La fabbrica d’inchiostro

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“Il parco delle bambole”

Pubblicato da luca il 25 settembre 2007

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“IL PARCO DELLE BAMBOLE”


 


 


Giorgio non vedeva l’ora di lasciarsi alle spalle quell’odioso palazzo. L’ufficio, i colleghi, le pratiche, la pausa caffè, le riunioni… per qualche giorno non avrebbe pensato a nulla di tutto ciò.


Per qualche giorno si sarebbe occupato solo della sua Carla e del suo erede invisibile. Niente spiagge affollate per questa volta, niente salsedine e creme solari unte e bisunte. Solo silenzio, pace e tranquillità.


L’importante, pensò, non è la destinazione.


Quello che conta è la sensazione di viaggiare, di sentirsi in movimento. Una valigia e qualche provvista per il viaggio, la sua donna e un albergo senza troppe pretese erano le sue uniche preoccupazioni.


Lo attendeva una settimana da sogno.


-hai portato le scarpe da trekking?


Giorgio doveva affrontare la fase dell’interrogatorio. Carla si sarebbe impegnata a fondo pur di trovare anche il più insignificante ago nel pagliaio. Suo marito doveva per forza essersi dimenticato qualcosa, è l’applicazione di una regola matematica.


L’uomo dimentica sempre qualcosa. E la donna sfrutta tutte le sue doti innate per farglielo pesare.


-certo cara, sono nella busta azzurra.. insieme alle tue.


Uno a zero, bellezza.


-piuttosto tesoro…sei sicura di riuscire a fare trekking?


-non sono mica invalida! – rispose Carla raccogliendo il guanto della sfida.


-invalida no…ma incinta sì.. – ribatté Giorgio con aria divertita.


-è tutto ok …sarei pazza se pensassi di scalare una montagna. Quello che voglio è un po’ di relax e qualche passeggiata nei boschi, non mi sembra di chiedere la luna. Penso che una settimana di immersione nella natura farà bene anche al piccolo, non credi?


-penso di sì.. è solo che non voglio che ti affatichi troppo.


Il sole di luglio non lasciava scampo. Appeso al collo del cielo come una medaglia d’oro sputava tizzoni di luce trasformando la città in un inferno metropolitano.


Giorgio non si era accorto di aver già percorso cinquanta chilometri.


La discussione con Carla lo aveva distratto. Pensò che tre mesi dopo sarebbe nato il loro primogenito, ancora senza nome, e la cosa lo elettrizzava non poco.


Diventare padre era una scommessa, per lui.


Giorgio Argentieri, 32 anni, consulente commerciale per le aziende, fidanzato con Carla Turco da cinque anni, ex playboy, aveva finalmente messo su famiglia. I suoi amici  avevano perso ormai da tempo un fuoriclasse assoluto nella categoria dei tipi da spiaggia.


Il vecchio Giorgio, ora, stava per avere un figlio. Il vecchio Giorgio non esisteva più.


Più tardi avrebbe pensato anche al matrimonio.


-dove stiamo andando, Giorgio?


-Agriturismo “Il Parco delle Bambole”.


-manca ancora molto? – disse Carla impaziente ed accaldata.


-il bivio per S.Giordano lo abbiamo superato una decina di chilometri fa..


-dove si trova di preciso l’agriturismo?


-Luca mi ha detto di superare il bivio per S.Giordano, guidare ancora per una ventina di chilometri e imboccare la prima a destra. Dovrebbe esserci un cartello.


-è già stato ospite dell’Agriturismo?


-no, lo ha trovato per caso in una guida on line. Credo che conosca il proprietario.In ufficio abbiamo sbirciato tra le foto e ti assicuro  che ne vale davvero la pena.


Giorgio lanciò un’occhiata al contachilometri e si accorse che i venti chilometri che avrebbe dovuto percorrere prima di incontrare il cartello erano quasi esauriti. Nemmeno una curva a scandire il tragitto. Ebbe la sensazione di percorrere una di quelle classiche Highways che aveva ammirato solo in foto o magari in uno di quei telefilm tipo “Renegade”.


-qui non c’è nulla, Giorgio.. sei sicuro di avere imboccato la strada giusta?


-è una strada che ho percorso centinaia di volte.. è solo che…


-..solo che?


-non lo so…oggi mi sembra diversa..


-come diversa?


-non ti sembra tutto così estremamente.. vuoto?


Ai lati della strada i campi di grano si estendevano per chilometri e chilometri. Non riuscirono ad individuare nemmeno una baracca o un contadino. Il giallo del paesaggio cominciava a diventare fastidioso per gli occhi e il sole picchiava forte e crudele sull’asfalto.


-c’è qualcosa che non va, Carla.


Giorgio arrestò l’andatura della sua Alfa e accostò sulla destra. Scese dall’auto e immediatamente fu investito da un odore nauseante. La prima impressione che ebbe fu che i campi di grano fossero coltivati cospargendoli di mucchi di vomito fresco.


-che ore sono, tesoro?


-le undici, più o meno.


Giorgio fece mente locale. Erano partiti più o meno alle nove. Avevano imboccato la superstrada e dopo una trentina di chilometri avevano raggiunto il bivio di S.Giordano. A giudicare dall’andatura che aveva mantenuto dovevano essere le nove e trenta quando avevano superato quel bivio. Era trascorsa un’ora e mezza e si erano persi, era evidente.


Era impossibile. E poi, quel posto.. Giorgio aveva la sensazione di non aver mai visto un posto come quello. Era quasi convinto al cento per cento di non aver incontrato neppure un cartello, una segnalazione.


Non è possibile, pensò.. avrò percorso almeno una settantina di chilometri in un’ora e mezza, traffico non ce n’è..dovremo tornare indietro…forse mi sono distratto e non ho fatto caso alle indicazioni stradali.


-ehi… tutto ok?


-torniamo indietro, tesoro…qua non c’è niente.. ci siamo distratti e siamo andati dritti invece di imboccare la prima a destra. E’ l’unica spiegazione possibile.


Giorgio cominciò a rovistare all’interno del cruscotto tirandone fuori una cartina ingiallita e stropicciata.


-certo… se sapessi dove ci troviamo la cartina mi sarebbe più utile!


-guarda Giorgio…


Una cinquantina di metri più avanti una figura in movimento si avvicinava con passo lento e claudicante. Il sole e il calore sprigionato dall’asfalto rendevano la sagoma dell’uomo liquida come un ghiacciolo che si scioglie. Giorgio cominciò a muovere le braccia come fossero tergicristalli per attirare l’attenzione dell’uomo.


-mi scusi! – gridò Giorgio.


L’uomo si bloccò immediatamente e alzò la testa in direzione della macchina ferma sul bordo della carreggiata.


Si avvicinò ancora fino a raggiungerla.


Era un vecchio, con  folti capelli grigi che gli ricadevano fin sulle spalle e una specie di giacca militare che doveva fargli un gran caldo.


-che succede? – fece lui con voce gracchiante.


Aveva una cera terribile. Due occhi piccoli e di un colore indefinito sgomitavano tra le screpolature della pelle e le occhiaie gonfie come cuscini.


-mi perdoni…mi saprebbe dire dove siamo? Credo di essermi perso.


L’uomo guardò Giorgio dritto negli occhi e accennò ad un sorriso che mise in mostra denti gialli e marroni. Dagli abiti del vecchio proveniva odore di marcio. Sembrava un pupazzo fatto esclusivamente di muffa e rifiuti.


-da dove venite?


Carla era rimasta nell’auto. L’uomo sembrava prestare più attenzione alla macchina che al proprio interlocutore.


Giorgio non aveva alcuna intenzione di raccontare i fatti loro a quella specie di mostro.


-siamo diretti al nuovo Agriturismo di Collegrande ma ci siamo persi…


-oh…ma non vi siete persi… – fece il vecchio mostrando ancora il giallo dei denti.


Giorgio poté notare i suoi denti aguzzi ed irregolari.


-bene… e qual è la strada più breve per raggiungere…


-Il Parco delle Bambole?


-esattamente…


-basta guidare ancora cento metri…. e seguire le indicazioni… si mangia molto bene…carne di prima qualità… fresca…


-mi scusi…


-mi chiamo Mr.Ugo Terra…


-sig.Terra…


-mi chiamo Mr.Ugo Terra!!! Non dimenticarlo mai razza di borghese senza palle!! Hai capito!!!! – sbraitò l’uomo facendosi paonazzo in volto.


-ehi.. non si scaldi… grazie per l’aiuto…credo che ora possiamo proseguire a soli…


L’uomo lanciò uno sguardo verso l’abitacolo della vettura e intravide i contorni di una figura in movimento. Immediatamente cominciò ad annusare l’aria afosa di luglio e a leccarsi le labbra screpolate come una bestia che avverte la vicinanza di una preda.  


-è la mia ragazza…siamo in vacanza….


-accidenti… che buon profumo….. vi troverete bene.. ora devo andare…la strada è lunga….e la vita che mi resta da vivere molto più breve…ossequi alla signora…e…..tanti auguri per il lieto evento…


Giorgio lo trafisse con uno sguardo carico di terrore.


-come ha detto?


-è un dono di Dio.. non crede?


-ma che sta dicendo?


-maschio o femmina? – fece il vecchio Terra che non sembrava ascoltare il proprio interlocutore.


-sig.Terra.. noi..


-lei è uno sciocco distratto…mi sembra di averle spiegato che mi chiamo Mr.Ugo Terra…non è un nome difficile da memorizzare in fondo…purtroppo non ho biglietti da visita con me oggi.. ho fame adesso…e qui non c’è niente da mangiare…buon viaggio….


-tesoro…è tutto ok? – disse Carla sporgendosi leggermente verso il lato del guidatore.


-sì…tutto a posto…allora la saluto…


Giorgio lanciò un’ultima occhiata al vecchio che lo aveva già superato riprendendo il suo percorso verso il nulla. Salì in macchina e accese il motore.


-chi era quello? –chiese Carla.


-un tipo strambo…un vecchio pazzo probabilmente. O forse il caldo gli ha dato alla testa. Siamo quasi arrivati, tesoro.


-perché si è messo ad urlare?


-ti ricordi nonno Alieri? Se non rispondevi come voleva lui era capace di attaccare una solfa infinita. Questo tipo deve avere l’Alzheimer o qualcosa di simile. Mi ha spaventato un po’..


-perché?


-secondo te è possibile che abbia visto la tua pancia da là fuori?


-e chi lo sa…ma perché me lo chiedi?


-mi ha fato gli auguri per il lieto evento…parole testuali..


-non ci pensare…piuttosto.. andiamo che ho bisogno di riposarmi un po’.


-quando torniamo a casa devo fare quattro chiacchiere con Luca.. mi ha dato indicazioni sbagliate, il posto è a cento metri da qui, sempre che quel tipo abbia detto la verità.


-sei sicuro? Io non vedo niente.. c’è solo quel bosco sulla sinistra.


-dice di seguire le indicazioni.. probabilmente dobbiamo andare proprio là. Magari si trova nascosto in mezzo agli alberi.


La vettura procedette lentamente fino ad incontrare un grosso albero sulla sinistra. Era il primo che  vedevano da più di un’ora ormai.


Sulla corteccia era stato fissato un grosso pezzo di legno verniciato di bianco. Con una specie di spray rosso vi era stata scritta l’indicazione per l’Agriturismo.


IL PARCO DELLE BAMBOLE  50 MT. à


 


Imboccarono una strada ombreggiata.


Percorsero i cinquanta metri e raggiunsero un vecchio casale nascosto tra gli alberi. Un grosso piazzale ghiaioso era stato adibito a parcheggio. Giorgio scese dalla macchina e diede un’occhiata al grosso edificio grigio. Da una finestra del lato est una figura sbiadita lanciava sguardi curiosi sul parcheggio. Incrociò per un istante gli occhi di Giorgio prima di scomparire dietro le tendine celesti.


-benvenuti!


Una voce allegra e gioviale accolse i nuovi ospiti dell’Agriturismo.


Un uomo sulla cinquantina spalancò il portone di legno massiccio e si avvicinò a Giorgio e Carla tendendo le braccia come se volesse abbracciarli calorosamente.


-i primi clienti della stagione sono sempre i più importanti!


-buongiorno….sono Giorgio Argentieri.


-l’amico di Luca! Sappiamo già tutto…gli amici di Luca sono i nostri amici. E questa splendida creatura deve essere la sua signora…in dolce attesa….che meraviglia! E’un dono di Dio!!!


Oreste guardava l’addome arrotondato di Carla con occhi brillanti come fuochi d’artificio.


E’un dono di Dio….


Giorgio ripensò per un momento a Mr.Ugo Terra.


-molto piacere.. io sono Carla.


-io sono Oreste Lauri. Benvenuti al Parco delle Bambole! Sven!! Ehi…Sven!!! – fece lui schizzando gocce di saliva sul cofano della macchina d Giorgio.


Un ragazzo in t-shirt e calzoncini corti arrivò di corsa da una specie di garage e si fermò a testa bassa davanti ad Oreste.


-guardami Sven.


Il giovane alzò il viso verso il suo padrone mostrando il viso ai presenti.


Era un giovane affetto dalla sindrome di Down, che scrutava Oreste con sguardo spento ed obliquo. Il viso era pieno di lentiggini e i capelli, fini e spettinati come aghi di pino, gli ricadevano sulla fronte come se portasse una cuffia marrone e sfilacciata.


-questo è Sven. Dai la mano Sven..


Sven allungò la mano carnosa verso Giorgio che gliela strinse con calore. Carla si avvicinò a lui scompigliandogli ancora di più i capelli e regalandogli un sorriso.


-prendi le valige dei signori e portale nella stanza 18. Chiaro Sven? Ripeti..


-va-lige….signo-ri….18….Ripeti….Sven…..18…


-molto bene, Sven.


Il giovane portò i bagagli di Giorgio e Carla nella stanza in appena tre viaggi. Si muoveva con grande disinvoltura e sembrava conoscere a fondo quel posto.


-è mio nipote, è un bravo ragazzo. Volete seguirmi?


Oreste scortò i due ospiti fino all’interno dell’edificio.


Raggiunsero quella che doveva essere una specie di Hall e cominciarono a guardarsi intorno. L’ambiente, nonostante la frugalità generale, risultava nel complesso accogliente. La scrivania di Oreste era costituita da una grossa pietra grigia levigata in superficie.


Dopo aver espletato le formalità di routine Oreste fece loro da Cicerone per un giro esplorativo dell’agriturismo.


-Wilma ed io abbiamo aperto da poco. Il nostro Agriturismo è un po’ complicato da raggiungere ma sono certo che una volta sistemate le valige ed assaggiato le nostre specialità rimarrete felicemente sorpresi. Nessuno è mai andato via da qui!


Giorgio e Carla si guardarono negli occhi come per trovare conferma reciproca di quello che avevano appena ascoltato.


Nessuno è mai andato via da qui


-c’è qualche problema? – fece Oreste.


-che cosa intendeva dire?


-perché…cosa ho detto?


-ha detto che nessuno è andato mai via da qui…


-oh…quello…scusatemi.. non sono bravo con le parole…volevo solo dire che nessuno è andato mai via da qui scontento. Molti sono anche tornati, sapete?


Carla cominciò a guardarsi intorno come se si sentisse improvvisamente spaesata. Si sentiva stanca e lanciava occhiate invisibili verso Giorgio sperando che lui capisse che non aveva alcuna voglia di passeggiare sotto il sole.


-quello è il nostro orto…. coltiviamo tutto noi…


-avete anche degli animali?


-certamente…sono sul retro….ma vi sconsiglio di andare da quelle parti, sapete… Sven deve ancora pulire…


-mi scusi Oreste…lei conosce un certo sig. Terra?


Giorgio avrebbe voluto fargli quella domanda dal primo momento. C’era stato qualcosa in quel vecchio che lo aveva profondamente turbato.


-certo. E’un vecchio che viene qui ogni tanto per mangiare un boccone. E’un po’ fuori di testa, si scalda subito…ma è innocuo…perché me lo chiede?


-oh.. niente.. è solo che ho avuto la sfortuna di incontrarlo lungo la via. Pensavo volesse aggredirci. Poi ho capito che è solo un vecchio rimbambito.


-proprio così…


 


Wilma era una donna corpulenta dallo sguardo gentile.


-benvenuti. Scusatemi se non sono venuta ad accogliervi insieme ad Oreste ma ero impegnata in cucina. Vi sto preparando un pranzetto di benvenuto davvero speciale.


-non si preoccupi signora…- fece Carla.


-Wilma è una cuoca sopraffina, ve ne accorgerete.


-non ne dubito – disse Giorgio.


-se volete accomodarvi, è quasi pronto.


Carla e Giorgio raggiunsero la sala da pranzo.


Le pareti in pietra regalavano una piacevole sensazione di frescura. Un grosso camino, anch’esso di pietra, era posizionato sulla parte di destra. Nella stanza c’erano una decina di tavoli apparecchiati. Quel giorno avrebbero pranzato da soli visto che erano gli unici ospiti dell’agriturismo.


-che ne pensi, tesoro? – chiese Giorgio.


-penso che sono un po’ stravaganti…ma non credo siano cattive persone.


-sono gente semplice.. vedrai che staremo bene…


Di nuovo la voce squillante di Oreste interruppe il loro dialogo privato.


-eccoci qui!


Teneva in mano, con la maestria di un cameriere navigato, quattro piatti pieni fino all’orlo.       


-vi consiglio di assaggiare immediatamente lo stufato di carne rossa perché deve essere consumato necessariamente caldo. Per gli zampetti potete anche attendere che si raffreddino un tantino…ma non troppo altrimenti perdono tutto il loro carattere.


Si avvicinò con le labbra in prossimità dell’orecchio destro di Carla.


-vengono dalla nostra dispensa speciale.. – disse lui strizzandole l’occhio. – Buon appetito signori!


-grazie Oreste.


Giorgio e Carla osservarono lo stufato. L’odore che il vapore bollente proveniente dai piatti trasmetteva loro non era affatto malvagio. Quello che maggiormente li tratteneva dall’idea di tuffarsi in una degna scorpacciata era quella specie di sugo nel quale i tranci di carne rossa annegavano fino quasi a scomparire.


-non mangi, tesoro?


Carla impugnava la forchetta con due dita e rovistava con le quattro punte ala ricerca della carne immersa in quella brodaglia liquida e…rossa. Sembrava che stesse maneggiando un bisturi.


-deve essere un piatto tipico. Io dico di provare. – disse Giorgio.


Inforcò un pezzetto di carne e lo portò alla bocca. Masticò lentamente.


-che te ne pare?


-è buona…forse un tantino dolciastra ma buona. Assaggiala.


Carla masticò avidamente prima di decidere ufficialmente che la pietanza aveva superato l’esame. Consumarono lo stufato in pochi minuti prima di tentare l’approccio agli zampetti.


-ehi…hai visto gli zampetti? – fece lei.


-sì.. allora?


-a me non sembrano zampe di animale…- disse lei corrugando la fronte.


-no? E cosa ti sembrano?


Carla si portò il tovagliolo alla bocca come per reprimere un conato di vomito.


-che ti succede, Carla?


-non ho intenzione di mangiare altro, Giorgio. Non lo so, forse sono troppo suggestionabile di questi tempi.. ma ho la sensazione di…non mangiarli ti prego..


-qual è il problema? – disse lui con voce dura e sospettosa.


Wilma entrò nella stanza con andatura pesante e rumorosa.


Si accostò al tavolo dei loro ospiti speciali per accertarsi che il pranzo fosse di loro gradimento.


-tutto bene, signori?


-Wilma…sì.. lo stufato era davvero buono… purtroppo dobbiamo rinunciare ai suoi zampetti…siamo pieni.. le porzioni erano abbondanti!


-cara…deve mangiare.. nel suo stato intendo…ora non è più da sola, c’è una creaturina che le chiede cibo, non sia incosciente!


-ha ragione Wilma…ma siamo a posto.. davvero..


-razza di ingrati! Io sto qui a cucinare tre ore di fila per sfamarvi e voi fate gli schizzinosi! Fottetevi, maledetti borghesi!


Giorgio e Carla erano rimasti in silenzio mentre Wilma scatenava tutta la sua furia verso di loro. Giorgio, mentre ascoltava i suoi improperi, vedeva ancora davanti a sé gli occhi piccoli e i denti gialli di Mr. Ugo Terra.


mi chiamo Mr.Ugo Terra!!! Non dimenticarlo mai razza di borghese senza palle!!


Giorgio non riusciva a togliersi dalla testa quel vecchio.


Continuava ad ascoltare e riascoltare nella sua mente le frasi che la collera di quel vecchio aveva scatenato contro di lui.


Wilma prese i piatti dal tavolo e scomparve.


 


La stanza da letto era arredata con gusto nonostante fosse estremamente semplice ed essenziale.


Il letto matrimoniale occupava il sessanta per cento dell’ambiente. Un grosso armadio a muro occupava la parete di destra e una grande finestra di legno quella di sinistra.


-voglio andarmene, Giorgio. C’è qualcosa di sinistro in questo posto. Ho paura. Non hai visto come ha reagito quella donna!


-hai ragione, Carla…io ho paura quanto te. Aspettiamo che faccia buio. Temo che questi due pazzi non prenderebbero bene una nostra fuga. Partiremo di notte, d’accordo?


-come vuoi…questo posto mi mette i brividi.


Un uragano potente si abbatté sulla porta della stanza facendone scricchiolare i cardini. Un taglio obliquo squarciò la porta ed una lama lucente emerse tra le schegge e gli intagli del legno.


-aiuto…!!!! Giorgio!!!!!…ma che succede…!!!!


Giorgio indietreggiò verso il letto in preda al terrore avvicinandosi a Carla.


-toc… toc…..toc…toc….toc….


Era la voce di Oreste.


L’ascia stava abbattendo una porta che ormai non opponeva più alcuna resistenza.


Quando Oreste fu dentro la stanza Carla cominciò a gridare a squarciagola sussultando come in preda ad una crisi epilettica.


-stai zitta, puttana borghese!


L’uomo li guardava con occhi iniettati di sangue.


-Oreste….per favore… ma che le prende!


-Stia tranquillo….non ho intenzione di farla  a pezzi… almeno non immediatamente…sapete qual è la cosa che più di tutto mi fa impazzire … lo sapete qual è? Rispondete!!!!!!


-no….Oreste….non lo sap-piamo….


-l’ingratitudine! Borghesi di merda! Qua c’è gente che lavora…!!!!! E voi.. che cosa fate ….. arrivate sulla vostra macchina di merda…con i vostri soldi di merda…e sputate sul nostro lavoro e sulla nostra fatica. Wilma non smette di piangere… siete stati voi a farla piangere…la mia Wilma!!!


Oreste sputava bava gialla sui corpi paralizzati di Giorgio e Carla come un demone impazzito.


Intorno alla bocca e fin quasi all’altezza degli zigomi era sporco di una sostanza rossa raccolta in piccoli grumi, come se qualcuno lo avesse cosparso di rossetto sopra le montagne russe.


Stringeva l’ascia con presa solida e la muoveva a destra e sinistra mentre gridava ogni tipo di oscenità verso di loro.


-alzatevi…e scendete di sotto!


-Oreste…non volevamo….


-AL-ZA-TE-VI E SCEN-DE-TE DI SOT-TO!!!!!!


Carla e Giorgio si alzarono dal letto. Riuscirono a guardarsi un momento mentre Oreste li spingeva fuori dalla stanza come fossero due schiavi.


-ora vi insegno io l’educazione. Quei borghesi dei vostri genitori non vi hanno insegnato ad assaggiare il cibo prima di rifiutarlo!!!


Mentre Oreste continuava la sua folle omelia i tre avevano ormai raggiunto il primo piano. Sven li guardava da dietro la scrivania di pietra con i suoi occhi vuoti e inespressivi.


Oreste li scortò fino ad una grossa porta scrostata di metallo color verde.


-vi siete mai chiesti come mai questa baracca si chiama Parco delle Bambole? Ve lo siete mai chiesti? – gracchiò Oreste.


Carla e Giorgio, immobili come totem davanti alla porta, singhiozzavano emettendo gemiti e grugniti indefiniti.


-rispondete!!!!


-n-no….non possiamo sap-erlo…


-apriti sesamo – gridò Oreste.


La maniglia della porta si abbassò e si spalancò davanti ai loro occhi.


-oh mio Dio! – disse Carla


Un odore di marcio li investì violentemente.


L’ambiente era illuminato solo da un paio di lampade al neon. Oreste li spinse con forza all’interno della  stanza.


Giorgio e Carla si guardarono intorno e il respiro si frantumò in mille piccoli sospiri impercettibili. Era una stanza piena di armadi senza ante. Le pareti erano ricoperte da decine di scaffali pieni di resti umani. Giorgio e Carla potevano vedere nitidamente mani e piedi appoggiati sugli scaffali, dita e occhi conservati all’interno di barattoli come quelli dei sottaceti.


-Ti prego…Oreste..!!! Lasciaci andare!!!!


-stai zitta! – disse Oreste investendo Carla con il suo alito che odorava di sangue e muffa.


Immediatamente l’attenzione di Giorgio venne richiamata da un rumore proveniente dal fondo della stanza.


Sembrava il suono che emettono i denti di un roditore quando attaccano la corteccia di un albero.


-vieni avanti.. Mr.Ugo Terra!


Il vecchio dai denti marci emerse dall’ombra della stanza e si portò davanti a Giorgio e Carla con i suoi occhi piccoli e malati.


-chi non muore si rivede…


Giorgio raccolse le ultime forze interiori di cui sentiva di essere ancora in possesso per tentare la strada del dialogo.


-Oreste…non volevamo mancarti di rispetto… cerca di ragionare…


-è tardi, ormai…noi abbiamo fame…carne fresca…. questo vogliamo….. – rispose Oreste sillabando ogni parola che gli usciva di bocca.


Il vecchio Terra teneva in mano un osso lungo e pieno di brandelli di carne e grasso.


Si voltò di spalle tornando nel suo cantuccio immerso nel buio.


Oreste si parò davanti a Giorgio e Carla.


-è stata Wilma a scegliere il nome che avremmo dovuto dare a questo posto. Devo dire che all’inizio non ero convintissimo della sua scelta ma con il tempo mi sono ricreduto. Quella è la nostra dispensa  preferita, quella speciale. Quando siete arrivati qui Wilma mi ha chiesto se secondo me era il caso di offrirvi qualcosa di davvero speciale. Ok, le ho detto. Prendi qualcosa di speciale e i nostri ospiti saranno contenti.


Non lo avessi mai fatto! Certa gente non sa che cosa voglia dire amore per il prossimo. Noi trattiamo i clienti con ogni tipo di riguardo. Mi dica, Carla, perché ha rifiutato gli zampetti della mia Wilma?


Carla, con le lacrime agli occhi e lunghe scie scure di trucco sbavato che le solcavano i lineamenti, non riusciva a parlare. La situazione era paradossale e non era difficile comprendere che qualunque cosa avesse detto non sarebbe stata accettata da Oreste.


-la prego, Carla… mi risponda.


Oreste si avviò verso la sua dispensa speciale.


Con gesto teatrale mostrò ai presenti il proprio tesoro inestimabile.


-questo è il parco delle bambole, signori! Ammirate la nostra collezione di bambole! Carne fresca, la migliore!


-Dio mio! – gridò Carla.


Erano neonati, feti rannicchiati come bambole. Tutti conservati all’interno di contenitori trasparenti. Una sfilata di orrori indescrivibili.


Giorgio, che osservava la scena con la rassegnazione del condannato a morte, ripensò al pranzo, a Carla che cercava di placare i conati di vomito.


non ho intenzione di mangiare altro, Giorgio. Non lo so, forse sono troppo suggestionabile.. ma ho la sensazione di…non mangiarli ti prego..


-lo sapevo…siete dei mostri!!!! – gridò Carla.


-sono sicuro che nella nostra dispensa c’è posto anche per il tuo frugoletto, non credi?


-noooo….che volete fare…..per favore….


-Sei un mostro..!!! Lasciaci in pace!!! – gridò Giorgio.


-tu sei inutile ormai, borghese schifoso…non credo che di te avremo bisogno. A giudicare da quello che vedono i miei occhi il massimo che possiamo cavare dal tuo corpo è un misero brodo e qualche trancio per i nostri stufati.


-no, Oreste…non farlo…


Oreste si avvicinava sempre di più verso Giorgio che indietreggiava cercando di rimandare una fine impietosa.


Un corpo umano attaccato al soffitto a testa in giù con un gancio di ferro lo fece trasalire al semplice contatto. Giorgio rimase pietrificato come una statua di cera. Avrebbe voluto difendere la sua donna e il suo bambino, avrebbe voluto impedire l’imminente massacro.


Guardava Oreste e si perdeva nel vuoto di quegli occhi malati e folli. Tentò di scagliarsi verso il macellaio con tutta la furia di cui era in possesso ma una grossa macchia bordeaux lo fece scivolare a terra e battere la testa su una cassa di metallo.


Rimase stordito.


Non aveva potuto vedere il suo carnefice che sguainava la sua mannaia personale come un boia che si scaglia sul condannato a morte.


Oreste colpì Giorgio più volte con la sua ascia fino a trasformarlo in una carcassa irriconoscibile. Schizzi rossi imbrattarono le pareti come tanti piccoli pois.


-noooooo!!!!!! Mio Dio!!!! – urlò Carla con lunghi singhiozzi isterici.


Oreste, quasi senza badare alle urla isteriche della donna, rivolse lo sguardo verso l’angolo buio.


-vieni Mr. Ugo Terra, assaggia la carne. A te l’onore della prima degustazione!


Il vecchio emerse dal suo angolo buio e si portò all’altezza del coro senza vita di Giorgio. Affondò i denti gialli ed aguzzi sulle carni imbrattate di sangue di Giorgio, masticò lentamente i brandelli assaporandone con cura il retrogusto dolciastro prima di rivolgere un cenno affermativo verso Oreste.


-bene… – fece Oreste con aria soddisfatta.


Rimase ancora un istante ad osservare il vecchio che banchettava prima di rivolgere la sua attenzione verso Carla, che si era inginocchiata a terra coprendosi il viso con le mani.


-Carla…dolce e indifesa Carla….ora tocca a te….


-lasciala a me!


Una voce di donna, fonda e crudele, spazzò via i singhiozzi di Carla e il suono dei denti del vecchio che rovistavano negli squarci che l’ascia di Oreste aveva disseminato lungo il corpo di Giorgio.


Wilma, immediatamente seguita da Sven, si era fermata sulla soglia e stava osservando Oreste con occhi folli e malati.


-prego, cara, è tutta tua….


Wilma si avvicinò a Carla con passo sicuro, si fermò davanti a lei  e la guardò un momento negli occhi. Le accarezzò  delicatamente le braccia.


-sono certa che se tuo figlio ha ereditato la tua pelle e la tua carne tenera.. beh.. i nostri ospiti rimarranno estremamente soddisfatti.


 


 


 


 


    


 

11 Commenti a ““Il parco delle bambole””

  1. oroboros dice:

    Non c’è una goccia di genio dentro. Il genio, si sa, non si fa colorare col sangue. Un inutile pulp.

  2. Luca dice:

    Scusami Oroboros se mi permetto, ma hai una vaga idea di cosa voglia dire il termine “Pulp”?. Rispetto la tua opinione ma ti comunico che non era mia intenzione colorare di rosso un genio che, peraltro, non ho mai dichiarato di possedere. Credo, al contrario, di non aver ricalcato le orme della tradizione inutilmente splatter che ci precede e di essermi concentrato più sul palcoscenico che sugli attori

  3. Andrea dice:

    Ciao Luca. Vedo che hai fatto la conoscenza di oroboros :)
    Non preoccuparti, a volte e’ un po’ brusco, ma almeno ha il vantaggio di dirti sempre quello che pensa…

    Venendo al tuo racconto: e’ vero, ci sei andato giu’ decisamente pesante. Di per se’ non sarebbe un grosso problema, ma ci sono alcuni punti che a me sono sembrati un po’ deboli, e che finiscono col far risaltare troppo la parte splatter. Mi permetto di fartene una lista dettagliata visto che il racconto l’hai mandato ad un concorso e ci hai chiesto esplicitamente un parere:

    1) avrebbe forse giovato cercare di rendere un’atmosfera un po’ piu’ inquietante. Ad esempio una descrizione migliore del paesaggio prima dell’incontro con Ugo
    2) i personaggi secondari a me sono parsi un po’ piatti, tutti quanti. E’ affascinante il loro cambiare atteggiamento in maniera improvvisa (dal cordiale all’arrabbiato), e forse avresti potuto insistere un po’ di piu’ su quell’aspetto.
    3) l’impressione globale e’ di un racconto un po’ frettoloso, che non vede l’ora di arrivare al finale truculento, e trascura un po’ tutto quello che succede prima.

    Ok, adesso ci sono andato giu’ pesante io :)

    Nel complesso mi sono divertito a leggerlo, e l’idea di quei corpi di bambini nella dispensa a me ha dato letteralmente il voltastomaco, quindi direi che da questo punto di vista hai ottenuto un indiscutibile successo :))

  4. Luca dice:

    Ciao Andrea. Apprezzo estremamente le critiche di lettori che, come te, sanno confrontarsi con gli altri con educazione e chiarezza. Le critiche costruttive sono un tesoro inestimabile per tutti. Effettivamente il racconto è un pò frettoloso… purtroppo l’ho spedito in fretta e furia perchè ho saputo della scadenza proprio alla fine. E’stato un esperimento divertente ma estemporaneo dato che questo è un genere lontano dal mio modo di concepire la letteratura. Ti ringrazio ancora con tutto il cuore per la chiarezza e la sincerità del tuo commento. A presto

  5. Andrea dice:

    Pero’ fossi in te non lo abbandonerei il genere horror. come ti dicevo il tuo racconto aveva un sacco di spunti molto interessanti…

  6. oroboros dice:

    Per “genio” intendo una caratterizzazione della storia personale e inconsueta, con spunti che nessun altro al mondo può avere in vece tua. Avresti buone doti da scrittore, è per questo che la tua storia insipida e prevedibile mi ha fatto incazzare. Eccheccazzo!… E impegnati su! Scrivere non è mica una corsa coi sacchi che basta arrivare e fanculo lo stile…

  7. Staff dice:

    Orobors… nel rispetto degli altri utenti ti invitiamo a moderare il linguaggio. Grazie.

  8. oroboros dice:

    Ossignur!… questo è Fabio…

  9. orostoros dice:

    oroboros è un coglione!
    fatto e strafatto di LSD!
    :D

  10. Luca dice:

    Ciao orostoros…. ti è piaciuto il racconto? Fammi sapere….

  11. Chris84 dice:

    Effettivamente nel tuo racconto ci sono delle scene un pò raccapriccianti, ma suppongo che tu le abbia scritte col preciso scopo di renderle raccapriccianti. Per quanto riguarda l’eventuale ulteriore sviluppo, sei stato tu stesso a dire che l’hai scritto in fretta, quindi nulla da ridire. Nonostante tutto si lascia leggere…Mi ricorda un racconto horror che ho letto tempo fa in una raccolta, ma non ricordo l’autore!

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