MIMMO BURZACHECHI – Racconti Gotici

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Boris, il bufalo.

Pubblicato da maelstrom il 7 ottobre 2010

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BORIS, IL BUFALO.

La bruma lusingava radente la pianura e faceva sembrare i contorni della sua sagoma ancora più minacciosi di quanto fossero in realtà.Era appena uscito dal rifugio notturno che gli uomini avevano preparato per lui e per gli altri riproduttori e vagava nella nebbia della prima alba ancora incerto sulla direzione da scegliere.La vicina tangenziale iniziava a popolarsi di automobili e furgoni che avevano il compito di trasportare gli uomini al lavoro e le merci e le carni nei supermarket.Boris, il grosso bufalo che dominava la pianura, non era felice. Il freddo improvviso, subentrato al confortevole calore notturno della stalla ed il rumore sommesso, ma incessante dei mezzi a motore. lo disturbavano.Di tanto in tanto barcollava da fermo per orientarsi alla ricerca del pascolo migliore, il freddo era quasi insopportabile per uomini ed animali. Nella bassa Pianura Padana era sempre così, da novembre a febbraio.Andrea lo vide tremolare nella nebbia dal potere mimetico e dovette odiarlo forse per quel motivo: gli sembrò un enorme fantasma marrone pronto a slanciarsi e ghermirlo per portarlo nel regno dei morti.Fu solo un’impressione, ma fu sufficiente ad innescare in Andrea l’antipatia per quel bufalo che per primo si era mosso dal giaciglio notturno.Alla redazione italiana del National Geographic, in Via Cristoforo Colombo, la mattina del 10 dicembre si era discusso del futuro di Andrea Sartori come reporter. Il Natale era vicino, il numero dicembre faceva già bella mostra di sé nelle edicole ed Andrea Sartori era sempre il miglior documentarista con cui avessero collaborato. Però… C’era un però.Roxie Gamon, il nuovo acquisto in minigonna fucsia che la redazione aveva selezionato per la sua conclamata esperienza nella composizione delle copertine del corrispondente magazine americano, aveva obbiettato – benché i contenuti non fossero la sua specialità – che gli ultimi reportage di Andrea e soprattutto le ultime tranche di materiale video inviato, fossero piatti. Sì, insulsi e banali aveva detto. Visti e rivisti.Non si poteva darle completamente torto, del resto nell’ambito dei documentari sugli animali era facile scivolare nel qualunquismo narrativo, nella ripetitività, nella noia della scienza o delle attitudini comportamentali. Ma un reporter che cosa si sarebbe dovuto inventare?Quando l’obiezione della oracolare Roxie fu manifestata telefonicamente ad Andrea, che si trovava in provincia di Reggio Emilia, il panico che sferzò il ragazzo andò ben oltre tutto ciò che è comprensibile.Boris, il bufalo marrone, soleva staccarsi dalla stalla per primo ogni mattina e rincasarvi per ultimo.Il suo comportamento era dovuto semplicemente al fatto che avesse più fame e bisogno di alimentarsi rispetto agli altri componenti della mandria. Questa, quantomeno, era l’idea che Andrea si era formato osservandolo il grande erbivoro nella fattoria in cui aveva ottenuto il permesso di fotografare e girare video.La nebbia che attanagliava la Bassa in quei giorni di dicembre era la condizione meno opportuna per le riprese fotografiche e le documentazioni video. Tuttavia bisognava arrangiarsi.L’attenzione di Andrea era focalizzata esclusivamente su Boris, l’esemplare più grosso e scontroso di tutto l’armento. Il ragazzo voleva dimostrare che anche fra gli erbivori esistesse una sorta di rivalità per l’approvvigionamento del cibo e che quel singolare esemplare di bufalo avesse sviluppato l’astuzia di uscire prima degli altri dalla stalla per approfittare della biada secca, affastellata dai contadini prima dell’alba. Ne aveva discusso con l’etologo, il professor Turchetto, il quale aveva espresso dei dubbi sull’ipotesi, ma ne era rimasto affascinato e gli aveva chiesto un dossier per avere la possibilità di esaminare le cose.«Un bufalo che fa il furbo per precedere gli altri bufali in quella dannata pianura nebbiosa? Ma andiamo, su, non scherziamo,» aveva sentenziato sbeffeggiante Roxie quando aveva appreso la natura dell’ultimo progetto di Andrea Sartori, «non riesco a immaginare niente di più squallido, signori!»In Via Cristoforo Colombo, subivano una forte fascinazione di Roxie e del suo pregresso incarico di comporre nientemeno che la copertina del mensile specializzato in natura e fotografia più prestigioso d’America. Parimenti, il gruppo che valutava gli articoli, le immagini e gli inserti da accludere ai numeri mensili della rivista, aveva una grande apprezzamento per il lavoro e per il gusto di Andrea Sartori.In Via Cristoforo Colombo, non sapevano chi accontentare e chi deludere.L’incerto fu dissoluto a metà dicembre. Andrea era tornato a Roma in redazione per riferire sugli sviluppi del suo reportage. Era un ragazzo di poco più di venti anni, alto e robusto, con i capelli corti, biondi e lisci. Nei periodi in cui era impegnato in qualche lavoro in mezzo alla natura, per comodità, lasciava che la barba bionda crescesse ispida e la tagliava. prima che diventasse lanuginosa.Si presentò in sala riunioni con la barba spinosa, la pelle del collo macchiata, un paio di jeans a vita bassa consunti, una camicia jeans, scarponi marroni da trekking con qualche traccia di fango secco.Faceva senso in una certa misura, ma aveva anche il suo fascino e Roxie, la quarantenne donna in carriera, lo percepiva distintamente come all’epoca del suo arrivo in redazione, pochi mesi prima. Fin dapprincipio aveva fatto delle avances al giovane Andrea e si era sentita rispondere in lingua inglese che la differenza di età poteva essere un problema e che era meglio rimanere buoni colleghi. Da quel momento aveva iniziato sia a parlare un po’ di italiano, sia a detestare il ragazzo che l’aveva umiliata e l’aveva fatta sentire improvvisamente “scaduta”.Andrea ben immaginava il motivo della detrazione professionale nei suoi riguardi ad opera di Roxie Gamon e cercava di essere sempre gentile con lei e diplomatico. Quel giorno, quando Roxie – con l’intento di mettersi in mostra al giornale, nonché per vendicarsi dell’oltraggio subito – sciorinò la sua sfuriata contro i servizi per il National Geographic dal marchio ormai inflazionato, vetusto e logoro, Andrea non riuscì a trattenersi.Roxie, sfoderando il consunto cliché del rinnovamento, aveva riattaccato, ormai più calma, con il discorso che un giornale debba sapere seguire i tempi e le tendenze, interpretare l’umore dei lettori e l’atmosfera del mondo contemporaneo. Ammetteva che l’argomento scientifico-divulgativo fosse sempre un tema serio da trattare, ma che tuttavia dovesse essere reso emozionante.Emozionante aveva detto.«Vuoi qualcosa di emozionante Roxie? Bene, entro fine mese, prima del numero di febbraio, lo avrai,» fu la risposta di Andrea che abbandonò la riunione senza salutare nessuno.Sulla porta della sala circolare, prima di oltrepassare l’uscio, aveva detto a Roxie voltandosi indietro: «L’emozione la conosco io. Io, vestito degli stracci che uso sul campo, con l’attrezzatura sempre nel cofano della macchina e con il profumo della stalla sul collo. Tu, nei tuoi tailleur colorati e stantii dell’aria perennemente viziata degli uffici, o al massimo con i tuoi completini che annusano l’aria degli spogliatoi di qualche palestra, che ne sai di avventura? Che hai nella borsa, un binocolo da esploratore o forse un pacchetto di Marlboro Light? Una bussola o un ritocco per il trucco?» Aveva sbattuto la porta.L’accesso d’ira gli era valso la perdita della fiducia sul piano personale da parte del giornale. Non avevano intenzione di liberarsi di lui, tuttavia pensavano ormai che Roxie avesse ragione e che quel ragazzo, di sicuro talento, dovesse svecchiare il proprio lavoro.L’indagine di stampo etologico sul bufalo Boris, fu sospesa e fu chiesto ad Andrea Sartori di proporre qualcosa di più avvincente per i lettori. La linea di Roxie era passata nettamente, con sua somma soddisfazione. Era una ripicca verso Andrea che se l’era tirata con lei.Boris si spostava annoiato da un ciuffo d’erba all’altro. L’inverno era avaro di risorse e Boris, seppure in una forma di inconsapevolezza, come ogni bufalo attendeva pazientemente l’arrivo della primavera, quasi che l’erba fresca ed abbondante, insieme al sole caldo, dovessero ripresentarsi inaspettatamente una mattina qualunque.«Perché vuole proprio Boris signor Sartori? È il nostro miglior riproduttore! Le costerà moltissimo e per farci del filetto veramente non val la pena, le dico.»«Sono disposto a pagare bene.»«Se le cose stanno così, sia pure. Glielo vendo. Ma sappia che con il suo danaro mi priva del mio orgoglio di allevatore e di un affetto anche. Certo, anche di un affetto.» Il fattore era meditabondo, ma non sapeva rinunciare all’offerta di Sartori e sapeva dolorosamente che il suo lavoro consistesse nel commerciare in animali e derivati. La loro vita per il suo agio. La loro felicità per il suo superfluo. Lo sapeva ed allo stesso tempo non sapeva che farci, la natura era crudele e basta, risolveva la questione morale con questo convincimento.Andrea pagò all’allevatore il prezzo pattuito e da quel momento Boris, senza saperlo, fu suo.Il bufalo, invece, pensava di appartenere solo a se stesso, come con diversi gradi di consapevolezza pensano tutte le creature.Per un periodo, Boris rimase comunque nel comprensorio dell’allevamento, come era stato stabilito. Questa accorgimento avrebbe consentito di osservare e documentare la vita del bufalo nel suo ambiente naturale fino al momento in cui Andrea non avesse deciso. Avrebbe deciso che i filmati introduttivi bastavano e poi lo avrebbe portato via.Andrea Sartori era un ragazzo talentuoso, impulsivo, immaturo ed autosufficiente.L’autosufficienza economica era la sua fissa. Da giovanissimo aveva vissuto traumaticamente il rapporto con il denaro. Dapprima aveva dovuto fare i conti con la severità di sua madre la quale, alla prima inosservanza dell’adolescente, gli sospendeva la paghetta settimanale. In seguito, per procacciarsi dei soldi che provenissero da fonti extrafamiliari,  aveva dovuto vivere l’esperienza del Call Center. Quattrocento euro al mese, dei quali oltre cento li spendeva in carburante per raggiungere il posto di lavoro, l’angheria dei responsabili di sala e la frustrazione degli interlocutori pretenziosi. Aveva detto basta.Ora che aveva un contratto con il National Geographic, attraversava un momento di felicità. Fotografia, scrittura e contatto con la natura, da semplici passioni adolescenziali si erano tramutate in attività fruttuose oltre che divertenti. Non voleva ripiombare nell’abisso della ricerca di un lavoro e magari finire a svolgere delle mansioni sconfortanti e faticose.L’accordo flessibile con la rivista, gli fruttava all’incirca quarantamila euro all’anno. Non si trattava di uno stipendio, ma mediamente, con i servizi che riusciva a farsi pubblicare, tirava su ogni anno una somma simile. Era già il terzo anno di collaborazione e la cosa che lo appagava di più era il senso di piacere nello svolgere quel lavoro. I ricavi erano ottimi dal suo punto di vista, ma era l’aspetto che meno gli interessava. Aveva il terrore che quel senso di pacificazione col mondo che stava vivendo e che derivava anche dal suo lavoro libero, potesse svanire in seguito al licenziamento. Temeva che Roxie potesse boicottare la sua opera al punto di fare preferire un altro reporter a lui per lo spazio “Wild Life”. Temeva che il mondo gli crollasse addosso e che dovesse sostenerne il peso come un moderno dio Atlante, senza per questo ricevere tributi o ringraziamenti, però.La paura che aveva attraversato l’animo di Andrea era qualcosa di indefinibile, tuttalpiù gli ricordava qualcosa di bagnato, molto freddo, stretto e buio, nonché rumoroso e solitario.Non poteva permettersi di piombare in questo incubo. Il tempo che lo separava dalla consegna di un lavoro “glamour” – che avrebbe compiaciuto Roxie e di conseguenza il comitato redazionale – era poco, molto poco. Entro metà gennaio il numero di febbraio doveva essere pronto per andare in stampa. Non c’era tempo per inventare una indagine naturalistica tutta nuova, doveva trasformare la storia del bufalo Boris in qualcosa di sensazionale.Ma come confezionare qualcosa di sensazionale con un bufalo? Non era mica un animale esotico! Boris poteva anche rendersi pericoloso se provocato, ma Andrea non intendeva mettere a repentaglio la propria incolumità solo per mantenere il suo lavoro né, tantomeno, per colpa di una donna bella quanto stupida.La mente di Andrea correva da un’idea all’altra con il ritmo frenetico con cui Boris passava da un ciuffo d’erba invernale superstite al prossimo poco più in là.Il bufalo era suo, lo aveva acquistato. Le riprese video e le annotazioni proseguivano febbricitanti, ma l’idea brillante ancora latitava.«Porto via Boris,» annunciò il 18 dicembre Andrea.Il fattore si rattristò e diede una fugace carezza alla guancia dell’animale lasciandosi scivolare una lacrima lungo il naso. Poi si ricordò che con i soldi che Andrea gli aveva corrisposto per la vendita del Bufalo, dopo Natale avrebbe potuto portare Vanessa, la sua bambina, a fare le prime lezioni di sci sulle Prealpi. E si rallegrò.Boris, seppure in forma di inconsapevolezza, montando sul trasportino a due posti per cavalli che Andrea Sartori aveva noleggiato, percepì che non avrebbe mai più rivisto la fattoria e la pianura. Gli occhi gli si dilatarono quando, per la prima volta nella sua vita, si trovò rinchiuso in uno spazio più piccolo e buio della stalla. Smise presto di scalciare quando si rese conto che le pareti del box non si sfondavano ai suoi poderosi colpi. Quando l’auto partì trascinandosi dietro il pesantissimo rimorchio, la paura più cupa si impossessò di Boris. Ansimava e sentiva i suoi occhi iniettarsi di sangue e di aghi che glieli tormentavano. Il viaggio fu interminabile. A diverse riprese Boris si preparò a morire da un momento all’altro, soprattutto nelle fasi di decollo e di atterraggio che lo condussero in Sudamerica. Il suo aguzzino, Andrea, non cercava più di fare amicizia con lui, come avveniva alla fattoria. Lo nutriva e lo abbeverava e basta.Boris si sentiva molto malinconico.Rimpiangeva i campi smeraldo della Bassa che rilucevano al sole in primavera. Sospirava ricordando il suo potere indiscusso e fulgido sugli altri maschi e sulle femmine del branco. Da diversi giorni, la sua unica esperienza era il metallo di diversi container, unito a paura e a rumori esorbitanti.Andrea era impegnato da diverse ore a collocare delle telecamere subacquee nel bacino alveo del fiume Madeira in Bolivia. Stava affrontando il problema della torbidità delle acque. La strategia che aveva adottato era quella di affiancare alle telecamere dei fari di profondità.Boris era impegnato nella affannosa ricerca di cibo sulle sponde del Rio Madeira ed a bagnarsi sporadicamente dove le acque erano più basse e rinfrescanti.Le traversie del viaggio erano ricordi terribili, ma soffusi e ormai lontani, mentre la presenza costante e premurosa dell’umano Andrea, gli aveva consentito di fidarsi di quel bipede e di farlo avvicinare senza subire l’impulso di caricarlo.Quando Andrea ebbe finito tutte le installazioni, protetto da una muta in neoprene spessa 7 millimetri ed ossigenato costantemente da capienti bombole a spalla, si mise alla ricerca di Boris che non doveva essersi allontanato troppo dal luogo delle sue grandi manovre.Tutto si svolse secondo le previsioni. Al resto ci pensò il software Final Cut, che montò, tagliò, combinò, enfatizzò, unì, divise, sonorizzò, illuminò e trasognò ogni cosa.«Eccellente Andrea, un lavoro veramente impressionante.» Alla redazione di Via Cristoforo Colombo c’è era grande entusiasmo per le riprese che il ragazzo biondo aveva portato con sé dalla Bolivia e che si alternavano con quelle della pianura in provincia di Reggio Emilia.Persino Roxie si era congratulata con Andrea, gli aveva detto che lo spirito di rinnovamento che lei stessa aveva chiesto a tutto lo staff era perfettamente interpretato in quel lavoro. Il numero di febbraio del National Geographic Italia, avrebbe sfoggiato un gran bel articolo corredato da foto a firma Andrea Sartori e come supplemento ci sarebbe stato un DVD, acquistabile facoltativamente.La collaborazione con il giornale era salva e rinsaldata. Per Andrea era stato staccato un assegno da sessantamila euro solo per quel lavoro ed era stato spiccato un rinnovo di contratto di collaborazione, per i successivi tre anni, ancora più interessante. Andrea era pieno di sé, provava una soddisfazione e un orgoglio che confluivano nel senso di vittoria, di successo e di onnipotenza più assoluti.Andrea si sentiva cresciuto e forte ed ora la differenza di età non era più un problema. Roxie aveva ottenuto tutto quello che voleva, anche la saltuaria presenza nel suo letto del giovane, biondo giramondo.Su migliaia di televisori in Italia e su migliaia di finestre di YouTube nella rete internet Boris viveva ancora.Migliaia di spettatori in diversi momenti di quei giorni di febbraio, assistevano incuriositi, comodamente assisi alle loro postazioni, alla assurda agonia di un bufalo marrone precipitato ferito nelle acque del Rio Madeira.Nei suoi ultimi minuti di vita, prima che si compisse la follia dell’uomo, Boris pascolava sereno sulle prospere sponde del fiume Madeira. La mente del Bufalo, seppure in una forma inconsapevole, era ancora turbata dai clangori del viaggio. Aveva impressi vividi i rumori e i sobbalzi, le nebbie e le forti scariche di adrenalina del viaggio. Mentre ruminava saporiti ciuffi verdi e folti, nel poderoso petto il cuore di Boris si adombrava di dense impressioni: una commistione di mezzi di trasposto, una unica paura. La paura di morire a causa dell’imminente pericolo annunciato dal rumore dei motori ed il terrore di precipitare nel vuoto quando il pavimento della gabbia si muoveva da solo sotto le zampe.Eppure ora masticava erba saporita e la temperatura esterna era alta. Era ancora angosciato, ma stava bene.Mentre Boris era ancora vivo ed Andrea Sartori aveva ancora il privilegio di avvicinarglisi senza correre il rischio di innervosirlo o spaventarlo, il posizionamento delle telecamere e delle macchine fotografiche subacquee era terminato ed il giovane reporter biondo del National Geographic si liberava della sua muta e del resto dell’attrezzatura che indossava.Andrea Sartori riemerse dalle acque del Rio Madeira e si spogliò della muta protettiva che indossava per scongiurare gli attacchi dei feroci pesci di acqua dolce. Ripose l’attrezzatura nella Jeep – con annesso traino – che aveva noleggiato e sfruttò per l’ultima volta, il privilegio che aveva faticosamente conquistato: quello di avvicinare lo scontroso bufalo Boris.Lo accarezzò con un gran senso di colpa che nelle vene refluiva verso il cuore trasportando dolorosi rametti spinosi.Infine senza indugiare – o non ce la avrebbe fatta annientato dal rimorso – Andrea inferse un colpo di bisturi alla zampa posteriore destra di Boris, laddove affioravano le vene. Subito dopo, con l’altra mano, Andrea premette il grilletto della sua pistola a salve più volte ripetutamente, puntando in aria.Boris pascolava rasserenato sulle rive del Rio Madeira. Non c’erano gli altri bufali del branco, ma l’erba era buona e la temperatura confortevole. D’improvviso avvertì una fitta spietatamente dolorosa in basso, alla zampa destra. Subito dopo udì tuonare nuovamente il suo terrore. Il placido rumore del fiume ed il rassicurante chiacchiericcio degli uccelli della foresta, furono squarciati da una raffica di esplosioni. Boris fu costretto a rivivere il terrore dei viaggi che dall’Italia lo avevano condotto a quelle acque. Di nuovo rumore. Questa volta, tuttavia, non c’era una gabbia inespugnabile a trattenerlo e fuggì nella direzione opposta all’origine dei boati esplosivi. Trovò la riva del fiume sbarrata da una Jeep e da un lungo rimorchio.Indietro non si torna, indietro c’è il fragore del tuono, si disse nella mente seppure in una forma inconsapevole.L’unica via di fuga che poté considerare furono i flutti del Rio Madeira.Si gettò nel fiume. E non ne riemerse più né vivo né morto. Vi giacque.Andrea Sartori vide il bufalo correre verso la barriera costituita dalla Jeep, presa a noleggio e dal rimorchio che era servito a trasportare Boris. Le sue previsioni si erano rivelate corrette. La macchina delle riprese era in moto.Andrea saltava di gioia con irriverenza sulla sabbia sottile, incurante del rimorso che si arrampicava nelle sue vene.Sulle migliaia di schermi che trasmettevano le immagini delle vicende di Boris il bufalo, ciò che si vide fu un grosso caimano dagli occhiali che insidiava le zampe posteriori di un bovino marrone, ferendolo e facendolo fuggire fulmineamente.L’inquadratura si limitava al caimano ed alle zampe di un bovino, il luogo in cui avveniva l’aggressione era un bacino d’acqua non riconoscibile. Andrea aveva montato la scena con il Final Cut, prelevando la clip del caimano da altro materiale e contrabbandando il tutto per autentico.I muscoli di Boris si contrassero e si allungarono spasmodicamente nella corsa fino all’acqua. I rombi della pistola a salve rimbombavano nell’aria come frane di massi e detonavano nella mente di Boris come gli schianti necessari a distruggere il mondo e la vita.Il sangue che correva via copioso dalla vena recisa sul garretto posteriore di Boris, impiegò poco tempo a sporcare di rosso la superficie limosa e castana del Madeira.Il sangue che abbandonava il corpo apparentemente incrollabile di Boris, impiegò poco tempo a richiamare l’appetito insaziabile dei pesci piraña che divorano il bufalo, iniziando quando quello era ancora vivo, in meno di mezzora sotto gli occhi immobili e inerti delle telecamere in immersione.I muscoli di Boris tentarono di portare fuori dall’acqua la coscienza imprigionata in centinaia di chilogrammi di pura energia. Non ci riuscirono.Migliaia di schermi e lettori di Dvd, migliaia di computer collegati a YouTube, trasmettevano la morte inopinata di un bufalo attaccato e ferito di striscio da un grosso rettile, la fine di un enorme dominatore delle pianure sbrindellato dai pesci inverecondi d’acqua dolce. Dilaniato mentre era ancora vivo, dall’avidità e dalla paura dell’animo umana.La coscienza di Boris si affievolì uniformemente all’irrobustirsi del dolore fisico.La coscienza di Boris, dopo la morte del suo corpo, sopravvisse. I suoi supplizi continuarono a mugolare insistenti nella testa di Andrea Sartori. Dicevano, seppure in forma inconsapevole: «Al prezzo della mia vita hai comprato la tua.» E di nuovo: «Al prezzo della mia vita hai comprato la tua.»La voce di Boris infieriva. «Hai ingannato gli autori ed il pubblico.»A volte, nella testa di Andrea, il bufalo Boris parlava fra sé. E diceva: «Si può morire lottando. Si può morire raggiunti dal predatore. Si può morire giovani o vecchi. Ma non si può morire per lo spettacolo. Lo spettacolo è per divertire, per informare, per fare conoscere. Non per morire. Si può morire di fame. Non si può morire per la fama.»«Si può morire in una pianura solenne e solatia, oppure in una pianura alberata e irta di palazzi. Ma non si può morire con i polmoni invasi dall’acqua e con molti denti di pesci inchiodati nelle carni.»Le parole si azzuffavano nella testa di Andrea. Le parole giocavano feroci e infierivano.Roxie Gamon aveva messo le mani anche sulle chiavi del bilocale in centro di Andrea. Lo visitava spesso, vi piombava come pioggia fresca, senza avvisare. Arriva a sgombrare la mente di Andrea che risuonava di voci. Arrivava ad accendere i sensi dell’uomo per sentirsi sicura e ricca di autostima alla sua età.Il 15 marzo, quando la pioggia cadde nel bilocale di Andrea, Roxie trovò un corpo esangue e nudo, senza sensi, trafitto da una pallottola calibro 9 x 21 esplosa da una pistola a salve, modificata.Trovò un televisore accesso che trasmetteva a ripetizione le immagini di un bufalo che veniva assalito da piraña attratti dal sangue.Trovò uno scalpo biondo, impastato di sangue. Trovò tanto dolore e tanto pentimento in quella stanza da rimanerne contagiata. Per sempre.FINE

 

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4 Commenti a “Boris, il bufalo.”

  1. andrea dice:

    Ciao Mimmo!
    Non ci crederai, ma l’altro giorno stavo giusto pensando che mi sarebbe piaciuto leggermi uno dei tuoi racconti…
    Bello, come tuo solito. Forse un po’ frettoloso in generale. In particolare il modo in cui hai sviluppato il rimorso e il suicidio, o la relazione conflittuale con Roxie. Ho trovato queste parti un po’ sbilanciate rispetto ad esempio alla vita al pascolo di Boris.
    Nel complesso una lettura piacevolissima comunque.

    Grazie per avercelo fatto leggere!

    Andrea.

  2. Mimmo Burzachechi dice:

    Ciao Andrea,
    è sempre un piacere sentirti!
    Ti ringrazio per il tuo commento, puntuale e costruttivo come sempre.
    In questo caso, però vorrei un po’ spiegare, anzi colgo l’occasione per dare una piccola descrizione “tecnica” di questo scritto. Mi aspettavo questo tipo di reazione sulla velocità di alcuni passaggi :)
    Effettivamente la relazione dell’uomo con Roxie, la fenomenologia che ha portato al suicidio ed altri parti del racconto, sono diciamo “sorvolate”.
    L’effetto, tuttavia, è ricercato e la concisione di alcune “regioni narrative” è voluta.
    In parte le esigenze del racconto breve, lo spazio è un po’ quello, in parte è che volevo mettere il focus sulla psicologia animale per la cui realizzazione ho scomodato una letturina di etologia XD.
    In pratica ho voluto lasciare fuori le vicende umane trattandole solo come causa e mera influenza sulla esistenza dell’animale.
    Non vogliano essere queste osservazioni un contradditorio, ma solo una introduzione al testo per chi fosse curioso sul mio stato d’animo mentre lo scrivevo.

    C’è una piccola sinossi su questo testo che spiega la cosa:

    “C’è una differenza essenziale fra gli uomini e gli altri animali. Gli animali sono delle creature che fanno del male per sopravvivere, per mangiare o per accoppiarsi. Al massimo fanno del male perché hanno paura. Gli uomini, invece, fanno del male per puro piacere. E se qualcuno non lo crede o non conosce gli umani o non conosce gli animali.”

    P.S. Ma si può inserire l’abstract come campo separato dal racconto?

  3. andrea dice:

    Ciao Mimmo,
    grazie per la risposta. Non so, forse sarà che a me sarebbe piaciuto prendere quell’Andrea e farlo morire di una morte lunga, baroccamente fantasiosa e doviziosamente dettagliata, per cui il tuo sorovlare mi è pesato un po’ :)

    Quando metti un racconto, in basso c’è uno spazio per mettere un riassunto. Prova un po’ ad usarlo. Non molti lo usano, quindi non abbiamo mai raffinato del tutto il modo in cui viene mostrato…

    A.

  4. Mimmo Burzachechi dice:

    Lo so, anche a me piacerebbe approfondire certi temi e non lasciarli sincopati, ma spero un giorno di essere in grado di scrivere un romanzo.
    Grazie per il consiglio su come usare il portale. In effetti un piccolo abstract, secondo me, aiuterebbe sia il sito sia i racconti a posizionarsi meglio nei motori di ricerca.

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