non c’e’ altro modo. e non c’e’ mai stato.

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Io che volevo volare

Pubblicato da caterina il 1 luglio 2009

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Sempre questa mania di lasciare un segno.

Una frase, una scia di profumo, il mio numero di cellulare sul biglietto da visita o sullo scontrino del supermercato…alla malparata, va bene tutto quando chi ti parla è lì in piedi e aspetta i tuoi riferimenti ma nessuno ha mai una penna, nessuno un pezzo di carta quando serve, santo cielo benedetto!

Comunico che in questo mio racconto, sarò la regina delle divagazioni. Lettore avvisato…

Quella mattina, una delle tante in cui mi imponevo di arrancare sulla strada dei Dieci Capitelli, tra il fruscio delle viti e degli ulivi secolari per tonificarmi e bruciare calorie, capii immediatamente che avrei avuto bisogno di un incentivo per trascinarmi fin lassù.

Senza non ce l’avrei mai fatta.

Ho la pressione molto bassa e per me il momento clou della giornata è la sera.

Sono anche la regina delle cose notturne.

Leggo di notte, studio di notte, lavo i piatti di notte, spolvero, rassetto, in punta di piedi per non segnalare che non andrei mai a letto.

E per non sorbirmi la telefonata dell’amministratore “I vicini si lamentano.”

Ma io non riesco a chiudere con il mondo. Davvero no.

Mi sono affezionata alla giornata appena finita. La conosco, e’ mia.

Domani invece e’ il futuro e per quanto io sia un’entusiasta, rapace con gli attimi che passano, golosa e istintiva, non ce la faccio a spegnere televisore, cellulare, luce sul comodino.

E così non interrompo.

Metto il volume della tele quasi al minimo, che mi bisbigli tutta la notte.

Il letto allora diventa veramente affollato. Abbiamo Morfeo che prima o poi la vince, qualche libro sparso qua e là, una rivista o due che si arrotolano insieme al copriletto in un amplesso editoriale che mi fa tenerezza.

Tra le coltri spunta il pompon rosa del cellulare che decido di non far morire.

Che suoni pure tutti i suoi gong all’arrivo delle mail notturne, il mio smart phone.

Saranno sorprese non appena aprirò gli occhi domani.

Come la mattina di Natale.

E infine consideriamo tutta la programmazione televisiva.

In genere l’ultimo canale selezionato e’ Canale 5.

Li’, dopo qualche giallo o horror che pero’ va in onda nella mia fase rem e non mi tocca, iniziano con le rassegne stampa e i tg.

Nel cuore della notte mi piace seguire il barluginare della tele e come una piccola poltergeist farmi attirare nel tubo catodico ( non mi sono ancora convertita al plasma) in mezzo a testate giornalistiche e penne montblanc che scorrono su catenacci e occhielli insieme ai più dozzinali evidenziatori.

La mia notte e’ al centro del mondo.

Come diceva quel proverbio?

“Alla sera leoni …”

Alla mattina io sono proprio quella cosa che viene subito dopo il leone.

Il pensiero di affrontare un nuovo giorno mi atterrisce.

Un secondo dietro l’altro…oddio ma quanti sono?

E io in mezzo a barcamenarmi,. Ma come farò?

Cerco lo spunto la’ in mezzo alle verdi colline montefortiane dove, se mi va bene, non incontro nessuno e posso sbadigliare come mi pare e piace.

Ho bisogno di eliminare le tossine della notte in santa pace, nel mio piccolo paradiso terrestre, nella parte orientale di una strepitosa Lessinia, un ventaglio di rocce vulcaniche messo li’ dal disegno di Dio per rinfrescare la Pianura Padana.

Bellissimo. Altro non saprei dire. Davvero no.

Mi resta pero’ il problema che al mattino sono incapace di trovare la poesia in tutto questo.

Le ore notturne e il mio basso tono offuscano il mio senso del bello. Persiste invece lo scoglio del sovrappeso.

Sono stata una bambina cicciotta, coi codini svolazzanti e le ginocchia sbucciate. E non ero felice. Sembravo una pallina foderata di pizzi e margheritine.

E sono stata una adolescente molto florida. Non ero contenta nemmeno in quella fase. Figuriamoci. Niente minigonne o bikini. Molti vestitini di lino e gonne a pieghe che ripensandoci mi rimandano una immagine pacata di me che adesso apprezzerei.

Sempre cosi’.

Ora che sono una donna finalmente rigogliosa solo nei punti giusti, vorrei perdurasse questo stato di grazia e l’unica soluzione autentica e che non mente mai si chiama correre.

“Se vuoi la pastasciutta, devi meritartela” cita un motto del gruppo podistico ma…l’e’ dura. Ah se l’e’ dura!

Quella mattina, intanto che me la raccontavo e recitavo le preghiere sulla terribile salita tagliafiato, mi si accende una lampadina mentre con lo sguardo accarezzo un muro verdognolo posto a nord e atto ad arginare una trabordante campagna che franerebbe giù sul percorso sterrato che serve principalmente ai contadini del posto.

Caspita, un muro! Come non averci pensato prima!

Una pagina con sbaffi di muschio e qualche chiodo di ferro che spunta da un blocco di cemento, uno spazio tutto per me, qui nel silenzio e nella pace del mattino, in uno dei luoghi più caratteristici del Veneto.

Dovrebbero includerlo nel Patrimonio dell’Umanità insieme alle Dolomiti, secondo me.

Lascerò un segno, scriverò una cosa, un nome, una lettera alla volta, una lettera al giorno.

Ecco l’escamotage per sbuffare sin qui.

Ecco la scusa per alzarmi dal letto con gioia, con un piacere seppur momentaneo che pero’ servirebbe per l’occasione.

Ho trovato un artifizio per la mente come i piccoli trucchi matematici. Un piccolissimo imbroglio per convincermi che alle sei e mezza non e’ poi una tragedia imbaccuccarsi d’inverno e mettersi addosso un niente d’estate per venire a salutare un nuovo mattino.

Io e pochi altri, sparsi qua e la’, ognuno con la propria battaglia alla pressione alta o bassa, ognuno coi propri sbadigli, coi propri progetti, con la propria dose di grinta quotidiana da recuperare dopo una notte che ha avuto il potere di resettare il brutto del giorno prima, mantenendo solo il meglio.

Il buio seleziona la crema della nostra vita.

Scriverò un nome sufficientemente lungo da assicurarmi un bel po’ di uscite.

Con un bel sasso grosso e appuntito, scovato tra le foglie mezze marce accumulate ai lati della stradina, traccerò la scritta FABIO VOLO.

Ah, che bella idea!

E poi lui come mi piace!

Lo ascolto alla radio a spizzichi e bocconi, tra una fermata e l’altra nel mio girovagare quotidiano, ho visto i suoi film, leggo avidamente i suoi libri, aspetto con impazienza le sue ultime fatiche.

E’ cosi’ semplice, ancora cosi’ ragazzo, buono, cordiale, educato, pieno di parole e siccome a me piacciono molto le parole, il suo nome fa al caso mio ed e’ perfetto da incastonare in questo muro.

Il mio segno sulla collina.

E anche il mio sogno.

Sbadiglio dopo sbadiglio, compongo le lettere, una dietro l’altra.

Un abbozzo andando in su, una rifinitura tornando indietro.

Il percorso e’ circolare, una loop road come la chiamerebbero gli americani, decisamente tipica dei percorsi turistici.

Qui i punti di interesse sono i capitelli, uno dedicato a San Giuseppe, uno alla Madonna, uno al Padre Nostro e cosi’ via, nella piu’ pura tradizione cattolica…la nostra storia.

Capitelli costruiti chissà da chi, per ringraziare, per chiedere, per pregare.

Sono tutti diversi e tutti unici, preziosi.

Sempre con i fiori freschi e un lumino acceso.

Io la considero una magia perché partire da casa con l’occorrente per farli vivere non e’ una cosa da poco. Eppure ci sono mani invisibili e silenziose che fanno tutto questo e io le ringrazio, quelle mani laboriose.

La lettera più difficoltosa e’ stata la B.

Cosi’ panciuta e barocca.

La più facile la I ma anche abbastanza insapore.

Ho fatto presto ma non mi sentivo appagata quel mattino.

Allora pensai di passare alla lettera successiva ma poi decisi che no, non era una buona idea.

Le regole sono le regole: si era detto una lettera al dì e così deve essere.

Disciplina, ragazza mia, in tutto, a cominciare dalle piccole cose…

Il genitore che c’è in me talvolta è di una antipatia che me lo mangerei.

Anche le mattine delle O non sono state semplici.

Giotto è stato un genio, me ne rendevo conto ad ogni svolazzo.

Sì, però avrei voluto vederlo alle prese con un sasso al posto di uno dei quei morbidissimi pennelli fatti con le setole dei maiali.

Intinti magari nei colori pastosi, con tutto l’occorrente a disposizione nella scuola del suo maestro Cimabue.

Qui c’era da grattar via il muro verdognolo, invece…

Olio di gomito, altro che essenza di trementina al profumo di pino.

So che avrò infilato qualche strafalcione storico ma non ho il tempo di fare una ricerca su cosa usavano nel Trecento per dipingere. .

I colori erano difficili da reperire e l’olio…senz’altro non sarà stato quello di tementina..

Ma almeno i maiali saranno esistiti?

Quelli si’, dai.

La più soddisfacente e’ stata la ELLE.

Ero alla fine del lavoro collinare.

Avevo quasi completato l’opera e quel giorno c’era un cielo stupendo, azzurro di un azzurro intenso, di quelli californiani, terso, senza interferenze.

L’aria profumava di buono e io, io ero arrivata alla Elle e a meno due chili.

Non si pensi sia stata una cosa leggera scrivere il nome tutto per esteso. Era pur sempre una scritta abusiva , fatta sulla proprietà di qualcuno. Ad ogni lettera mi approcciavo guardinga, per poi sentirmi sollevata a disegno compiuto.

Mi sentivo uno di quegli artisti di strada che muniti di bombolette, nottetempo lasciano dei capolavori.

Perché gli artisti veri non imbrattano i muri e disegnano solo dove intuiscono di non urtare nessuno.

Altro discorso per colui che ha scritto “che bel muro bianco” sulla facciata appena affrescata di un meraviglioso palazzo in centro.

A quello li’ gli tirerei il collo.

Ma qui, in collina a chi avrei nuociuto con la mia idea semplice per dimagrire?

Devo dire che un po’ mi sarei vergognata comunque se qualche contadino mi avesse apostrofata “Sa feto? El muro l’e’ mio!”

Scusi, scusi, guardavo una cosa…non stavo mica sporcando, sa?”.

Mi pareva di aver visto una farfalla rara poggiarsi qui.

“Si’, la farfala, te la do mi’ la farfala.”

Anche lei e’ una che vola, ad ogni modo…

Grande Fabio Volo, senza saperlo mai, mi ha fatto del gran bene.

Riuscirò a dirglielo una volta o l’altra?

Chissà. Qui mi par d’essere sempre nel mondo dei sogni e i sogni qualche volta si avverano. Io mi adopero perché succeda tutte le volte..

Finito questo primo spot murale, mi sentii a posto.

Il metabolismo si era messo in moto un’altra volta e il mio corpo mi ripagava dei miei sforzi podistici ed artistici.

Notai , corsa dopo corsa, che il muro si affollava.

Una mattina si aggiunse un “Allegra ti amo”.

Che poesia!

Anche un numero di telefono ” se ti va di… chiama”.

Vabbe’. Nessuna censura su di uno spazietto apparentemente di nessuno e quindi democraticamente di tutti.

Certo, se avessi visto scritta una bestemmia, sarei stata la prima ad eliminare.

Quante scritte in giro di qua e di la’, cancellate alla belle meglio da qualche cittadino volenterose, citano “oja”, “…tana”, “..zzo”, “iga”.

Che si capisce ancor meglio ciò che l’autore voleva esprimere.

Ma giò che c’era, il volontario non poteva dare una mano di vernice a tutto?

Braccino corto e la brutta parola resta impressa nella mente per almeno due o tre semafori.

E’ Maggio.

Uno di quei mesi odorosi e profumatissimi di rosa e gelsomino.

Sono io quel puntino blu (mi ostino a tenere addosso la giacca a vento e sotto una pancera del Dott. Gibaud, per sudare moltissimo in prossimità delle maniglie dell’amore) che si fa strada su per la salita?

Sono io. Al solito immersa nei pensieri per distrarre anima e corpo dalla fatica.

Tra poco il muro, una letta veloce alla mia frase preferita e via, verso il tratto degli ulivi secolari.

Una semicurva e tra poco mi apparirà la facciata ormai bella pienotta di messaggi, dichiarazioni, date, FABIO VOLO e…ma…come?

E soprattutto, PERCHE’????

La mia scritta è stata cancellata!

E con il mio sasso, anche!!

Lo intuisco perché è stato gettato proprio sotto la EFFE.

Mi sento umiliata e defraudata del mio diritto a lasciare un segno.

Qualcuno lo ha fatto di proposito perché ha eliminato solo la mia!!!

Imbufalita, faccio la strada senza nemmeno accorgermi e inizio a pensare.

Non siamo molti a praticare questo sport in questa zona.

Mi devo focalizzare sui visi che incontro.

Giovanni? No, non credo. Arriva con lo scooter superinquinante e per niente catalizzato, fa un chiasso infernale, adesso ha anche un meraviglioso cane entrato da poco nella sua vita, un setterino preso al canile ( meraviglioso!) che ne fa di tutti i colori.

Lo ha chiamato Macchia.

Giovanni non avrebbe avuto il tempo di eseguire il reset..

Non avrà nemmeno visto che avevo scritto.

Gregorio?

Troppo amico. Papa’ di una cara ragazza, dolcissimo, contadino avveduto e padre di famiglia. Che interesse avrebbe avuto lui?

Passo in rassegna i vari frequentatori della collina.

Sara’ anche una cosa di poco conto ma voglio andare in fondo alla faccenda.

Non e’ giusto.

Il mio FABIO VOLO doveva rimanere li’,. In vetrina.

Era un regalo che volevo fargli. Per contraccambiare le cose profonde che ha detto in tanti anni di tutto.

E invece arriva qualcuno che si prende la briga di eliminarmi!

Ma perché???

La cosa non mi dà pace.

Devo arrivare al dunque. Ci sarà una spiegazione di sicuro.

Ho un sospetto ma mi pare talmente al di là di ogni ragionamento logico che non lo voglio prendere nemmeno in considerazione.

Ma temo che dovrò.

L’ex assessore alla Cultura, da quando ha perso le elezioni…non mi saluta più.

Eravamo cordiali un tempo, anzi, fino al giorno prima che aprissero le urne.

Poi, tutto a un tratto, una mattina lo incontro e lui gira la testa dall’altra parte.

Che roba, ho pensato.

Io che sono una assoluta assertrice della stretta di mano che rende subito dolci le persone…

Continuo a dirmi che non e’ da lui ma e’ realmente l’unico indagato, a questo punto.

Eh si’, ha cancellato l’unica scritta che gli evocava una persona scomoda.

Lui comunista e io…so come mi chiama in cuor suo.

Non mi torna come abbia fatto a sapere che l’autrice di quel VOLO fossi io.

Mi spiava?

Allora il tutto diventa inquietante. E io che pensavo di essere sola, qui al mattino…

D’istinto mi verrebbe di iniziare nuovamente la mia scritta da un’altra parte. Ma che fatica, pero’.

Chi si imbarca nuovamente in questa avventura?

E poi ad ogni lettera, il comunista, avrebbe avuto il potere di cancellarla, in una guerra letterario-murale che non finisce più.

Resto in attesa degli eventi.

Una mattina il mio grande amico Gianfranco viene a correre con me e alla fatidica semicurva mi dice “visto?”

Visto sì!

E lui “non ho idea di chi possa essere ma chiederò a Gianni.”

Quest’ultimo fa di mestiere il becchino ma di quelli danarosi,.

Diciamo un imprenditore del trapasso, se cosi’ si può definire.

E’ uno in gamba, canta in chiesa, grande podista, intanto che noi percorriamo tra il serio e il faceto una sola volta la loop road, lui ci bissa con un paio di giri dei suoi.

Una macchina da corsa.

E sicuramente al di sopra di ogni sospetto. Non avrebbe il tempo di fermarsi a incidere, anche perché vive questa sua corsa come una sfida verso se stesso e coloro che incontra.

Praticamente ci straccia ad ogni uscita.

Ma davanti ad una tazza di caffè nel giorno del suo compleanno, il mio buon amico Gianfri se ne esce con una rivelazione sorprendente “allora vuoi sapere chi ha cancellato la tua scritta?”

Si Gianfri, urca, sì!

Non ci dormo la notte , ormai.

La signora in giallo non e’ niente a confronto.

“è stato il becchino…”

Boooom!

Ma come?

Perché?

Quando?

A che ora??

“Un’altra tazza di caffè, ragazza mia?
E’ una storia strana, Titta. Strana, incredibile e triste.

Mettiti comoda che te la racconto.

Qualche anno fa da quel muro e’ caduto un ragazzo.

Il figlio di non ho capito chi.

E’ morto sul colpo.

Sai come si chiamava?”

Come? Come?? Come?????

“Fabio, Titta. Si chiamava Fabio.”

Non ho più parole.

Una coincidenza cosi’ beffarda non poteva capitare.

Avevo scritto FABIO VOLO che a me rimanda solo a immagini stupende, a una voce bellissima, a parole, sempre tante parole dolcissime, e a volte anche un po’ pungenti e polemiche, e invece…quel ragazzo…il suo volo rovinoso da quel maledetto muro era stato una tragedia.

Ho promesso che non rinnoverò la scritta.

Certo, non ho colpa ma la mano era la mia ed è stata una lama nel cemento per chi lo conosceva.

Sono dispiaciuta, mi sento quasi presa in giro da una sorta di destino che se la ride sotto i baffi

Di certo Qualcuno mi ha guidato fino a scrivere il nome e cognome di chi amo, per ricordare una storia che qualcun altro ha voluto dimenticare.

Al posto del pasticcio semiabraso dal sasso appuntito ci leggo una preghiera.

Farò così. Mi sembra il gesto migliore.

Ero partita divagando allegramente e desidero che il tono torni sereno e sorridente per chi ha avuto la pazienza di arrivare fino alla fine.

A conclusione e del tutto in buona fede, voglio pensare che invece io abbia fatto da tramite, sono stata forse un piccolo ponte sul quale è transitato un ricordo struggente per poi disperdersi nella vallata.

Non aggiungerò null’altro, se non che siamo al mondo per essere felici e tutti fatti per splendere, come spesso ama ricordare questo mio amico virtuale, questo Fabio Volo innamorato della vita come la sua amante più focosa.

Adesso forse con un angelo in aggiunta, a darci una mano su e giù per le colline delle nostre vite.

 

 

 

 

9 Commenti a “Io che volevo volare”

  1. emmaus2007 dice:

    Incredibile davvero questa vicenda…
    Prima due parole sul tuo stile: catturi il lettore e non lo molli più, fino all’ultimo punto. Non è da tutti, anzi, da pochi… Ottima la scelta di postare con un carattere bello grande. Si legge più facilmente, e seppure lo scritto non sia breve, si va avanti senza fatica.
    La storia? Ripeto, incredibile. A volte, la vita crea di quelle situazioni, equivoci, che paiono usciti dalla penna di uno scrittore, e la fortuna ha voluto che capitasse a te, che l’hai saputa mettere nero su bianco con maestria. A mio parere, in queste “storie di vita vissuta” sei insuperabile. Davvero brava.
    Un unico appunto… no, no, non riguarda gli errori d’ortografia o i periodi troppo lunghi. Quelli, li hai evitati (ribrava); si tratta dell’ex consigliere alla cultura. Poveraccio… mi sa tanto che non ritornerà a breve a salutarti…accusarlo così, senza prove…sigh…sigh…

    Brava Cate! 5 stelline siccome non se ne possono dare di più!

    p.s. ti perdono pure il fatto che incidi i muri in montagna… ti suggerisco invece di comporre nei prati delle scritte coi sassi, come ho visto fare nelle Dolomiti. Non si rovina nulla, e ognuno può modificare a piacimento… e non te la prendere, dai, per questo mio appunto:-):-) sai che alla fine devo fare il pignolo per qualcosa…

  2. Bernardo d'Aleppo dice:

    Scusa se mi permetto di segnalarti alcuni periodi in cui ho riscontrato errori o imprecisioni:
    1-”Comunico che in questo mio racconto, sarà la regina delle divagazioni.”
    quel “Comunico” è più adatto a un ufficio che a un resoconto informale come mi sembra voglia essere questo, “sarà” immagino sia semplicemente un refuso per “sarò”,
    2-”Sono anche la regina delle cose notturne.” se quel “anche” si riferisce alla “regina” citata al punto 1 c’è una incongruenza di tempi verbali,
    3-”Leggo di notte, studio di notte, lavo i piatti di notte, spolvero, rassetto, in punta di piedi per non segnalare che non andrei mai a letto.

    E per non sorbirmi la telefonata dell’amministratore “I vicini si lamentano.”” in questo caso mi sembra che il secondo periodo dovrebbe essere in reatà saldamente ancorato al primo e non separato dal doppio ostacolo del punto e del “a capo”, ma potrebbe trattarsi di scelta stilistica,
    4-”Li’, dopo qualche giallo o horror che pero’ va in onda nella mia fase rem e non mi tocca, iniziano con le rassegne stampa e i tg.” io aggiungerei una virgola dopo “horror”, ma il punto è la contraddizione tra l’essere “regina della notte” e dormire dalle 23 alle 2.30, quando fanno i film horror,
    5-”Cerco lo spunto la’ in mezzo alle verdi colline montefortiane dove se mi va bene, non incontro nessuno e posso sbadigliare come mi pare e piace.” dopo “dove”, a segnalare la subordinata, mi sembra andrebbe posta una virgola,
    6-”Le ore notturne e il mio basso tono offuscano il mio senso del bello. Persiste invece lo scoglio del sovrappeso.

    Sono stata una bambina cicciotta, coi codini svolazzanti e le ginocchia sbucciate. E non ero felice. Sembravo una pallina foderata di pizzi e margheritine.

    E sono stata una adolescente molto florida. Non ero contenta nemmeno in quella fase. Figuriamoci. Niente minigonne o bikini. Molti vestitini di lino e gonne a pieghe che ripensandoci mi rimandano una immagine pacata di me che adesso apprezzerei.

    Sempre cosi’.

    Ora che sono una donna finalmente rigogliosa solo nei punti giusti, vorrei perdurasse questo stato di grazia e l’unica soluzione autentica e che non mente mai si chiama correre.” non si capisce proprio la situazione reale: prima dici che “persiste lo scoglio del sovrappeso” quindi ti percepisci come grassa, poi dici di essere “rigogliosa solo nei punti giusti” e vorresti “perdurasse questo stato di grazia” in conclusione sei soddisfatta di te o no? Al lettore non è dato saperlo.
    7- I pennelli morbidi sono in pelo di bue o di tasso o di matrora…, sono quelli duri che sono di setola di maiale.
    Basta ora sono stufo di fare il professore, se trovo altre imprecisioni o errori li terrò per me.
    Nel complesso il racconto si inserisce perfettamente nel filone della narrativa militante sul genere “Selezione del Readers Digest”.

  3. caterina dice:

    grazie, Ema.
    sono felice che lo trovi bello.
    scritto di getto, con la foga di raccontare una storia :) e il piacere di farlo :)
    e grazie delle stelline. fanno sempre moltopiacere!
    ci si scrive anche via mail :)
    un bacio

  4. caterina dice:

    @Bernardo
    finalmente qualcno che sale in cattedra e spacca il capello in quattro!
    detto cn il sorriso, nn preoccuparti.
    ho messo a posto le mprecisioni che mi hai suggerito e per le quali ti rngrazio.
    non concordo su tutto quello che hai commentato. mi permetto molte “licenze letetrarie” nello scrivere ma probabilmente nn sempre sono comprese.
    me ne ricodrdero’.
    e quasi quasi contatto il Readers Digest. Magari mi prendono!!!!

  5. lindas dice:

    Ciao Caterina, complimenti davvero per questo tuo scritto. E’ un tema che mi è molto caro, perchè sono convinta che anche quello che non capiamo ha un senso ed un significato, e non è per caso.”Al posto del pasticcio semiabraso dal sasso appuntito ci leggo una preghiera”: questa frase, in particolare, mi è rimasta impressa… forse perché mi fa pensare che anche nei pasticci della vita si può leggere altro… Thank u! :)

  6. caterina dice:

    checara che sei , Lindas!
    e anche le stelline!
    ti ringrazio molto.
    e ricambiero’ la visita nn appena mi sara’ possibile.
    n bacio
    cate

  7. mattiekian dice:

    Ho letto tutto d’un fiato questo tuo e avevo voglia di non commentarlo…non perchè non mi piacesse, ma perchè semplicemente a volte le parole non servono a niente…mi hai lasciato a bocca aperta. Anche a me è rimasta molto impressa la frase ”Al posto del pasticcio semiabraso dal sasso appuntito ci leggo una preghiera”…5 stelline te li meriti tutti.
    A presto
    :D
    PS: quando una storia ti prende così non li vedo nemmeno gli errori o i refusi…non chiedermi di fare la prof di italiano, quello lo lascio a Bernardo che mi sembra bravo!

  8. caterina dice:

    cara Mattie!
    TU lasci senza parole me!
    che commento pieno di affetto, il tuo.
    grazie.
    forse e’ piaicuto perche’ e’ una stroia vera? mah. ho riportato cio’ che ho vissuto e cioe’ un piccolo fatto che mi ha turbata per giorni.
    e credo che non passera’ volta in cui, andando a correre, non pensero’ a questa vicenda.
    ti ringrazio per la tua sincerita’, mi fa bene.
    mi sento in grandissima colpa per nn avere del tempo da dedicare ai tuoi bellissimi racconti.
    diciamo che mi tengo questo grande piacere per i pochi mnuti liberi che ho. percio’ ti leggero’ a breve, amica mia e scusa se non sono aggiornata ma mi rimetto in pari presto.
    con calore e amicizia
    cate

  9. andrea dice:

    Ciao Cate.
    Che bello avere finalmente qualche minuto libero per leggerti. Suggestivo questo tuo, leggero come tuo solito, e che invece poi sorprende con un finale alla Mattie :)
    Grazie per avercelo fatto leggere!
    PS: mi sono permesso di sistemare un po’ la formattazione, spero di non aver fatto male.

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