Corpi – Capitolo 3 di 3
Pubblicato da mikelee il 28 settembre 2010
Iniziò a baciarla. Ma non in maniera normale. Poggiò solo il labbro inferiore ripercorrendo in senso opposto il percorso appena segnato. Voleva svelare tutti i segreti nascosti dietro ogni centimetro di pelle, accedere in punta di piedi alla fonte dei suoi desideri.
D’altronde, un’opera d’arte va vissuta, scrutata, “analizzata” da ogni punto di vista, ma non può essere valorizzata senza un Maestro a renderle giustizia.
I percorsi sensoriali che le labbra disegnavano erano una perfetta, amabile tortura, che le lasciava una scia infuocata. Vedeva il suo corpo contorcersi, quasi sfuggire. Era dolore e piacere che si confondevano e si fondevano nello stesso istante. Il passaggio tra i due estremi era repentino, immediato, a volte invece, lento, straziante. Non aveva tempo e modo per classificare, per abituarsi, per scegliere.
Il suo ventre piatto era ormai disposto a sopportare il peso del suo eccitamento, a contenerlo e gestirlo sotto tumultuose spinte.
Ma lui scelse la via peggiore. Sebbene più premiante. L’attesa fa più “male” dell’inganno del risultato.
Scese quindi, ancora più giù, sino all’incontro delle reciproche umidità. Il suo viso cambiò immediatamente espressione. Le mani iniziarono a cercare lembi di lenzuola, decise ad aggrapparsi per non cadere nel vortice dal quale era difficile sottrarsi. Ansimava, sempre più, sempre più, s e m p r e p i ù…
Era musica per le sue orecchie!! Non desiderava altro che lasciarle quei suoni come indelebile ricordo.
Conosceva bene le regole base: mai dare continuità al piacere prima che il senso di abitudine lo uccida. Mai assecondare gli spasmi con la prigionia della ritmicità. L’uomo è un animale strano. Riesce ad adattarsi anche alle condizioni più estreme, brutte o buone che siano.
Salì sino al collo. Lei aprì un pò gli occhi, lo fissò, si sorrisero.
Poi, come a voler sospendere quell’unico attimo di pausa concessole, iniziò ad ansimarle nelle orecchie, dapprima dolcemente, poi sempre più forte.
Era allo strenuo mentre le passava contemporaneamente la punta dell’indice sulle labbra carnose che più volte avevano accolto il piacere maschile.
Lei non riuscì più a star ferma. Lo allontanò per terminare quel dolce strazio. Non era abituata a subire. L’orgogliosa maschera di donna di mondo, stava ripiegandosi sotto le picconate dei sensi, sino a crollare dinanzi alle sue imperdonabili debolezze.
Decisa a riprendersi quanto ceduto, con un gesto degno di una atleta, lo ribaltò, schiena a terra, ponendosi a cavalcioni a sua volta. Lo fisso per un lungo istante, con sorriso quasi beffardo, misto di sfida e provocazione.
Con gesto veloce e furtivo i due corpi furono uno…fusi alla perfezione.
Ora era lei ad assaporare il velato fascino della vendetta. I suoi sinuosi movimenti provocavano manifestazioni espressive che dominava con ritmo e perfidia. Lui si lasciava abilmente condurre in perversi tunnel interrotti da fantasie condivise.
Un’arte eccelsa e mai impartita, dove l’istinto, finalmente libero, si può esprimere nel linguaggio che più gli appartiene.
Era un fare l’amore con molto più di cinque sensi, rapiti da una forza più grande di loro, come nell’atto creativo di un’artista che non sa ben identificare dove finisce la sua arte e dove inizia il volere divino.
Le loro menti si fermarono, lasciando spazio all’esplosione dei sensi, al miracolo dei respiri, alle vette ancora inesplorate del piacere.
Afferrare la realtà con l’intelletto avrebbe potuto devastarli, e quindi si abbandonarono senza alcun controllo. Senza freni, senza maschere, senza stupide finzioni, senza sensi di colpa, senza, soprattutto, il terrore di dover sussurrare un ipocrita: “ti amo”.
Dalle parole non trasuda affetto più di quanto la vita non sia disposta a concederne. Imbrattate, quindi, i vostri muri con poesie da 4 soldi, ma per carità, lasciatemi la poesia, quella sì, di uno sguardo, di un gemito, di un sussulto.
I loro sguardi si incrociarono, sospinti a voler condividere, a ricercare con tutte le forze di moltiplicare l’apice della gioia. Un ultimo, estremo fremito, prima della pace dei sospiri, del silenzio, del vuoto.
Fu allora che lei si rese conto di aver torto. Anche solo per una notte, lui le aveva dimostrato che l’amore può aprire le porte alla morte. La morte del sé, a cui corrisponde la nascita del “noi”. E a quella domanda, da cui tutto aveva preso vita, ora si poteva concedere adeguata risposta: sì, l’ego trova la morte nell’unica fonte di energia chiamata Amore. Quella superficie falsa, l’ego, di cui l’uomo si veste, si sgretola sotto l’onda della consapevolezza.
L’io, il tu, muoiono a contatto con l’Amore, facendo nascere un terzo soggetto, non definibile, scevro da parole e forme.
Seppur intrisa di orgoglio, lei dovette ammettere di aver perso la guerra cedendo l’onore della resa.
Alle prime luci del mattino, nessuno dei due era incline a pronunciare frasi ripetute più per buona fede che per reale affetto, qualcosa di simile al dovuto.
Le parole diventano forma. E la forma ha un confine molto labile. Ma l’uomo, di questo, raramente ne prende coscienza, preferendo argomentare del vuoto contenitore rispetto alla bellezza del contenuto.
Si salutarono senza l’imbarazzo velato da promesse mozzate, spesso in due si soffre due volte, una nostalgia che riveste il cuore, ma consapevoli di aver raggiunto un grado di coscienza diverso, in cui l’Amore esiste molto al di là di un rapporto sotto lo stesso tetto.
Il mattino non portava con sé il timore di non aver vissuto, questo no, questo mai più.
Non ricordarono esattamente quanto durò la notte. Ricordarono soltanto di essersi risvegliati alle prime luci dell’alba,…nello stesso istante,…l’uno negli occhi dell’altra…THE END
30 settembre 2010 alle 10:44
Wow Mikele, è proprio bello.
Ti confesso che mentre lo leggevo temevo che da un momento all’altro ti saresti lasciato andare alla volgarità, alla pornografia, e invece ogni volta riuscivi miracolosamente a starne fuori. Non in maniera frustrata, ma con la confidente serenità di chi sa di non averne bisogno.
Grazie per avercelo fatto leggere!
A.
30 settembre 2010 alle 15:43
Grazie a te Andrea per il giudizio!