Lo Scarafaggio
Pubblicato da nihil il 3 maggio 2007
Lo Scarafaggio
Non è certo un’idea nuova, quella che ogni essere umano assomigli per estetica o carattere ad un animale.
Ho avuto un collega che era un gabbiano perfetto e che i genitori avevano costretto a fare il medico, mentre lui voleva fare il cuoco. La maggior parte di ricette che dispensava erano infatti quelle di cucina, piuttosto che quelle di medicinali e il solo sentirlo parlare di cucina faceva ingrassare. Declamava gli ingredienti come se fossero una poesia!
Un’altra assomigliava in un modo perfetto a un cammello, gobba a parte, ma aveva il carattere di un serpente. Per la cronaca io sono un gatto, compreso qualche baffetto malizioso che mi affretto ad estirpare.
Quando arrivò Antonio, vidi in lui subito uno scarafaggio.
Antonio di Napoli, secco come se fosse stato ciucciato dalle tarantole ( qui si dice così e mi pare che renda l’idea) piccolo come uno sgabello grande. Era vestito come Zorro: pantaloni neri strettissimi, stivaletti neri a punta con il tacco, camicia nera aperta sul petto scarno e un giubbotto di pelle nera con tante cerniere che in caso di temporale, avrebbero attirato sicuramente i fulmini.
Gli occhi erano due olive nere e brillanti; i capelli lunghi, riccioli, neri e luminosi per la loro untuosità.
Uno scarafaggio perfetto, ed io ho il terrore degli scarafaggi!
Veniva da Napoli, con il piano terapeutico per il metadone, già pronto. Mi stupii vedere i colleghi fargli un sacco di feste mentre lui si muoveva nel mio ufficio come se fosse di casa. Io non riuscivo ad essere complimentosa, quel ragazzo mi faceva proprio ribrezzo, non ci potevo fare niente. Il suo sorriso si apriva con due soli denti :un incisivo e il suo fratello canino. Uno spettacolo tristissimo. I tossici perdono i denti molto rapidamente
Quando se ne andò, Marco, il collega che con me era addetto alla somministrazione del metadone, mi guardò perplesso:” Perché quella faccia Miriam? Antonio è un bravo ragazzo, è stato qui l’anno scorso e si è comportato bene. Sai, il suo problema sono le donne, brutto com’è non riesce a fare innamorare nessuna. Per questo forse ha cominciato a farsi.”
Lo vidi subito sotto un altro aspetto: dietro quelle olive nere ora scorgevo melanconia e tristezza.
Arrivava sempre allegro e strafottente e chiacchierava di continuo con il suo bel dialetto, non aveva fermezza, si alzava, si sedeva faceva un giro intorno al tavolo e poi si risiedeva. Capivo che gli piaceva stare lì a chiacchierare, a sparare balle inverosimili, ma soprattutto cercava un contatto umano.
Marco mi disse che faceva il manovale, ma essendo così magro non ce la faceva a resistere a lungo e perdeva il posto. Quando non lavorava, perciò non mangiava e così era troppo debole per andare a lavorare. Bella situazione !
Piano piano riuscii a vedere dietro quel ragazzo vestito di nero, il vero ragazzo. Un giullare disperato!
Un giorno a Marco venne un’idea: “ Senti Miriam, perché quando vai a fare la spesa non compri qualcosa anche per lui? Così magari per un paio di giorni mangia e riesce a cercare lavoro!?”
“Già, Marco è una bella idea!”
Il giorno dopo arrivai al lavoro con una busta contenente due chili di spaghetti, due scatole di pommarola, una bottiglia di olio e un paio di bistecche.”
Eravamo tutti e due contenti di poter fare qualcosa per lui e cercavamo di indovinare la sua reazione. Ci sentivamo come i Re Magi.
Gli somministrammo il metadone , ci mettemmo a chiacchierare del più e del meno, poi a un certo punto, quasi distrattamente, gli porsi la borsa della spesa, dicendo: “Ehm… Antonio, stamani ho fatto la spesa, ho pensato di prendere qualcosa anche per te, così, quando arrivi a casa , puoi andare a fare le tue cose senza perdere tempo.”
Merda, merda, merda!!!!
Non doveva reagire così! Avrebbe dovuto prendere la spesa , dire due battute e far finta di credere alle mie parole.
Invece prese la busta con espressione vacua, la posò in terra, si sedette lentamente sulla sedia, posò il braccio sul tavolo e nascondendoci la faccia si mise a piangere.
Pianse di un pianto che gli gravava nel cuore da chissà quanto tempo, pianse come un bambino a cui hanno ammazzato Babbo Natale.
Il giullare era ferito, era rimasto il ragazzo disperato cui nessuno da anni aveva rivolto una gentilezza!
Ma l’errore era nostro, avevamo accondisceso alla vanità del buonismo, e la nostra buona intenzione aveva sbriciolato con ferocia la corazza che Antonio si era costruita negli anni. Non l’avevamo previsto, ora saremmo stati responsabili della sua vulnerabilità.
Se ne andò con quella busta della spesa, come se anziché contenere spaghetti, contenesse tutta la sua vergogna.
Nei giorni seguenti, tornò per la terapia, ma la confidenza dei primi giorni era appannata, c’erano parole in sospeso che non venivano mai dette .
Un giorno sparì dalla circolazione seguendo la sua irrequietezza e grazie a quel filo di Arianna che unisce certi mondi oscuri, fummo informati che si trovava a Firenze. Aveva finalmente trovato una ragazza e un lavoro, era contento, cercava di rimettere insieme i giorni che gli rimanevano e vestirsi di ottimismo ma una mattina alle sei i carabinieri bussarono alla sua porta. Cose vecchie da sistemare, dissero.
3 maggio 2007 alle 6:50 pm
Senza parole. Veramente bello.
3 maggio 2007 alle 6:51 pm
Ora che mi ci fai pensare… ma secondo te noi che animali siamo? Leggendo i racconti, voglio dire, che idea ti sei fatta?
4 maggio 2007 alle 6:23 am
Mi è piaciuto moltissimo il modo in cui hai descritto Antonio, perfetto… Certo che il passato può farsi vivo in qualsiasi momento! Grazie, ciao Nihil.