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capitolo due “un’ora e un quarto”

Pubblicato da ivanvr il 2 ottobre 2007

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Caserma dei Carabinieri. Scott non riesce a credere che tutta questa vicenda sia vera. Dopo essere scesi da casa sua e aver controllato la macchina nel garage lo hanno condotto all’ ospedale di Borgo Roma, analisi del sangue e poi in centrale. Da circa mezz’ ora si trova nella sala d’aspetto, solo come un cane, con i rimorsi di coscienza che gli rendono difficile perfino il respiro, con un’ agitazione che gli provoca un nodo in gola che solo un pianto liberatorio potrebbe togliergli, ma per cosa poi? Non lo sa. I ricordi sono ancora oscuri, risiedono nella parte di cervello che probabilmente viene cancellata dalla razionalità, cos’è successo stanotte dalle quattro meno un quarto alle cinque? Non ricorda. Lo ha ammesso onestamente, forse gli credono, forse cercano di farlo crollare con un’astenuante attesa. Nessuno del resto sa che si trova in caserma, il suo cellulare è stato momentaneamente confiscato, gli hanno detto. Aspettano gli esami poi comincerà l’ interrogatorio. Non gli hanno chiesto se era ubriaco o se aveva fatto uso di sostanze stupefacenti, altrimenti avrebbe raccontato la verità. “Dopo parleremo, Scottini”, così lo aveva lasciato il maresciallo, “si schiarisca le idee.” Il suo stomaco non è a posto del tutto e deve andare in bagno. Ha dei crampi che lo logorano, ma non sa cosa fare. Può alzarsi? Può chiamare qualcuno? E se potesse fare una telefonata, verso chi sarebbe indirizzata? Sua madre? No quello veramente non lo può fare, meglio parlare con i Carabinieri prima, poi se riescono a scoprire qualcosa l’ avviseranno loro. Non se la sente di provocarle un dolore così grande. In effetti la odia ma non fino a questo punto. E adesso come adesso non sa neppure il motivo dell’ astio che ha verso quella donna. Se suo padre fosse al mondo… no non chiamerebbe neanche lui, troppo umiliante. Qualche suo amico.. e che risposta riceverebbe? “Sei dai Carabinieri? Arrangiati, non tirarmi in mezzo ai tuoi casini.” I veri amici li ha persi tutti, quelli di questo periodo sono occasionali, solo per far baldoria. Simon è l’ unico di vecchia data, hanno fatto le medie insieme, ma non si sognerebbe mai di tirarlo in mezzo, anche se poi lo farà, racconterà tutto quello che si ricorda della serata precedente, possono tenersela la patente, è consapevole che se ha sbagliato deve pagare, ma è quasi convinto che non ha ucciso nessuno lui, chi può aver visto la sua macchina sul luogo dell’ incidente a quell’ ora? Passano i minuti, deve andare in bagno, non ce la fa più, si alza e bussa alla porta.


“Dovrei andare in bagno” dice dall’ esterno. Nessuna risposta. Batte più forte. “Scusate, un bagno, sto male!”


“Mi dica.” Dice l’appuntato aprendo.


“Un bagno, per favore, ho dei dolori allo stomaco terribili.”


“Quella porta in fondo al corridoio, si sbrighi che poi il maresciallo vuole parlarle, stanno arrivando le analisi”


“Ok ci metto un attimo.” Si siede sul water , crampi fortissimi. Poi apre la finestra per far uscire quell’ odore nauseabondo, nessuna sbarra, un cortile, una rete da giardino verde bassa, e se fuggisse? Cosa gli tocca ora?


“Un elevato tasso alcolemico nel sangue, passa di gran lunga il livello consentito dalla legge perfino adesso Signor Scottini, figuriamoci ieri sera; tracce di sostanze stupefacenti tra le quali marjuana, cocaina e una sostanza che è al vaglio degli accertamenti della scientifica, non molto conosciuta qui dalle nostre parti e che ha il principio attivo di sostanze oppiacee. Un morto sulla strada e un testimone che accorreva per i primi soccorsi che ha visto la sua macchina che filava via come una scheggia. Si trova in bel pasticcio per non dire altre cose. Ci racconti di ieri sera, se ci aiuta cercheremo di darle una mano, si faccia venire in mente cosa è successo, siamo buoni qua dentro ma non ancora per molto. Non se ne approfitti. Con chi ha passato la serata Scottini? Chi ha portato la droga? Chi ha ucciso Nicchi?”


“Sono andato a casa di un amico dopo cena..”


“Precisiamo subito Scottini, nomi e cognomi, se non so tutti i particolari di ieri sera chiamo il prefetto e la faccio interrogare a Montorio. Sa cosa c’è a Montorio vero Scottini?”


“Il carcere, lo so” dice il ragazzo con il capo chino.


“Bene, vedi appuntato Forti, al ragazzo sta tornando la memoria!”


“Ero a casa di Simone Argenti, a San Felice, via Dalla Chiesa 10 a bere un caffè. Abbiamo bevuto un po’ di grappa inizialmente, poi ci siamo scolati la bottiglia intera e fumati un paio di canne.”


“Rintraccia subito il giovane Forti, li voglio tutti qui quelli che possono sapere qualcosa, digli di venire immediatamente altrimenti andiamo a prenderlo noi. Poi parliamo anche della droga, ma cosa avete in testa ragazzi miei?” Il maresciallo è un tipo sulla cinquantina, meridionale, ma da molti anni è ormai a Verona e ha preso quell’accento strano che lo caratterizza. “avete preso anche la cocaina?”


“No, poi è arrivato un altro nostro amico…”


“Scottini, i nomi! non mi frega niente se sono tuoi amici, i nomi!”


“Si, scusi poi è arrivato Nicola Petterloni.. è stato lui a portare la cocaina…abbiamo preso anche quella, ma ormai era tardi saranno state le due e mezza penso, poi…poi niente, ho un vuoto, non ricordo niente: mi sono svegliato nel mio letto ed era mattina.”


“Petterloni? Ancora? ma che razza di amici si è trovato Scottini! lo sa che ha precedenti penali per droga è stato per due mesi agli arresti domiciliari? Ma che bella compagnia! Comunque la storia la finisco io: siete partiti poco prima delle cinque, avete preso la tangenziale e in dieci minuti siete arrivati nella zona industriale di San Martino, lì o un colpo di sonno o una manovra esasperata dalla vostra confusione mentale provocata dalle droghe e bum, avete tirato sotto il povero malcapitato che andava a cominciare il turno della mattina in fabbrica e presi dal panico ve la siete filata. Ho sbagliato qualcosa?”


“Come finale potrebbe starci bene, ma non ricordo. Simone però mi ha detto oggi, prima che arrivaste voi, che siamo partiti da casa sua ad un quarto alle quattro, in quindici minuti circa sarei arrivato, quindi qualcosa non torna, credo.”


“Se si ricordasse tornerebbe tutto Scottini!”sbatte il palmo contro la scrivania “Forti rintraccia Petterloni, guarda i numeri sul telefono del ragazzo!” per la prima volta il maresciallo urla, rosso in volto, sia contro Scott sia rivolgendosi all’appuntato, poi esce dalla porta principale sul vialetto d’entrata della caserma e si accende una sigaretta. “che belle compagnie che facciamo girare nei nostri paesi!” Scott rimane da solo. Ancora crampi. Arriva l’appuntato che gli porge il Nokia.


“Dammi i numeri dei tuoi amici.” Una volta dati chiede se può tornare in bagno e l’appuntato acconsente. Questa volta seduto sulla tavoletta mentre il suo stomaco si ribella, le nere immagini della mattinata che riguardano la serata precedente prendono colore, una dopo l’altra riaffiorano nella memoria, non c’è più tempo da perdere, ora è tutto chiaro, con un balzo scavalca la finestra, ancor più facilmente la rete, si ritrova in statale con il traffico delle cinque.. se avesse con se il cellulare… ma un numero lo ricorda, l’ultimo che ha letto, Simon. Si fionda al bar della stazione, a qualche centinaio di metri di distanza, la sua amica Emma lo saluta.


“Ciao bellissima, posso scroccarti una telefonata?”


“Tutto tuo amore! Storie clandestine?” nemmeno fiata, Simon risponde dopo tre squilli.


“Pronto?”


“Sono Scott.”


“Sto andando dai carabinieri, sono appena uscito dal lavoro ed ho ricevuto la telefonata. Ma cosa è successo ti ho chiamato ma niente, tutto ok?”


“Non proprio, prima passa dalla stazione, poi ti spiego”


“Sono qua davanti esci che arrivo fra un secondo” in un attimo si ritrova sulla Punto grigia metalizzata.


“Girati, prendi l’autostrada, siamo in mare di guai.”


“Sei pazzo! mi aspettano gli sbirri. Io non ho fatto niente, cos’è sto casino?”


“Se non ti muovi ci beccano e non ci tirano più fuori di lì. Ti ricordi che Martin era passato da casa tua ieri sera? L’ha combinata grossa e io e te ci siamo dentro fino al collo!” Fanno inversione, passano sotto al cavalcavia in un minuto sono al casello di Verona Est.


“Prendi per Milano e occhio.”


“Ma vuoi dirmi cosa sta succedendo?”


“Guida intanto, usciamo a Sommacampagna e andiamo nella casetta in collina di Luca Fieni che ho ancora le chiavi da quest’estate quando dovevo andare a dar da bere alle piantine di Maria, là ti racconto tutto quello che è successo, sto male Simon, dammi una mano perché stavolta sono in un bel casino. Ti conviene spegnere il cellulare prima che i Carabinieri ti tempestino di telefonate.”


“Si ok.Sta tranquillo, ci sono, per te questo ed altro.”


“Grazie.” Il ragazzo crolla, non riesce a tenere gli occhi aperti, sono le sei della sera ormai il sole sta calando proprio davanti al loro sguardo, un colore rosso invade tutto il cielo, una giornata lunga, difficile, un domani oscuro come i ricordi della serata precedente fino a poco tempo prima. Si addormenta, è nelle mani dell’amico, non si sente più solo e neanche braccato.


“Siamo arrivati.” Una gomitata lo risveglia.


“Si ok, si si!” prende le chiavi, mettono la macchina nel garage una volta spenta tirano un sospiro entrambi.


“Scott, dimmi tutto, non ce la faccio più, ci stanno cercando e non so neanche perché. Cos’ è successo?”


“Andiamo su.” In quella casa sulle colline di Custoza in mezzo alle vigne della famiglia di Luca non ci va mai nessuno. A volte qualche festino a base di coca, qualche donna trovata per strada, anni prima era luogo di cene, grigliate e fiumi di vino rosso Valpolicella, ma poi qualcosa è cambiato, i ragazzi sono cambiati, pensavano di aver il mondo in mano e invece sono stati chiusi in quel pugno della vita, vizi, serate al limite finite sempre bene, a parte una.


“Hai fumo?” dice Scott all’amico.


“Si l’ho preso da Ciano sul lavoro, ma se avessi saputo di questi casini se lo teneva.”


“Bè, meglio così, fai una canna che ti dico come è andata, prima però promettimi che mi aiuterai, costi quel che costi, tu non hai fatto niente, non possono incastrarti, io sono in un mare di guai, sei l’unico di cui mi posso fidare”, gli porge la mano, l’altro la stringe, gli tira il braccio verso di se e lo rassicura.


“Tranquillo.”


Quando siamo partiti da casa tua Martin ci ha detto di aspettarlo ai giardinetti di Via Sgulmero che lasciava giù il motorino. “ragazzi dovete darmi una mano, mi serve un passaggio” “tranquillo” gli faccio io “tanto nessuno ha sonno qui, vero Peter?” “Nessuno!”. Peter era fuori una cifra, non ci capiva più niente e mi ha detto che prima di venir a casa tua si era fatto un acido ed era veramente allucinato. Io ero fuori da ogni limite, l’alcol, la droga: quella coca era fortissima, non riuscivo a tener un muscolo fermo al suo posto…


“Allora Martin dove devo scarrozzarti, da qualche donnina? Spero proprio abbia una bella amica che non ho voglia di vedere le tue prestazioni!”


“No bello, dobbiamo solo far paura a uno che non mi vuole pagare la roba che gli ho dato, un bel conto e se otteniamo quello che voglio vi faccio un presente ragazzi. Ma prima andiamo a fumarci un cicchino, sentirete che bomba!” Ci spostiamo di qualche centinaio di metri in un campetto vicino alla tangenziale, quel pazzo tira fuori un tubo di rame e lo carica con un miscuglio che non so bene cosa sia. Lo accende e lo passa velocemente facendo fatica a trattenere dentro ai polmoni quel fumo puzzolente, tiro io e sento la testa che mi scoppia, i polmoni che rifiutano, la gola che brucia, sbuffo il fumo quasi con un conato di vomito, poi nebbia cerebrale, sento Peter che aspira poi il mio cervello si ribella alla normalità, scendo dalla macchina con gesti automatici, le mie gambe camminano ok, ma fanno tutto da sole, distanziate a circa trenta centimetri dal busto, per non parlare dei piedi che non so neppure dove siano. Il mio corpo leggero e la testa pesante che sforna pensieri di ogni genere, un prurito alle gengive che trova sollievo solo stringendo le mandibole fino a sentire dolore in bocca. Guardo la mia mano non comandata dal cervello che si apre e si chiude davanti ai miei occhi, e poi bam, mi arriva una sberla in faccia di cui sento solamente il rumore, nessun dolore e quindi un’altra, e un’altra ancora sempre più forte, me le sto rifilando da solo, quando mi accorgo di quello che sto facendo mi risveglio un attimo da questa situazione strana e guardo gli altri. Peter per terra che guarda sotto la macchina che urla il mio nome a squarciagola. “Esci da lì sotto, dove stai andando su per la ruota, attento che quando partiamo ti schiacciamo! Scott esci immediatamente!” comincia a calciare la gomma sulla quale è convinto che sono montato, Martin guarda ridendo fino a farsi scendere la bava dalla bocca con gli occhi tondi di un colore grigio tendente al bianco. Prendo Peter lo scuoto dalle spalle e gli urlo in faccia “Sono qui pazzo sclerotico!” “Ciao!” mi dice e poi rientra in macchina come niente fosse successo. Stiamo delirando! “Cosa stiamo fumando Martin?” “E che ne so? Ma che botta!” mi dice sputandomi in faccia. Appena ci riprendiamo un attimo partiamo. Poche macchine a quest’ora della notte, le luci dei lampioni creano un alone grande due metri, la testa mi scoppia ma continuuo a fumare le mie sigarette, magari mi passa. La macchina scorre su un fiume nero, quasi fosse un motoscafo e l’asfalto il mare in burrasca, faccio fatica a guidare, questi fanali nella corsia opposta mi abbagliano e poi mi ritrovo in un buio pesto. Siamo alla ricerca di cosa? Chissà, un amico di questo pazzo o un ex amico visto che vuole farlo cagare sotto. “Vai vai!” mi dice”accelera che lo becchiamo!” la sua voce mi rimbomba nella testa, lo becchiamo, lo becchiamo un eco infinito nelle mie orecchie, “e alza sta musica!”, Master of the Puppets dei Metallica a tutto volume, schiaccio l’acceleratore, centonovanta sulla tangenziale che da San Michele porta alla zona industriale di San Martino, arrivati di già, sulla rotonda le ruote ululano, Master, Master Master!!! Percorriamo tutte le viette interne, fabbriche tutte attaccate, tiro dritto ad un paio di stop che assolutamente non vedo, il mio motoscafo, onde altissime, mare in burrasca dice il bollettino meteo. Strada dritta, gas! “Ma dov’è il tuo amico Martin?” “Arriva arriva!” “Attento a quel drago!” urla Peter da dietro sputando e tirandomi una spalla, la golf sbanda, va sul ciglio ma torno in carreggiata, Martin si gira e gli dà una sberla “Vuoi ucciderci? delira da un’altra parte!” gli sbraita in faccia, il mio cuore batte fortissimo, ma per la strada ancora nessuno. Quello psicopatico al mio fianco riprende il suo tubo delle allucinazioni e lo riempie un’altra volta e lo accende, me lo passa mentre sono sullo stradone dritto che porta al nuovo centro commerciale, io tiro e una botta mi arriva nella testa come un colpo sul piatto della batteria che si trova però attaccato al mio timpano. Non so come faccio a guidare e a non uscire di strada, faccio la rotonda e svolto verso il cavalcavia, dopo l’altra rotonda giro a sinistra per tornare al cimitero, per un paio di volte premo il freno al posto della frizione, la golf saltella in mezzo alle nostre risate isteriche, Peter dietro ulula come un lupo mannaro. Dopo pochissimo vediamo il fanale di un motorino che avanza nell’altra corsia. “E’ quello girati!” Martin mi tira il freno a mano la macchina inchioda e il fumo sale fino ai finestrini, Master! gridano i Metallica, riparto la turbina fischia, prima seconda terza raggiungiamo il tipo che rallenta sul viale che porta alla rotonda di prima, si gira verso di noi, Martin gli dice di accostarsi e quello fa la finta e ci lascia lì fermi, accelera, non ci vedo più “Parti” mi dice il pazzo che ho a fianco, arrivo sul motorino ai centodieci suonando e facendo gli abbaglianti, una mano sul volante un colpo a destra il motorino per non schiantarsi sulla macchina esce di strada e prende in pieno un albero, vedo la scena al completo, ci fermiamo, retromarcia, tira due o tre calci, cerca di rialzarsi, urla, poi stramazza al suolo. Master Master Master of the Puppets! “Via via, che vuoi fare corri via!” Mi urla Martin io intanto scendo con le mani nei capelli, ma poi mi trovo sul volante mentre affondo sull’acceleratore, quello è proprio un pazzo, sputa contro quel tizio che sta tirando gli ultimi respiri, e la mia Golf sgomma facendo urlare le gomme.


Simon gli passa la canna quasi finita, se l’è fumata tutta.


“Che casino! Ci sei dentro fino al collo Scott, ma la colpa è di quel pazzo di Martin, anche se eravate in condizioni mentali disperate Peter può dirglelo, è stato quell’animale a uccidere Andrea, non tu! Ma poi, da quando Nicchi comprava roba?”


“Non gliel’ ha mai presa Simon!! Abbiamo sbagliato persona, e comunque non è finita qui, Peter…”


Un commento a “capitolo due “un’ora e un quarto””

  1. Andrea dice:

    La descrizione dello stato confusionale e’ molto realistica, convincente. Meno convincente il fatto che un fermato riesca a scappare tanto facilmente dalla stazione dei carabinieri, ma diciamo che e’ una licenza poetica :)
    Aspetto il seguito…

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