PAGINE GUERRIERE AL SOLE DI GIUGNO
Pubblicato da Domenico De Ferraro il 11 luglio 2014
PAGINE GUERRIERE AL SOLE DI GIUGNO
Un altra estate ad un passo dalla felicità , lentamente matura il nostro modo di pensare , di raccontare, di essere rapiti in un estasi, in un silenzio. Mezzi sorrisi solcanti il pallido viso ,un altro giorno, un altro traguardo ,altri momenti tutti uniti in una ricerca disperata che non volge mai ad una certa conclusione . Tutto potrebbe sembrare insignificante , l’amore come la morte la vita ,come i tuoi occhi la tua voglia di vivere. Un buco nero dove vengono risucchiati ogni dolore , ogni sconfitta , dove vengono risucchiati milioni di corpi in decomposizione che attraversano altre dimensioni si scompongono in mille particelle in una genealogia della morale ellenica in un reflusso gastro esofageo. Un tropismo letterario che non verrà mai preso in seria considerazione , un concetto che tiene nascosto il suo segreto, la sua causa in se. Riprendere il cammino attraverso la via lattea ,guardare in faccia l’amico, il compagno di mille avventure. Un altra estate senza una giusta prerogativa, da passare da solo in spiaggia a piangere sulla cattiva sorte sulla palla non finita mai in rete , sulle disgrazie di Giovannino . Emigrare in atri intendimenti in conclusioni affrettate che non hanno senso ma che tengono nascoste in se mille e mille significati diversi. Notte d’estate ,dolcezze infinite . Rete , un altra vittoria, un altro incontro. “Quante cose hai compreso? Quante ne hai lasciate senza alcuna soluzione.” Quel missile finito nell’occhio della luna ,quello strano omino verde ubriaco nel locale della settima strada che continuava a sbeffeggiare chiunque incontrasse ,fino a quando non venne il poliziotto travestito da donna e lo porto al distretto con l’accusa di molestia . Cosa serve far capire l’inverso al barman ,vagli a spiegare al signor autista, al signor giudice cosa significa vivere per strada senza un soldo ,senza una certezza, senza una identità. Essere uno qualunque alto un metro e mezzo che non sa da che parte stare, tra uno stato inesistente e uno stato di cose intollerabile ,tante domande ,tante risposte. Poi passeggiare per tutto il giorno , lungo un interminabile spiaggia ragionando sui tanti guai, sul perché che ti opprime ti rende amaro quel boccone di pane raffermo , masticato all’ombra di un albero. Come te in tanti una fila interminabile , dietro di te persone uguali , qualcuno anche un po’ peggio . Forse in quel bar ,forse quell’incontro con un perfetto sconosciuto con quella sua aria di altolocato , di signore all’antica. Forse tutto ciò l’ammetto è incomprensibile , come quel giorno, altri giorni passati al bar a parlare con gli amici delle proprie conquiste amorose , dei viaggi , dell’amore. Oh si dell’amore che ti fa battere il cuore, ti rende libero, un uomo al di sopra di ogni sospetto, di ogni inganno, di ogni illusione. Bello tanto bello , come il cielo e le sue nuvole , come il canto del capro , come questo mondo non mio né tuo. “E tu mi criticavi mi dicevi : amico lascia stare questa maledetta poesia ti farà uscire fuori di senno, ti farà perdere ogni dignità” . E io non sapevo cosa rispondergli , ero recluso dentro a quel verso, sicuro che la svolta non sarebbe tardata a venire. Certo la città, la banda del vicolo. In molti ci hanno provati a creare una perfetta orazione in pochi sono giunti a cena da Cesare . Apollo sugli spalti dello stadio .” Maledizione la macchina non va debbo andarci a piedi “ Cerco di stare calmo , di pensare a quello che dico e faccio. Salire sopra quelle nuvole , sopra quel teschio insieme ai miei tanti dubbi. Ed il vecchio mi continuava a ripetere di non farlo. Di non bere troppo, avrei finito per ubriacarmi. Barcollo, afferro il mio destino nel meriggio ,le navi solcano il mare con a bordo tanti marinai .Vengono da lontani pianeti da dimensioni sconosciuti parlano lingue diverse quasi incomprensibili. Visi uguali ,sfregiati, mutilati. Non prendere in giro la donna con una pancia enorme, innamorata dell’ortolano . Un dramma . Un metro, ,due metri una cassa da morto in mezzo ad un prato. Una lapide colorata con su scritto : Fatevi i fatti vostri. Un fosso, una storia , una passione iniziata da piccolo, scrivere versi in minuti taccuini , insieme ad appunti scolastici mentre la maestra spiega chi era Dante Alighieri o le cause che portarono alla seconda guerra mondiale . In quell’aula insieme al mio compagno di banco senza cigli si provava a capire il mondo dei grandi , cosa avremmo fatto una volta divenuti come loro. Difficile, così difficile, diventare grande, bagnarsi i piedi e crescere diventare alti ,più alto di mio padre , avere la testa perennemente tra le nuvole, con quella espressione di demente dipinta sul volto ,mentre il mondo continua a rubare , continua ad essere quello che è sempre stato. Ed il professore d’inglese una volta c’è la mise tutta a spiegarci perché dovevamo studiare ,impegnarci . Perché il sindaco era finito in galera ed il maresciallo dei carabinieri dopo la pensione era divenuto il comandante dei vigili urbani della nostra città. E Mariolina diveniva sempre più bella ed io gli facevo una corte spietata, ma per quanto tempo impiegai non riuscì mai ad avere un appuntamento da lei . Questa spiaggia ,il rumore del mare la città vista da lontana , questa estate. Diversa dagli anni passati. Un canotto. Tante voci. La coppa dei campioni. I mondiali del Brasile. Renzo e Lucia. Questo andare e venire delle onde insieme ai venditori ambulanti , insieme a te sotto un altro ombrellone .Apro le porte del mio inconscio e ne descrivo il tormento, pagina dopo pagina al sole di giugno.