non c’e’ altro modo. e non c’e’ mai stato.

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SENTIVO IL PO CON IL FIATO SUL COLLO parte seconda

Pubblicato da caterina il 25 ottobre 2007

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Squisiti Lettori,

Non avete mancato l’appuntamento, allora!
E’ da un mesetto che sono nella chiusa di Governolo ad aspettarvi…sapete? eh eh eh.
Dunque. Dove eravamo rimasti? Ah, si’. A bordo di un battello di linea, ci stavamo sollazzando in una gitarella sul Po, da Mantova a San Benedetto. Ma ad un certo punto il Mincio ci aveva rapiti, avviluppati a se’ come tanti Mastri Geppetti nella panciona della balena golosa , verderame. Ormai siamo in secca, il traghetto tocca quasi sul fondo, di acqua non ce n’è più, solo melma e terreno limaccioso…ma uno scricchiolio annuncia che il grosso portone innanzi a noi inizia ad aprirsi. Mi sembra di entrare nel castello incantato…e il barcone, dopo il suo travaglio e il suo scalpitare, ingabbiato com’era, sguscia scodinzolando inaspettatamente ed elegantemente nel Po! Che sensazione di ritrovata libertà, di apertura, di finestre che si aprono sul mondo, di immenso, di orizzonti lontanissimi, di cielo infinito, di acqua, tantissima acqua, l’acqua color caffelatte del Po! Qui la natura non ha mica badato a spese, Santo Darwin! Alle elementari ricordo che il mio maestro, il mio mitico e unico maestro Giuseppe Crestan per tutti e cinque gli anni, fece una fatica boia a spiegarci la differenza tra torrente e fiume. Non riuscivamo a comprendere che solo pochi corsi d’acqua potevano fregiarsi di tale nome. Per cui ogni rivolo era per noi un fiume, al massimo un fiumiciattolo ma torrente, no, dai. Dare del torrente ad un qualcosa che scorreva in un alveo ci sembrava riduttivo. Un rigagnolo scappato fuori da una pozzanghera, ecco, solo questo poteva essere appellato cosi’. Sarebbe bastato venire a dare un’occhiata al Po… Si estende a perdita d’occhio, questo satanasso, dai ponti che lo attraversano non ci si accorge della vera portata quando li si percorre in auto. E’ sornione e discreto, il Fiume. Ha la superiorità di chi sa che è il più forte. L’orchestrina riattacca con uno swing e lo scenario e’ da film. Ci credo che Ermanno Olmi si sia fatto incantare da questo set naturale. La sua pellicola e’ magistrale e non solo per quel bel fustacchione del Raz. Il Maestro del cinema si e’ superato. Queste si’ che sono vicende vere, ricche di tutto, di particolari, di azione e di eleganza perché evidentemente c’è molto in chi le racconta , queste storie. Chissà se anche Olmi ha fatto un giro in battello, come noi, in incognito, con grandi occhiali neri, per tastare il terreno… Non manca niente per sentirsi calmi, rilassati, improvvisamente tornati alle origini, ancora il cordone ombelicale attaccato, primi vagiti di una natura che sembra ricordarci che qui c’è un sacco di vita che zampetta, che striscia, che nuota, che vola. Mi sento sospesa, in una dimensione a se’; la gente brulica ai lati di questa enorme massa d’acqua, va a Messa nei paesi vicini, sento le campane qua e la’, mamme e papà si fermano a comprare “le paste”, buonissime quelle grosse e burrose che improvvisamente qualche esperto di marketing ha tolto dalla circolazione ma che a me piacevano tanto, gnam gnam; dagli argini boscosi arriva ovattato tutto il rumore dell’umanità e noi ancora qui, incoscienti, ad ascoltare la musica, a farci massaggiare lievemente dalla brezza, a chiederci come deve essere stato nel lontano 1951 durante la grande alluvione, fino a dove sarà mai arrivato il livello dell’acqua… Quando nel 2001 il Po fece nuovamente la voce grossa, tutti i media accorsero come forsennati, televisioni nazionali e locali, giornalisti come se piovesse, vestiti in sintonia con il luogo, giaccone beige tinta fango per lui, foulard verde per lei, in pendant con gli argini che quasi quasi si sperava si frantumassero per fare un bello scoop, di quelli che fanno audience e ti inchiodano lo spettatore. In una di quelle maratone notturne, nei pressi di Ostiglia, facendosi largo a suon di clacson, passa un ape verde bottiglia, traballante e scoppiettante sul terreno accidentato, con la scritta “TEAM MADAMLAMI” bene in vista sul di dietro. A bordo, un semplice volontario del paese, uno senza griffe, che non parla l’inglese, l’originale della comunità, un uomo buono come il pane, tutto compìto sotto i suoi baffoni grigi, desideroso solo di trasportare l’ennesimo carico di sacchi di sabbia da scaricare nei punti strategici per poi andarsene a riposare. E nel silenzio innaturale che quell’attesa snervante stava producendo, con il tono di voce spazientito e anche perplesso per tutto quel clamore secondo lui davvero fuori luogo con tutto quello che c’è da fare in giro, lo si senti’ dire ” I VEN TUTI CHI CHE L’E’ EL BUS DEL CUL DEL MOND!”. Ma cosa aggiungeresti ad una scena cosi?!!!!!!!!!! Restiamo seduti e ci lasciamo andare leggeri e spensierati, in un’atmosfera da “LOVEBOAT”. Ve li ricordate i telefilm ambientati sulla nave? La sigla era pazzesca, cantata da Litte Tony “mare, profumo di mare, con l’amore io voglio giocare, e’ tempo del mare, del sole del mare, sento che sto lasciandomi andare…” Santo Mozart! In quelle serie televisive sembrava che niente di brutto sarebbe mai più accaduto. Una sorta di Eden acquatico. Qui uguale, Squisiti! Posti famosissimi immortalati dalla Storia e dalla Letteratura mi passano via più veloci della guida che si prodiga dal megafono gracchiante, come quando osservi fuori dai finestrini del treno: Governolo e le battaglie risorgimentali, la sua famigerata chiusa e la scuola di navigazione interna, roba grossa, Signori, roba mantovana! Quingentole, Quistello, Sustinente, Revere, Ostiglia… Con una manovra che sarà durata un secolo e mezzo, attracchiamo ad una darsenina di legno, tutta traballante, di un romantico esagerato…con i vecchi copertoni di gomma tutto attorno per permettere un avvicinamento morbido e le lucine dei pescatori che pendevano da un lato all’altro di due pali, da fermarsi li’ per sempre, in riva al grande fiume, in una vita da intellettuale che si ritira e fa ripartire da qui la sua nuova esistenza. “TUTTO MOLTO RAZ DEGAN”. Dopo dieci minuti però non la pensavo più cosi’. Mi arrampico su per la sponda dell’argine utilizzando una specie di ponte tibetano e il romanticismo e’ evaporato tutto. Ma chi me l’ha fatto fare? Per andare dove, poi? E invece ancora una magia, l’ultima per oggi; fuori dal bosco che corre parallelo al grande Fiume, si stende, superba e ingiallita dalla stagione estiva che volge al termine, la Pianura Padana. Una strada dritta e desolata, miraggi della fata morgana sull’asfalto, grandi fattorie coloniche dagli intonaci pallidi e sgretolati, “case fatte a casa” come piace a me, con quell’architettura tipica solo di queste zone alla quale si dovrebbe attingere per eleganza e semplicità. Faccio il conto di tutta la “gentona” che e’ nata da queste parti o ci e’ passata, citandone alcuni, in ordine sparso, Virgilio, Mantegna, Cornelio Nepote, il Guareschi…Arnoldo Mondadori Editore, partito da Poggio Rusco, radicato ad Ostiglia con le sue stamperie e poi volato in ogni angolo del mondo dove esista nero su bianco! L’ ho sempre visto scritto così, tanto che pensavo che Arnoldo-nome, Mondadori-soprannome, Editore-cognome fosse inscindibile, da pronunciare rigorosamente tutto e tutto attaccato! Come se un giorno diventassi una che conta e mi additassero dicendo “ecco Titta Savio Zeta Club”…eheheh E la Signora Petronilla dove la mettiamo? Medico mantovano famosissimo che nel tempo libero si sarà dilettata in torte dolci e salate e siccome le mancava un forno come si deve in quelle case nuove, di formica, degli anni ’50, ci penso’ da sola e partorì quel monumento alla praticità e alla velocità che è la Petronilla, oggetto cult nella mia spoglia cucina. Suzzara diede i natali a Dino Villani… Chi si ricorda? Ma Signori :”Mille lire per un sorriso”! e da qui Miss Italia con tutto l’ambaradan che ne segui’ e anni dopo, un suo concittadino, mio quasi coetaneo e famoso scrittore di gialli ambientati in Pianura, Paolo Roversi che non ho l’onore di conoscere ma magari, chissà, i battelli fanno miracoli! Che intuito, che coraggio…Uomini e donne illuminati e forse aiutati dal fatto che per molti di loro, in un passato lontano o solo cinquant’anni fa tutto era da inventare e da costruire, non c’era nulla da cui partire. Talvolta le sfide più dure sono quelle vincenti. Tutti loro potrebbero aver lasciato nell’aria i loro feromoni che sono andati a colpire qua e la’, permeando di un certo senso del bello e del sorprendente tutta la città e dintorni.. Quasi mi aspetto di vedermi correre incontro Don Camillo e Peppone sulle bici nere, da donna, quelle di una volta, con le ruotone che si ti andava dentro inavvertitamente un lembo del vestito, eri morto, con quei fanali che sembravano una pila da campeggio. La gita e’ finita, San Benedetto ci da’ il benvenuto con la sua Abbazia e il ricordo di Matilde di Canossa ma noi ormai non vediamo altro che una montagna di bei salumi rosati…gnam gnam. Dal quasi sacro al profano nel tempo necessario di affettare un culatello, Squisiti. “TUTTO MOLTO TRATTORIA”. Qui siamo nella terra di prelibatezze, nella patria di quell’Angelo Berti che nella sua Taverna degli Artisti di Revere ospitò i più grandi, artisti, cantanti, pensatori, politici, ministri, ci andò persino Sordi e anche la Fustenberg, insomma il meglio che quell’Italia aveva saputo produrre e che e’ ancora un must. Un mio amico mi parla sempre del “November Pork” che sembra un epiteto da rivolgere a qualcuno che ti offende in Autunno e invece e’ una delle tante rassegne dedicate al maiale, questo animale meraviglioso, poveretto, e sfortunatissimo a nascere cosi’ saporito…le jene sono già più avvantaggiate da questo punto di vista…gnam gnam…che bontà sopraffina, che piacere! Mi gusto il meritatissimo pranzo e non posso fare a meno di ascoltare la conversazione proveniente dal tavolo vicino a me. Un abitante del luogo sta giocando a briscola con un suo amico e con un bel vocione solido e irrobustito dagli anni, gli sta dicendo “te devi stare calmo nella vita, prenderla un po’ con filosofia perché se no te te mali. ‘Scoltami me, che vedrai che andiamo bene.” Che ragione che ha. Pacioso e lento come il suo Po, lui di certo sarà sempre in vacanza. Torniamo in città a bordo di un anonimo autobus di linea, tiro la tendina grigia e puzzolente del fumo che ha assorbito negli anni, e mi proteggo dal sole al tramonto. Ne ho preso tantissimo oggi intanto che mi agitavo su e giù per la terrazza del battello e poi c’è stata la chiusa e i fiori di loto e le cicogne del Mincio che si alzavano in volo improvvisamente e poi e poi…Che magnifica giornata, che clima goliardico da rientro dalla gita delle scuole elementari! C’è anche qualcuno che intona una di quelle canzoncine senza senso che i bambini cantano a squarciagola con la testa fuori dal finestrino come se dicessero al loro paese: “siamo tornati a casa, non ci avete persi . Siamo di nuovo qui”. Canzoni del tipo “oio, oio, oio mineral, per batter Solferino ghe oel la nasiunal! “. Sono soddisfatta perché quella zavorra piena zeppa dei miei pensieri da cui si è dipanata tutta questa vicenda l’ho davvero lasciata a casa, ho fatto una vacanza e mi sono goduta un centimetro di mondo che avevo dato per scontato. Confermo per le mie socie dello Zeta Club che sono tuttora fortemente intenzionata a sposare un mantovano, altrimenti mi ritroverò per sempre il Po con il fiato sul collo a ricordarmelo… “TUTTO MOLTO SEMPLICE”.
Vostra Affezionata

3 Commenti a “SENTIVO IL PO CON IL FIATO SUL COLLO parte seconda”

  1. emmaus 2007 dice:

    Bellissima l’atmosfera che evochi, così come i modi di dire dialettali, troppo forti! Bravissima!!

  2. caterina dice:

    e questo tuo bravissima mi infonde un coraggio che…
    grazie grazie grazie!

  3. Andrea dice:

    Ciao Caterina, mano a mano mi faccio un’idea più completa del tuo stile, e devo dire che mi piace molto. La forma di articolo grionalistico senz’altro ti aiuta are stare sempre fresca, immediata e leggera, senza però mai essere banale o scontata. Splendide le tue descrizioni dei paesaggi e della gente. Grazie per avercelo fatto leggere :)

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