Le tre stagioni di Vivaldi
Pubblicato da nihil il 30 aprile 2007
Le tre stagioni di Vivaldi
-Ma come, ti sei fatto riappioppare i biglietti?-
-Già, ma sai com’è, non ho avuto possibilità di rifiutare, magari questa volta il concerto sarà buono!-.
- Ma dai, ti ricordi l’anno scorso come fu pietoso: Mozart suonato da quelli della scuola del maestro Romito. Povero Mozart, sembrava proprio “suonato”!
E ti ricordi quel tizio, il presidente del Lyons di Mortano che nel presentare il concerto disse …Mozart, sapete quello del film…e tu lo volevi frustare? L’unica cosa che sapeva con certezza era che aveva visto il film Amadeus, ma di sicuro non sapeva che stava parlando del massimo genio musicale. Cosa vuoi che siano riusciti ad organizzare delle persone così grezze! Si danno tanto da fare per mettersi in mostra, ma rimangono delle persone ridicole.
- Via Miriam, lo so, mi hanno pelato 70 euro, ma per mal che vada, finiranno in beneficenza e proprio buttati via non saranno stati.-
- 70 euro? Ma sono pazzi? Sì, sì, in beneficenza: la loro. Ci faranno una bella cena e basta.
E quale sarà il programma questa volta?-
-Le quattro stagioni di Vivaldi. Non so chi saranno gli esecutori, ma tutt’al più se fosse davvero una cosa indegna dopo il primo tempo possiamo venire via: in ogni caso sarà sempre meglio di quelle scemenze in TV e poi non abbiamo che da attraversare la strada per arrivare al teatro.-
-Speriamo bene. Non è che il presidente questa volta presenterà il concerto come un fatto meteorologico, eh?!-
Il giorno del concerto, dunque, con l’unico vestito serio, Miriam e Nedo si recarono a teatro: lei pensando ai 70 euro, lui sperando che fossero stati spesi bene, per non subire le rappresaglie della moglie.
Nel piccolo paese tutti si conoscevano, ma tutti si sentivano in dovere di esibirsi in smancerie come se fossero secoli che non si vedevano, mentre magari si erano visti mezz’ora prima.
Miriam registrava le scenette, giudicandole in cuor suo con irriverenza. Conosceva tutte le donne presenti, le incontrava a fare la spesa, in chiesa, in cooperativa, sempre agghindate come casalinghe che facevano le casalinghe, ossia come lei.
Per l’occasione ora erano tutte tirate a lucido, luccicanti d’improbabili diamanti, imbustate nel vestito delle occasioni buone, tutte pettinate allo stesso modo, poiché c’era un’unica parrucchiera in paese e che sapeva fare solo quel taglio; si destreggiavano tra baci e abbracci in puro stile Marta Marzotto, quando a Cortina incontra Mitterand.
I…mia caraaaa… si sprecavano non meno dei…carooo ragioniere, come sta la sua bellaaa signora…
Le voci erano più alte del solito, per il semplice motivo che così poteva essere notato anche chi solitamente non si nota; non era una cosa intenzionale, beninteso, ma infantilmente spontanea.
Gruppi condominiali si muovevano tra le file delle poltrone alla ricerca d’altri gruppi simili, come se fossero nel salotto personale, illudendosi così di essere di casa nell’unico punto culturale del paese.
Il semplice fatto di essere a teatro, li faceva sentire appagatamene colti, molto in e consumati utenti del bel mondo.
Nedo era andato a ritirare i biglietti, lasciati a bureau da quel furbacchione che era riuscito a rifilarglieli, mentre Miriam si lanciava voluttuosamente nelle sue osservazioni.
Strano come un vestito faccia sentire certuni diverso da come siano in realtà: sfoggiavano tutti una ridicolissima aria mondana, come se si trovassero alla prima della Scala a Milano, e non in un teatrino aziendale di un piccolo paese, ospitati appunto dal direttore dell’unica industria locale che ci teneva ad intrattenere buoni rapporti con “il territorio”.
Il pover’uomo cercava di dimostrarsi coinvolto nell’avvenimento culturale, organizzato dal Lyons locale, ma continuava a guardare l’orologio, controllando quanto tempo gli sarebbe toccato rimanere prima di potersi finalmente togliere le scarpe e stravaccarsi sul divano, come un comune mortale sogna di fare dopo una giornata di lavoro.
Finalmente il direttore del Lyons si presentò sul palco, fece la sua bella chiacchierata di presentazione, che non fu peggiore di quella dell’anno precedente, anche se ogni tanto la voce gli crollava, come a chi non è avvezzo a parlare in pubblico e sia un poco spaventato. Lì sul palco solo come un verme nudo, sotto i riflettori impietosi, non ci si può permettere vacillamenti, bisogna essere disinvolti e non è assolutamente facile.
Miriam come il solito si distraeva facilmente ascoltando discorsi e iniziò a guardare com’era vestito: non male, un bel completo grigio scuro, camicia celeste e cravatta blu e pallini in stile manager. Lo conosceva di vista, era il genero del farmacista. Gli occhi le cascarono poi sui calzini verde pistacchio quasi fosforescenti: orribile visu!
Nella sua infantile malignità, si compiacque di aver trovato un punto debole.
Il tizio ora stava dicendo che gli orchestrali erano tutti prime parti titolari del Maggio Fiorentino. Mica male, forse il concerto non sarebbe stato un disastro, alla fine.
All’inizio d’ogni Stagione, un attore avrebbe recitato un breve intermezzo poetico, scritto dallo stesso Vivaldi.
Buona, come idea.
Comparvero i musicisti. Tutti vestiti di nero, contro il fondale nero. Miriam arguì che se non avessero avuto la faccia bianca, manco si sarebbero visti: fortunatamente l’addetto alle luci ebbe un evidente singulto di lucidità e li rese visibili.
Bè? Erano tutti in piedi, con gli strumenti in mano, pronti a suonare, ma non accadeva nulla.
Cominciarono a guardarsi l’un l’altro con espressioni enigmatiche, ma non un sintomo di musica si rivelava.
Era evidente che qualcosa non quadrasse e Miriam in un lampo di sarcasmo pensò che fosse un concerto per sordi; chissà forse era qualcosa di diabolicamente moderno!
Passarono 10 minuti con le belle statuine vestite di nero, quasi imbalsamate, ma con lo sguardo sempre più incazzato, mentre nel silenzio più assoluto tutti aspettavano.
Alla fine un sospiro, quasi da spartito, esalò dagli orchestrali e comparve, bontà sua, il famoso attore, che chissà dove era finito.
Era tutto vestito di nero anche lui e ricordava vagamente l’Orso Yoghy.
Esso, egli, ello onorò dunque la platea dei versi veneti del famoso Vivaldi.
Peccato che fossero declamati con perfetto accento siciliano: una cosa sconvolgente, se provate ad immaginarvela.
Nedo, con la sua sensibilità artistica, avrebbe voluto sprofondare per la vergogna: ma come, si organizza uno spettacolo così importante e l’esordio è affidato ad un orso siciliano!
Si vergognava per il paese, per la figura fatta nei confronti dei maestri musicisti del Maggio Fiorentino e pensava che mai più si sarebbero fatti convincere a fare una serata in un teatro di squinternati.
Alla fine, con dignità, i musicisti iniziarono a suonare e furono davvero bravi a coinvolgere ed emozionare i presenti, avvezzi solitamente al Festival di San Remo : il contorno paesano svanì e l’armonia si fece musica e regina.
Tra una stagione e l’altra Yoghi continuava ad esibirsi e Nedo leggeva negli occhi del primo violino, il trattenuto impulso di infilargli in un occhio l’archetto, sollevando il pubblico da quel penoso recitare.
Nei giorni successivi Miriam e Nedo ricordarono la conclusione del concerto, come i sopravvissuti del Titanic ricordavano che l’impossibile alla fine può diventare possibile.
E’ sempre l’imprevedibile, che lascia una scia di sgomento.
Il prevedibile non lascia mai traccia.
All’inizio dell’ultima stagione, l’Inverno, esplose nella sala un qualcosa che assomigliava ad una lambada, una rumba, una samba, comunque qualcosa di latino americano a tutto volume.
Al primo istante il pubblico e i musicisti con un gesto istintivo e comune, abbassarono la testa per ripararsi da qualcosa che sembrava stesse per precipitare addosso a tutti. I neuroni registrarono poi che si trattava di musica e le teste ritornarono in posizione eretta ma acquisirono un movimento inconsulto, girando di qua e di là come pendoli. Tutti cercavano di capire da dove venisse quest’invasione barbarica poi tutti si voltarono in modo sincrono, verso il palco, vivisezionando le reazioni dei musicisti.
Loro stavano immobili, con gli archetti alzati come fulminati dall’avvenimento. Nessuna reazione era palese sui loro volti, tutti simili a statue di cera non ancora convinte di essere di cera.
La lambada continuava in una forma schizofrenica di kamikaze musicale, che faceva un contrasto osceno con l’immobilità di tutti. L’unica cosa che nel teatro si muoveva era il ritmo a tutto volume di quella musica; quasi si poteva toccare.
I primi a riprendersi furono i musicisti, che con consumata eleganza, fecero un profondo inchino al pubblico, riposero i loro archetti e in silenzio se n’andarono. La loro espressione era vagamente lapidea, ma quel poco che lasciava indovinare era di dignità offesa e incredula.
Non si saprà mai quale messaggio portarono nel mondo in ricordo di una serata simile, ma è lecito dubitare che sia stato lusinghiero.
La rumbasambalambada all’improvviso cessò, grazie all’intervento di un terrorizzato assessore, che si era precipitato al piano superiore del teatro, dove una scuola di ballo aveva dato inizio alle lezioni serali.
Miriam e Nedo assistettero ad un fuggi fuggi generale del pubblico, dettato dall’inconscio desiderio di prendere le distanze dalla misera figura che il paese aveva fatto. Nessuno osò protestare perché i musicisti avevano abbandonato la sala; solamente una matrona borbottò che aveva pagato per quattro stagioni e ne aveva ricevute tre, al che Nedo si lasciò sfuggire il consiglio di aspettare le liquidazioni “invernali”
- 70euro, eh?- disse Miriam ridacchiando
- Perché, non è stato interessante?- rispose Nedo ammiccando maliziosamente.
- Vedremo cosa dicono i giornali domani, certo che solo qui poteva accadere una cosa simile!
Che figura! Da non crederci!-
Il giorno dopo il giornale locale non rivelò nulla di quanto era accaduto: saggiamente i panni sporchi si lavano in casa.
30 aprile 2007 alle 10:10 am
Pero’, anche questo e’ proprio bello! A parte il fatto che il “massimo genio musicale” e’ ovviamente Bach e non Mozart
30 aprile 2007 alle 12:52 pm
naaaaa, prova a dire a mio marito che Bach è meglio di Mozart e ti troverai a fare un giro di chiglia, fossanche di un pedalò ! N.
30 aprile 2007 alle 1:02 pm
Scusa, ma vuoi mica dirmi che il racconto e’ una storia vera?
E soprattutto, tuo marito mica pensera’ sul serio che Mozart e’ meglio di Bach?!?!
30 aprile 2007 alle 1:06 pm
Tre stagioni al prezzo di quattro… no no… è inaudito! ^__^ Bel racconto, grazie nihil.
30 aprile 2007 alle 5:26 pm
yaaaa, è una storia vera! Purtroppo ! N.