Senso e Rivelazione – Quinta Parte o Postilla
Pubblicato da maelstrom il 17 dicembre 2007
Postilla sui sensi. Dialogo ideale. Scherzo.
Vorrei ringraziarvi per aver prestato attenzione a questo mio ultimo lavoro. Se siete giunti fin qui, avrete probabilmente letto tutta la novella che ha carattere paratattico, sincopato e di ispirazione (che dice questo esaurito? para..che?!?!), oppure siete curiosi di avere qualche informazione in più prima di dedicarvi alla lettura del testo. (sacrosanto, giustissimo dico io, ve le darò se ci riesco!)
Nella prefazione mi rivolgevo a chi la novella la avrebbe letta in ogni caso, qualunque fosse stata l’impressione del testo introduttivo (“testino”, dici la verità ai lettori!) (ok testino è vero, potevo introdurre meglio la novella, ma non volevo annoiare), in questo altro spazio invece – la postilla – dopo i doverosi ringraziamenti, mi rivolgo agli indecisi. Sì! Proprio agli amici che vogliono sapere: ne vale la pena? (sì dico io)
In ogni caso, questo (sì) dovreste essere voi a dirmelo in tutta sincerità, a posteriori, solo dopo aver letto (questo vale per i critici soprattutto, quelli che stroncano un un’opera prima di leggerla, fai solo finta di rivolgerti agli amici, in realtà ti rivolgi a loro) (mi hai fregato, un po’ è vero) ed io sarò ben lieto di accogliere costruttivamente gli elogi o le critiche che puntualmente voi affezionati mi mandate via e-mail o mi esprimete a voce (voi amici vicini). Certamente, se ne vale la pena, si può dire solo dopo la lettura, starà pensando qualcuno, (sei presuntuoso a dire “sì, ne vale la pena.” E caspita che arroganza!) (io immagino che ci sia qualcuno che lo pensa) altri invece diranno che il tempo a disposizione è sempre poco e “investirlo” per leggere qualcosa deve avere un ritorno sicuro (se mi fai perdere mezz’ora a leggere una cavolata, col cavolo che mi leggo il prossimo che scrivi) (sto parlando di investitori di borsa con propensione alta al rischio e altri con propensione bassa al rischio, lo stesso titolo azionario sale e scende, a volte guadagna altre perde…)
Eccoci di nuovo. Abbiamo “scherzato” con questo dialoghetto immaginario fra l’autore, i lettori e il Leandro della novella che si intromette, se vi è piaciuto questo stile giocoso ed interlocutorio, le frasi fra le righe che esprimono quello che uno dice nella mente senza falso pudore dopo avere pronunciato qualcosa a voce, se vi piacciono battibecco e schiettezza, allora leggerete (o avete già letto) con piacere, stimolo e divertimento questa novella basata su alcune mie passioni-ossessioni e per il resto di pura fantasia (per tua fortuna) (ancora scherzi? Stiamo parlando di una cosa preziosa: il mio tempo libero. Non c’è da scherzare) (ok lo scherzo è finito, se Dio vuole e se le voci stanno zitte, soprattutto) nonché costruita su un crescendo di follia che intensifica l’affollarsi delle voci interiori nella testa confusa del povero Leandro e accelera lo schiarirsi della disinibizione concettuale e verbale. (verboso e antipatico!) (eh! eh! Adesso sei tu lettrice mia, fratello mio che ricominci, io stavo zitto!) Alla fine arriva in Leandro la sconcertata constatazione e presa di coscienza della propria follia che va e viene a periodi.
Lo scritto si occupa, in buona misura, dell’apparato dei sensi umani e della percezione nella chiave del disturbo psichiatrico da cui il personaggio della novella è affetto.
Nelle prime tre parti narrative incontriamo: evento, percezione dell’evento, reazione all’evento. Esattamente come nell’approccio della Terapia Razionale Emotivo Comportamentale (REBT), il racconto percorre l’elaborazione dell’evento da parte Leandro e mostra come l’evento si ingigantisca sempre di più nella sua mente e come, sempre più eccessive, siano le sue reazioni.
Il testo, abbastanza vivace, senza pretese filosofiche, suggerisce che, fra la percezione sensoriale e il comportamento conseguente a ciò che si è percepito, ci sia – al centro – un “qualcosa” di misterioso che altera la conoscenza. L’invito a credere che non sia possibile determinare cosa ci sia veramente fuori dall’essere umano e che sia altresì impossibile stabilire chi sia pazzo e chi savio, Leandro lo spedisce ai suoi auditori confezionato in una busta trasparente.
È utile una busta trasparente? Chissà! Dentro all’invito c’è scritto qualcosa del genere: (nel libretto si trova a pagina… mah! dipende dall’edizione definitiva che ne so in questo momento della prima stesura?) (voi scrittori volete avere sempre l’ultima parola) (ok sto zitto, dilla tu l’ultima)
Cari amici,
il giorno 30 febbraio dell’anno zero, siete invitati a credere che io non sia pazzo e che l’universo sia fatto di tre dimensioni […]
vostro Leandro
(e dilla l’ultima!)
(e che ne so? Mi sembra tutta una pazzia, tutto un impasto. Solo te la canti e solo te la suoni, ecco l’ho detta!)
(e se la tua voce lettrice mia, fratello mio fosse stata fuori di me quale voce del popolo, quale sentore comune, prima di essere in me? Allora sarei sempre a parlare solo o no?)
(eh! eh! ora ti sgrido io, avevi detto che la lasciavi a me l’ultima battuta!)
(hai ragione non dico più niente)
(hai detto qualcosa)
M.B.
18 dicembre 2007 alle 11:59 pm
sinceramente..mi sono persa…ma forse era questo lo scopo?