Sopravvissuti
Pubblicato da mimmi71 il 19 ottobre 2007
Sopravvissuti
Seduti uno di fronte all’altro, al tavolo, in cucina. Sono appena rientrati, hanno ancora i capelli umidi di pioggia. Siedono così, ognuno con la sua tazza fumante davanti. Non bevono la stessa cosa: lui un tè di menta, lei il suo solito caffè solubile. Nemmeno la stessa cosa riescono più a bere assieme: ognuno con i suoi gusti, con i suoi piaceri. Mai gli stessi per entrambi. Due solitudini, terribili solitudini, una di fronte all’altra.
I bambini sono a letto, i cani sono già stati fatti uscire per i loro bisogni prima della notte.
C’è silenzio in casa. Solo il temporale, lontano, ogni tanto illumina il cielo e se ne avverte appena il rombo distante.
Che poi avrebbe potuto anche essere una bella serata..
Una serata d’estate: musicisti blues, famiglie, bambini che ballano, luci, colori, gelati da leccare passeggiando, ritmi che ti fanno battere il tempo con il piede, i tuoi figli per mano, la pioggia improvvisa che rende lucida, come uno specchio, la pavimentazione lastricata della città vecchia, che ti bagna fredda i vestiti e i capelli. La corsa sotto quell’acquazzone, con il fiato che inciampa tra i denti, con i figli stretti in braccio, i portici per cercare riparo, lo scalino di una vetrina per sedersi a guardare chi passa, vecchi, ragazzini, innamorati, amici, coppie, madri, padri, bambini, neonati, un andicappato sulla sedia a rotelle, una donna che lo spinge.
Ma neanche la città piena di gente all’apparenza felice, neanche la musica, calda, suadente, magari un po’ malinconica.
Avrebbe potuto.
C’è silenzio in casa. Solo il rumore del cucchiaino che gira nelle tazze, solo il temporale lontano. Solo il rumore di una sigaretta che viene accesa.
“Ma quante cazzo ne fumi?! Oramai due pacchetti non bastano più. 40 sigarette al giorno! 40 sigarette testa di cazzo!.”
“ Ma dai, lasciamene fumare una in pace..”
“Una, una, una: 40 sigarette, cazzo! Spegnila!”
“ Ma perché devi sempre rompere?! I bambini sono a letto, lasciami..”
“Spegni quella cazzo di sigaretta! 40 al giorno gliene fumi davanti ai bambini, 40! Ma se vuoi la guerra.. drogata di merda che non sei altro, fai schifo! Sono più forti di te quelle: mi fai schifo, sei un verme!”
“Adesso basta! Cazzo vuoi da me? Anche prima, eravamo di fuori.. eppure: rompere, rompere! Solo per rompere, per dare fastidio.. nemmeno una serata in pace, nemmeno quello!”
“Tu sei quella che rovina, che fuma: chi è che fuma?! Dillo, drogata di merda..”
Ma si, un motivo vale l’altro: l’importante è sputarsi addosso rabbia, frustrazione. L’importante è farsi male con le parole.
Che poi la voce inizia a tremare, il tono si alza, gli insulti aumentano.
Viene voglia di spaccare tutto: “Adesso basta, testa di cazzo che non sei altro, basta: io adesso vado di fuori e mi fumo tutte le cazzo di sigarette che voglio!”
Una civetta, fuori, in mezzo al bosco, il verso stridulo..
“È venuta per te.. sai, uno di quegli ictus..”
“Adesso ti spacco la faccia, hai capito?!”
E le mani vanno alla tazza, al cellulare, alle chiavi della macchina, a quello che c’è davanti, a disposizione, da prendere e da lanciare, da scagliare contro quella faccia che si permette persino di sogghignare.
“Prendi e vattene, drogata. Che madre sei, eh?! Ma ti sei vista?! Prova solo a tirarmi addosso qualcosa.. prova.. ti spacco i denti, prendo la chiave e te la pianto in mezzo alla testa..”
“Ma vattene via tu, ma prendi e vai.. A tutti stai rovinando la vita in questa casa: stronzo!”
Ma la voce trema troppo, anche le mani.. questa battaglia è vinta da lui, si sa già. Continuerà ancora un poco, questo si, ma la partita è ormai persa, è lei che l’ha persa.
Benissimo: un punto da segnare per lui.
Infatti può andarsene a letto, soddisfatto. Tra pochi minuti si potrà sentire il rumore del suo russare, calmo, pacifico. Dorme il sonno dei vincitori, lui.
Lei rimane ancora un momento in cucina, a guardare il pacchetto di sigarette, a guardarsi le mani. Poi si alza ed esce. Sulla porta prende una sigaretta e se l’accende: ne fumerà tante prima di andare a dormire. Magari si preparerà un altro caffè solubile, fatto senza scaldare l’acqua nel pentolino, prendendo direttamente quella che esce dal rubinetto, perché tanto, ormai.. Più abbruttiti di così, più miseri, più tristi, più vuoti di così. Non è un caffè fatto come si deve a fare la differenza. A questo punto cosa può mai fare la differenza?
Il rispetto per se stessi non c’è più, sta svanendo anche quello per gli altri. Quegli stessi altri che erano in città, tra le piazze, tra la musica, quelli che sembravano tanto felici. Guardandoli da uno scalino di una vetrina, guardandoli passare.. Così, senza chiedersi niente, solo guardandoli.
Perché loro si? Perché sembrano tanto felici? Perché gli luccicano gli occhi, perché scintillano?
Perché? E per noi? Cosa c’è per noi?
Ci sono punti da assegnare: alle volte da una parte, alle volte dall’altra. Ci sono battaglie da vincere in attesa della guerra, della resa dei conti. Allora si vedrà chi è il più forte, il più resistente, quello che ha saputo adattarsi, quello che è sopravvissuto. Solo chi si adatta sopravvive, solo chi sa resistere nelle avversità sopravvive.
Proprio: sopravvivere.
Vivere è un’altra cosa.
Due imbecilli. Uno a letto che dorme rilassato, con la presunzione di essere forte, di essere quello che è riuscito a fare più male. L’altra di sotto a farsi arrochire la voce ed arrossare gli occhi per tutte le sigarette accese, fumate, spente, e accese, e fumate, e spente, con la presunzione che così facendo, il punto di questa battaglia, non è totalmente assegnabile a lui
Due imbecilli che magari sopravvivranno.. Che spesso andranno in giro dando la mano ai figli, che passeggeranno leccando un cono gelato, che.. E chi li guarderà passare penserà:
“Che bello! Guarda che bella famiglia!”
Ma certo, solo a guardarli, di sfuggita. Magari soffermando un attimo di più lo sguardo sui bambini..
“Ma che bella famiglia!”.
Viene da sorridere..
20 ottobre 2007 alle 5:32 am
Racconto amarissimo, un pugno nello stomaco, di quelli che ti fanno riflettere sull’apparenza delle cose e delle situazioni. Bello!
9 novembre 2007 alle 11:09 am
Ciao miriam, che piacere rileggerti di nuovo. Molto bello il racconto. Buona anch la scelta di metterlo tutto in corsivo. Da l’idea di una parentesi, una cosa a latere della vita “vera”, ufficiale.