Tornerà la primavera.
Pubblicato da dianadesi il 5 marzo 2009
La stagione stava declinando e la micia tricolore era sempre più spossata dopo la gravidanza dalla quale era nata una gattina nera, bellissima ma affamata…Era stata raccolta con la sua mamma dai volontari di un rifugio in un giardinetto comunale, sotto ad un cespuglio dove i bimbi non potevano arrivare ed i cani non ficcavano il naso.
Era stata portata al gattile, visitata, la sua piccola era stata nutrita ed ora era vispa e giocava con altri cuccioli raccolti come lei.
Fuori già il vento freddo faceva cadere le foglie degli alberi e sollevava la polvere che turbinava in tanti mulinelli, i rari passanti si stringevano i cappotti, l’inverno stava arrivando.
“Meno male- pensava Micia- meno male che ci hanno trovate, me e la piccola…”
E la sera si addormentava contenta del destino capitatole, ma avrebbe avuto tanti ricordi da spartire con altri…
Aveva trovato un angolino per se nel rifugio dove si erano accampate altre due mamme gatte e all’imbrunire, quando il freddo si faceva più pungente, si acciambellavano vicine e si raccontavano le loro storie.
Era nata una bella amicizia fatta di complicità, di vita vissuta in maniera similare e di aneddoti!
Micia ripensava spesso alla casa che la aveva ospitata fino al momento, disgraziato, quando il grosso gatto del vicino le era saltato addosso. Gli umani non avevano voluto sterilizzarla perché comportava una spesa…e poi andare dal veterinario…ma via…
Era così rimasta in attesa della sua piccola micia nera ed una mattina era stata caricata in auto e portata lontano…” Andremo ad una visita- aveva pensato ,ma dai finestrini aveva visto che la campagna diventava sempre meno abitata, sempre più lontana e sempre meno riconoscibile.
Fu una sera che alle richieste delle sue amiche provò con orrore a raccontare la sua storia.
-“Abitavo con delle persone carine, simpatiche, mi davano del cibo buono, mi facevano le carezze…mi avevano avuto da una famiglia amica che aveva una cucciolata, avevo tre sorelline ed un fratello, tutti equamente distribuiti nel quartiere. Non abitavamo nemmeno troppo distanti!
Cominciai a crescere, diventai una gatta adulta, anche bella, me lo dicevano tutti, e si prospettò per i miei umani l’idea di portarmi alla sterilizzazione perché al primo calore avevo miagolato molto, ero stata male, avrei voluto uscire, ma me lo avevano impedito…e meno male! Non sapevo i pericoli ai quali sarei andata incontro…Ma gli umani non volevano portarmi dal veterinario, era costoso e lo ritenevano inutile ed anche un po’ contro natura.
Mi capitò al secondo calore, ero uscita una attimo in giardino, volevo smangiucchiare un po’ di erbetta fresca per calmarmi, quando il gattone della famiglia confinante mi fece un salto addosso e mi ritrovai ad aspettare la piccolina. Non pensavo che ciò avrebbe comportato dei guai, cominciai ad ingrossare, se ne accorsero e decisero che non potevano tenere due o più gatti, non c’era posto per noi…nessuno ci voleva, i miei fratelli avevano già riempito le case del quartiere e per altri mici non c’era spazio.
Passavano i giorni, io crescevo di peso, mi davano sempre il cibo, ma vedevo che in loro c’era del malcontento, non mi facevano più sostare sul divano e la porta di casa era sempre più spesso aperta per me…
Una mattina l’uomo mi fece entrare nel trasportino; io, fiduciosa, pensai che magari mi avrebbe portato a partorire in un luogo adatto ed invece…il resto lo sapete!
Era una buona stagione, l’erba dei prati morbida ed il parto andò bene, la micina nacque fra i papaveri di un fossato, le detti il latte, mangiavo quello che trovavo, ma mi chiedevo sempre, distrutta dalla nostalgia, perché mi avevano lasciata lì, forse si erano dimenticati di venirmi a riprendere…
Quando chiudevo gli occhi rivedevo la mia bella casa e continuavo a sognarla, avrei voluto che la mia piccola crescesse lì, al caldo, al riparo dai pericoli, ed invece eravamo in mezzo ai campi alla mercè di tutto.
Un giorno arrivarono i cani che ci fecero paura, ci abbaiavano contro e volevano farci uscire dal buco in cui ci eravamo rifugiate…poi fu la volta dei cacciatori che per poco non ci spararono contro. Era diventato difficile trovare il cibo ed io sentivo che mi stavo indebolendo…non stavo bene, forse il parto, forse il poco mangiare, forse l’allattamento, ma le forze mi stavano lasciando…Anche ora sono debole, ma qui, al riparo, almeno non devo preoccuparmi troppo.
Sono stata contenta all’arrivo delle signore con i cesti che hanno preso me e la gattina, anche se all’inizio avevo paura, sono stata contenta perché almeno lei non crescerà in mezzo alle intemperie!”
Ogni sera si raccontavano le loro storie e Micia diventava sempre più debole, lo sguardo opaco, il pelo ispido…
Venne al gattile il veterinario, parlottò con le responsabili, avevano gli occhi un po’ lucidi, la gatta stava male veramente….la curavano con delle iniezioni mentre la piccola era sempre più bella e lucida, stava diventando una meraviglia! La mamma se la coccolava tristemente, sentiva che non avrebbe vissuto troppo a lungo.
Aveva un sogno per sua figlia ed una sera lo confidò alle fedeli amiche:
“ Sapete che vi dico? Come vorrei che la piccina crescesse in una casa, che conoscesse il calore e l’affetto di una famiglia, una famiglia od una persona che l’accudissero e l’ amassero! Sogno per Nera un appartamentino anche piccolo, caldo, un bel divano, dei cuscini, degli umani che le facessero le coccole, ma…forse pretendo troppo, siamo gatte di rifugio!”
Chiudeva gli occhi e rivedeva la sua di casa, ma poi rivedeva il maledetto viaggio in auto e gli stenti che l’avevano fiaccata…
Venne primavera e Micia stava tanto male, le iniezioni non bastavano più, ormai non si muoveva quasi mai dal suo angolo. Le volontarie le avevano messo dei cuscini morbidi e sua figlia era cresciuta e la veniva a trovare rendendola orgogliosa.
I dolori cominciavano a tormentarla e sentiva che avrebbe vissuto ancora poco, peccato! Avrebbe voluto veder crescere ancora la sua bimba, ma il destino non si poteva fermare.
La pappa era buona e fatta apposta per lei, ma le forze erano sempre meno…
Un giorno splendente di sole arrivò una giovane, allegra, con passo spedito, voleva un gattino!
Si era rivolta al veterinario che le aveva indicato quella struttura e le aveva detto che avrebbe potuto scegliere o, meglio, farsi scegliere da un micino.
Aveva bisogno di affetto, aveva voglia di un amore sincero, che non chiedesse altro che di amare e sapeva che nessuno meglio di un animale sa donare affetto incondizionato.
Marta abitava nei pressi, era sola, era stata lasciata da un fidanzato egoista e pretenzioso che l’aveva fatta soffrire. Il loro rapporto aveva visto alti e molti bassi, avevano messo su casa insieme , ma alla fine lui aveva lasciato tutto per una ragazza diversa…
Marta era rimasta sconcertata, aveva pianto, si era disperata, poi il lavoro l’aveva catturata nei suoi ingranaggi, facendole poco a poco dimenticare, ma aveva bisogno di una presenza viva in casa che la salutasse al rientro, che la svegliasse al mattino, che la consolasse nelle avversità…
Si guardava intorno, la ragazza, erano tanti i gatti da scegliere, le volontarie la interrogavano per conoscere le sue abitudini, i suoi gusti, le sue preferenze.
Nera arrivò di corsa, stava rincorrendo un amichetto, bella, con il pelo folto e gli occhi splendenti, sprizzava gioia e vitalità…guardò Marta, le si strusciò sulle gambe, salì su un tavolo e da lì le saltò in braccio…le fusa erano una dolce musica e Marta non ebbe dubbi: era stata scelta!
“ Voglio la gattina nera!- disse alle ragazze, -“ mi piace e poi mi ha scelta lei!”
Micia dal suo angolo aveva visto tutto e nel suo cuore pregava perché il suo sogno si avverasse.
Nera ormai era pronta per andare nella sua nuova casa, si voltò alla sua mamma, un miagolio di saluto, una strusciatina e dentro al trasportino…
Micia sapeva che ora poteva anche finire contenta il suo cammino, la sua piccola era felice ed il suo compito era terminato, chiuse gli occhi ed attraversò il Ponte che toglie ogni affanno.
Diana Macchitella
02/11/2007
6 marzo 2009 alle 07:14
Ciao Diana! Benvenuta!!!
Questo tuo racconto d’esordio, sottolineato da sfumature tristi, fa capire in che situazione si ritrovano spesso e volentieri i gatti, trattati come fossero oggetti. Quando ci si stufa, o diventano troppi, o diventano vecchi, è meglio sbarazzarsene… in fondo, sono animali, possono arrangiarsi da soli…
Purtroppo, questo è il pensiero dominante, anche se, pian piano, la consapevolezza di quanto sia giusto rispettarli inizia a farsi strada.
Spero di rileggerti presto!
Ciao! Emanuele
6 marzo 2009 alle 14:34
ciao Diana anche amica di Facebook!
che carino qeusto racconto, ricco di fantasia e di sentimenti.
chissa’ se i nostri mici pensano davvero queste cose…ma conoscendoli un po’, ne sono sempre piu’ convinta