Il mio nippo gay viaggio a Vienna
Pubblicato da nihil il 2 giugno 2007
Il mio nippo gay viaggio a Vienna
Se avete letto il mio precedente testo, capirete perché da allora ho evitato l’aereo.
L’Alitalia per me ha chiuso, dovrà fare a meno di me, peggio per lei.
Mio marito aveva deciso a settembre di fare un viaggetto in aereo a Praga.
A causa di quelle contorte mentalità di alcune mogli, tipo me, combattei strenuamente l’idea per un solo inconfessabile motivo: c’èra stata sua sorella, la quale è convinta di essere un esempio per il mondo, e, nonostante la mia stima per lei, non mi andava di seguire le sue scelte.
Convinsi dunque mio marito ad andare a Vienna in auto, evitando l’aereo; io sono un tipo permaloso e non ho ancora perdonato l’Alitalia!
La vittoria era scontata perché mio marito è l’amante in carica di Mozart.
Partimmo all’alba, ben forniti di cartine stradali, depliant e itinerari tracciati da amici. Prima tappa a Villach, paesino grazioso appena passato il confine.
Arrivammo troppo presto però, ed inebriati dalla ritrovata libertà da figli e nonno da badare, giudicammo che eravamo troppo gagliardi per non arrivare direttamente a Vienna, sicuramente in prima serata.
Non fu la prima, nemmeno la seconda, ma la terza serata.
Ci trovammo improvvisamente in centro città, dove tutte le strade sembravano uguali, dove imperava il divieto di sosta e tutti suonavano il clacson..
A Vienna scoprimmo subito che ci sono un’infinità pizzerie e ristoranti italiani con belle insegne che fanno tanto Italia , il che ci incoraggiò a fermarci in quasi tutte per chiedere informazioni dove si potesse dormire.
I locali saranno stati anche italiani in origine, ma ora erano gestiti tutti da cingalesi, indiani, marocchini, per cui nemmeno a gesti riuscimmo a spiegarci.
Ci fermavamo dunque a caso , dove vedevamo insegne di hotel: io non conosco nessuna lingua, ma quando mi si chiedono 250 euro per dormire, capisco benissimo!
Manco morti!! Piuttosto dormiamo in auto!
Come ultimo tentativo ci fermammo a sentire che aria tirava presso un albergo dall’aspetto dignitoso, in una casa stile settecento ; in realtà a Vienna la maggior parte del centro storico è costituito da edifici del settecento, perché quando arrivarono i turchi, per fregarli.,
la città fu bruciata e rinacque poi tutta insieme appunto nel settecento. Si vede che le guide turistiche funzionano, eh?
Non avevano ancora finito di chiederci 70 euro a notte, che già eravamo in camera.
A essere sinceri, l’atrio aveva un che di ambiguo, anche se interessante. Un incrocio tra un casino degli anni trenta e un casino degli anni cinquanta.
All’ingresso c’era una statua lignea di una negra nuda piena di collane. Un tappeto a fiori rossi e neri copriva la scala, ma solo fino al prima piano, dove diventava solo color sudicio. Drappeggi rossi di velluto alle finestre rendeva rossastra l’atmosfera. Qua e là in ordine sparso, lumeggiavano abajour di perline, con piedestalli di varia etnia, tipo un elefantino, una ballerina egizia (!), un serpente. Dal soffitto pendeva un pregiatissimo lampadario di vetro di murano, un autentico gioiello. Giganteschi vasi di fiori troneggiavano su vari similtavolini, pieni di fiori finti e un poco ragnatelosi.
Per 70 euro avremmo dormito anche in un sarcofago.
Al bureau c’era un tipo giovanissimo, biondo ed imberbe che parlava un inglese che persino io capivo, il che vuol dire che non lo sapeva. Il suo aspetto era un poco infantile, l’ambiente un casino…cominciavo a preoccuparmi!
I quadri alle pareti invece erano davvero belli. Si capiva che erano stati scelti con passione ed era sicuramente roba d’antiquariato, con cornici che tenevano su il muro, tanto erano grosse.
Ci riposammo un poco e poi uscimmo in cerca di nutrimento.
A pochi passi dall’albergo trovammo un ristorante con menù esposto ma essendo il nostro austriaco un pochino deficitario, ci affidammo al buon Dio.
Mio marito dice che certe cose le vedo solo io e che me le immagino, ma certamente, mi compiaccio con me perché poi risultano vere e vi spiegherò il perchè!
Anche qui l’atmosfera era a dir poco fumè, nel senso che ci si vedeva pochissimo, ma quel che vidi mi lasciò perplessa: c’erano vasi di fiori dappertutto, si notava una cura estrema nell’arredamento e persino un finto nido di rondini appeso alla parete, da cui spiccavano il volo un finto gruppo di rondini.
L’atmosfera era estremamente femminile, ma non coincideva con il proprietario, che era una specie di Titanic, che strabordava da una poltroncina tenendo in braccio un cagnolino multirazza di circa tre etti: il quadrupedino sembrava in braccio alla mamma e l’omone in effetti era molto materno.
Altri due mini razze di cani girellavano nel locale ed uno mi portò per giocare una bambolina: che tenerezza!
Chissà a che ora pranzano a Vienna; eravamo gli unici avventori.
Nell’attesa della cena , mi guardai in giro e se è vero che non so l’inglese, e manco l’austriaco, i manifesti che vidi non lasciavano dubbi.
Quella sera ci sarebbe stata una festa dei più famosi trans d’Europa. Lì, proprio li!
Solo a noi poteva capitare, non che per noi ci sarebbero stati problemi di sorta, ma cavoli, non ci si muove mai da casa e guarda dove si va a finire….in un simil casino e a un raduno di trans!!
Da morir dal ridere, ci mancava solo di finire sui giornali e leggere titoli “Italiani irreprensibili presi in una retata di trans.”
Per inciso la cena che avevamo ordinato si rivelò essere un piatto di ossibuchi, e (hem) il buco insomma, un poco a disagio ci mise.
Scoprimmo poi che il ristorante e l’albergo erano dello stesso proprietario, che riconobbi la mattina dopo solo per via del minicane.
Bè, questo fu l’esordio nella città di Wolfi.
Non vi racconterò della parte turistica della nostra gita, se non quella che riguarda il concerto di Mozart ovvio e obbligatorio per chi si reca a Vienna e che era l’esca che avevo lanciato a mio marito, discreto pianista fai da te. Ci trovammo dunque in quel meraviglioso teatro dove viene registrato il famoso concerto del primo dell’anno.
A dire il vero è molto più piccolo di quanto appaia in tv.
Io indossavo un tailleur pantaloni nero, molto elegante, mio marito la sua giacca doppiopetto stile Silvio. A Mozart, si può concedere un poco di eleganza e smettere per un momento i jeans.
Non così evidentemente pensavano i giapponesi, in ciabatte e bermuda. Che orrore!
Armati delle loro macchinine fotografiche digitali, non facevano che fare foto , pure con il flash, come se fossero a un mercatino folkloristico. Che dolore, vedere una sede della cultura più fine, profanata così!
Da fucilarli tutti! Tralasciando magari la tortura preventiva, per risparmiare tempo.
Schiamazzavano come se fossero stati in una piscina.
Mio marito andava retto, lui l’amante di Mozart, era tentato di fare una chiassata e intimare loro il rispetto dovuto all’ambiente. Lo dovetti imbavagliare e legare……via su…non facciamoci scorgere…i soliti italiani all’estero…e via dicendo.
Quando entrò l’orchestra, un nuovo moto di dispiacere ci serrò il cuore.
Gesù mio, gli orchestrali erano vestiti in divisa del settecento. Professori di musica, e che professori e che musica, addobbati per i turisti come tanti burattini.
La cultura svenduta a quattro imbecilli con macchina fotografica, la musica per eccellenza ridotta a mero gadget!
Poveri musicisti e povero Mozart!
Fortunatamente si spensero le luci e una musica, quella musica che è la colonna sonora di casa nostra, si espanse nell’aria.
Sembrava un profumo.
Mi resi conto che il mio pensiero istintivo fu: ma allora la musica esiste davvero! Ero commossa sino alle lacrime, come se Mozart, fosse venuto personalmente a stringerci la mano.
Quelle note mi sembravano più vere di quelle dei dischi.
Il silenzio era sceso con rispetto nella sala, capii poi il perché. I giapponesi si erano addormentati.
Quasi tutti e quasi tutti insieme. Bocche aperte, teste ciondoloni. Sembrava un dormitorio pubblico.
Pazzesco.
Dopo il primo tempo, sparirono quasi tutti, ormai avevano avuto il loro momento di gloria con relativo attestato di fotografica presenza e potevano andare a farsi una birra.
Tra il primo e secondo tempo un giapponese si mise addirittura a fare ginnastica i tra le poltroncine. Pensai , chissà se si mette anche a cucinare shusci o danzare tra le poltrone, vestito da serpente.
Povero Amadeus,non avrei mai immaginato che il genio sarebbe stato prostituito in nome del nuovo Dio: il turismo di massa.
Genio non capito ai suoi tempi, e sconfitto ora dalla civiltà industriale del sol levante!
3 giugno 2007 alle 10:31 am
Grazie per avercelo fatot leggere, Nihil. Divertente e brillante come al solito. Il quadro dei turisti giapponesi purtroppo mi ricorda un sacco di esperienze vissute in prima persona…
5 giugno 2007 alle 8:49 am
Ma… se non vado errato… è il secondo concerto rivelatosi…mmm… “particolare” O_o… Non c’è due senza tre! Molto divertente, ciao Nihil. ^__^
5 giugno 2007 alle 9:35 am
basta concerti e basta viaggi; il mondo visto da vicino si rivela sempre bizzarro. Ciao :)) N.
21 agosto 2007 alle 8:29 am
Grandiosa, sto ancora ridendo. L’immagine di un giapponese che danza vestito da serprente tra le poltrone del teatro di Vienna la ricorderò per sempre! Non smettono mai di stupire nemmeno me… due giorni fa a Venezia ne ho vista una che fotografava… una vetrina di macchine fotografiche!!!Vabbè, comunque complimenti, mi hai messa di buon umore.