La fabbrica d’inchiostro

Una raccolta www.storydrawer.org

3 e 32

Pubblicato da luca il 15 gennaio 2010

Scarica come ePub

1 Star2 Stars3 Stars4 Stars5 Stars (1 votes, average: 3,00 out of 5)
Loading ... Loading …

Aveva una piccola casa in un paese chiamato Onna. Nessuno si accorse che Bartolo era ancora in casa quando il morso dell’Orco spazzò via tutto. Mentre rovistava tra i brandelli di vita che lo avevano ricoperto nello spazio di ventisette secondi pensò che la fine era arrivata. Pensò al boato che lo aveva svegliato alle tre e trentadue e alle pareti della sua casa che si erano sbriciolate come biscotti in una pressa. Aveva visto le linee nere apparire sull’intonaco bianco ed aprirsi come crateri. Aveva creduto di sognare, di trovarsi su una giostra.Aveva avuto solo il tempo di pensare che la sua stazza gli avrebbe impedito di fuggire. Era obeso, calvo e soffriva di problemi respiratori. Due occhi blu, piccoli come bilie, gli avevano mostrato la strada verso l’inferno. Non aveva fatto in tempo a guardare sua moglie, con la quale aveva in comune solo la pancia voluminosa e il respiro affannoso. Così aveva deciso di aspettare per vedere che cosa succedesse. L’urlo di Irma era stato inghiottito in un vortice di polvere ed era cominciata la discesa. Una sorta di ascensore senza cabina e pulsanti lo aveva traghettato lontano dalla sua stanza, lontano dalle sue pillole e dalle sue sigarette. In fondo ad un tunnel fatto di calcinacci, mobili distrutti, pezzi di pavimento squarciati dal peso del soffitto e di parte del tetto. Insieme ad Irma.Meno di mezzo minuto e la sua casa lo aveva schiacciato. Quando riaprì gli occhi si accorse di trovarsi in una posizione innaturale. Si trovava supino, con entrambe le braccia sotto la schiena e la testa rivolta verso sinistra. Il materasso aveva impedito che qualcosa di grosso e pesante potesse sconfiggerlo prima ancora di combattere. Tentò di divincolarsi, scostò il materasso con le braccia e spostò un grosso pezzo di parete che gli premeva sullo sterno. Tentò di muovere le gambe e percepì una risposta inaspettata. Sembrava che fossero rimaste illese. Si guardò intorno per prendere dei punti di riferimento. C’era una cosa che somigliava ad un tavolo un paio di metri sulla destra. Il viso gli bruciava, sia sotto gli occhi che intorno alla bocca e sul mento. Guardò in su, costringendo i suoi occhi a spalancarsi fino al limite massimo di sopportazione.Vide il cielo di aprile quando alzò lo sguardo verso l’alto in cerca del soffitto. Un occhio irregolare e dai contorni bianchi lo guardava dritto in viso.Un attimo dopo si rese conto che il soffitto gli aveva bloccato le gambe e che il grande occhio non era altro che un grande squarcio nel vuoto. Non sentì dolore, solo un leggero formicolio che dall’anca si spostava in basso fino alla punta dei piedi. Sulla sinistra vide una testa e una mano. La mano era certamente quella sinistra e all’anulare c’era una fede nuziale. Il corpo si presentava alla sua vista come quello che ogni notte gli faceva compagnia sotto le coperte. Sembrava che Irma stesse dormendo, come faceva sempre, dandogli la schiena. Il braccio sinistro era seppellito sotto il corpo di sua moglie ed emergeva dal suo fianco come se fosse solo un semplice guanto rosa. Quello che mancava era il suo respiro affannoso. La camicia da notte era squarciata all’altezza delle spalle e un grosso coltello da cucina le si era conficcato sull’avambraccio. Trascorse a guardare il cadavere di sua moglie per almeno mezz’ora. Allungò la mano ricoperta di polvere bianca ed estrasse il coltello dal corpo di Irma. All’improvviso l’Orco tornò a trovarlo. Bartolo si coprì gli occhi con le mani mentre quello che restava della sua casa divenne solo un informe insieme di oggetti all’interno di un frullatore. Eppure riuscì a liberare le gambe. Provò a voltarsi per vedere se ci fosse una via d’uscita ed una fitta lancinante lo trafisse all’altezza del fianco sinistro. Pensò che si fosse rotto tutte le costole seppellite sotto il grasso del suo corpo. “Irma?” La sua voce era quella di sempre. Le parole si fecero largo tra le macerie accompagnate dalla solita  cronica raucedine. Pensò che Irma era stata più fortunata di lui. Bartolo sapeva che non ce l’avrebbe fatta a superare da solo quella notte. I soccorritori sarebbero arrivati, se non erano già fuori a contare le vittime. Lo avrebbero tirato fuori di lì, ma la sua casa sarebbe stata l’ultima della lista, perché Bartolo era solo un fantasma, uno che non usciva mai, uno che non aveva amici, uno che era considerato pazzo. Tutti dovevano stare lontano da lui e da quel mostro di sua moglie. Pensò che gli abitanti del paese non avrebbero fatto nulla per salvarlo. Mentre ragionava sul da farsi la fame tornò a distrarre la sua attenzione. Se proprio doveva morire quella notte, pensò, avrebbe voluto almeno farlo con la pancia piena. Non c’era niente intorno a lui all’infuori delle irriconoscibili ferite della sua casa. Tornò a guardare il corpo di sua moglie. Provò a strisciare come un serpente per avvicinarsi a lei. Era sdraiato a pancia in su, le gambe libere ma doloranti, le mani che scavavano alla ricerca di qualcosa che nella sua testa non aveva ancora un’immagine e neppure un nome. Quando vide il coltello insanguinato appoggiato sul materasso, se del materasso si trattava, dovette combattere per respingere l’impulso che iniziò a tormentargli la mente. Lo raccolse e lo osservò bene. Era quello che usava per uccidere l’agnello. Irma continuava a dargli le spalle. Con la mano destra tentò di girare il corpo di sua moglie in modo da poterle guardare il viso. Anche le gambe di sua moglie erano rimaste bloccate da qualcosa di indefinibile ma pesante. Il busto, al contrario, era del tutto sgombro. Sempre strisciando come uno strano millepiedi afferrò il corpo di sua moglie per la spalla e lo girò verso di  sé. Quando vide il suo viso non poté trattenersi dal vomitare la cena della sera prima, quella che avevano consumato parlando di quello che sarebbe potuto succedere se il terremoto fosse tornato.“Dovremmo dormire fuori, Bartolo.”“Io non dormo da nessuna parte, Irma,  a parte il mio letto.”Guardò il sangue che aveva colorato il viso di Irma come se indossasse la maschera. Il viso tumefatto della donna era diventata un caricatura macabra e senza forma. Gli occhi erano ancora aperti e Bartolo dovette affrontare l’espressione di paura riflessa nelle pupille. Il naso era stato sostituito da una poltiglia di cartilagine e ossa spezzate mescolate a polvere bianca. Pensò che il soffitto le fosse caduto proprio al centro del volto. Il resto del viso presentava un numero incredibile di ferite, escoriazioni e lividi.“Irma, ho fame.”Bartolo sapeva che quando sua moglie lo sentiva pronunciare quella frase, tutto si sarebbe aggiustato. Sarebbe corsa in cucina e gli avrebbe preparato da mangiare, a qualsiasi ora del giorno o della notte. Un attimo dopo scoppiò a piangere prima di prendere il coltello e piantarlo nel braccio di sua moglie.“Scusa, Irma.” Tutto accadde con grande naturalezza. Irma non avrebbe sofferto per quello che le stava facendo. Bartolo non dubitava di ciò. Bisognava solo che comprendesse la situazione. Tagliò un brandello di carne flaccida e tiepida all’altezza dell’avambraccio e se lo rigirò tra le dita prima di infilarlo in bocca. La masticazione fu lenta ma piacevole. Pensò che la carne umana avesse un sapore simile a quella di maiale. Quando il coltello gli consegnò il secondo pezzo del braccio di Irma ebbe la sensazione che fosse ancora più dolce di quella di cavallo. Pensò che se fosse riuscito a liberare le gambe di sua moglie da quella morsa infernale forse avrebbe potuto assaggiare una coscia, la parte che preferiva in assoluto quando si trattava di pollo o agnello. Le gambe di Bartolo iniziarono a cedere. Il formicolio che aveva avvertito in precedenza si era trasformato in dolore, il dolore più forte che aveva provato in tutta la sua vita. Digrignò i denti e colpì con un pugno lo sportello dell’armadio con le tazzine. Qualche metro più in là vide anche i cocci delle tazzine e non poté fare a meno di desiderare un caffè. Pensò che fosse il caso di smetterla di agitarsi. Sarebbe stato meglio mantenere la calma e attendere l’arrivo dei soccorritori. Aveva da mangiare e aveva un coltello. Pensò a quell’oggetto. C’era stato il terremoto, la casa si era sfaldata come un castello di sabbia eppure il destino gli aveva fatto un regalo. Quel Dio che aveva invocato solo attraverso feroci imprecazioni lo aveva aiutato? Non si era limitato a fornirgli lo strumento ma gli aveva anche mostrato la via per la sopravvivenza. Pensò alla lama conficcata nel braccio di Irma e scoppiò a ridere. Sei salvo, Bartolo…“Non importa.”Dopo sei ore trascorse sdraiato su un letto di mattoni scheggiati anche la sete iniziò a tormentarlo. Mentre da fuori la sirena di un’ambulanza sembrava aver squarciato il silenzio surreale di quella che era già mattina, si sbottonò i pantaloni e con la mano cercò il suo pene. Mentre tentava di orientare il ciclope dalla testa calva in direzione del suo viso pensò che non sarebbe riuscito a portare a termine l’impresa. Tentò di sollevare il capo quel tanto che bastava e di svuotarsi interamente la vescica in bocca. In un primo momento lo schizzo giallo lo colpì al centro del volto procurandogli un forte bruciore. Successivamente riuscì ad orientare il getto di quella improvvisata fontana  carica di ammoniaca ed ingoiò quello che ne rimaneva. Non appena l’urina incontrò le pareti interne della gola si sentì soffocare. Il liquido era caldo ed intollerabile. Tornò a distendersi, con i pantaloni all’altezza delle ginocchia e le mutande umide. Dormì per qualche minuto. Un attimo dopo avvertì una specie di scricchiolio e lo sguardo si perse su di un tramezzo in cemento che sembrava sul punto di cadere. Era appoggiato su una matassa inestricabile di pietre grigie e piastrelle.Per la prima volta Bartolo ebbe paura di morire. C’era quella strana sensazione, simile ad un torpore ma diversa dal sonno. Era debolezza, la stessa che precede il sonno, solo più forte. Pensò che forse la luce che cominciava ad illuminare quel giaciglio di pietra provenisse da un punto ancora più lontano, più alto del cielo. Forse, al di là delle nuvole, i soccorritori si erano attrezzati per pensare anche a lui. Magari, tra qualche minuto, sarebbero venuti a riprendersi il coltello in cambio di una borraccia. Pensò che se avessero visto quello che aveva fatto a sua moglie lo avrebbero arrestato. Immaginò una cella, una branda con le coperte verde scuro e un water sporco e pieno di croste marroni. In quel momento tutto sarebbe stato migliore di quello che aveva lui. Aveva mangiato il braccio di sua moglie, si era pisciato in bocca. Non avrebbe avuto niente in contrario se lo avessero sbattuto in prigione.Pensò alla sua casa. Non l’avrebbe ricostruita. Sarebbe andato a vivere altrove.Tutti, però, avrebbero visto quello che aveva fatto e avrebbero continuato a credere che fosse pazzo. Pazzo e cannibale. Pazzo, cannibale e perverso.Raccolse nuovamente il suo coltello e ricominciò a banchettare. L’Orco lo venne a chiamare mentre la lama sfiorava la schiena di Irma proprio all’altezza della scapola. Un boato forte, come quello di una moto, un ringhio feroce, un serpente che scava il suo percorso a chilometri di profondità. Vide il grande occhio allargarsi fino a diventare cielo, vide il sole tingere di giallo tutto quello che lo circondava. L’ultima cosa che vide fu un’ombra. Una macchia nera che al rallentatore circondava il suo corpo fino a ricoprirlo quasi interamente. Il boato che aveva preceduto il ritorno dell’Orco aveva coperto il suono dello scricchiolio sopra la sua testa e Bartolo non aveva neppure avuto il tempo di voltarsi.    

Un commento a “3 e 32”

  1. andrea dice:

    Ciao Luca.
    Bello rileggerti :)
    Riesci molto bene a mantenere la tensione. Il cannibalismo poi fa sempre un certo effetto sul lettore.
    Io forse avrei sviluppato un po’ di più i rapporti del protagonista con la moglie.
    Grazie per avercelo fatto leggere!

Lascia un commento

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>