non c’e’ altro modo. e non c’e’ mai stato.

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tempus fugit

Pubblicato da caterina il 20 ottobre 2007

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Squisiti Lettori,



Molto spesso alla sera tardi, spengo la luce e buonanotte ai suonatori, buonanotte al secchio e chi s’è visto s’è visto.


Accompagnata da una bella sfilza di proverbi , mi giro su un fianco e zacchete, Morfeo e’ li’ in agguato con le sue belle braccia morbide e avvolgenti, dal vago sapore di biancheria appena lavata e pesanti lenzuola di lino grezzo, come quelle che mia nonna Virginia ricamava con due pregiatissime iniziali intrecciate “VT”, da autentica regina come del resto lei era.



Le brillavano gli occhi quando sentiva parlare di Maria José e io che vedevo alla televisione questa vecchina, tutta stropicciata , su di una sedia a rotelle, con le labbra sottilissime, sempre laccate di un rosso vivo e gli occhialoni grossi come due fanali, mi dicevo “ma dov’è che la trova bella?”.


Poi pensavo a Carolina di Monaco, a Lady Diana, anche a Camilla, va’ già che siamo nel parterre de rois, e il conto e’ presto fatto.


Se arriverò mai a vivere da anziana ( e spero saggia! ), le vedrò anch’io meravigliose lo stesso le mie icone di oggi, una Carolina piena di rughe, una Raina di Giordania magari ingrassata irrimediabilmente e flaccida, una Camilla Parker…beh, lei già adesso e’ una “anta” ma ci tengo a sottolineare sempre con grande dignità…


Loro, nel mio pensiero, saranno sempre ferme a oggi, proprio come faceva mia nonna. Quello era il suo tempo migliore e lei lo surgelava cosi’.


Lei, che lavorava sempre; me la ricordo avvolta in nuvole di vapore, in quella cucina da cui uscivano quintali di lattughe, di biscotti brutti e buoni, di baci di dama, come li chiamava lei, quei dolcetti tutto burro, fatti a palline…


E i capunsei, quanti capunsei, tutti con la giusta dimensione e il giusto colore, quasi bianco, da pane raffermo, rosette o pane all’olio, punteggiato qua e la’ da un’idea di prezzemolo.


Il sapore era divino e le mie papille gustative ne conservano intatti gli estremi, tanto che saprei sempre distinguere un buon capunsel da uno birbantello che fa solo finta di essere autentico ; ma deve stare attento il signorino, perché a me non la fa mica, sapete?


Mamma che bontà, che sapori, che tutto.


Li’ c’è la mia memoria remota che rivisito spesso, per non perdere niente di ciò che e’ stato.


Dunque, con un sonoro sbadiglio a prova di orecchie di gatto, nel caso specifico quelle pelose e a punta della mia grassoccia Fabrizia, metto fine ad una giornata che probabilmente sarà stata ferrea, irregimentata nelle tantissime regole alle quali, volenti o nolenti, dobbiamo sottostare per il vivere comune.


Di sicuro sarà stato un giorno appagante, di normalissima quotidianità, con un pizzico di sorpresa, di imprevisto, di qualche nuovo incontro e di qualche vecchio incontro che mi rimbalza al passato per un istante, cosi’ come sono convinta che la mente sia tutto uno svolazzare tra l’oggi e l’ieri , nell’intento di costruirsi un futuro…


Filosofi di tutto il mondo, giratevi per un attimo dall’altra parte, please, che dico la mia!


Lo svolazzo di cui sopra mi e’ accaduto prepotentemente qualche sera fa.


Ero sull’autostrada ligure, di ritorno da Ventimiglia, dove manca sempre proprio un’unghia per sentirsi francesi e annusare profumo di latticini , crepes e lavanda della vicina Provenza, e li’, sulla strada, la tentazione di attivare una piccolissima divagazione e’ stata più forte della mia stanchezza di guidatrice seppur indefessa.


A dire il vero, il fuoriprogamma me lo ero già concesso e in territorio francese mi ci sono spinta, fin giù a Montecarlo. Non c’ero mai stata ed ero curiosa di vedere com’è questo Principato tutto lustrini e barche a vela da urlo e fotografarne l’immagine in una stagione lontana dagli echi estivi.


L’ho trovato splendido. Un gioiello silenzioso e ovattato, attorniato da palme ed hotel prestigiosi, quasi come se la ricchezza e lo charme che ho respirato per una frazione di secondo non facciano mai rumore.


Sulla via del ritorno, ci stavo pensando già da qualche chilometro ma poi scartavo l’idea perché l’orologio digitale del cruscotto parlava chiaro: sono le 23 ( e tutto va bene, mi veniva da aggiungere! ).


Alle undici di sera, cosi’ lontana da casa, con innanzi a me un oceano di tornanti e gallerie della costa ligure che ti tengono inchiodato a volante, pedali e specchietti laterali, e poi la spianata della Torino- Piacenza, cosi’ paciosa e tranquilla ma tanto monotona al tempo stesso , sempre a minaccia di colpi di sonno.


Cosa faccio?


Tra poco il segnale “USCITA ARENZANO” mi lampeggerà davanti, alla vista e anche nel cuore.


Arenzano, “Rensen” come lo chiamano i genovesi, questo paese di mare, uno dei tanti deliziosi luoghi di vacanza per molti e un serbatoio di grandi ricordi per me.


Li’ ho abitato quattro anni, tra i più importanti della vita, dicono gli esperti, dai dieci ai quattordici , quando un uragano di domande, di scoperte, di allegra follia trapassa tutto il tuo essere.


Gli anni della mia prima adolescenza, tutti spiattellati li’ sull’autostrada che mi riportava a casa, mentre da un lato scorrevano veloci le brulle e violacee montagne liguri, brusche da subito, senza nemmeno una collinetta di transizione, con i palazzi incastonati nella roccia e le tante finestre illuminate che se guardi dentro, scorgi molte scene familiari, tra le più disparate.


Sapete, Squisiti, che una volta dal sedile posteriore, vidi un uomo nudo?


Usciva dalla vasca da bagno e io dalla macchina pensai “non saprai mai, tu, uomo nudo della Liguria, che sei stato spiato da una sconosciuta che probabilmente si ricorderà di te ogni volta che passera’ di qui”.


La legge sulla privacy andrebbe a nozze sulla Genova -Ventimiglia!


Sull’altro versante un mare scuro e minaccioso, senza traccia di luna. Cupo ma familiare, quella striscia di terra non mi intimorirebbe per nessuna cosa al mondo perché la’ e’ stata la mia casa.


Ho appena telefonato ai miei ” rientro dritta come un fuso”, come quando si e’ piccoli e si promette di non dare confidenza ad anima viva.


Tutt’al più un bel panino all’autogrill, un “camogli”, per rimanere in tema, con tutto quel pesto che mi manda in visibilio gastronomico.


Eppure…quando ripasserò da qui?


Potrebbero trascorrere mesi e non sarà la stessa cosa. Potrei non essere sola in auto, potrebbe essere giorno e con la luce del sole tante melanconie restano sopite, a nanna, nelle retrovie quando invece i ricordi hanno bisogno di atmosfera, di penombra , di quiete…


Quella sera c’erano tutti gli ingredienti per permettermi quella piccolissima pazzia, nessuno saprà che ho perso tempo più del dovuto mentre io mettendo a tacere la mia coscienza investo il prossimo quarto d’ora in ricchezza d’animo.


Esco dall’autostrada, trasgredisco alla mia regola di rientrare all’ora prestabilita e apro una parentesi tutta mia, complice Radio Dee Jay che in quel momento trasmetteva musica divina…tutto cospirava a mio favore.


Quando il sibilo del telepass si fa sentire, mi dico che quantomeno adesso dovrò andare a girarmi da qualche parte se voglio accedere nuovamente all’autostrada; tanto vale che faccia una puntatina ad Arenzano, Arenzano centro.


Mi sono detta “vediamo cosa mi suggerisce il cuore. Io non gli passo nulla, nessun dettaglio del passato. Lascio che siano le cose che rivedo a parlare, lascio che sia il mio spirito a regalarmi una piccola emozione, se emozione sarà”.


Vado liscia come l’olio in bocca al mio passato di bambina.


Abbasso il finestrino e una zaffata di aria di mare mi precipita immediatamente a venticinque anni fa.


Ecco l’incrocio percorso migliaia di volte, quella curva, un giardino pubblico di palme sulla sinistra, il maestoso Grandhotel sulla destra, un quattro stelle del quale non comprendevo allora l’eleganza. Ma adesso si’, santo alberghiero!


Ci faremo una puntata con le mie socie dello Zeta Club…ci piacerà!


E’ bastato tornare e tutto e’ stato spazzato via.


Che cosa strana il tempo…Un luogo ha avuto il potere di cancellarlo tutto a tal punto da farmi dubitare della sua stessa esistenza.


Io l’altra sera ero la stessa persona di vent’anni prima, come se tutta la vita accaduta dopo non fosse passata. Ero di nuovo ferma li’ , la stessa piccola angoscia di essere in ritardo a scuola, a bordo di una sfavillante cinquecento arancione , pilotata dal papa’ che tutte le mattine mi scaricava davanti ad un edificio vecchiotto e dipinto di grigio, sempre pronto, il papa’, a sciorinare un’altra delle sue scuse variegate alla preside che con la sua testa folta di capelli grigio- mechati in pendant con il colore dei muri , mi aspettava sulla porta, come un oste premuroso attende i suoi clienti.


Ancora adesso mi domando come non si riuscisse mai a partire per tempo, noi di casa Savio, santo orologio!


E come mi piaceva fare la strada insieme a lui. Gli parlavo di tutto in quei cinque minuti di tragitto anche se sono convinta ancora oggi che non mi ascoltasse ma fingeva cosi’ bene che io continuavo a ripassare la lezione ad alta voce e mi sentivo fondamentale nell’ingranaggio di un tutto.


Avevo come punto di riferimento una casa foderata di bouganvilles; oltrepassata la quale, iniziava una serie di curve in discesa ( la Liguria ti tiene in allenamento costante ) e da li’ in poi la meta della scuola sempre più vicina ma finiva anche la magia, quel momento che era solo mio e di mio papa’, quel bozzolino familiare che faticavo a lasciare ogni mattino, prima di misurarmi con i miei amici e il mio lavoro di piccola studente.


Mi sono diretta alla mia scuola, quasi la macchina andasse da sola. Sono arrivata nel piazzale , rimasto uguale, nemmeno riverniciato nel frattempo, o magari lo avranno fatto e si sarà scrostato di nuovo, sotto gli occhi di nuovi bambini ritardatari.


Lo stesso portone, la stessa maniglia rotonda in ottone e dentro ho immaginato i corridoi lunghi e lucidi di marmo alla palladiana e le aule dove ho raccolto i miei primi successi e dove sono stata molto ma molto benvoluta dai miei compagni di quegli anni di studio.


Sono una che porta nel cuore i propri insegnanti e in quella scuola feci un incontro per me fondamentale con la professoressa di italiano.


Carla Masuelli, una donna splendida, cosi’ colma d personalità che ne coglievo le caratteristiche in continuazione mentre lei mi passava nozioni diventate per me dei macigni , dei postulati, le mie piccole clonne che mi sostengono quando mi pare di vacillare. Mi ha resa sicura della materia e sicura di me e quando ho dei dubbi ( la maggior parte delle volte), so sempre ricorrere alle linee guida che lei con serenità, tentava di trasmetterci. Severa e leggera. Il meglio che potessi desiderare.


Mi fa impressione che ci sia un luogo che non mi appartiene più e del quale io conosca invece cosi’ tanti particolari…


Guarda! Il muretto li’ vicino , quello delle opere parrocchiali , dove ho stazionato ore intere in attesa che mia mamma mi venisse a recuperare e mi scappa un sorriso al ricordo di quel terrore sottile che si impadroniva a poco a poco di me nel constatare che la mamma non arrivava.


Quando si e’ piccolini, si ha sempre paura di essere abbandonati. O almeno a me succedeva spessissimo ma mi vergognavo nel dover confessare questa mia debolezza e allora aspettavo, aspettavo, aspettavo…


Fissavo sempre la casa di fronte, con i battenti tipici dell’architettura ligure, verde scuro, di quelli che ti offrono la possibilità di aprire solo la finestrella sottostante per creare la penombra. Quanto ho sognato guardando quelle finestre e fantasticando su come potessero essere arredate le stanze .


Ho buttato l’occhio anche l’altra sera, seguendo il mio rituale di allora e il palazzo , ancora uguale anche quello…ma ad Arenzano non tinteggiano mai??


Devo dire però che mi ha fatto piacere che i sindaci non abbiano cambiato nulla del mio paesino , nessun edificio abbattuto e rifatto, l’ufficio postale e la chiesa sempre al loro posto e anche la banca all’angolo. Niente sconvolgimenti, tutto immutato e voglio credere , li’ anche per me.


Ripercorro per l’ultima volta il tragitto dalla scuola al semaforo, come se fossi appena uscita e mi aspettasse un pomeriggio di giochi mentre davanti a me il mare, nero come la pece , mi ricorda a quanti spettacoli mi aveva invitata .


Caro mare, sono tornata a ringraziarti per tutta quella meraviglia che regali, una ridda di colori, un accostamento e un impasto sapiente che forse solo gli Impressionisti hanno saputo interpretare.


Chiudo gli occhi e sono totalmente immersa in quel mondo che se ne e’ andato , ripenso alla mia migliore amica : questa sera mai si immaginerebbe che mentre lei sta cullando il suo piccolo Francesco a poche vie da qui, in piazza c’è la Titta che scruta e scandaglia i nostri giorni .


Siamo cresciute a focaccia ligure con la nutella, io e lei, ci piaceva sposare il dolce con il salato e con questa scusa, alé di cioccolata e carboidrati!


Imparavamo a montare tende nei campeggi scout e ascoltavamo Lucio Battisti e Elton John.


Che roba, tutto chiaro davanti agli occhi come fosse ier l’altro, come se adesso dovessi imboccare la strada di casa, in una sera qualsiasi a Marina Grande e la mamma mi aspetta per la cena. Alla tele danno Happy Days alle otto meno un quarto, prima del telegiornale, quando di solito rientra il papa’ e dice “ma cum’ela? State bene? ”


…Passato.


Lascio velocemente l’ultimo tratto del paese, l’ondata dei ricordi sta prendendo naturalmente la sua iperbole discendente e io non la forzo ma mi avvio all’imbocco dell’autostrada.


Biiiip, il telepass mi riporta in direzione est, tiro su il finestrino e un tir con la scritta “BAULI, il pandoro di Verona” mi sorpassa , sfanalando a più non posso.


Sono di nuovo nell’oggi, nella mia vita di adesso, felice di ciò che ho, di quello che faccio e soprattutto, Squisiti Lettori, riconoscente a Dio e serena del fatto che i protagonisti di allora sono ancora gli attori principali di adesso.


E’ stato importante nella sua inusualità, andare a vedere com’era ma è meraviglioso ed elettrizzante dare un colpo all’acceleratore e pensare a come sarà domani.


 


Vostra Affezionata


 


 



3 Commenti a “tempus fugit”

  1. caterina dice:

    non potro’ mai farti comprendere fino in fondo quanto mi stanno scaldando le tue parole.
    :)

  2. emmaus 2007 dice:

    Cara Caterina, come ben dice jovanotti in una sua canzone “Tempo, comunque vadano le cose lui passa”. Che malinconia i ricordi d’infanzia, eppure ci fa piacere riviverli, forse per scoprire quanto siamo cambiati…
    Bella la narrazione, è stato un piacere questo viaggio in Liguria sulle tracce del tempo che fu. Ciao e grazie!

  3. Andrea dice:

    Ciao Caterina, finalmente leggo qualcosa di tuo! Scusa il ritardo nel commento, ma sono stato via per un po’…
    Comunque, intanto ti ringrazio per avercelo fatto leggere. A me è piaciuto moltissimo. La scelta di rivolgersi direttamente ai lettori può dare una sensazione di inutile invadenza o una di piacevole intimità, a seconda di quanto bravo è chi scrive, e tu sei stata bravissima :)
    Happy days alle 8 meno un quarto: un tuffo al cuore!!!!

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