Sto aspettando
Pubblicato da nihil il 6 maggio 2007
STO ASPETTANDO
Sono qui seduta sul divano e sto aspettando. Non so se ho paura o no, ma sento sulla mia pelle come un vestito freddo.
Non me n’andrò, non scapperò, voglio sapere.
E penso a lei.
La prima volta che avvertii la sua presenza ero seduta sul divano, sola in casa e guardavo la TV.
In braccio avevo Gengis Kan ,il mio rosso gatto pazzo.
Improvvisamente lo sentii irrigidirsi e guardare verso la porta del salotto con occhi sgranati, mentre i baffi gli vibravano leggermente.
Era palese la sua attenzione spasmodica verso qualcosa che io non potevo vedere.
Con la coda dell’occhio ebbi poi la sensazione che un’ombra passasse di corsa, ma volli credere che fosse la mia fantasia o suggestione.
La cosa si ripeté nei giorni a venire; avevo quella sensazione strana che qualcosa passasse ai margine del mio campo visivo, senza mai permettermi di identificarla, ma non avevo assolutamente paura. Iniziai a pensare che fosse un fantasma e ai risolini scettici dei miei familiari rispondevo”ma perché no”!
Abitavo da poco tempo in quella villetta bifamiliare, ma sinceramente non ero a conoscenza di fatti di violenza che, come molti credono, lasciano alle spalle anime insoddisfatte.
Fu casualmente, però, che durante lavori di ristrutturazione, scoprii che c’era una stanza murata.
Mi spiego meglio: sulla mappa della casa c’era una stanza in cima alle scale al primo piano, ma in realtà non esisteva. C’era invece un muro normalissimo, dietro il quale si poteva solo presupporre una piccola camera o un piccolo spazio.
Ricordo di aver provato a battere sul muro per sentire se risuonasse a vuoto, ma con scarso risultato, quindi lasciai perdere.
Rimaneva la percezione di quella presenza, di cui io ero sempre più convinta.
Avvenne poi un fatto strano: mia madre, che abita in un’altra città, mi aveva regalato un anello, che io avevo messo in valigia, ma che quando arrivai a casa, non trovai più.
Era un anello d’argento con una grande e bella pietra nera, che credo sia onice.
Svuotai la valigia, con le mani tastai tutte le cuciture e tutti i contorni sperando che l’anello fosse trattenuto o impigliato in esse. Aprii tutte le cerniere, scossi più volte la valigia, ma dell’anello nessuna traccia.
Perso, mi decisi ad ammettere.
E invece no.
Lo ritrovai dopo un mese esatto, sul comodino accanto al letto. Fu allora che capii che il fantasma era di una donna, sicuramente vanitosa; si era presa l’anello e quando non le era interessato più, l’aveva restituito.
Altri fatti inspiegabili accaddero nel tempo, io non ebbi mai paura, ma smisi di parlarne con chicchessia. La nostra società fa presto ad etichettare una persona come rimbambita, ma un altro episodio mi convinse definitivamente della presenza di Lei.
Era estate, circa le tre di notte, quando sentii un gran baccano, come vetri infranti, come se mille bicchieri fossero caduti andando in frantumi.
Mi svegliai di soprassalto con il cuore che usciva dalle orecchie per lo spavento e mi precipitai in cucina per vedere cosa avesse combinato Gengis Kan, ma lo trovai su una sedia con il pelo ritto e due occhi sgranati che parevano più grandi della testa.
Niente, tutto era in ordine, allora feci il giro delle camere pensando ad una finestra sbattuta dal vento, sebbene sapessi che vento non ce n’era.
Niente.
Mi sedetti in salotto, cercando di immaginare cosa potesse essere stato quel rumore, che a quanto pareva, avevamo udito solo io e Gengis, quando, non so perché, mi venne in mente che forse il rumore veniva dall’appartamento accanto al mio.
Volli andare dalla mia vicina, tanto per rassicurarmi che non ci fossero problemi.
Trovai la porta accostata, ma le luci erano spente.
Con le nocche battei con discrezione sullo stipite per chiedere se andasse tutto bene, quando sentii un rantolo per nulla rassicurante. Avevo uno strano vestito di gelo addosso ed un odore di cantina ammuffita mi aleggiava intorno, ma erano sensazioni che relegai in secondo piano.
Era il rantolo agghiacciante che mi faceva accapponare la pelle. A quel punto potevo solo entrare nell’appartamento, ospite improvvisa e forse impicciona.
E feci bene.
In camera da letto, distesa con le braccia spalancate come crocefissa, giaceva la mia giovane vicina di casa ed era evidente che se non avessi chiamato immediatamente il 118, non avrebbe fatto in tempo ad invecchiare.
Quel baccano che mi aveva destato, le aveva sicuramente salvato la vita.
I medici dissero poi che si era trattato di un aneurisma cerebrale e che il mio intervento era stato provvidenziale.
Ma chi aveva aperto la porta? Chi se non Lei, aveva fatto in modo che tutto ciò avvenisse?
A tutti dissi solo che avevo sentito rumori strani, non potevo certo dire la verità.
Fu così che imparai a coabitare con quest’entità e a desiderare alla fine di vederla e parlarle.
Ero sicura che mi spiava, a volte mi nascondeva le cose e si riprese l’anello almeno altre tre volte.
Credo che le piacesse la musica, perché mi pareva di sentire canticchiare vecchie nenie, ma quando arrivava, era principalmente il gatto che mi avvertiva, perché arruffava il pelo e sgranava gli occhi.
A volte vedevo agitarsi le tende delle finestre anche quando erano chiuse, altre volte le foglie cadute a terra del mio beniamino correvano sul pavimento come spinte da un soffio.
Mi convinsi sempre di più che anche Lei voleva mettersi in contatto con me , forse parlarmi o raccontarmi la sua storia.
Io sono curiosa, lo sono sempre stata ed anche in quest’occasione non mi sono tirata indietro.
Ho escogitato un modo per incontrarla davvero.
Ho disegnato una porta su quel famoso muro, dietro il quale si presume ci sia una stanzetta nascosta, affinché lei una volta uscita, non possa più rifugiarvisi, perché io cancellerò il disegno appena sarò certa che sia uscita da lì. Un poco come chiuderle la porta alle spalle. Può darsi che non funzioni, il disegno è solo un simbolo, ma si sa che i fantasmi vivono di simboli.
Almeno credo.
Ora sono qui sul divano e aspetto. So che verrà.
Mezzanotte si avvicina.
Il gatto mi guarda e pare che sorrida. Ha uno strano sguardo da donna, come mai non l’ho mai notato prima?
Occhi dilatati in modo inverosimile, quasi da fantasma.
Ora sento freddo e odore di cantina ammuffita.
A essere sincera ora ho davvero paura.
E se dalla porta uscissero schiere di fantasmi pazzi? Quasi quasi vado subito a cancellare il disegno, ma guarda un poco che idea cretina mi è venuta in mente.
Accidenti a me, ora vado…
Non riesco a muovermi, ho solo un terribile freddo.
Lo ammetto, non ho il coraggio di girarmi.
Sento la sua voce o forse me la immagino.
Sento la sua mano su una spalla o forse me la immagino.
Credo di essere svenuta, per un momento ho perso la coscienza di me, mi sento strana, come appannata, ma non mi pare d’essere ancora sul divano.
Mi sembra di essere in una piccola stanza mai vista, non ci sono finestre, ma c’è un chiarore soffuso come un velo, che si sposta in questo piccolo spazio, senza sforzo.
Cos’è questa cantilena?
Faccio fatica a pensare.
Spero che sia solo un incubo.
La cantilena sta dicendo “Aspetterai qui l’eternità…io vado a prendere il tuo corpo e a vivere di nuovo…bella l’idea di disegnare quella porta. Grazie…”
Ho la men..te co…me ibern..ata, ries..co sol..o…a c..onc…epire un’i..de..a..
Sa..rà Lei a ca..nc..ella..re il dise…gno men..t..re io……………..
6 maggio 2007 alle 7:44 am
come ho detto questa è una storia vera, tranne il fatto che mi abbia chiuso nello stanzino, perchè mai e poi mai io disegnerò quella porta come consigliano gli amici. N.
6 maggio 2007 alle 10:36 am
Nihil, è splendido. Il ritmo è serrato, e tieni i lettori col fiato sospeso fino all’ultima parola. Il fatto che già dall’inizio tu ci dica che è una storia vera poi aumento ancora di più il senso di inquietudine. Bellissimo. Grazie.
6 maggio 2007 alle 10:57 am
ehehe, grazie. N.
Non ti dico l’impressione che fa il fantasma quando respira nell’armadio! N.
7 maggio 2007 alle 7:59 am
Dopo questa storia terrò d’occhio lo sguardo dei miei cinque gatti O_O… brrr! Molto brava Nihil, bel racconto.
7 maggio 2007 alle 11:20 am
vivere con un fantasma… bel coraggio!!!Ma, soprattutto, bel racconto. Ho i brividi!!!!
21 agosto 2007 alle 8:34 am
E così le storie vere diventano letteratura, con una buona cottura in forno e un’abile cuoca. Brava davvero!