito e sistema nervoso. Le orecchie non riposano mai nemmeno quando io credo siano pacifiche.
Si sono abituate ma non credo sia una bella cosa per la salute.
Lasciamo definitivamente Nazareth, e la città ci saluta con il suo miglior abito. Il sole la fa apparire di un bianco splendente, gioiosa e tranquilla. Qui le tensioni internazionali di questo posto–polveriera sono lontane mille miglia.
Lo considero uno dei molti, piccoli miracoli cui assisto via via.
Siamo diretti nuovamente dalle parti del Monte Tabor ma questa volta lo oltrepasseremo. Oggi la nostra meta è il Lago di Tiberiade, con annessi e connessi.
Devo ammettere che un viaggiatore ha dalla sua il fatto di essere tenuto più o meno all’oscuro di quello che lo aspetta in una nuova giornata, altrimenti io mi sarei girata su un fianco alla sveglia, stamattina e avrei detto a mia zia “vai tu e dì tante preghiere anche da parte mia che sono tanto stanca”.
Gli organizzatori lo fanno apposta. Ne sono ormai certa. Stilano un programmino veloce, di poche righe che se le guardo adesso, sorriso inquieta ripercorrendo mentalmnete cosa si celava dietro quei due o tre punti previsti per quel martedì.
E invece ti sale la sfida del povero pellegrino.
Consiste in questo: sei insieme ad altre persone e ti dici “non sarò la sola ad essere disperatamente massacrata da un programma così fitto, giusto? E allora non sarò io la “sfigata” di turno che si fa cogliere molliccia e senza nerbo. Giusto??”
E così ragionando, raccogli le forze e via. Un metro dopo l’altro, ti conquisti tutta la Terrasanta, Torquato Tasso a farti da mentore.
La Galilea è davvero riposante. Tutta collinare, verdissima, una immensa oasi impregnata di Storia.
Dal microfono del pullman, Don Tonino, sorridente, riposato e gioviale anche di primo mattino, ci propone (leggi impone ma col sorriso) una tappa a Cana.
Cana!
Fantastico! Sono eccitatissima, improvvisamente.
Mia mamma ha da sempre sopra la testiera del letto, un quadro raffigurante le Nozze di Cana.
Bellissimo. Lo saprei riconoscere sempre e solo adesso mi dico “lo vedi che tutto ha un senso?”
Conosco a menadito la storia e non vedo l’ora di entrare nella chiesa, di sentirmi raccontare nuovamente cosa successe.
Il paesino è minuscolo che di più retrocederebbe a borgo e quasi interamente abitato da Arabi Mussulmani.
Cana è celebre anche per la guarigione del figlio del servo del centurione ma io sento profumo di fiori d’arancio.
Mia zia si infila velocissima in un negozio di souvenir, proprio di fronte alla chiesetta di S.Bartolomeo.
La facciata è meravigliosa, nella sua semplicità ma la zia ha dato il là ad un primo accenno di shopping religioso.
Ha visto un bastone di legno con una bella impugnatura
“un regalo perfetto per mia suocera! Lo compro!”
e dietro a lei un nugolo di pellegrini più interessati a riproduzioni in legno delle Nozze, a coroncine e rosari che a S.Bartolomeo.
E pensare che Don Tonino avrebbe la pretesa che non ci fermassimo da nessuna parte ma noi siamo avvolti di occidentalismo che ci accompagna fino a qui.
Impossibile.
Trovo la situazione irrefrenabile e politicamente credo convenga lasciar defluire l’acquisto compulsivo per poi proseguire.
Fu qui che il nostro accompagnatore inizio’ a deliziarci con i suoi richiami: “io paaaaaarto”.
E tu, per paura di essere lasciato li’ dove da solo saresti morto, molli la spesa e corri fuori.
Povero San Bartolomeo, adesso che ho approfondito grazie al mio fidato e prezioso internet.
Si Chiamava Natanael ed era un ebreo originario di Cana che si converti’ al Cristianesimo.
Per lui Gesù ebbe parole dolcissime.
Leggo che fu scorticato vivo…caspita. Ma dai!
Mi raggelo quando approdo a notizie come questa.
San Bartolomeo, proprio per questa sua morte raccapricciante, e’ il patrono dei macellai ma anche dei sarti, dei conciatori e dei legatori di libri.
Portami fortuna, Natanaele, allora.
Quella piccola biondina che ti ha rivolto una preghiera con il naso all’insù quella mattina a Cana…ero io, incantata dalla bellezza della chiesetta che ti hanno dedicato.
Ma finalmente eccoti, bellissimo luogo del matrimonio per eccellenza.
E’ perfetto! Penso fortemente alla persona che occupa il mio cuore in questo momento e sulle ali più romantiche di cui dispongo, esprimo il desiderio di sposarmi qui, entrando da un cancello su cui svetta la scritta CANA CATHOLIC WEDDING CHURCH”. La costruzione è stata rimessa a nuovo nel Duemila e ospita attualmente un convento francescano.
Quante cose in dodici minuti, signori miei. Perché questo fu il tempo esatto, cronometrato di nascosto da uno di noi, che impiegammo per farci un’idea di questo matrimonio famoso.
“Venuto a mancare il vino…la madre disse ai servi ‘fate quello che vi dirà’ “
Una delle rare occasioni in cui Maria parlò e Gesù diede inizio alla manifestazione dei segni divini.
Piccola digressione sulle usanze di allora. Una cerimonia nuziale durava una settimana e quindi il vino scorreva a fiumi. Pensate che per dimostrare ospitalità gli sposi mettevano un servo davanti alla porta delle loro abitazioni ad offrire un bicchiere di vino a chiunque passasse da lì. Quindi è capibile come mai quella volta il vino finì.
Sposarsi…nel Duemilaotto…urca.
Vediamo come uscirne.
Io devo ancora fare questo passo. Sarà meglio prendere appunti.
Perciò annoto forsennatamente sul taccuino e pendo dalle labbra del nostro padre che ci guida.
Il matrimonio cristiano è tra un uomo e una donna.
Sto zitta anche con me stessa ma per me, per come sono io, per le cose che leggo, sento, vedo e le persone che frequento, ognuno ama chi vuole e deve essere libero di poterlo fare pur rimanendo fedele al suo credo religioso.
Ma, come ripeto, taccio. So che non sarei capita.
Proseguiamo.
Insieme per tutta la vita.
E anche qui ce ne sarebbe da riflettere.
Perché non ce la si fa più a condividersi fino a che morte non ci separi?
Sono circondata da amici separati, divorziati o malmessi anche se vivono sotto lo stesso tetto.
Dirigo lo sguardo verso i miei genitori che intravedo in fondo al cortile, belli come il sole, sereni e radiosi in questa giornata israeliana; loro sono insieme da una vita.
“Qual è il vostro segreto?” Lo chiedo di sovente a mia mamma.
Eppure non sono più avvenenti adesso di allora.
Quindi non è per la bellezza.
Non hanno nemmeno molto ancora da scoprire l’uno dell’altra. Si conoscono a menadito. Prevedono le mosse di entrambi, sono a conoscenza dei meccanismi che regolano i ragionamenti, le scelte, quasi i pensieri di chi hanno sposato.
Niente mistero, niente sorpresa…dov‘è la chiave di tutto?
Accogliere i figli.
Noi siamo nati in due e avere un fratello è uno dei più grandi regali che i miei potessero farmi. Lo rivaluto ogni giorno che passa.
Perdonarsi.
Ricordare che questo è di gran lunga più potente dell’aver ragione.
Compatirsi.
Accettare dell’altro anche i limiti.
Da ultimo esagerare.
Se nel tuo matrimonio vivi nell’esagerazione dell’altra persona, allora il sentimento è autentico.
Ecco le chiavi. E come sempre, non c’è una pozione segreta e nascosta. E’ tutto semplice e a portata di mano ma occorre saper leggere.
Mai avrei creduto che sarei rimasta in piedi, con mille cose in mano, a prendere appunti e tentare di ricordare questo sillogismo sgorgato come acqua fresca dal vecchio pavimento di questo posto gioioso.
Mi frulla in testa l’ultima frase: sposandoti, gioco le mie carte su di te. Tu sei il più bel dono.
E improvvisamente, incredibilmente…dall’interno partì la marcia nuziale. Non so se lo hanno fatto apposta e accade ad ogni comitiva ma sta di fatto che ebbe il potere di congelare per sempre questo meraviglioso attimo fuggente.
E farmi dimenticare che il Lago di Tiberiade era la nostra prossima meta.
28 ottobre 2008 alle 2:04 pm
bello come al solito…alla prossima tappa
28 ottobre 2008 alle 3:21 pm
cara Mattie,
ti ringrazio per la tua cortesia nello spendere un po’ del tuo tempo per leggere i miei racconti.
grazie davvero
2 dicembre 2008 alle 3:53 pm
Bellissimo pezzo Caterina, dove lo stupore sul passato si unisce a quello per il futuro.
Un altro appunto avresti dovuto aggiungere: che è solo la nostra religione che commercializza immagini e oggetti trasformandola in un souvemir.
L’ultima scena del racconto deve essere stata davvero una sorpresa commovente, come vedere rappresentare i tuoi pensieri. N.
2 dicembre 2008 alle 4:11 pm
cara Nuhil,
sono onorata del tuo commento perche’ tu mi hai conquistata sul campo per le cose eccellenti che scrivi!
parlavo giusto qualche tempo fa del tuo Amelia, Amalia…”
Questo tuo mi rimarra’ impresso per sempre.
grazie di cuore per la tua attenzione e non manchero’ di cliccare sui tuoi pezzi quando ti affaccerai.
nn per dovere o per riicambiare la visita ma per puro divertimento.
in un certo senso, tu hai in pugno questa lettrice
affettuosamente
caterina