Il pacco è arrivato ieri sera. Dentro c’è il costume dell’Uomo Ragno che ho ordinato via internet e non vedo l’ora di indossarlo! Mio padre è disperato, mi considera immaturo e ridicolo perché alla mia età dovrei uscire con le ragazze. Questa fissa per un uomo in costume non la capisce proprio! Secondo mia madre è solo una fase, prima o poi, passerà.
Forse hanno ragione tutti e due.
Il mio stabile è vecchio, malandato, periferico. Le porte cigolano, le scale cadono a pezzi. L’intonaco viene via giorno dopo giorno, l’umidità si allarga a macchia d’olio.
Non c’è molto da fare in giro, l’unico passatempo che ho è la lettura dei fumetti. I personaggi e le loro storie mi accompagnano nel grigiore giornaliero. Che ci sia il sole o la pioggia, mi sento prigioniero perché sono circondato dal nulla perché vivo in una fogna di quartiere lontano dalla civiltà, dove lo spaccio e la violenza sono i veri mostri! L’unica distrazione, innocente, che mi concedo è il cosplay: Peter ed io, vestiti da Uomo Ragno, andiamo spesso alle manifestazioni organizzate. Lì, ci mescoliamo con gli altri sentendoci finalmente a casa e la nostra anima è libera di fare casino.
La mia stanza è un tributo all’Uomo Ragno.
Ovunque c’è lui. Sui muri. Negli scaffali della mia libreria. In televisione. Alla playstation. E da ieri sera c’è anche il suo posto nell’armadio.
L’Uomo Ragno è agile, forte, furbo, ironico e… mitico. Insomma, sa districarsi da ogni situazione complicata.
Io mi chiamo Kevin, ho 17 anni, quanto vorrei essere come lui…
Ogni sera, prima di andare a dormire, esco di nascosto di casa, salgo sul terrazzo del mio palazzo vestito da Uomo Ragno. In un attimo, dopo un lungo respiro mi libero della mia carcassa inutile e infantile e sento quel desiderio che fa la differenza. Sogno ad occhi aperti: mi arrampico sui muri, salto da un terrazzo all’altro con un’agilità mai posseduta prima. Lancio le mie ragnatele e vado a spasso per la città senza una meta precisa nascondendomi sui tetti dei palazzi. Guardo le persone e le auto allontanarsi. Vado a caccia di avventure e di cattivi da neutralizzare. Per essere mitico…
Ogni sera c’è Peter sul terrazzo ad aspettarmi con il volto mascherato. Mi ascolta e mi capisce, sa perfettamente cosa voglio. Dietro la sua maschera c’è un mondo che mi affascina, un pianeta ancora inesplorato che sento mio, dove non ci sono né vincitori né vinti.
Ci abbracciamo e ci facciamo coraggio: “Prima o poi il mondo cambierà…”, pensiamo ad alta voce.
C’è sintonia tra noi due, quasi fossimo una sola persona.
Una leggera brezza ci rinfresca mentre osserviamo l’orsa maggiore splendere su di noi. L’orologio del campanile della basilica normanna scandisce il tempo, TIC-TAC. Un velo di tristezza si impadronisce della mia mente, i pensieri rimbalzano come palline di un flipper, qualcuno cade nella buca e si perde per sempre. Qualcun’altro rimbalza via per nascondersi ancora un po’. Altri, invece, affiorano in superficie e mi feriscono.
“Ho scoperto che quelli della Marvel vogliono ucciderti… un nuovo inizio… bla-bla-bla-bla… siamo alle solite…”, sospiro ad alta voce.
“Così è la vita, caro amico mio!”, vuole rassicurarmi, “Prima o poi, doveva succedere. La gente si stanca… vuole assaporare nuove emozioni…”, conclude un po’ corrucciato. Ma è solo un attimo…
“Lo so, Peter. E so anche che sarà la fine della nostra amicizia, terribile…”
“Non sarà mica la fine del mondo! Ormai hai le spalle forti…”, vuole farmi coraggio ma so in cuor mio che anche lui ha le lacrime agli occhi, e poi, dopo una lunga pausa, lo sento prima sbuffare, poi mi chiede: “e tu cosa proverai quando succederà?”
Adesso sono io a starmene in silenzio. Pensieroso. Con lo sguardo basso. E con voce flebile gli rispondo: “Un senso di vuoto… e tanta… forse troppa… nostalgia di queste notti…”