MIMMO BURZACHECHI – Racconti Gotici

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Abandon

Pubblicato da maelstrom il 12 settembre 2007

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BESTIARIO NEO-EVALE

 

 

Abandon

 

 

Visitate il sito ufficiale: http://www.mimmoburzachechi.com

 

 

Mi
chiamo Yuma e ho 10 anni. Sono vecchia lo so, ma cosa credi che i vecchi non
abbiano un cuore? Sono un boxer. Michele quando aveva 12 anni mi ha voluta. Ero
un batuffolino marrone. Lui andava matto per la mia linguetta sottile ancora
come una foglia che faceva capolino fra i miei denti bianchi, piccoli e aguzzi
ed era come umida di rugiada mentre i miei occhi erano ancora chiusi. Odoravo
di latte. Lui andava matto per le spalle larghe di mio padre e i suoi muscoli
tesi sotto il pelo lucidissimo. Lui andava matto per il portamento elegante di
mia madre, best in show, in tutte le esposizioni.

Lui
mi voleva. Lui mi ha voluta.

Ed
io l’ho amato subito. Mi portava a passeggio su Via Torino tante volte al
giorno ed io tiravo con frenesia fino alla svolta di Via Manzoni. Lì si apriva
uno slargo e sotto lo stadio di calcio c’era un campo da gioco più piccolo
ormai abbandonato dove mi liberava.

Ricordo
l’erba soffice sotto i miei cuscinetti. Il mio biondo padroncino che mi
inseguiva, finché aveva fiato. E poi io inseguivo lui. Ma correvo piano per non
fare finire il gioco se lo avessi preso.

Poi
a casa mi difendeva a spada tratta se sua madre si metteva a gridare perché
avevo fatto cadere il vaso del ficus o se suo padre mi inseguiva brandendo la
pantofola rimasta intera dopo che avevo rosicchiato la sinistra.

Ricordo
di averlo trattenuto con i denti per un po’ mentre la corrente del fiume lo
stava trascinando quando ci fu la piena del 22 agosto. E poi non ce la feci più
e ho abbaiato fino a rimanere quasi senza voce finché sono giunti i soccorsi.

Ero
con lui alla festa dei suoi 18 anni. Mi aveva messo un buffo cappellino in testa.
Mi dava fastidio, ma ero la stella della sua serata. Ed ero ancora lì, alla
festa del suo diploma ottenuto con due anni di ritardo. Ero lì in un locale
dove i cani non possono entrare. Con liti, minacce e sovraprezzo io ho avuto il
mio posto a tavola.

Ero
la beniamina di tutti

Ho
10 anni. Non so dove sono. Le mosche ronzano feroci sulla mia ciotola
arrugginita. E non posso scacciarle perché la catena che ho legata al collo non
mi consente di raggiungerla. Ho sete e tanto freddo. Ogni tanto un pastore misericordioso
mi cambia l’acqua e mi porta del rancio avanzato a volte dalla tavola degli
umani di quella casa che non ho mai visto all’interno a volte avanzato dal
pasto dei porci dell’allevamento.

Ho
tanto freddo. Mi fanno male le zampe, quando mi giro in aria nervosamente per
cercare di spezzare la catena.

Mi
hanno liberata una sola volta, ma io ho rincorso le pecore. Non volevo
ucciderle credimi. Volevo solo giocare agli inseguimenti come facevo col
giovane Michele all’ombra dell’imponente struttura di cemento armato dello
stadio di calcio.

Il
figlio del pastore misericordioso mi ha preso a bastonate e calci e da allora
conosco solo un metro quadrato.

Mi
fanno male le zampe e anche gli occhi.

Quando
il sole è forte e non ho ombra mi acceca.

Non
credere che io sia stupida potrei chiudere gli occhi, ma se li chiudo anche
solo per un attimo, non so se per caso arriva Michele a prendermi. Sono 5 mesi
e 23 giorni che non lo vedo più.

Non
vedo suo padre, burbero, ma buono, non vedo più sua madre severa e amorevole.
Non so più cosa sia una carezza.

Mi
ero impossessata di una poltrona soffice e comoda anche se, per le ore che il
padre di Michele guardava la TV dovevo scendere.

E
stavo al caldo. Ma non era un calore che mi lambiva solo il pelo, lucido e
pulito all’epoca. Era un qualcosa che mi penetrava nel cuore. Mi riscaldava
tutta e quando la sera tornavano tutti Michele, suo padre e sua madre, cercavo
di muovere freneticamente quel mozzicone di coda che mi era rimasto, tremavo
tutta e latravo perché non riuscivo a contenere la felicità.

Delle
volte mi accarezzavano tutti e tre insieme ed io a pancia all’aria mi dimenavo
felice. In quei momenti mi ricordavo la cuccia, mia mamma che mi allattava, i
miei fratellini. Mi sembrava di tornare con loro ed ero così felice.

Delle
volte il figlio del pastore misericordioso alza una mano su di me per
schiaffeggiarmi. Ho imparato a non ringhiare e non morderlo perché poi non
posso sfuggire alla sua ira. La catena sai..

Non
ricordo come sono arrivata qui. Ma so che Michele mi ama, non chiudo mai gli
occhi. Giorno e notte attendo, so che verrà a prendermi.

 

“Michele
io ti amo lo sai. Mi piaci un casino e mi piace come mi guardi, mi piace quello
che mi dici. Mi piace quello che mi fai, quando la sera tardi posteggiamo la
macchina nel campo di calcio vecchio, sotto lo stadio e rimaniamo lì. Ma… se
vuoi che continuiamo a stare insieme devi liberarti di Yuma. Sai che ho il
terrore dei cani. Da piccola sono stata morsa alla caviglia da uno stupido
cagnolino sol perché gli ho pestato la coda”

“Ma…
Adel…. Yuma è…”

“Scegli
Michele, o lei o me! Puoi portarla in campagna nella tenuta di tuo padre.
Vedrai i coloni la terranno bene. Invecchierà bene lì, libera felice, all’aria
di campagna. Potrai vederla quando vorrai”

“Hai  ragione Adel. Farò come dici”.

Io,
Michele, non ebbi mai il coraggio di tornare da Yuma e guardarla negli occhi
senza avere voglia di morire. E a morire fu lei, 2 anni dopo. Per scarse
condizioni igieniche. Denutrizione. Acciacchi non curati. Ho 52 anni, sono
sposato con Adel. Penso sempre a Yuma. Adel non vuole cani per i nostri
bambini.

Vedo
gli occhi marroni di Yuma in ogni angolo, che mi implorano. Sento i suoi guaiti
mentre la macchina si allontana e la lascio in campagna da Ivo. Il bravo Ivo…
si tutte scuse, so come tratta i suoi cani Ivo…Compra, vende, picchia.

I
suoi occhi marroni dappertutto. Ogni giorno. Mi implorano, mi accusano. Il suo
latrato. Litri di calmanti. Non me ne libererò mai. Scialato ho nella colpa, or
la mia coscienza è insorta. Contro di me.

 

So
che Michele mi ama, non chiudo mai gli occhi. Giorno e notte attendo, so che
verrà a prendermi.

 

Mimmo
Burzachechi.

 

                                                            

6 Commenti a “Abandon”

  1. fabio dice:

    Uao, mi sono commosso, ho gli occhi lucidi.
    E’ un racconto triste che mi ha fatto riflettere sulla crudeltà dell’abbandono. Ho apprezzato molto la storia vista attraverso gli occhi di Yuma e la rivelazione finale, complimenti!

  2. Ilaria dice:

    Come Fabio, mi sono commossa anche io… Complimenti!

  3. maelstrom dice:

    Grazie. Ma soprattutto grazie da parte degli animali di cui io sono amante e difensore, per esservi interessati alla loro causa.

    x fabio bellissima la tua Scatola ho scritto un commento
    x Ilaria il tuo diario è stupendo, quasi ti si può vedere in viso e dentro. (c’è un commento anche per te)

  4. Andrea dice:

    Wow Mimmo che spettacolo questo racconto! Bellissimo come hai diviso la storia in due parti che iniziano quasi allo stesso modo (“ho 10 anni”), ma di cui una e’ felice e una e’ triste.
    Molto convincente la descrizione dei sentimenti del cane. Dovresti dare un’occhiata alla raccolta di Evaluna: anche lei scrive racconti bellissimi sugli animali :)

  5. fausto dice:

    fantastico! ho le lacrime!”I suoi occhi marroni dappertutto. Ogni giorno. Mi implorano, mi accusano.”grande Domenico!

  6. Chris84 dice:

    Mi è piaciuto molto…toccante al punto giusto!

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