Un’ ora e un quarto / capitolo 1
Pubblicato da ivanvr il 24 settembre 2007
Mi sento piccolo, immerso in questo letto grandissimo, in questa stanza gigante, con questi mobili lontanissimi, provo ad allungare la mano ma non arrivo neppure alla sveglia, né al comodino, se è un incubo devo assolutamente svegliarmi, non riesco a parlare devo chiamare qualcuno aiuto aiuto, ma cosa mi sta succedendo nessun suono esce dalla mia bocca, non mi muovo di un centimetro anche se sto usando tutte le mie forze per spostare solo un dito della mano. Sto galleggiando nel vuoto ma sono consapevole di essere su questo materasso, ma è troppo grande forse sono tra una molla e l’altra, tra una cucitura e l’altra, forse sono morto, nel sonno, dormendo, o magari solo svenuto sempre che si possa svenire mentre si dorme, oppure ho una crisi d’ansia, oppure sto… bibibibibibibibibibibibi… la sveglia suona, sono vivo, apro gli occhi, la prendo in mano muovendomi normalmente, la spengo. Leggo sul display che è da dieci minuti che suona e io non l’ho sentita intrappolato in quel letto, imprigionato tra le molle. Sono le sette e mezza, faccio un balzo, mi metto in piedi, vado verso il bagno correndo, e sento la testa che tuona, un martello dentro al mio cranio, puntini bianchi uffuscano la mia vista, cosa succede, mi appoggio al lavandino con le mani, mi siedo sul bordo della vasca per riprendere un attimo di normalità, mi giro verso il water e parte un getto di vomito, mi trascino e sento un liquido di un odore putrido contorcersi nella mia pancia, bruciare nella mia gola, uscire dalla mia bocca, mi lacrimano gli occhi, non riesco a respirare dal naso tappato da quello schifo. Riesco a soffiare via quella poltiglia posso riprendere a respirare, la testa mi scoppia, il bagno gira di 360 gradi e all’ improvviso, mi ritrovo sdraiato per terra, forse ho sbattuto contro al bidè, guardo le mie mani e le vedo piene di tagli, sangue secco sulle dita e sulle nocche, sotto le unghie nero, terra, sporco, non lo so. Non sono nello stato di ricordare cosa è successo ieri sera, ma penso un bel casino. Non ricordo niente, solo che devo essere in ufficio alle otto, e forse adesso sono le otto. Penso che mi sto addormentando sul pavimento del mio bagno. Di nuovo buio. Riapro gli occhi sento qualcosa distante che suona, il cellulare, dall’ufficio immagino devo rispondere; mi alzo barcollo e mi appoggio ai muri della casa, arrivo in camera è sul comodino, lo prendo in mano e smette. Non è possibile, guardo le chiamate perse, sono sei, tutte dall’ ufficio, sono le dieci, questa volta mi lasciano a casa. Telefono. “Il suo credito non è sufficiente per effettuare la chiamata” mi dice la voce dall’altra parte, una donnina niente male immagino, che quando ha registrato quel messaggio voleva solo uscire di là, andare a farsi una lampada, comprarsi quella gonnellina in jeans tanto corta e anche quel bel perizoma che l’altro giorno era in vetrina da Intimissimi. Comunque sono abbastanza nei guai. Devo uscire per forza almeno per fare la ricarica. Non mi sono neanche visto allo specchio, come sono conciato? A giudicare dalle premesse niente bene immagino, comunque è meglio che vado a farmi una doccia e poi se ne riparla, magari mi torna in mente qualcosa di ieri sera. Punto il getto d’acqua sulla mia testa, ci resto sotto un quarto d’ora penso, sono intontito, avevo le mani davvero luride, i pantaloni tutti sporchi di terra, li ho messi a lavare, li porterò a mia madre stasera quando vado a cena. “Come non sei andato a lavoro?”mi dirà sicuramente “hai delle spese da affrontare, hai voluto andare ad abitare da solo, avere la tua indipendenza? Adesso ti arrangi, non posso permettermi di pagarti l’affitto o le bollette!” le solite cose, sempre i soliti discorsi, e poi si chiede perché me ne sono andato, mi sembra una cosa ovvia, non la sopportavo più! E se mi licenziano me ne trovo un altro di lavoro, sempre che non mi vengano i cinque minuti, faccio le valigie, prendo un biglietto aereo e via in Repubblica Dominicana, là si che si vive, con poco quasi con niente, senza problemi senza tanti pensieri, e ti lasci tutto alle spalle. Si, penso che se mi licenziano o se decido di stare a casa io dall’assicurazione, mi trasferisco, apro un chioschetto sulla spiaggia, e chi si è visto s’è visto! Nuova vita! Poi ricomincerà con la solita predica sulle ragazze, “e quella tanto bella e brava ragazza, come si chiamava non ricordo” “Sara mamma, Sara si chiama” “a, è vero Sara, che gentile che era, tanto carina, e tu via ti sei fatto scappare anche quella!” si, proprio! finchè mi era insieme se li è passati tutti quelli del paese, miei amici compresi, “ma pensavamo che lo sapessi” mi hanno detto dopo! Assurdo, ma era tanto buona secondo la mamma, paranoica. Comincio ad avere dei flash di ieri sera, che sbronza. Mi ricordo che ci siamo fatti fuori una bottiglia di grappa io e Simon, al ginepro, mentre ci fumavamo un paio di canne a casa sua, subito l’aveva tirata fuori come correzione per il caffè, e poi giù di brutto, guarda te come mi ha ridotto quella schifezza, se avessi solo fumato quelle tre quattro canne sarei andato a lavorare stamattina tranquillo, come al solito, e invece sono qua sotto questo getto sempre più gelido d’acqua con la mente annebbiata e i ricordi sfumati. Mentre mi asciugo mi appaiono altre immagini della serata, quel drogato di Peter, si, è arrivato anche lui, ma che ora sarà stata, le due? Mi pare di si; con un paio di grammi di coca, ho tirato un paio di righe anche di quella, con la grappa e il fumo mi ha devastato il cervello, sicuro. Ma poi come sono arrivato a casa? Non ricordo il viaggio, mi sforzo ma niente, buio totale, ma tanto la mia macchina quel pezzo di strada lo sa fare benissimo, anche sbronzo, allucinato, fatto come non mai. Mi viene automatico guidare, non mi è mai successo nulla, è per quello che non ho immagini del viaggio di ritorno, perché non ho avuto nessun problema come al solito. Mi rado, profumo sotto le ascelle, dopobarba, mi vesto, un paio di jeans scuri, scarpe di cuoio, polo nera Fred Perry, indosso i miei Ray ban per coprire le occhiaie che sono davvero marcate stamattina, mi impomato per bene i capelli, mi stanno ricrescendo per fortuna non posso vedermi con il taglio corto, mi hanno sorpassato le orecchie, le donne vanno matte per i miei morbidi capelli, ma non sanno quanto tempo impiego tutti i giorni per averli così! Penso che domani chiederò a Silvia, la segretaria dell’assicurazione di uscire con me, vedo che mi fa gli occhi dolci, capisco che non vede l’ora di essere invitata a cena, sono sicuro che ci sta, cento per cento. Esco di casa, vado al bar, il mio bar, lì sono cresciuto, le prime sbronze, sono cambiate quattro cinque gestioni ormai da quando lo frequento, parliamo di almeno quindici anni. Si avevo dieci anni circa, andavamo a giocare ai videogames quando ancora ce n’erano, ora invece solo videopoker, e poi si lamentano che uno si mangia fuori fortune su quelle baracche, ma cosa si deve fare al bar? Non si puo’ sempre bere, si gioca anche, normale! Vado a piedi, cinque minuti di strada, mi accendo una Marlboro rossa, la prima boccata mi brucia le poche cellule che sono rimaste nella mia testa, che gusto che ti lascia in bocca la prima sigaretta della giornata, uno schifo, ma per fortuna poi c’è la seconda, la terza e poi le altre. La prima fa veramente venir voglia di smettere. Il mio stomaco è un cantiere aperto, i succhi gastrici stanno sicuramente facendo gli straordinari, era davvero tanto tempo che non vomitavo così, e altrettanto tempo che non mi ubriacavo più, l’ultima.. non la ricordo qui su due piedi. Anzi, sabato, ecco. Tre giorni fa quindi, non è passato così tanto! Stamattina al bar c’è Stefi, una bella ragazza davvero, ma l’ha data un po’ a tutti, me compreso. “Ciao buon giorno bella mia, come va?” “Potrebbe andare meglio Scott” “Perché giornata storta?” “Non hai sentito la novità?” mi dice “no, cos’è successo?” “Stamattina verso le cinque hanno preso sotto Andrea, era in motorino stava andando a lavorare in fabbrica, poi sono scappati, sullo stradone, vicino alla zona industriale” “Ma dai? Gli è appena nata la seconda figlia!” “Si vai a dirlo a quel delinquente! Ho sentito Fabiana sua moglie, è disperata, si è chiusa in casa non apre a nessuno” “Assurdo, dovrebbe essere anche cugino di mia madre, di secondo grado penso! Fammi una ricarica da dieci e un caffè doppio, bollente.” “Subito capo. Niente lavoro oggi?” “mi sono preso la mattina libera dovevo sbrigare un paio di cosette. “Beato te, io sempre qua ormai, è la mia prima casa sto bar, non ho più una vita sociale!” “be’ quando deciderai di tornare fra noi umani chiama pure, se ti senti sola ovviamente!” “O, adesso si preoccupa, tanto non mi risponderesti, come hai sempre fatto dopo che..” “Dai che scherzavo, non ti si può più dire niente!” “Ecco il tuo caffè, la ricarica, non scomodarti a darmi il numero, tanto lo conosco, a memoria!” “Non ci credo, lo guardi di nascosto dal tuo cellulare!” “No caro mio, l’ho cancellato!”. Che gallina! Lo penso ma non glielo dico, non si sa mai che un giorno mi potrebbe tornare utile, non è male alla fine, per passare una serata, ovviamente! Bevo il mio caffè, pago, le sorrido come si fa con una che ti piace e vuoi che lo capisce, poi sgommo. Chiamo in ufficio invento una scusa dicendo che non mi sento bene e che il cellulare era silenzioso e non ho potuto avvisare, risponde Silvia. “Ti ho coperto io fino adesso, ma che non succeda più!” “Ti sono debitore, sei stata meravigliosa, grazie!” gli dico. “Dai non esagerare, sei fortunato che oggi non ci sono i capi e neanche i responsabili. Ma che non succeda più!” “Se posso riparare con un invito a cena per venerdì se ti va ovviamente e se non hai altri..” “Accettato.” Bum e mi riattacca la cornetta, così. Va bè intanto esce, poi si vedrà! Ma pensa te quel povero ragazzo di Andrea, chi può averlo ridotto così, ho un dubbio remoto se penso alla mia serata, ma figuriamoci, e poi alle cinque ero a casa, sicuro, non ero per strada, no lo escludo. Dopo chiamo Simon e gli chiedo se si ricorda qualcosa di ieri, che nebbia, che buio. L’unica per togliermi ogni possibile perplessità è andare a vedere la macchina, a volte succede che quando torno troppo pieno la mattina dopo controllo se ha qualche danno, in preda al panico, forse perché mi ricordo una strombazzata o qualcuno che mi insulta, ma ieri sono sicuro, niente di tutto ciò, dritto a casa, senza alcun intoppo! Liscio come l’olio. Abito in una palazzina di due piani, sei appartamenti, io sono al piano terra e ho anche un pezzo di giardino, cinquecento euro al mese, non sono tanti ma se potessi prendere un po’ di soldi in più nello stipendio. Va bè mi accontento dei miei mille e duecento euro non mi metto via tanto ma vivo, l’importante è quello, non ho spese a parte le uscite con gli amici. Non mi ricordo neanche se ce l’ha fatta pagare la coca ieri sera quello strozzino di Peter, ma immagino di si. Alzo il basculante, mi immagino di tutto, mentre inserisco la chiave il mio cuore comincia a battere fortissimo, lo sento in gola, e se avesse il cofano ammaccato, o i segni del motorino rosso di quel poveraccio sulla carozzeria, che casino, cosa farei? Respiro con la bocca, che ansia, mi si contorce di nuovo lo stomaco, ingoio il vomito che mi è salito di nuovo, non voglio rigettare adesso, non in garage, se arriva qualche mio vicino che figura ci farei? Devo stare tranquillo, non l’ho ammazzato io, non sono un assassino, temporeggio un secondo, poi chiudo gli occhi, colpo secco, respiro, li riapro e fatto. La mia golf nera luccica sotto i neon delle luci comuni, accendo la mia misera lampadina e la esamino. Niente. Niente. Niente. Ma cosa mi sono messo in mente, che schifo di cocaina che ci siamo tirati ieri sera, se trovo Peter mi faccio restituire i soldi, ma prima devo ricordare se glieli ho dati. Niente. Lo specchietto destro e’ chiuso a dirla tutta, ma se ero ubriaco l’ho sicuramente chiuso io prima di parcheggiare immagino, anche se mi serve per controllare la manovra, ma se ero sbronzo forse avevo paura di grattare contro il muro, figurati se uno specchietto uccide una persona. No non l’ho ucciso io è mio parente perfino, dai che idee e che paranoie che mi nascono, sono destinato a diventare come mia madre, una ansiosa! Chiudo torno a casa, aspetto mezzogiorno per chiamare Simon, forse lui era più lucido e si ricorda meglio. Non gli posso rivelare le mie paure non voglio insospettire nessuno, neanche lui, anche se potrebbe aiutarmi in caso di.. non sono stato io, ma dai è un pensiero delirante, si deliro, forse ho la febbre, sto male, si ecco sto male sono ammalato e non me ne sono reso conto, ho l’influenza intestinale ho vomitato per quello, figuriamoci se sto male per una serata di routine come quella di ieri sera, un normalissimo martedì sera. Sono le undici e mezza, vado a letto sotto le coperte con i brividi su tutto il corpo provocati da questo virus che c’è in giro. Ma si ho sentito già di qualcuno che non sta bene e si è beccato l’influenza in questi giorni, non ricordo chi, ma non ha importanza. Sono in una stanza illuminatissima, un tavolo davanti a me e una montagna di polvere bianca, un chilo sarà o giù di li. Ne prendo un po’, faccio un mucchietto, la stendo con il bancomat e comincio a tirarla, una due tre quattro righe una dietro all’altra, si spalanca la porta, è Peter, ma cambiato, magro, occhi stralunati, pallido, bianco come uno scheletro. “Ma cosa fai” mi dice “stai tirando l’anfetamina ci serve per tagliare questa” e appoggia sul tavolo un sacchetto da supermercato pieno zeppo di coca. “Ma come tagliare, ma cosa, io io “ non so cosa dire cosa sto tirando anfetamina? “quanta ne hai presa sei pazzo basta un niente per fare una crisi cardiaca, mi sa che fai la fine di quello contro l’albero di stanotte, quello che hai investito”. “Io non ho…”. Buio totale i fari della mia macchina illuminano lo stradone della zona industriale, ma che scuro faccio fatica a vedere la striscia bianca in mezzo e poi squilla il telefono, è un attimo, lo prendo dalla tasca dei pantaloni, ma non esce, tolgo le mani dal volante, bum. Una botta, un rumore sordo sulla strada. Sono sul ciglio la macchina non c’è più vedo quell’uomo, con la testa sanguinante che mi guarda e mi dice “cosa mi hai fatto, come mi hai ridotto?” “scusa io stavo prendendo il cellulare ma non ti ho visto ma ma ma…” lui chiude gli occhi poi li riapre “dai va a casa a riposare e sta più attento potresti fare del male a qualcuno! Sveglia, sveglia!” “Sveglia ma cos’hai? mi senti? sei ancora fatto da ieri sera, Ehi Scott..” mi ritrovo seduto sul letto con il cellulare in mano e ascolto questa voce di la della cornetta. “Scott? Ci sei?” “si, ci sono chi parla?” “Ma come chi parla sono Simon è un minuto che siamo al telefono e stai dicendo un mucchio di fesserie, stai straparlando. Tutto ok?” “Si, no, bò stavo dormendo forse ho.. ci sentiamo fra un po’.” Spengo il telefono. Sto male, torno in bagno, e infilo la testa nel water. E giù di nuovo. Quando mi riprendo decido di telefonare a Simon, la testa mi scoppia l’ho ucciso io, io? Impossibile sono un bravo ragazzo io, no non voglio neanche pensarlo. Adesso mi dirà che alle tre ero a casa e tutto tornerà normale. “Simon, sono io” “Ma stai andando fuori di cranio, ma si può sapere cosa..” “sta tranquillo un attimo, cos’è successo ieri sera, non mi ricordo niente, a che ora sono andato via da casa tua?” “Mancava un quarto alle quattro sei partito con Peter, ma cosa ti succede?” Suona il campanello. “Niente tutto ok mi suonano ci sentiamo dopo.” Sono in preda al panico, ma com’è possibile, sto mescolando i sogni e gli incubi alla realtà quella non era coca ma allucinogeno. “Pronto” “Signor Paolo Scottini?” “si sono io chi parla?” “carabinieri, può scendere un secondo?” “si, ci sono problemi? Arrivo un secondo mi preparo sono appena uscito dalla doccia io io..” “allora ci può aprire saliamo noi..” “si certo ecco adesso io io..” premo il pulsante sul citofono, sono in mutande, stordito, ma cosa vogliono da me? “Buongiorno agenti, è successo qualcosa di grave?” “Non era appena uscito dalla doccia signor Scottini?” “No dovevo entrare adesso si cioè.. non sto molto bene mi sono svegliato con un terribile mal di stomaco stamattina e..” “Ok ok, solo una domanda, dov’era stamattina alle cinque?” “Ma qui a casa nel mio letto, che cosa..” “Ne è sicuro?” “Ma certo ieri sono andato da un amico e sono rientrato presto, si insomma verso le due le tre non ricordo di preciso..” “Ci può seguire in caserma signor Scottini?” “Ma perché cosa ho fatto di male io non, no non vi seguo se non mi spiegate cosa.. ma io..” “Un testimone l’ha vista allontanarsi dal luogo di un incidente dove ieri sera ha perso la vita un trentatrenne certo Andrea Nicchi, se ci conferma la cosa rende tutto più semplice a lei e anche al nostro lavoro.” “Ho un vuoto di memoria, non ricordo nulla di ieri sera ve lo confesso, ma la mia macchina non ha ammaccature e quindi io penso che non ho causato nessun incidente quindi..” “Ci segua Scottini, andiamo.”
24 settembre 2007 alle 4:41 pm
Ciao Ivan. I miei complimenti per lo stile. Soprattutto la prima scena, quella del sogno, e’ veramente ben riuscita. Dovresti provare a togliere tutti i segni di interpunzione, per avere un effetto ancora piu’ delirante…
Per i complimenti sulla trama aspetto i prossimi capitoli
26 settembre 2007 alle 5:25 pm
Coinvolgente, appassionante, l’ansia è palpabile…
complimenti!
26 settembre 2007 alle 5:26 pm
Il ritmo incalzante, i dialoghi e la descrizione asciutta delle azioni fanno vivere attimo per attimo le angosce del protagonista. I piccoli particolari fanno rimanere intrappolati nella trama del testo. L’ho letto tutto d’un fiato… e sono curiosa di sapere come andrà avanti…